Prospettive assistenziali, n. 130, aprile-giugno 2000

 

Proposta di legge regionale di iniziativa popolare

“interventi prioritari per i minori in difficoltà, i soggetti

con handicap, i malati di alzheimer, gli anziani cronici

non autosufficienti”

 

Il CSA, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base (1), ha predisposto una bozza della proposta di legge di iniziativa popolare “Interventi prioritari per i minori, i soggetti con handicap, i malati di Alzheimer, gli anziani cronici non autosufficienti” da presentare alla Regione Piemonte con iniziativa popolare (2).

La proposta è nata sotto una duplice spinta:

– la solidarietà nei confronti dei cittadini più deboli, spesso incapaci di autodifendersi a causa dell’età minorile o della gravità delle loro condizioni di salute;

– la necessità di salvaguardare le esigenze fondamentali di vita dei proponenti e dei firmatari, dei loro figli e degli altri congiunti, qualora – come a volte avviene – malattie, handicap o altre cause determinino condizioni di non autosufficienza parziale o totale.

Al riguardo, la condizione sociale dei cittadini ai quali devono essere forniti interventi specifici, derivanti dalla loro non autosufficienza e quindi dall’esigenza di aiuti continui da parte di altri soggetti, è profondamente mutata nel corso degli ultimi venti anni.

Lo conferma il fatto che la stragrande maggioranza delle persone, attualmente non in grado di provvedere autonomamente alle proprie esigenze fondamentali di vita (mangiare, bere, vestirsi, necessità fisiologiche, ecc.), non appartenevano, durante l’età adulta, alla categoria degli individui poveri, ma vivevano con i proventi propri e dei loro congiunti.

Colpiti da malattie invalidanti (ad esempio la malattia di Alzheimer o altre forme di demenza senile) o da gravi handicap, dopo aver utilizzato tutti i risparmi, hanno dovuto per forza di cose accettare quel che la società mette o non mette a loro disposizione.

Molto spesso essi devono subire oggi (e, forse anche noi domani) le nefaste conseguenze della violazione delle leggi vigenti: dimissioni selvagge dagli ospedali quando ancora c’è la necessità di interventi sanitari, trasferimento da una casa di cura all’altra ogni due mesi perché la Regione Piemonte dopo il 60° giorno di degenza riduce del 40% il pagamento della retta a suo carico, carenze di personale qualificato, ecc.

Nello stesso tempo, la proposta di legge di iniziativa popolare vuole essere un contributo per il miglioramento del testo “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” (cfr. l’editoriale di questo numero) e per fornire un apporto costruttivo alle disposizioni che le Regioni dovranno assumere quando la suddetta legge nazionale sarà definitivamente approvata.

Preso atto della situazione attuale, al fine di promuovere i miglioramenti e, ove necessario, gli opportuni cambiamenti, è stata predisposta la presente proposta regionale di iniziativa popolare, i cui punti salienti sono:

 

1. Priorità delle prestazioni non assistenziali

Se si vuole evitare ogni forma di emarginazione, occorre, in primo luogo, che sia consentito, in via prioritaria, ai soggetti in difficoltà di poter utilizzare al meglio i servizi riguardanti la sanità, la casa, la scuola, la formazione professionale, i trasporti e gli altri interventi sociali.

In particolare, nella proposta è previsto che i servizi non possono negare o limitare le prestazioni alle persone colpite da handicap o da malattie, comprese quelle inguaribili.

Anche per quanto riguarda il lavoro, è necessario che i servizi regionali e locali preposti al collocamento obbligatorio dei soggetti con handicap, intervengano non solo per l’inserimento di coloro che hanno piena capacità lavorativa, ma anche per quelli che hanno un rendimento ridotto, ma ancora accettabile per le aziende.

 

2. Interventi socio-assistenziali obbligatori

Unitamente a quello precedente, l’articolo 2 della proposta di legge regionale di iniziativa popolare affronta le questioni più impellenti dei cittadini e dei nuclei familiari in difficoltà.

Vi sono numerose persone (orientativamente, 70-80 mila in Piemonte) che, anche utilizzando i servizi fondamentali di cui all’art. 1 (sanità, casa, scuola, formazione professionale, trasporti, ecc.) hanno assoluto bisogno di prestazioni aggiuntive per non cadere nel baratro dell’emarginazione, prestazioni che sono elencate nell’articolo 2.

 

3. Interventi socio-assistenziali non consentiti

Preso atto che gli istituti per i minori e per le persone con handicap sono una modalità di intervento superata da anni, si prevede che non possono più essere autorizzate le nuove edificazioni, né concessi contributi per la ristrutturazione delle sedi esistenti.

 

4. Interventi sanitari prioritari

Nell’art. 6 sono indicati gli interventi che la Regione Piemonte deve garantire a tutti i cittadini con priorità assoluta.

In particolare, sulla base delle esperienze dell’assistenza domiciliare integrata e del servizio di ospedalizzazione a domicilio, viene avanzata una proposta organizzativa che, facendo perno sul medico di medicina generale scelto dall’interessato, è in grado di garantire ai malati (acuti e cronici, giovani, adulti, anziani), curati a domicilio dai loro congiunti, la continuità terapeutica da parte dei medici e infermieri sia nei giorni feriali che in quelli prefestivi e festivi.

