Prospettive assistenziali, n. 131,
luglio-settembre 2000
Editoriale
Abbondano le notizie false sul testo di
riforma dell’assistenza e dei servizi sociali
Probabilmente il testo di legge sulla riforma
dell’assistenza, già approvato dalla Camera dei Deputati e attualmente
all’esame del Senato con il n. 4641 e con il titolo “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi
e servizi sociali”, vanta il maggior numero di primati fra i provvedimenti
esaminati dal Parlamento.
Mai è successo che d’un colpo solo, dichiarando di approvare una legge a favore dei più deboli, siano state sottratte ai poveri risorse per 110-130 mila miliardi per assegnarle anche e soprattutto ai benestanti. Si tratta dei patrimoni delle IPAB, istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, di cui è prevista l’abrogazione nelle vigenti norme che destinano esclusivamente alle persone più bisognose i beni ed i relativi redditi. Il valore delle proprietà immobiliari e mobiliari è valutato in 37-50 mila miliardi per le 4200 IPAB ancora funzionanti, in 40-50 mila miliardi per quelle estinte i cui patrimoni sono stati trasferiti ai Comuni e in 30-40 mila miliardi per i beni assegnati a titolo gratuito ad enti privati a seguito della sentenza della Corre Costituzionale n. 396/1988 (1).
Mai – crediamo – un provvedimento di questa
importanza è stato sostenuto da tante notizie false da parte delle autorità che
dovrebbero avere, quale primo dovere, quello di informare correttamente la
popolazione.
Le gravi
bugie del Ministro Livia Turco e dell’On. Elsa Signorino
Nell’intervista pubblicata su “La Stampa” del 1° giugno 2000, il Ministro Livia Turco,
commentando il testo varato dalla Camera dei Deputati il giorno prima, ha
dichiarato che «il welfare – dagli asili
nido all’assistenza domiciliare per gli anziani, dai centri diurni per gli
handicappati alla lotta contro la povertà – non dipende più dalla
benevolenza o dall’efficienza dei Comuni. Abbiamo fissato uno standard: servizi
che non possono non esserci, e che tutti i Comuni devono realizzare con il
concorso dello Stato. I diritti sociali sono diventati esigibili per tutti: non
è più pensabile che certi servizi, in Italia, siano limitati a un privato che è
fatto di lavoro quasi sempre nero e spesso non qualificato».
Coloro che hanno seguito i lavori parlamentari sanno,
purtroppo, che il Ministro ha detto un sacco di bugie, fornendo ai cittadini
notizie fuorvianti in merito ai contenuti della riforma.
È, invece, vero che l’On. Livia Turco, nella seduta
della Camera dei Deputati del 18 gennaio 2000, ha preso la parola a nome del
Governo chiedendo ai parlamentari di respingere gli emendamenti presentati
dagli On. Diego Novelli e Tiziana Valpiana così formulati: «Com’è stabilito dagli articoli seguenti gli interventi e servizi si distinguono
in obbligatori e facoltativi» (2).
L’affermazione del Ministro per la solidarietà sociale
sulla presenza di diritti esigibili nel testo varato dalla Camera dei Deputati
è stata nettamente smentita dall’On. Gianfranco Morgando, Sottosegretario al
tesoro che, nella seduta del Senato del 18 luglio 2000, ha chiarito che, ad
esclusione delle erogazioni di natura pensionistica, le prestazioni previste
dal disegno di legge n. 4641 «non formano
oggetto di diritti soggettivi per cui l’entità delle stesse sarà determinato in
relazione alle disponibilità del Fondo», e cioè degli stanziamenti che
saranno previsti.
Anche in materia di IPAB, l’On. Livia Turco non ha
detto la verità nella citata intervista pubblicata su “La Stampa”.
Alla domanda circa la mancanza di un’adeguata
copertura finanziaria, il Ministro, evidentemente rendendosi conto che il Fondo
per le politiche sociali può contare solo su 1.500 miliardi, ha affermato che «c’è il grande patrimonio delle IPAB»
senza però precisare che il testo prevede non solo la destinazione dei beni
(complessivamente 110-130 mila miliardi) (3) a tutta la popolazione, e quindi
soprattutto ai benestanti, ma contiene altresì norme per consentire la messa a
gratuita disposizione di proprietà ad associazioni e fondazioni; non segnala,
inoltre, che nell’emanazione delle norme per la ridefinizione della disciplina
delle IPAB, il Governo è autorizzato a non mantenere più separata la gestione
dei beni da quella dei patrimoni, rendendo così possibile la vendita delle
proprietà per coprire le spese per il pagamento di consulenze e altri oneri di
dubbia utilità.
