Prospettive assistenziali, n. 131,
luglio-settembre 2000
Da molti anni il
Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti, via Artisti 36, 10124
Torino, tel. 011.812.44.69, fornisce consulenza gratuita alle persone che
intendono opporsi alle dimissioni dagli ospedali e dalle case di cura private
convenzionate dei malati di Alzheimer e degli altri anziani cronici non
autosufficienti. È sufficiente, come abbiamo già segnalato (1), l’invio di due
lettere raccomandate con ricevuta di ritorno al Direttore generale dell’ASL in
cui ha sede l’ospedale (2) e al Direttore sanitario dell’ospedale o della casa
di cura privata convenzionata, di cui riproduciamo il testo.
__l__
sottoscritt____ abitante in_________ Via___________ n. ___
visto l’art. 41 della legge 12.2.1968 n. 132 (che prevede il ricorso contro le
dimissioni), e tenuto conto che l’art. 4 della legge 23.10.1985 n. 595 e l’art.
14, n. 5 del D.Leg. 30.12.1992 n. 502 consentono ai cittadini di presentare
osservazioni e opposizioni in materia di sanità, chiede che __l__ propri__ _________ abitante in _________ Via ___________ n.____ attualmente ricoverat__ e curat__
presso _________ non venga dimess__ o
venga trasferit_ in un altro reparto dell__ stess__ ________ o in altra struttura sanitaria per i seguenti
motivi:
1) il paziente è gravemente malato
e non autosufficiente (se del caso, aggiungere: il paziente non sempre è
capace di programmare il proprio futuro);
2) lo scrivente non è in grado di fornire le necessarie cure al
paziente.
Fa presente
che le cure sanitarie, comprese quelle ospedaliere, sono dovute anche agli
anziani cronici non autosufficienti ai sensi delle leggi 4.8.1955 n. 692,
12.2.1968 n. 132 (in particolare art. 29), 17 agosto 1974 n. 386 (le
prestazioni ospedaliere devono essere fornite “senza limiti di durata”),
13.5.1978 n. 180, 23.12.1978 n. 833 (in particolare art. 2 punti 3 e 4 e
lettera f). Si ricorda, inoltre, che il Pretore di Bologna, Dr. Bruno Ciccone,
con provvedimento del 21.12.1992 ha riconosciuto il diritto della Signora P.F.,
nata nel 1913, degente in ospedale dal 1986 di “poter continuare a beneficiare
di adeguata assistenza sanitaria usufruendo delle prestazioni gratuite del
Servizio sanitario nazionale presso una struttura ospedaliera e non di generica
assistenza presso istituti di riposo o strutture equivalenti”. Si segnala,
altresì, la sentenza della 1ª Sezione civile della Corte di Cassazione n.
10150-1996 in cui viene riconfermato che:
– le leggi vigenti riconoscono ai
cittadini il diritto esigibile alle prestazioni sanitarie, comprese le attività
assistenziali a rilievo sanitario;
– le cure sanitarie devono essere
fornite sia ai malati acuti che a quelli cronici;
– essendo un atto amministrativo,
il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 agosto 1985 non ha
alcun valore normativo.
Ai sensi
della legge 7 agosto 1990 n. 241, chiede che gli venga inviata una risposta
scritta.
__l__
scrivente si impegna di continuare a fornire al proprio congiunto tutto il
possibile sostegno materiale e morale compatiblmente con i propri impegni
familiari e di lavoro. Chiede pertanto che, nel caso di trasferimento in altre
strutture, non venga allontanato dalla città di __________________________________.
In tutti i casi finora seguiti (alcune migliaia) le dimissioni
sono state bloccate, anche per molti anni (3).
Quasi sempre i primari, gli altri
medici e gli assistenti sociali esercitano pressioni anche pesanti per indurre
i congiunti a farsi carico del paziente.
L’insistenza per l’accettazione
delle dimissioni è abbastanza sovente accompagnata da minacce, ad esempio
quella di segnalare il caso alla polizia, ai carabinieri o alla Procura della
Repubblica. Si tratta, com’è noto, di intimidazioni non solo illegittime, ma
punite dal codice penale.
In sostanza, molto spesso il
personale medico e gli operatori sociali sostengono (e quasi sempre sanno di
dire menzogne), che la cura degli anziani malati cronici non autosufficienti
non spetterebbe al Servizio sanitario nazionale, ma ai congiunti.
Ne deriva che sovente i
familiari, soprattutto perché non conoscono le disposizioni vigenti e temono
ritorsioni nei confronti dei malati, accettano di sottoscrivere impegni che,
mentre liberano l’ASL da ogni responsabilità, vincolano i familiari stessi a
fornire le necessarie prestazioni sanitarie e ad assumere i conseguenti oneri
economici.
Al fine di ovviare ai lamentati
soprusi, il Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti propone da
qualche mese ai parenti di delegare, se lo ritengono opportuno, il Comitato
stesso a difendere il diritto del loro congiunto alle cure sanitarie. In caso
affermativo, alla lettera prima riportata viene aggiunto quanto segue: «Il sottoscritto delega i componenti del
Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti ad assumere le necessarie
iniziative nei confronti delle competenti autorità in merito a quanto sopra
richiesto. Pertanto le autorità, a cui la presente è inviata, sono pregate di
rispondere o di trasmettere qualsiasi altra comunicazione non allo scrivente,
ma al suddetto Comitato, tel. 011.812.44.69, fax 011.812.25.95».
(1) Cfr. “Che cosa fare per
evitare le dimissioni dagli ospedali degli anziani cronici non autosufficienti:
quindici anni di esperienze”, Prospettive
assistenziali, n. 113, gennaio-marzo 1996.
(2) Nel caso in cui la
persona sia ricoverata in un ospedale facente parte di una Azienda ospedaliera,
la raccomandata RR va spedita al Direttore generale della stessa Azienda
ospedaliera.
(3) Come abbiamo scritto e
detto mille volte, l’intervento più opportuno, che dovrebbe essere predisposto
dalle ASL, è costituito dalle cure domiciliari, sempre che le condizioni del
malato e la disponibilità/capacità dei congiunti lo consentano.
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