Inoltre, viene chiesta l’istituzione in tutte le ASL di centri diurni sanitari per i malati di Alzheimer e per gli altri soggetti colpiti da demenza senile.

 

5. Promozione del volontariato infra-familiare

Per un reale e proficuo sviluppo delle cure domiciliari (per i malati, i loro familiari e il Servizio sanitario regionale), non è sufficiente fornire ai pazienti le cure sanitarie domiciliari; occorre anche riconoscere sul piano formale il ruolo dei congiunti, assicurando loro anche una adeguata contribuzione economica forfettaria, in modo che i congiunti stessi non siano obbligati ad essere presenti 24 ore al dì per tutti i giorni dell’anno, ma possano usufruire anche di adeguati intervalli di riposo.

Un contributo, ad esempio, di un milione al mese, potrebbe essere una cifra equa e oltremodo vantaggiosa per il Servizio sanitario nazionale, tenuto conto della rilevante differenza di detto importo se rapportato al costo della degenza in ospedale.

Sarebbe pertanto urgente che non solo la Re­gione Piemonte, ma anche i Comuni e le ASL approvassero provvedimenti atti a dare concreto riconoscimento al volontariato infra-familiare (3).

6. Assegnazione ai Comuni delle residue

competenze socio-assistenziali delle Province

In violazione delle norme costituzionali sulla pari dignità di tutti i cittadini ed in contrasto con i più elementari principi del buon senso, le Province esercitano ancora le funzioni socio-assistenziali ad esse assegnate nel periodo fascista.

Dette funzioni riguardano:

– i figli di ignoti e cioè i bambini non riconosciuti alla nascita dai loro procreatori;

– i minori di cui si ignorano le generalità;

– i fanciulli nati fuori dal matrimonio, riconosciuti solo dalla madre, a condizione che al momento della prima richiesta di assistenza avessero meno di 6 anni. Se avevano più di 6 anni, la competenza è dei Comuni. Nei casi in cui vengano riconosciuti anche dal padre, la competenza viene trasferita dalle Province ai Comuni. Se il minore è riconosciuto dai due genitori, la competenza è dei Comuni. Se però viene disconosciuto dal padre, i compiti di assistenza devono passare dai Comuni alle Province.

Inoltre, è ancora irrisolta l’attribuzione della competenza per i minori nati nel matrimonio: secondo alcuni dovevano e devono intervenire i Comuni, mentre, ad avviso di altri, poiché le funzioni spettavano all’ONMI (Opera nazionale maternità e infanzia), dopo lo scioglimento dell’ente avvenuto nel 1975, attualmente esse sono delle Province.

Inoltre, le Province esercitano ancora le funzioni socio-assistenziali nei confronti, come precisa l’art. 144 del regio decreto 383/1934, «dei ciechi e dei sordomuti poveri rieducabili».

Allo scopo di eliminare le assurde discriminazioni esistenti, la proposta prevede che la Regione Piemonte incentivi l’assegnazione ai Comuni della gestione delle residue funzioni attribuite dalle leggi alle Province.

Per quanto riguarda le prestazioni che, ai sensi della vigente legge 2838/1928 devono essere fornite alle gestanti e madri nubili e coniugate in difficoltà, trattandosi di interventi da un lato molto specializzati e d’altro canto rivolti ad un numero limitato di soggetti, è previsto che esse siano svolte solo dal Comune di Torino e dai Consorzi di Comuni individuati dal Consiglio regionale.

 

7. Gestione integrata dei servizi

socio-assistenziali

In base alla legge della Regione Piemonte 62/1995, le funzioni socio-assistenziali possono anche essere svolte dai Comuni singoli, compresi quelli con poche decine di abitanti e quindi nella assoluta impossibilità di predisporre l’indispensabile rete completa dei servizi.

Pertanto, nella proposta di legge è previsto che tutti i Comuni del Piemonte, escluso quello di Torino, devono consorziarsi per la gestione integrata dell’insieme dei servizi socio-assistenziali.

8. Istituzione da parte delle Province degli uffici di pubblica tutela

Attualmente (art. 354 del codice civile) la tutela delle persone dichiarate incapaci dall’Autorità giudiziaria può essere deferita all’ospizio in cui il soggetto è ricoverato, o ad un ente di assistenza (in genere il Comune) o all’Azienda sanitaria se si tratta di un soggetto malato.

In tutti i tre casi suddetti si verifica una situazione di evidente incompatibilità, in quanto le funzioni di controllo spettanti al tutore sono assegnate allo stesso organismo che dovrebbe essere controllato in quanto gestore diretto o indiretto delle funzioni di assistenza o di cura.

Nell’iniziativa popolare sono recepiti i contenuti della proposta di legge n. 3801, presentata alla Camera dei Deputati dall’On. Diego Novelli, rivolti alla creazione da parte delle Province degli uffici di pubblica tutela (4).