Un altro travisamento della realtà è stato compiuto
dal ministro Livia Turco che, in risposta alle denunce dell’Associazione
Scintilla e del CSA avanzate in occasione dell’incatenamento pubblico di
protesta di esponenti dell’UTIM, Unione per la tutela degli insufficienti
mentali, ha emanato un comunicato stampa in cui viene asserito: «La legge darà vita a una nuova rete di
servizi alle persone che, come vuole l’art. 38 della Costituzione, dovrà
rispondere innanzitutto alle esigenze dei più deboli. Ciò è chiaramente scritto
nell’articolato della legge, in particolare degli articoli 2 e 22» (4).
Purtroppo l’art. 2 prevede diritti soggettivi esclusivamente
per le prestazioni economiche a carattere permanente (pensioni e indennità),
prestazioni che già attualmente sono esigibili. Per quanto riguarda l’art. 22,
non c’è alcun cenno a diritti esigibili, poiché il testo precisa solamente che
gli interventi ivi elencati (misure di contrasto alla povertà, sostegno ai
minori e alle famiglie, ecc.) «costituiscono
il livello essenziale delle prestazioni (...) nei limiti delle risorse del
Fondo nazionale per le politiche sociali» (5).
Grossolana è quindi la menzogna dell’On. Livia Turco
che ha avuto l’ardire di aggiungere nello stesso comunicato stampa quanto
segue: «I servizi che fino ad oggi erano
stati affidati alla buona volontà degli enti locali diventeranno diritti
esigibili dei cittadini, primi fra tutti quelli bisognosi» (6).
Anche l’On. Elsa Signorino, relatore alla Camera dei
Deputati della riforma dell’assistenza e dei servizi sociali, ha fatto ricorso
alle bugie nell’intervista pubblicata su “Hpress”
del 18-30 settembre 1999. Infatti, ha dichiarato che il testo «riconosce alle persone disabili, non più
bisogni che possono essere discrezionalmente soddisfatti, bensì diritti
esigibili».
Analoghe le dichiarazioni fuorvianti fatte dalla
stessa On. Signorino a “Fuoricampo”,
notiziario del Consorzio della Provincia di Siracusa della cooperazione di
solidarietà sociale. Nel n. 1, agosto 1999, della suddetta rivista è scritto
che «la legge in discussione alla Camera
(...) stabilisce un principio: nel sociale ci sono dei diritti a fronte dei
quali vanno messe in campo delle risposte di qualità» e più avanti: «Questa legge contiene un valore aggiunto:
stabilisce un pacchetto di servizi essenziali che devono essere garantiti
sull’intero territorio nazionale».
La falsa
notizia della chiusura degli orfanotrofi
Numerosi giornali hanno segnalato che il testo di
riforma dell’assistenza e dei servizi sociali prevede la chiusura degli
orfanotrofi. Si tratta di una invenzione pura e semplice.
Sul numero del 14 giugno 2000 di “Oggi”, è apparso un articolo dal titolo “Orfanotrofi addio: ogni
bimbo avrà il calore di una famiglia”. Le autrici, Antonella Amendola e Rita
Cenni, non solo inventano la chiusura degli orfanotrofi asserendo che «d’ora in poi i bambini e i ragazzi
abbandonati, o in difficoltà, non finiranno mai più in istituto», ma
sostengono addirittura che è «arrivata la
scorsa settimana una legge», mentre il testo approvato dalla Camera dei
Deputati doveva ancora essere esaminato dal Senato (7).
La falsa notizia sulla chiusura degli orfanotrofi è
stata divulgata (8) da:
– “La
Repubblica” del 31 maggio 2000 con l’intestazione “Orfanotrofi, il giorno
dell’addio”;
– “Avvenire”
del 1° giugno 2000 con il titolo “Addio orfanotrofi, c’è la casa-famiglia”;
– “Corriere
della Sera” del 1° giugno 2000 con il titolo “Primo sì all’assistenza su
misura - Rivoluzione nel welfare: orfanotrofio addio, incentivi al non profit”;
– “Vita” del 9 giugno 2000 “Avanza la riforma dell’assistenza,
l’articolo 22 chiude gli orfanotrofi”;
– “Vita” del
16 giugno 2000 “Per la riforma dell’assistenza la parola ora passa ai Senatori”.
