Prospettive assistenziali, n. 131,
luglio-settembre 2000
Riportiamo integralmente la relazione e il testo sulla
riforma, o meglio sulla controriforma dell’adozione, varati dalla Commissione
speciale in materia di infanzia e trasmessi in data 14 luglio 2000 alla
Presidenza del Senato.
Mentre, per salvare le apparenze, la Commissione
suddetta afferma di aver fatto riferimento alle esigenze prioritarie dei minori
senza famiglia, in realtà, dall’analisi del testo risulta evidente che esse
vengono spesso calpestate a favore delle pretese – soprattutto quelle
squisitamente egoistiche – delle coppie di adulti, che, in base alle vigenti
disposizioni di legge, sono giustamente escluse dall’adozione di bambini
piccoli (1).
Come da anni abbiamo più volte precisato senza mai
essere stati smentiti, dall’entrata in vigore della legge 431 del 1967 ad oggi
non c’è un solo bambino (2) che sia rimasto senza famiglia a causa della
mancanza di coppie adottive. Negli ultimi cinque anni, e cioè dal 1995 al 1999,
a fronte di 6.471 minori dichiarati adottabili, c’erano richieste di adozione
presentate da 60.545 coppie di coniugi (3).
Aggiungevamo che, per quanto riguarda le domande per
l’adozione internazionale, nel quinquennio 1995-1999 ne sono state presentate
40.553, mentre nello stesso periodo i provvedimenti di affidamento preadottivo
e quelli efficaci come adozione sono stati 12.629. Pertanto, tenuto conto che i
procedimenti pendenti sono circa 2.000, a fronte di 40.563 domande presentate,
di cui sono state respinte dai Tribunali per i minorenni 4.479, le adozioni
internazionali realizzate sono state 12.479.
Dunque, nel quinquennio 1995-1999, senza alcuna altra
alternativa possibile, a 54.074 coppie non è stato e mai sarà affidato un
bambino italiano a scopo di adozione per il semplice fatto che non ci sono, né
ci possono essere.
Inoltre, nello stesso periodo, sono state circa 21.000
le coppie autorizzate all’accoglienza di un minore straniero che non hanno
potuto realizzare la loro disponibilità all’adozione, non per motivi
attribuibili alle leggi vigenti o a ritardi dei servizi sociali o dei tribunali
per i minoreni, ma – ancora una volta – per la mancanza di minori
adottabili.
È dunque irresponsabile la proposta avanzata dalla
Commissione infanzia del Senato, appoggiata dal disegno di legge del Governo n.
4648 (4), di aumentare dagli attuali 40 anni a 45 la differenza di età fra
coniugi adottanti e minori adottabili.
Perché il
Parlamento fomenta il malcontento?
Attualmente, sono 15 mila le coppie che ogni anno
restano deluse per la mancata realizzazione dell’adozione; domani, se verrà
approvato il testo della Commissione infanzia saranno molte di più.
Al riguardo è una evidente madornale stupidaggine
quanto è stato scritto nella relazione del disegno di legge dei Ministri Turco
e Fassino, secondo cui, dall’aumento della differenza di età fra adottanti e
adottandi, «il risultato atteso è quello
della estensione del numero dei minori adottati».
Mentre, come è ovvio, non sarà adottato un solo minore
in più rispetto agli attuali, i tribunali per i minorenni ed i servizi sociali
saranno sovraccaricati di inutili incombenze per accrescere il malcontento di
coloro che non possono né potranno adottare per la mancanza di bambini
dichiarati in stato di adottabilità (5).
Osserviamo, inoltre, che in base alle norme vigenti,
gli ultraquarantenni possono adottare fino al compimento del 58° anno di età, a
condizione che la differenza con l’adottando sia inferiore ai 40 anni.
Estendendo tale differenza ai 45 anni, non solo non si
otterranno adozioni più numerose di bambini grandicelli (l’esperienza insegna
che per queste accoglienze, quasi sempre difficili, sono idonee soprattutto le
coppie giovani), ma gli ultraquarantenni premeranno per ottenere bambini
piccolissimi, nonostante che, come abbiamo già scritto, sia evidente a tutte le
persone di buon senso che, a parità delle condizioni fondamentali (accettazione
reale di un bambino procreato da altri, capacità educative, ecc.), sia
certamente preferibile la loro adozione da parte di coppie giovani.
Se il Parlamento volesse stabilire norme rispondenti
alle esigenze dei minori senza famiglia e ridurre il malumore delle coppie a
cui non possono essere affidati minori a scopo di adozione, dei loro congiunti
e amici, occorrerebbe che la differenza di età venisse ridotta dagli attuali 40
anni a 35.
La
precostituzione truffaldina di condizioni favorevoli per la propria adozione
Il terzo comma dell’art. 6 del testo approvato dalla
Commissione infanzia del Senato prevede che la differenza di età di 45 anni fra
i coniugi adottanti e l’adottando possa essere derogata «previa valutazione, caso per caso, da parte del tribunale per i
minorenni della idoneità affettiva e della capacità di educare, istruire,
mantenere i minori di coloro che intendono adottare qualora dalla mancata
adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore».