Prima di istituire detti uffici, le Province devono trasferire tutte le residue funzioni assistenziali ai Comuni per evitare di trovarsi anch’esse nella situazione di incompatibilità per quanto riguarda le funzioni di controllore/controllato.

 

9. Caratteristiche fondamentali delle RSA

Nella proposta di legge regionale di iniziativa popolare si ribadisce che le RSA, residenze sanitarie assistenziali, sono strutture che devono operare nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, in quanto gli anziani ivi ricoverati sono tutti colpiti da malattie invalidanti che ne limitano in misura notevole, e spesso totale, la loro autosufficienza.

Dai dati forniti dalla Dott.ssa Nicoletta Aimonino dell’équipe medica dell’Istituto di riposo per la vecchiaia (IRV) di Torino risulta quanto segue: «Il 96% degli anziani ricoverati presso l’IRV è non autosufficiente per ragioni mediche; il 60% è affetto da più di tre patologie importanti sul piano clinico-terapeutico, gli altri hanno più di quattro patologie. Attualmente circa il 30% degli ospiti è in trattamento per gravi patologie acute (infarto miocardico acuto, ictus cerebrale, broncopolmonite, scompenso cardiaco acuto, grave anemia, arteriopatia obliterante arti inferiori, ecc.). Il 40% degli ospiti ha necessità di terapia iniettiva, il 30% di terapia per via endovenosa, il 28% ha necessità di medicazioni quotidiane. Si ribadisce pertanto che gli anziani ricoverati presso l’IRV sono affetti da patologie molto complesse che richiedono un costante impegno di diagnosi e terapia oltre che di assistenza infermieristica adeguata e qualificata. La tipologia degli ospiti, il loro precario equilibrio psico-fisico, il facile sovrapporsi di complicanze e/o il riacutizzarsi di pregressi eventi morbosi, richiedono infatti interventi spesso immediati ed intensivi».

Presso gli altri istituti che ricoverano anziani cronici non autosufficienti, la situazione è analoga a quella dei degenti presso l’IRV.

Stante anche la situazione di rifiuto degli ospedali di fornire le cure necessarie nei casi di riacutizzazione delle malattie (costante è, ad esempio, la loro indisponibilità nei confronti dei malati di Alzheimer), è assolutamente necessario che le RSA siano organizzate in modo da poter curare al loro interno gli infermi nei cui confronti è possibile fornire cure adeguate.

In questo modo si garantisce una effettiva continuità terapeutica e si evitano anche i traumi che colpiscono quasi sempre l’anziano trasferito dalle RSA nei pronto soccorso, traumi che possono alterare il suo fragile equilibrio psico-fisico.

In base alle norme vigenti, le cure sanitarie devono essere fornite non solo senza limiti di durata, ma anche gratuitamente a tutti i malati, compresi i vecchi cronici non autosufficienti.

D’altra parte non esistono leggi che prevedano la separazione delle spese sanitarie da quelle alberghiere.

Ciò nonostante, visti anche i numerosi abusi praticati da strutture pubbliche e private di ricovero, si accondiscende al pagamento di una quota non superiore a lire 50 mila al giorno da parte dei ricoverati sempre che le loro entrate lo consentano.

Si ricorda che i parenti dei ricoverati, compresi quelli tenuti agli alimenti, non sono tenuti a versare alcuna somma in base alle disposizioni del codice civile (art. 438) e del decreto legislativo 130/2000.

Per motivi di chiarezza, e in base al principio che l’obbligo di curare i malati compete al Servizio sanitario nazionale e non ai congiunti degli anziani cronici non autosufficienti, nella proposta di legge di iniziativa popolare è previsto che «i rapporti economici dei degenti sono tenuti esclusivamente con l’ASL nel cui territorio la struttura ha sede» e che «nessuna somma può essere richiesta dalle RSA ai degenti, ad esclusione delle prestazioni extra-sanitarie ed extra-alberghiere (bevande, spese telefoniche, ecc.)».

Nella proposta di iniziativa popolare è, inoltre, prevista la conversione delle RAF (residenze sanitarie flessibili) in RSA, tenuto conto che i pazienti ricoverati hanno analoghe caratteristiche e quindi necessitano di analoghe prestazioni mediche, infermieristiche, riabilitative e alberghiere.

 

10. Dimissioni ospedaliere

Le dimissioni ospedaliere sono sempre un momento particolarmente delicato per le persone che non sono guarite. Pertanto esse devono essere disposte con la massima attenzione assicurando, in particolare, una adeguata informazione al malato e ai suoi congiunti.

Nei casi in cui il paziente ritorni a casa sua, è necessario che al suo medico di medicina generale siano fornite tutte le notizie utili per la prosecuzione delle cure.

Se, invece, il paziente viene trasferito in una casa di cura privata convenzionata o in una RSA, deve esserci una rigorosa continuità fra la dimissione dall’ospedale e l’ingresso nella nuova struttura. Ovviamente tutte le spese relative al trasferimento, ambulanza compresa, sono a carico del Servizio sanitario nazionale, così com’è previsto dalla vigente normativa.