L’appoggio
autolesionista di CGIL, CISL, UIL
Nonostante che i lavoratori più deboli e soprattutto i
pensionati siano destinati ad essere le prime vittime della riforma
dell’assistenza e dei servizi sociali, CGIL, CISL e UIL hanno sostenuto
l’approvazione dei testi presentati alla Camera dei Deputati ed al Senato,
com’è dimostrato dai titoli del quotidiano della CISL “Conquiste del lavoro” che riportiamo:
– 18 gennaio 2000,
Per una riforma dell’assistenza adeguata alle nuove esigenze - Lazio, Continua
la battaglia della federazione dei pensionati;
– 29 febbraio 2000, Entro fine marzo la legge di riforma - Assistenza. Scantamburlo, PPI:
voto in Aula prima delle regionali;
– 8 marzo 2000, Assistenza:
pressing dei pensionati;
– 28 marzo 2000,
L’assistenza negata - Legge di riforma. Salta il numero legale alla Camera,
dibattito rinviato - Pillitteri (Segretario nazionale Federazione dei
pensionati CISL, n.d.r.): il 17 maggio
manifestazione di protesta a Roma;
– 1° giugno 2000, Legge
assistenza. Primo sì della Camera - Pezzotta (Segretario vicario della
CISL, n.d.r.): Superata logica
ottocentesca. Soddisfatti FNP, SPI, UILP;
– 16 giugno 2000, Welfare,
rispettare gli impegni per la riforma - INAS e CISL al Governo: subito legge
quadro sull’assistenza;
– 26 luglio 2000,
Assistenza, oggi presidio al Senato;
– 26 luglio 2000, Assistenza,
riforma subito - L’INAS sollecita l’approvazione da parte del Senato;
– 27 luglio 2000,
Riforma dell’assistenza rimandata a settembre - Ieri, presidio davanti al
Senato dei Sindacati confederali pensionati.
Le espressioni di comodo sono ripetute su “Conquiste del lavoro” come verità (9).
Aldo Giuliani scrive in data 18 gennaio 2000 che «la legge che disciplina l’assistenza nel nostro paese, si fa per dire,
risale addirittura al 1890 (legge Crispi)», quando è noto alle persone
informate che la legge suddetta non ha mai avuto lo scopo di regolamentare
l’assistenza; il suo obiettivo era ed è quello di normare l’amministrazione
delle IPAB, Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, al fine di
evitare gli usi illegittimi dei beni immobiliari e mobiliari destinati ai
poveri.
Invece, le più importanti disposizioni attualmente in
vigore in materia di assistenza sono:
– il regio decreto 6535 del 1889 che obbligava ed
obbliga i Comuni ad intervenire nei confronti dei minori, degli inabili al
lavoro e degli anziani che «per
insanabili difetti fisici o intellettuali non possono procacciarsi il modo di
sussistenza»;
– il regio decreto 773/1931 che recita: «Le persone riconosciute dall’autorità
locale di pubblica sicurezza inabili a qualsiasi lavoro proficuo e che non
abbiano mezzi di sussistenza, né parenti tenuti per legge agli alimenti e in
condizioni di poterli prestare, sono proposte (...) per il ricovero in un
istituto di assistenza o beneficenza del luogo o di altro Comune» (10).
La validità, sia pur parziale, dei due suddetti regi
decreti è dimostrata dal fatto che nel 1998 sono stati utilizzati per ottenere
il ricovero urgente di un adulto con handicap intellettivo grave e con autonomia
estremamente limitata (11).
Di notevole importanza anche la legge 2838 del 1928
riguardante l’assistenza alle gestanti e madri ed i nati fuori del matrimonio.
A sua volta, il regio decreto 383 del 1934 stabiliva
che erano obbligatorie per i Comuni le spese per il mantenimento degli inabili
al lavoro (minori degli anni 15, anziani, handicappati, ecc.) e per le Province
quelle relative agli «infanti
illegittimi, abbandonati od esposti all’abbandono» ed ai «ciechi e sordomuti poveri rieducabili»
(12).
In base al DPR 616/1977 sono state trasferite ai
Comuni «tutte le attività che attengono,
nel quadro della sicurezza sociale, alla predisposizione ed erogazione di
servizi, gratuiti o a pagamento, o di prestazioni economiche, sia in denaro che
in natura, a favore dei singoli, o a favore di gruppi qualunque sia il titolo
in base al quale sono individuati i destinatari, anche quando si tratti di
forme di assistenza a categorie determinate, escluse soltanto le funzioni
relative le prestazioni economiche di natura previdenziale».
Con il DPR 616/1977 sono state trasferite ai Comuni le
funzioni di una miriade di enti assistenziali (ECA, ENAOLI, ENPMF, ecc.). Le
competenze assistenziali dell’ONMI sono state assegnate ai Comuni e alle
Province con la legge 698/1975.
Dunque, perché il Ministro Livia Turco e l’On. Elsa
Signorino hanno affermato che la legge che finora ha disciplinato l’assistenza
è la legge 6972 del 1890?
Ritornando alla posizione dei Sindacati, va precisato
che gli aspetti fondamentali della riforma sono stati presentati da Andrea
Benvenuti su Conquiste del lavoro del
6 luglio 1999 in modo gravemente fuorviante. Ad esempio, nulla ha detto sulla
cancellazione dei diritti esigibili vigenti, sul mancato riconoscimento di
altri diritti, sulla sottrazione ai poveri dei patrimoni delle IPAB, sul
trasferimento della competenza della sanità all’assistenza per gli anziani
cronici e per i malati di Alzheimer, ecc.