Nella proposta di legge si propone l’abrogazione della delibera della Giunta regionale n. 70-1459 del 18 settembre 1995 in base alla quale, essendo prevista una riduzione del 40% della retta versata dal Servizio sanitario regionale alle case di cura private decorsi i 60 giorni di degenza, i vecchi ricoverati sono trattati come dei pacchi che vengono spostati da una struttura ad un’altra ogni due mesi. Detto spostamento è causato esclusivamente dalla mancata accettazione da parte delle case di cura private convenzionate della suddetta riduzione della retta.

 

11. Indagine conoscitiva sulle IPAB ed ex IPAB

L’indagine proposta ha lo scopo di individuare la consistenza dei patrimoni delle IPAB, Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, ancora funzionanti, e dei beni mobili e immobili delle IPAB disciolte e degli enti pubblici assistenziali (ECA, ONMI, ONPI, ENAOLI, ecc.) trasferite ai Comuni. Si tratta di patrimoni estremamente consistenti: quelli pervenuti al Comune di Torino ammontano a più di mille miliardi.

Nello stesso tempo l’indagine è diretta ad accertare l’utilizzo dei patrimoni regalati ai privati a seguito della sconcertante sentenza della Corte Costituzionale n. 386/1988.

Si ricorda che devono essere destinati ad attività di assistenza sociale tutti i patrimoni ed i relativi redditi delle IPAB e delle ex IPAB, comprese quelle trasferite ai privati.

 

 

Bozza della proposta di legge regionale di iniziativa popolare

“Interventi prioritari per i minori in difficoltà, i soggetti con handicap, i malati di Alzheimer, gli anziani cronici non autosufficienti”

 

Art. 1

Priorità delle prestazioni non assistenziali

1. in attuazione delle vigenti norme nazionali e regionali, la Regione Piemonte promuove e finanzia l’accesso prioritario ai servizi, di sua competenza, della sanità, della casa, della scuola, della formazione professionale, dei trasporti e sociali in genere ai soggetti che, se non beneficiano delle relative prestazioni, rischiano di cadere in condizioni di emarginazione. In ogni caso le prestazioni non possono essere negate o limitate in presenza di handicap o patologie anche inguaribili.

2. Idonee misure sono assunte dalla Regione Piemonte nei riguardi dei servizi preposti al collocamento obbligatorio dei soggetti con handicap, compresi coloro che hanno una capacità lavorativa inferiore alla media, ma sufficientemente proficua per le aziende pubbliche e private.

3. Allo scopo di assicurare il collocamento mirato al lavoro dei soggetti con handicap, la Regione Piemonte:

a) promuove la stipula di accordi di programma tra la Regione stessa, le Province ed i Comuni per:

– l’istituzione dei servizi per l’inserimento lavorativo in grado di garantire i necessari interventi per tutte le persone con handicap, comprese quelle con capacità lavorativa ridotta;

– l’istituzione di corsi di aggiornamento, riqualificazione e riconversione accessibili anche ai soggetti con handicap;

– la predisposizione per i soggetti con handicap intellettivo di almeno un corso di formazione prelavorativa, della durata complessiva di non meno di 2.400 ore, ogni 100 mila abitanti;

– l’attivazione di corsi per la preparazione e l’aggiornamento degli operatori addetti ai servizi preposti all’inserimento lavorativo di persone con handicap;

b) sviluppa intese con le Amministrazioni scolastiche per l’integrazione tra i percorsi scolastici e quelli relativi alla formazione professionale;

c) incrementa con risorse proprie i finanziamenti destinati dal “Fondo regionale per i disabili” per l’avviamento al lavoro delle persone con handicap aventi ridotta capacità lavorativa.

4. Per il raggiungimento degli obiettivi di cui ai precedenti punti 2 e 3, la Regione Piemonte provvede, oltre che con i fondi di cui alle leggi 68/1999 e 144/1999, art. 68, anche con fondi propri e la predisposizione degli atti necessari per accedere ai finanziamenti dell’Unione Europea.

5. Il Consiglio regionale è delegato ad emanare, entro e non oltre sei mesi dall’approvazione del presente provvedimento, le norme attuative concernenti i commi precedenti.

 

Art. 2

Interventi socio-assistenziali obbligatori

1. Gli interventi socio-assistenziali indicati dalla legge della Regione Piemonte 13 aprile 1995 n. 62 sono forniti, secondo quanto previsto dall’art. 23 della legge suddetta, allo scopo primario di assicurare la massima autonomia possibile ai soggetti interessati ed ai loro nuclei familiari di apparte­nenza.