Anche i tre segretari generali dei Sindacati dei
pensionati Pillitteri (FNP, Federazione nazionale pensionati CISL), Minelli
(SPI, Sindacati pensionati italiani della CGIL), Miniati (UILP, Unione italiana
pensionati italiani della UIL), dopo aver affermato – evidentemente perché non
conoscono le leggi vigenti – che «la
mancata approvazione della legge (di riforma dell’assistenza, n.d.r.) sarebbe un fatto davvero grave, perché
resterebbe in vigore una normativa che risale alla fine dell’Ottocento»,
non hanno fatto cenno alcuno ai negativi aspetti del testo approvato dalla
Camera dei Deputati.
Si tratta di una situazione allarmante in quanto CGIL,
CISL e UIL si pongono in netto contrasto con le esigenze della fascia più
debole della popolazione e di coloro che nei prossimi anni lo diventeranno.
La forza dei
numeri
Molto spesso chi non ha la capacità di controbattere
le idee altrui, fa leva sulla propria forza fisica.
È il caso del CNCA, Coordinamento nazionale delle
comunità di accoglienza, il cui appello «Si
approvi subito la legge sull’assistenza», datato 25 luglio 2000 inizia come
segue: «7 milioni e 700 mila associati;
500 mila volontari; 80 mila addetti retribuiti; un milione di persone accolte o
seguite stabilmente; 40 mila strutture di base; 5 mila associazioni e
cooperative aderenti; 6 mila tra sedi regionali e provinciali: Infine, 11
milioni di iscritti ai tre sindacati confederali».
Per quanto riguarda la riforma dell’assistenza, il
CNCA si limita a sollecitare il Senato affinché approvi «con la massima rapidità e urgenza il disegno di legge quadro
sull’assistenza» sulla base delle seguenti misere considerazioni: «L’appello delle associazioni e dei
sindacati è fondato sulla convinzione che – nonostante le perplessità che
ancora permangono su singole parti del testo – è ormai assolutamente necessario
che la legge diventi realtà dopo oltre un secolo di attesa. Un prolungamento
troppo accentuato dell’iter parlamentare renderebbe impossibile la sua
approvazione entro questa legislatura, causando un ulteriore gravissimo
ritardo».
Subito dopo, nel comunicato stampa del CNCA, viene
segnalato che lo scopo primario dei promotori dell’appello è «quello di impegnarsi a fondo perché la
legge sia poi concretamente e correttamente applicata e non resti solo una
bella dichiarazione di intenti come è già avvenuto per altre riforme sociali di
settore».
Ci è difficile capire come il CNCA, che non tiene in
nessun conto che il testo approvato dalla Camera dei Deputati cancella diritti
e non ne introduce alcuno, possa operare perché lo stesso testo, una volta
approvato, possa essere «concretamente e correttamente» applicato (13).
Questa concretezza e correttezza si manifesterà anche
nei confronti dei 110-130 mila miliardi di patrimoni sottratti all’esclusiva
destinazione a favore dei poveri?
Ma quel che è ancora più difficile comprendere è
l’altro aspetto dell’appello, in cui 56 organizzazioni del volontariato e del
terzo settore (14) lanciano la campagna «La
grande riforma sociale». Secondo i promotori, «il suo obiettivo fondamentale è quello di contribuire a una radicale
inversione di tendenza nel sistema delle risposte sociali in Italia, affinché
queste divengano diritti soggettivi – e non residuali – per tutti i cittadini,
a prescindere dalla condizione in cui si trovano». Viene inoltre precisato
che «una vera riforma avrà infatti
bisogno di cambiamenti profondi nell’organizzazione amministrativa e dei
servizi, di adeguamenti costituzionali, di un diverso modo di distribuire le
risorse, di un’educazione sociale volta a creare nuovi e diffusi atteggiamenti
collettivi responsabilizzanti nei confronti dei bisogni individuali; e soprattutto
di una generalizzata presa di coscienza che tali bisogni appartengono e
maturano nella normalità e non in sacche di popolazione “strutturalmente
deboli” e “condannate”, sia del nord che del sud del mondo».
In sostanza, le suddette organizzazioni accettano che
le esigenze della fascia più debole della popolazione vengano calpestate dal
testo di riforma dell’assistenza e dei servizi sociali, ma si impegnano a
promuovere «la grande riforma sociale» affinché anche ai suddetti soggetti
vengano riconosciuti i bisogni ed i diritti!
Molte
riviste tradiscono la realtà dei fatti
È molto grave che vi siano riviste specializzate che
abbiano travisato (volutamente?) la realtà dei fatti, suscitando false speranze
in coloro (operatori dei settori pubblico e privato, sindacalisti, volontari,
ecc.) che non hanno letto il testo di riforma dell’assistenza e dei servizi
sociali o non hanno gli strumenti culturali per interpretarlo correttamente.
a) Sul numero 14/2000, di Prospettive sociali e sanitarie, commentando il testo approvato
dalla Camera dei Deputati, Emanuele Ranci Ortigosa segnala fra «le previsioni più innovative» del testo
stesso la «affermazione di un vero e
proprio diritto dei cittadini a usufruire delle prestazioni e dei servizi del
sistema integrato». Dove Ranci Ortigosa abbia trovato il «vero e proprio diritto», resta un
mistero.
Un altro aspetto «più
innovativo» è indicato dal direttore di Prospettive
sociali e sanitarie nella «ribadita
competenza generale dei Comuni per le funzioni assistenziali», dimenticando
che il 5° comma dell’articolo 8 del disegno di legge licenziato dalla Camera
dei Deputati consente alle Regioni di attribuire alle Province, come abbiamo
già riferito, le competenze in materia di assistenza ai minori nati fuori dal
matrimonio, alle gestanti e alle madri in difficoltà, ed ai ciechi e sordi
poveri rieducabili.
Nulla ha detto Ranci Ortigosa sul prevedibile
dirottamento dei patrimoni delle IPAB, sul trasferimento di competenza dalla
sanità all’assistenza delle funzioni concernenti gli anziani cronici non
autosufficienti e sulla mancata approvazione degli uffici di pubblica tutela.
b) A sua volta Maurizio Giordano, sul numero 7-8/2000
della Rivista del volontariato scrive
che «il testo che è adesso in esame del
Senato (prevede) l’affermazione di
un vero e proprio diritto soggettivo del cittadino, come tale esigibile sul
piano giurisdizionale, e servizi e prestazioni rientranti tra i “livelli
essenziali”». Dove l’abbia letto nessuno lo sa!
Da rimarcare che nell’articolo di Maurizio Giordano
non si fa cenno alcuno alle possibili discriminazioni fra minori nati nel e
fuori dal matrimonio, ai patrimoni delle IPAB, né ai trasferimenti dei vecchi
colpiti da malattie inguaribili dalla sanità all’assistenza (15).
c) Imprecisioni ed omissioni del tutto analoghe a quelle
precedenti sono state compiute da Paola Rossi, presidente nazionale dell’Ordine
degli assistenti sociali, che sul numero 2, aprile-giugno 2000 della rivista “Rassegna di servizio sociale”, ha
affermato che nel testo di riforma dell’assistenza e dei servizi sociali
approvato dalla Camera dei Deputati
«viene finalmente riconosciuto lo status del cittadino e i diritti che vi si
connettono».
d) Su “Nuova
proposta”, rivista dell’UNEBA, la potente organizzazione cattolica a cui
aderiscono alcune migliaia di organizzazioni private e di IPAB, è stato
riportato nel numero 3/2000 un articolo di Alessia Fossi Fiaschetti in cui,
travisando la realtà, viene sostenuto che nel testo di riforma «si riconoscono alle persone e alle
famiglie diritti sociali a fronte dei quali si mettono in campo risposte più
adeguate e moderne, più flessibili e personalizzate, fatte di servizi,
prestazioni economiche, buoni servizio» (16).
e) Un forte, acritico appoggio al testo Turco-Signorino
è stato fornito dal settimanale “Vita”
che si è fatto portavoce non solo del Ministro per la solidarietà sociale (17),
ma anche dei vari sostenitori: nel numero del 21 aprile 2000, Edoardo
Patriarca, portavoce del Forum del terzo Settore (18), ha affermato che una
serie di emendamenti presentati alla Camera dei Deputati sono «senza dubbio peggiorativi», ma non
precisa che quello più importante aveva lo scopo di rendere esigibili i servizi
indispensabili per le persone in reale condizione di bisogno (accoglienza
presso comunità alloggio o istituti dei minori privi di sostegno familiare,
aiuti domiciliari, prestazioni economiche per situazioni di emergenza, centri
diurni per handicappati intellettivi adulti impossibilitati a svolgere
qualsiasi attività lavorativa a causa della gravità delle loro condizioni
psico-fisiche, ecc.). Anche su “Vita”
viene ripresa la falsa notizia circa la legge Crispi del 1890 e in modo
alquanto distorto viene scritto che «ben
40 mila miliardi potrebbero essere liberati riorganizzando il patrimonio delle
IPAB» (19). Nonostante le numerose lettere inviate dal CSA, il settimanale “Vita” finora si è rifiutato di far
conoscere ai suoi lettori un parere diverso da quello del Ministro Livia Turco.
f) Anche il settimanale “Avvenimenti” ha pubblicato notizie fuorvianti sul testo di legge.