2. Allo scopo di realizzare le finalità di cui al precedente comma, sono obbligatori i seguenti interventi:

a) la consulenza e le altre possibili azioni a favore dei soggetti in difficoltà e dei relativi nuclei familiari in cui i soggetti stessi vivono;

b) gli adempimenti concernenti l’anagrafe dei minori ricoverati in istituto o accolti presso case famiglia e comunità alloggio;

c) le iniziative rivolte, con il consenso informato dei soggetti interessati, ad ottenere gli accessi prioritari di cui all’art. 1;

d) le prestazioni economiche dirette ad assicurare il minimo vitale alle persone ed ai nuclei familiari non in grado di provvedere autonomamente alle proprie esigenze fondamentali di vita. Sono di competenza dei servizi degli enti locali preposti all’avviamento al lavoro le attività rivolte a rispondere alle esigenze, comprese quelle economiche, dei cittadini disoccupati o sottoccupati in grado di svolgere attività lavorative;

e) il servizio di aiuto personale di cui all’art. 27 della legge della Regione Piemonte n. 62/1995;

f) gli affidamenti presso famiglie e persone singole di cui all’art. 28 della legge regionale n. 62/1995;

g) la tempestiva segnalazione dei minori in presunta situazione di privazione di assistenza materiale e morale da parte dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi e gli altri adempimenti previsti dalle leggi 184/1983 e 476/1998, e dal DPR 616/1977;

h) la creazione di comunità alloggio e la promozione di case famiglia per i minori nei cui confronti non siano realizzabili le azioni di cui ai punti precedenti;

i) la predisposizione di centri diurni, aperti almeno 40 ore settimanali, per handicappati intellettivi ultradiciottenni, non in grado di inserirsi in attività lavorative proficue a causa della gravità delle loro condizioni psico-fisiche, nella misura di almeno uno ogni 30 mila abitanti;

l) l’istituzione di convivenze guidate e di comunità alloggio per le persone con handicap. In particolare, per i soggetti handicappati intellettivi deve essere creata almeno una comunità alloggio ogni 30 mila abitanti;

m) il ricovero in strutture socio-assistenziali a carattere di internato fino al loro superamento.

2. Le eventuali contribuzioni economiche a carico delle persone assistite devono essere calcolate in base al decreto legislativo 130/2000, tenendo altresì in considerazione gli obblighi familiari, nonché gli impegni di altro genere sottoscritti; in ogni caso deve essere conservata a disposizione personale del soggetto interessato, non ricoverato a tempo pieno, una somma non inferiore agli importi della pensione minima INPS e del canone di locazione corrisposto.

 

Art. 3

Convivenze guidate, comunità alloggio

e case famiglia

1. Le convivenze guidate sono strutture costituite da un normale alloggio in cui sono inseriti 2 o 3 soggetti maggiorenni aventi limitata autonomia personale, seguiti saltuariamente da operatori sociali.

2. Le comunità alloggio sono strutture costituite da un normale alloggio o da una abitazione mono o pluri familiare in cui sono accolti al massimo 8-10 soggetti minorenni oppure individui maggiorenni aventi autonomia molto limitata, a cui provvedono operatori sociali con carattere di continuità.

3. Le case famiglia sono strutture costituite da  un nucleo familiare stabile in cui sono inseriti da 2 a 4 soggetti in difficoltà.

 

Art. 4

Accesso ai servizi socio-assistenziali

1. I soggetti aventi diritto alle prestazioni di cui all’art. 2, o coloro che li rappresentano, inoltrano istanza scritta all’ente gestore dei servizi socio-assistenziali.

2. L’istanza può essere altresì presentata, previo consenso informato sottoscritto dal soggetto interessato, dal suo tutore o dalle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri della Regione Piemonte.

3. Nei casi di emergenza o per motivi eccezionali, l’istanza può essere presentata anche verbalmente. L’operatore che la riceve è tenuto a redigere apposito verbale ed a fornire immediatamente copia al soggetto interessato o chi lo rappresenta o all’associazione di volontariato.

4. Gli enti gestori dei servizi di cui all’art. 2 sono tenuti a provvedere entro e non oltre 30 giorni dalla presentazione dell’istanza, fornendo copia del programma degli interventi che verranno effettuati. Contro la decisione dell’ente gestore è ammesso entro 15 giorni ricorso al Sindaco del Comune in cui il soggetto risiede o è domiciliato o, nei casi di necessità, nel Comune in cui si trova. Il Sindaco è tenuto a trasmettere all’interessato la decisione assunta entro e non oltre 30 giorni dalla presentazione del ricorso.

5. Resta salva la facoltà del soggetto interessato, di chi lo rappresenta e delle associazioni di volontariato di rivolgersi al Giudice del lavoro.

 

Art. 5

Interventi socio-assistenziali non consentiti

1. Non sono consentiti i seguenti interventi:

a) rilascio di autorizzazioni per la costruzione o ristrutturazione di istituti a carattere di internato per minori o per soggetti con handicap, aventi una capienza complessiva superiore a 10 posti, comprese le strutture costituite da due o più gruppi assimilabili alle comunità alloggio o alle case famiglia;

b) erogazione di finanziamenti di qualsiasi natura ed entità a favore degli istituti di ricovero, aventi una capienza complessiva superiore ai 10 posti, ad esclusione del pagamento di rette di ricovero, fino all’inserimento dei soggetti nei servizi e nelle strutture alternative di cui all’art. 2.