Sul numero del 2-9 gennaio 2000, Franco Marzocchi, altro portavoce del Forum
del Terzo Settore, è giunto a sostenere che il testo all’esame del Parlamento è
fondato «sui servizi e sulle prestazioni
di assistenza necessari a garantire a tutti un dignitoso livello di assistenza»
(20).
Il “generale
consenso”
della
Consulta ecclesiale
Fra coloro che, nonostante le inique norme del testo
di riforma dell’assistenza e dei servizi sociali, l’hanno appoggiato,
segnaliamo la Consulta ecclesiale dei servizi socio-assistenziali, di cui fanno
parte: ACSIF, Associazione Papa Giovanni XXIII, AVULSS, Caritas italiana, CIF,
CISM, CNCA, Conferenza nazionale delle Misericordie, Gruppi di volontariato
vincenziano, FICT, Movimento apostolico ciechi, Società di San Vincenzo de’
Paoli, UNEBA, USMI, Consulta nazionale fondazioni antiusura. Nell’articolo
“Legge quadro sull’assistenza: chi la ostacola?” (21), in cui sono riportate le
richieste della Consulta ecclesiale, viene affermato che sul testo di riforma
dell’assistenza e dei servizi sociali c’è «il
generale consenso», senza precisare se questa è la posizione della sola
Consulta o esprime l’opinione di tutte le organizzazioni operanti nel nostro
Paese.
Conclusioni
Durante l’iter parlamentare della legge 104 del 1992,
avevamo più volte segnalato su “Prospettive
assistenziali” (22) che le norme erano assolutamente inidonee a garantire
il soddisfacimento delle esigenze delle persone con handicap ed avevamo
definito, fra l’indifferenza di tutti (23), la legge 104/1992 una scatola
vuota.
Non vorremmo che fra qualche anno, anche coloro che
sostengono la riforma dell’assistenza e dei servizi sociali nella stesura
approvata dalla Camera dei Deputati, si affannino (come taluni continuano a
fare per la citata legge 104/1992) a cercare scuse di vario genere (carenze
finanziarie, impreparazione degli amministratori e degli operatori, ecc.) per
giustificare la mancata o insufficiente creazione di servizi di assistenza
sociale per la fascia più debole della popolazione, in particolare per coloro
che non sono in grado di autodifendersi.
Infatti, troppe organizzazioni sono ancora molto
lontane, in questo settore, dal comprendere la necessità assoluta e
inderogabile di leggi che stabiliscano diritti assistenziali esigibili ed
aggiuntivi (24) per i più deboli, com’è previsto dal 1° comma dell’art. 38
della Costituzione.
Da molti decenni questa esigenza è stata riconosciuta
per l’istruzione e in particolare la scuola dell’obbligo, per la previdenza e,
dal 1978, per la sanità.
Perché i più deboli non continuino ad essere
emarginati, occorre passare dalla consolazione degli afflitti ai diritti dei
cittadini. Quando?
(1) Come
abbiamo più volte segnalato, altri primati riguardano:
– la
cancellazione di diritti sanciti nel secolo scorso e dal fascismo in materia di
assistenza, nonché l’assenza totale di obblighi da parte dei Comuni (o di altri
enti) volti a garantire la sopravvivenza, ad esempio, dei soggetti con handicap
e non autosufficienti rimasti orfani;
– la
violazione dell’art. 3 della Costituzione che sancisce la piena dignità ed
eguaglianza di tutti i cittadini, violazione realizzabile con l’assegnazione da
parte delle Regioni della competenza assistenziale relativa ai minori nati
fuori dal matrimonio non ai Comuni, a cui spetta la gestione (facoltativa)
dell’assistenza ai minori nati nel matrimonio ma alle Province;
– il
capovolgimento completo del 1° comma dell’art. 38 della Costituzione, che
riserva il diritto all’assistenza agli inabili al lavoro sprovvisti dei mezzi
necessari per vivere e l’estensione degli interventi discrezionali dei servizi
sociali a tutte le attività concernenti i servizi alla persona (escluse solo
quelle relative alla sanità, alla previdenza e alla giustizia), compresi i
cittadini pienamente in grado di provvedere con i loro mezzi alle proprie
esigenze;
– l’introduzione
di norme attuative della barbara concezione secondo cui gli anziani inguaribili
sarebbero anche poco curabili e quindi trasferibili dalla competenza della
sanità a quella dei servizi sociali.
(2) Cfr. l’editoriale del n. 128 di Prospettive
assistenziali “Cinico no della Camera dei Deputati e del Governo al
riconoscimento del diritto esigibile alle prestazioni di assistenza sociale
indispensabili per le persone più deboli”, in cui sono riportati, fra gli
altri, gli interventi degli On. Novelli e Valpiana a sostegno del loro
emendamento e quello dell’On. Livia Turco nettamente contrario all’inserimento
di diritti esigibili nel testo di riforma dell’assistenza.
(3) Il
valore dei patrimoni delle IPAB è così calcolato:
– 37-50
mila miliardi per i beni delle IPAB ancora funzionanti;
– 40-50
mila miliardi per le proprietà trasferite ai Comuni a seguito dell’estinzione
di centinaia di IPAB;
– 30-40 mila miliardi per i beni regalati ai privati a seguito della
sentenza della Corte Costituzionale n. 396/1988.
(4) Cfr. Luna Nuova del 28
luglio 2000. Il giornale è pubblicato a Collegno, Torino, collegio elettorale
dell’On. Livia Turco.
(5) Come abbiamo già visto, il Sottosegretario al Tesoro, Gianfranco
Morgando, ha correttamente chiarito nella seduta del Senato del 18 luglio 2000,
che gli interventi previsti dal testo di riforma dell’assistenza sono tutti,
esclusi quelli pensionistici, discrezionali.
(6)
Altre dichiarazioni del Ministro Livia Turco, in cui sostiene che nel testo di
riforma dell’assistenza sono previsti diritti esigibili, sono state pubblicate
su “Il Sole - 24 Ore” e “La Repubblica” del 1° giugno 2000.
(7) Segnaliamo che Oggi non
ha voluto pubblicare alcuna precisazione circa le notizie false riportate.
Senza alcun esito sono rimaste le lettere inviate al Direttore dal CSA -
Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti in data 20 giugno e 10
luglio 2000.
(8) Sarebbe istruttivo sapere chi ha diffuso la falsa notizia e per
quali motivi ciò è avvenuto. Temiamo che si tratti di “veline” predisposte per
raccogliere consensi al testo di riforma da parte di chi ne conosce le
gravissime carenze e tenta di mascherarle.
(9) Ricordiamo la
sconcertante arretratezza culturale della proposta di legge di iniziativa
popolare “Legge di riordino dell’assistenza sociale”, promossa dai sindacati
dei pensionati FNP-CISL, SPI-CGIL, UILP-UIL, il cui testo è stato pubblicato
integralmente sul n. 109, gennaio-marzo 1995 di Prospettive assistenziali. Nella suddetta proposta non si tiene
assolutamente conto delle esigenze e dei diritti dei minori, compresi quelli
ricoverati in istituto; per quanto riguarda i soggetti con handicap, c’è
solamente la previsione dell’assegno di inabilità; per gli anziani è richiesta
la corresponsione di un assegno sociale a tutti i cittadini italiani che
abbiano compiuto i 65 anni, il cui ammontare dovrebbe essere «pari al 50% del reddito nazionale medio
procapite speso nell’anno precedente». È prevista l’erogazione di detto
assegno anche a coloro che posseggono beni di qualsiasi entità (immobili,
azioni, obbligazioni, ecc.). Infine, nel testo dei sindacati era prevista la
possibilità da parte degli enti pubblici di richiedere ai parenti di assistiti
di concorrere «al costo di determinati
servizi».
(10) Precisiamo che anche il
regio decreto 773/1931 non consentiva agli Enti pubblici di sostituirsi
all’interessato per la richiesta degli alimenti.
(11) Cfr. “Come abbiamo
procurato un ricovero d’emergenza ad un nostro congiunto colpito da grave
handicap intellettivo”, Prospettive
assistenziali, n. 123, luglio-settembre 1998.
(12) L’obbligatorietà delle
spese assistenziali di competenza dei Comuni e delle province è stata abrogata
con il decreto legge 10 novembre 1978 n. 702, convertito nella legge 8 gennaio
1979 n. 3.
(13) Anche il CNCA ed i
Sindacati non sanno che la legge 6972 del 1890 (legge Crispi) non ha mai
definito una normativa quadro dell’assistenza ed ignorano (di proposito?) le
numerose leggi approvate successivamente.