Art. 6

Interventi sanitari prioritari

1. La Regione Piemonte promuove e finanzia con assoluta priorità le seguenti iniziative:

a) creazione in tutte le ASL dei servizi di riabilitazione ambulatoriali, semiresidenziali, residenziali e, ove necessario, domiciliari;

b) istituzione in tutti i distretti delle ASL del servizio infermieristico territoriale con il compito di fornire le necessarie prestazioni ai cittadini malati acuti e cronici. Il servizio deve essere aperto tutti i giorni, senza esclusione alcuna, per almeno 8 ore;

c) estensione su tutto il territorio regionale del servizio di assistenza domiciliare integrata;

d) completamento delle prestazioni di cui alla precedente lettera c), con quelle erogate da un gruppo di medici, operante secondo le esperienze dei servizi di ospedalizzazione a domicilio e il metodo del lavoro di équipe, predisposto in modo da assicu­rare:

1) tutti i giorni, compresi i prefestivi ed i festivi, dalle ore 8 alle ore 18, interventi domiciliari non erogati dall’assistenza domiciliare integrata;

2) i turni di reperibilità dalle ore 18 alle ore 8 di tutti i giorni, compresi i prefestivi ed i festivi;

3) la sostituzione dei propri componenti assenti per malattia, ferie e altri motivi;

e) la creazione in tutte le ASL di centri diurni per malati di Alzheimer e soggetti con sindromi correlate. Ciascuna ASL dovrà garantire almeno 20 posti a tempo pieno. I centri devono essere aperti almeno 5 giorni alla settimana, per non meno di 40 ore settimanali. Gli interventi di cui al presente articolo devono essere istituiti entro e non oltre due anni dall’entrata in vigore del presente provvedimento.

 

Art. 7

Promozione del volontariato infra-familiare

1. Allo scopo di incentivare la permanenza a casa loro dei soggetti con malattie acute o croniche e delle persone in difficoltà, la Regione promuove e finanzia il volontariato infra-familiare.

2. Entro e non oltre un anno dall’entrata in vigore del presente provvedimento, le ASL con riferimento ai soggetti malati acuti e cronici, e gli enti gestori delle attività socio-assistenziali per quanto concerne gli individui maggiorenni aventi limitata o nulla autonomia a causa di handicap o per altri motivi, sono tenuti ad approvare atti specifici per assicurare il riconoscimento del volontariato infra-familiare, per promuoverne l’apporto e per definirne i compiti.

3. Premesso che nessun compenso può essere dato a coloro che praticano le varie forme di volontariato, nello stesso atto di cui al precedente comma 2 viene definito l’ammontare forfettario mensile della partecipazione economica erogata rispettivamente dall’ASL o dall’ente gestore dei servizi socio-assistenziali al congiunto responsabile delle prestazioni di volontariato infra-familiare quale rimborso di tutti gli altri oneri sostenuti per il loro parente in difficoltà.

Art. 8

Assegnazione ai Comuni delle residue competenze socio-assistenziali delle Province

1. Allo scopo di unificare gli interventi e di superare le attuali discriminazioni, la Regione Piemonte promuove ed incentiva, anche sul piano economico, l’assegnazione da parte delle Province ai Comuni singoli e associati della gestione delle residue competenze provinciali in materia di assistenza alle gestanti e madri nubili e coniugate, ai figli di ignoti, ai nati fuori dal matrimonio, ai ciechi ed ai sordomuti poveri rieducabili, nonché quelle attribuite alle Province dalla legge di scioglimento dell’Opera nazionale per la protezione della maternità e dell’infanzia.

2. Le funzioni concernenti l’assistenza alle gestanti, alle madri nubili e coniugate in difficoltà, comprese le attività rivolte a garantire il segreto del parto delle donne che non intendono riconoscere i propri nati, ed inclusi i necessari interventi a favore dei neonati per almeno 60 giorni prima del trasferimento della competenza ai Comuni, sono assegnate al Comune di Torino, nonché ai Consorzi individuati dal Consiglio della Regione Piemonte.

3. Le attività di cui al precedente comma 2 sono svolte su semplice richiesta dal soggetto interessato, indipendentemente dalla sua residenza anagrafica.

4. Deve essere garantito l’assoluto anonimato a tutte le donne richiedenti le prestazioni di cui al presente articolo.

 

Art. 9

Gestione integrata dei servizi socio-assistenziali

1. Al fine di assicurare ai cittadini in condizione di bisogno una rete integrata di servizi, tutte le attività socio-assistenziali devono essere svolte, ad esclusione del Comune di Torino, tramite consorzi o altre forme associative tra Comuni o tra Comunità montane o tra Comunità montane e Comuni.

2. Restano confermati gli attuali ambiti territoriali dei servizi socio-assistenziali.

 

Art. 10

Istituzione da parte delle Province degli uffici

di pubblica tutela

1. Previa attuazione di quanto previsto dall’articolo 8, le Province istituiscono, entro e non oltre 90 giorni dall’approvazione del presente provvedimento, gli uffici di pubblica tutela con i seguenti compiti:

a) esercizio delle funzioni di  tutore, curatore, amministratore di sostegno, amministratore provvisorio, assegnate dall’autorità giudiziaria;

b) prestazioni della consulenza sulle funzioni di cui alla precedente lettera a) alle persone ed alle organizzazioni che ne facciano richiesta;

c) promozione del volontariato singolo o organizzato al fine di incentivare la personalizzazione delle funzioni di cui alla precedente lettera a).