(14) Le organizzazioni sono
le seguenti: Acli (Associazione cristiana lavoratori italiani); Agesci
(Associazione guide e scouts cattolici italiani); Aias (Associazione italiana
assistenza spastici); Aibi (Associazione amici dei bambini); Aics (Associazione
italiana cultura e sport); Aizo (Associazione italiana zingari oggi); Ancst
(Associazione nazionale cooperative servizi turismo - Lega Cooperative); Anffas
(Associazione nazionale famiglie disabili intellettivi e relazionali); Aniep
(Associazione nazionale invalidi esiti poliomielite); Anolf (Associazione
nazionale oltre le frontiere); Anpas (Associazione nazionale pubbliche
assistenze); Aon (Associazione obiettori nonviolenti); Arci (Associazione
ricreativo culturale italiana); Associazione per la pace; Associazione Samam;
Auser (Autogestione dei servizi e della solidarietà); Avulss (Associazione di
volontariato nelle unità locali socio-sanitarie); Banca popolare etica; Beati i
costruttori di pace; Cgil (Confederazione generale italiana del lavoro); Chiama
l’Africa; Cica (Coordinamento italiano case alloggio); Cilap (Coordinamento
italiano lotta alla povertà); Cipsi (Coordinamento iniziative popolari di
solidarietà internazionale); Cisl (Confederazione italiana sindacati
lavoratori); Cittadinanza attiva; Cnca (Coordinamento nazionale comunità di
accoglienza); Cocis (Coordinamento organizzazioni non governative per la
cooperazione internazionale allo sviluppo); Comunità Emanuel; Consorzio Etimos;
Csi (Centro sportivo italiano); Ctg (Centro turistico giovanile); Dpi Italia
(Disabled People’s International); Emmaus Italia; Evan (Ente volontariato anspi
nazionale); Federazione Scs-Cnos (Centro nazionale opere salesiane);
Federconsumatori; Fici (Federazione italiana comunità terapeutiche); Fish
(Federazione italiana superamento handicap); Fitel (Federazione italiana tempo
libero); Fivol (Fondazione italiana per il volontariato); Focsiv (Federazione
organismi cristiani servizi internazionali volontari); Fondazione Devoto;
Fondazione Exodus; Fondazione Zancan; Intersos; Lega ambiente; Lila (Lega
italiana lotta all’Aids); Manitese; Movi (Movimento volontariato italiano); Pax
Christi; Seac (Coordinamento enti e associazioni di volontariato
penitenziario); Società di San Vincenzo de’ Paoli; Uil (Unione italiana del
lavoro); Uildm (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare); Uisp (Unione
italiana sport per tutti); Unasam (Unione nazionale associazione salute
mentale); Uneba (Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza
sociale); Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo). Segnaliamo che in
data 12 settembre 2000 il Presidente nazionale dell’UNASAM al CSA ha precisato
quanto segue: «1) Siamo d’accordo
sull’urgenza di una nuova legge sull’assistenza; 2) Non siamo affatto d’accordo
invece sul testo approvato dalla Camera e in discussione al Senato, che
prevede, fra l’altro, il passaggio dalla sanità all’assistenza dei malati
psichici gravi o anziani, con conseguente perdita dei diritti alle cure e
ricoveri»
(15) In data 15 agosto 2000 è
stato chiesto dal CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti al
Dott. Enrico Gastaldi, direttore della Rivista
del volontariato, di fornire ai lettori informazioni corrette sul testo
approvato dalla Camera dei Deputati.
(16) Evidenziamo che “Nuova Proposta” è stata, insieme a “La Famiglia”, una delle rarissime
riviste in cui è stato pubblicato un articolo predisposto dal CSA sulla riforma
dell’assistenza. Il settimanale Vita
ha pubblicato una lettera del CSA in data 4 agosto 2000 con un commento
redazionale negativo.
(17) Cfr. “Incontriamoci
sulla finanziaria”, Vita, 30 giugno
2000 e il già ricordato articolo “Avanza la riforma dell’assistenza, l’articolo
22 chiude gli orfanotrofi”.
(18) Sul reale ruolo del
Terzo Settore si veda l’articolo “Intesa fra il Governo e il Forum del Terzo
Settore per l’emarginazione sociale dei cittadini aventi limitata capacità di
autodifesa”, Prospettive assistenziali,
n. 127, luglio-settembre 1999.
(19) Cfr. “Riforma sociale,
arriva la stagione del non profit”, Vita,
16 giugno 2000.
(20) Anche il settimanale “Avvenimenti” non ha pubblicato la
lettera di precisazione inviata dal Comitato per la difesa dei diritti degli
assistiti.
(21) Cfr. Avvenire del 25 marzo 2000.
(22) I principali articoli
apparsi su Prospettive assistenziali
sull’argomento sono: “Handicap: dalla legge quadro alla legge beffa”, n. 94,
aprile-giugno 1991; “La legge-quadro sull’handicap: una scatola vuota” e
“Analisi sintetica della legge-quadro sull’handicap”, n. 97; “Come e perché
ridefinire il problema handicap”, di Mario Tortello, n. 99. Si veda anche il
volume “Handicap: oltre la legge quadro - Riflessioni e proposte”, di Maria
Grazia Breda e Francesco Santanera, UTET Libreria.
(23) L’unica pubblicazione
che insieme a Prospettive assistenziali
si espresse chiaramente sulla inconsistenza delle disposizioni della legge
104/1992 è stata “Handicap & Scuola”.
(24) Alle persone in
difficoltà devono essere fornite, a nostro avviso, non solo le prestazioni di
competenza della sanità, della casa, dell’istruzione, ecc. ma anche quelle
dell’assistenza sociale. Cfr. “Esperienze di prevenzione del bisogno
assistenziale e dell’emarginazione sociale”, di Francesco Santanera, Prospettive assistenziali, n. 129.
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