2. Le province svolgono le funzioni di cui al precedente comma 1 mediante proprio personale e avvalendosi del volontariato.

3. La Regione Piemonte promuove il trasferimento dai Comuni alle Province delle tutele e delle curatele, nonché delle funzioni di amministratore di sostegno o provvisorio, al fine di porre termine alla attuale situazione caratterizzata dallo svolgimento contemporaneo da parte dei Comuni delle funzioni di ente gestore e di ente controllore del proprio operato.

 

Art. 11

Caratteristiche fondamentali delle RSA

1. Le RSA, residenze sanitarie assistenziali, sono strutture operanti nell’ambito del Servizio sanitario nazionale che provvedono alla cura dei malati di Alzheimer o con sindromi correlate e delle persone anziane colpite da malattie invalidanti e con non autosufficienza parziale o totale.

2. Nelle RSA la responsabilità delle cure sanitarie è affidata ad un medico, preferibilmente geriatra.

3. Le prestazioni mediche sono assicurate tutti i giorni e per almeno 8 ore complessive da un gruppo di medici, operante secondo il metodo del lavoro in équipe, predisposto in modo da fornire tutti gli interventi necessari, compresi i turni di reperibilità per le restanti 16 ore.

4. Inoltre, il gruppo di cui al precedente comma 3, al fine di garantire la continuità terapeutica, è programmato in modo che i suoi componenti provvedano alle sostituzioni dei membri assenti per malattia, ferie o per altri motivi.

5. Nelle RSA sono garantite le necessarie prestazioni, infermieristiche, riabilitative, alberghiere, comprese quelle inerenti l’indennità di accompagnamento di cui alla legge 18/1980.

6. Le RSA devono garantire che, in media, siano forniti a ciascun degente:

– almeno minuti 40 di cure infermieristiche;

– almeno minuti 140 di assistenza alla persona;

– almeno minuti 20 di riabilitazione.

7. L’ente gestore della RSA è tenuto a fornire all’ASL, nel cui territorio ha sede, la documentazione (fotocopie del libro matricola, dei versamenti previdenziali, ecc.) comprovante l’osservanza delle prescrizioni riportate al precedente comma.

8. A carico dei degenti presso le RSA è stabilita una retta giornaliera di 50 mila da prelevare esclusivamente sui redditi pensionistici degli stessi ricoverati. La retta verrà adeguata ogni anno in base ai dati dell’ISTAT.

9. I rapporti economici dei degenti sono tenuti esclusivamente con l’ASL nel cui territorio la struttura ha sede.

10. Nessuna somma può essere richiesta dalle RSA ai degenti, ad esclusione delle prestazioni extra-sanitarie ed extra-alberghiere (bevande, spese telefoniche, ecc.).

11. È abrogata la delibera della Giunta della Regione Piemonte n. 113-15760 del 30 dicembre 1996 in base alla quale le RSA e le RAF potevano aumentare la retta a carico dei ricoverati anche nella misura del 30%.

12. Entro e non oltre 90 giorni dall’approvazione del presente provvedimento, il Consiglio regionale definisce le norme per il trasferimento delle competenze in materia di RSA dal settore assistenziale al settore sanitario e per la conversione delle RAF (residenze sanitarie flessibili) in RSA.

 

Art. 12

Dimissioni ospedaliere

1. I responsabili dei reparti ospedalieri e le direzioni sanitarie ospedaliere non possono dimettere malati di Alzheimer o con sindromi correlate e anziani cronici non autosufficienti senza preventiva informazione del degente o, nei casi di assoluta necessità, di un suo congiunto.

2. Nei casi in cui non possa essere predisposta la cura del paziente a casa propria o al domicilio di congiunti, le dimissioni dall’ospedale devono essere attuate esclusivamente, fatte salve le eventuali differenti decisioni del soggetto o, se incapace di esprimersi, dei suoi familiari, mediante il trasferimento del malato in un altro ospedale o in una casa di cura privata convenzionata o in una RSA sanitaria.

3. Il trasferimento viene effettuato a cura e spese dell’ente che lo dispone.

4. Per quanto concerne le case di cura private, è abrogata la disposizione contenuta nella delibera della Giunta regionale n. 70-1459 del 18 settembre 1995 che prevede una riduzione del 40% della retta, a carico del Servizio sanitario regionale, versata alle case di cura convenzionate, decorsi 60 giorni di degenza.

5. Nei casi di trasferimento del paziente al proprio domicilio o presso l’abitazione di congiunti deve, altresì, essere preventivamente informato il medico di fiducia del soggetto interessato.

 

Art. 13

Le RSA per gli altri soggetti non autosufficienti

1. Le RSA per gli altri soggetti non autosufficienti di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 dicembre 1989 (handicappati, malati psichici, ecc.) non possono avere una capienza superiore ai 10 posti, né possono essere accorpate fra di loro.

 

Art. 14

Servizi a gestione diretta

1. È fatto divieto agli enti gestori di attività socio-assistenziali di affidare a soggetti privati o pubblici (IPAB, ecc.) le funzioni concernenti la valutazione delle condizioni di accesso ai servizi, l’esame dei ricorsi, i controlli e la vigilanza ordinaria, nonché i compiti gestionali qualora ne possa risultare compromessa l’integrazione delle prestazioni e l’unitarietà degli interventi. È altresì vietata l’attribuzione a soggetti privati o pubblici (IPAB, ecc.) degli accertamenti concernenti la situazione di privazione di assistenza morale e materiale dei minori e la valutazione degli aspiranti all’adozione, all’affidamento familiare a scopo educativo e alla conduzione di case famiglia.

 

Art. 15

Obblighi degli enti privati gestori di servizi

1. Nell’affidamento della gestione dei servizi socio-assistenziali ad enti privati, comprese le cooperative sociali, deve essere stabilito che essi sono tenuti a corrispondere a tutto il personale addetto, compresi i soci lavoratori, gli emolumenti economici stabiliti dai contratti collettivi di lavoro.

 

Art. 16

Indagine conoscitiva sulle IPAB ed ex IPAB

1. Il Consiglio della Regione Piemonte, entro e non oltre tre mesi dall’approvazione del presente provvedimento, istituisce una apposita Commis­sione, incaricata di svolgere una indagine conoscitiva allo scopo di accertare:

– l’osservanza dell’art. 6, comma 2, della legge della Regione Piemonte n. 10/1991, così formulato: «Il patrimonio mobiliare ed immobiliare delle IPAb che abbiano conseguito il riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato, i relativi redditi netti derivanti dalla sua gestione ed i proventi derivanti dalla sua alienazione o trasformazione sono destinati esclusivamente alle attività socio-assistenziali previste dallo Statuto»;

– l’eventuale estinzione o cessazione di attività di IPAB che hanno conseguito il riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato;

– il rispetto delle prescrizioni inserite nei provvedimenti della Regione Piemonte concernenti il trasferimento ai Comuni ed alle Province dei patrimoni delle IPAB dichiarate estinte, prescrizioni che vincolano «la destinazione dei beni e delle relative rendite ai servizi di assistenza sociale»;

– l’ammontare dei patrimoni e dei relativi redditi delle strutture trasferite ai Comuni ed alle Province a seguito della estinzione degli enti pubblici assistenziali (ECA, ONMI, ENAOLI, ecc.) ed il loro attuale utilizzo;

– la consistenza dei beni immobili e mobili e dei relativi redditi delle IPAB in attività e la loro odierna destinazione.

Scopo dell’indagine è la valutazione dei beni e dei relativi redditi destinati ai servizi socio-assistenziali, anche al fine della individuazione delle concrete possibilità del loro utilizzo per la creazione ed il funzionamento delle strutture mancanti o da ammodernare.

 

 

(1) Fanno parte del CSA le seguenti organizzazioni: Associazione GEAPH, Genitori e Amici dei Portatori di Handicap di Sangano (To); Associazione Genitori Fanciulli Handicappati di Orbassano (To); Associazione Italiana Assistenza Spastici di Torino; Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie; Associazione “La Scintilla” di Collegno-Grugliasco (To); Associazione “Odissea 33” di Chivasso; Associazione “Oltre il Ponte” di Lanzo torinese; Associazione “Prader Willi”, sezione di Torino; Associazione Promozione Sociale; ASVAP, Associazione Solidarietà Volontariato a Domicilio; Associazione Spina Bifida; Associazione Tutori Volontari; COGEHA, Collettivo Genitori dei Portatori di Handicap, Settimo Torinese; Comitato Integrazione Scolastica Handicappati; Coordinamento dei Comitati Spontanei di Quartiere; Coordinamento Para-tetraplegici; CUMTA, Comitato Utenti Mezzi Trasporto Accessibili; GRH, Genitori Ragazzi Handicappati di Venaria - Druento (To); Gruppo Inserimento Sociale Handicappati ex USSL 27; Unione per la Lotta contro l’Emarginazione Sociale; Unione per la Tutela degli Insufficienti Mentali; “Vivere Insieme” di Rivoli.

(2) Analoga iniziativa è in corso in Lombardia da parte dell’Associazione “Senza Limiti” e di altre organizzazioni di volontariato. È auspicabile che vengano intraprese azioni similari nel maggior numero possibile di regioni.

(3) Cfr. “Proposta di delibera sul volontariato infra-familiare”, Prospettive assistenziali, n. 123 e “Seconda proposta di delibera sul volontariato infra-familiare rivolto ai congiunti cilpiti da malattie invalidanti e da non autosufficienza”, ibidem, n. 124.

(4) La relazione e il testo della proposta di legge n. 3801 sono riportati sul n. 120 di Prospettive assistenziali.

 

www.fondazionepromozionesociale.it