Come ormai avviene da tempo, coloro che vogliono
adottare un bambino piccolo, allo scopo di superare il limite attuale dei 40
anni (e domani quello dei 45), precostituiscono la situazione accogliendo i
minori, soprattutto quelli stranieri, con varie motivazioni (studio, cure
sanitarie, ecc.) e, trascorsi alcuni anni, presentano domanda di adozione,
facendo leva sulle conseguenze negative che il fanciullo subirebbe se non
venisse adottato da loro. È un espediente che funziona sempre.
Ovviamente si tratta di minori, la cui accoglienza
iniziale avrebbe dovuto essere attuata da una delle migliaia di coppie, in
possesso dei requisiti stabiliti dalle leggi vigenti e dell’idoneità
all’adozione rilasciata dal tribunale per i minorenni.
Al fine di evitare il protrarsi di questi abusi, che
assumono le caratteristiche di un vero e proprio mercato fai da te,
occorrerebbe che la legge escludesse dalla possibilità di adottare le coppie
che abbiano realizzato autonomamente l’inserimento di minori al fine di
ottenere in seguito l’adozione.
Nello stesso tempo i tribunali per i minorenni ed i
servizi sociali dovrebbero disporre l’affidamento familiare a scopo educativo
di minori, per i quali sussiste anche una minima possibilità di essere
dichiarati in stato di adottabilità, esclusivamente a coppie aventi i requisiti
stabiliti per l’adozione.
L’aggiramento
dell’adozione legittimante
Il testo varato dalla Commissione infanzia del Senato,
riguardante l’adozione in casi particolari, differisce sostanzialmente dalle
disposizioni attuali.
Testo attuale
Art. 44 - I minori possono essere
adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al primo comma
dell’art. 7 (6):
a)
da persone unite al minore, orfano di padre e di madre, da vincolo di parentela
fino al sesto grado o da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita
dei genitori;
b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio
anche adottivo dell’altro coniuge;
c)
quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.
L’adozione, nei casi
indicati nel precedente comma, è consentita anche in presenza di figli
legittimi.
Nei casi di cui alle
lettere a) e c) l’adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è
coniugato.
Se l’adottante è persona
coniugata e non separata, il minore deve essere adottato da entrambi i coniugi.
In tutti i casi l’adottante deve
superare di almeno diciotto anni l’età di coloro che intende adottare.
Nuovo testo proposto
Art. 24 - L’art. 44 della legge
n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 44 - 1. I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le
condizioni di cui al comma 1 dell’art. 7:
a) da persone unite al minore, orfano di padre e di
madre, o anche figlio di genitori in gravi e irreversibili condizioni di
salute, da vincolo di parentela fino al sesto grado o da rapporto stabile e
duraturo preesistente alla perdita dei genitori, ovvero all’insorgere delle
predette condizioni di salute;
b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio
anche adottivo dell’altro coniuge;
c) quando vi sia la constatata impossibilità di
affidamento preadottivo;
d) dalle persone affidatarie quando siano scaduti i
termini di cui all’art. 4, comma 4.
2. L’adozione, nei casi indicati nel comma 1, è
consentita anche in presenza di figli legittimi.
3. Nei casi di cui alle lettere a), c) e d) del comma 1
l’adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato.
4. Se l’adottante è persona coniugata e non separata,
all’adozione del minore può essere dato luogo solo se la domanda è presentata
da entrambi i coniugi.
5.
L’adottante deve superare di almeno diciotto anni l’età di coloro che intende
adottare. Tale limite può essere derogato da parte degli organi competenti,
quando sussistano validi motivi per la realizzazione dell’unità familiare».
Sconcertante è la norma prevista dalla lettera d) del testo varato dalla Commissione
infanzia, in base al quale gli affidatari (coppie di coniugi o persone singole)
possono adottare i minori da essi accolti dopo che siano trascorsi ventiquattro
mesi dall’affidamento, senza nemmeno che essi vengano dichiarati in stato di
adottabilità. È inaudito che i figli delle persone in difficoltà, che
continuano ad avere legami affettivi con i loro bambini, possano essere
adottati, fatto che – com’è noto – determina la rottura totale di tutti i
rapporti, compresi quelli giuridici, con la famiglia d’origine.
A nostro avviso, anche le norme di cui alle lettere a) e b),
sia quelle vigenti, che – a maggior ragione – quelle predisposte dalla
Commissione infanzia, dovrebbero essere modificate prevedendo che, in ogni
caso, per la pronuncia dell’adozione debba essere accertata la situazione di
mancanza totale di assistenza materiale e morale da parte dei loro genitori (o
del genitore del figlio adottivo del coniuge).
Per quanto riguarda la lettera a) è molto grave che venga fatto riferimento alle «gravi e irreversibili condizioni di
salute», anche nei casi in cui i minori continuano ad avere rapporti validi
con il o i propri genitori.
Dequalificazione
dell’adozione
L’adozione non è una modalità di allevamento dei
minori privi di assistenza materiale e morale da parte dei genitori e dei
parenti tenuti a provvedervi, ma una forma di vera filiazione e di vera
genitorialità.
Anche nel testo varato dalla Commissione infanzia del
Senato (cfr. l’art. 23), come era gié successo per il disegno di legge 2545
presentato dal Governo per la ratifica della Convenzione internazionale de
l’Aja sull’adozione internazionale, è previsto che possano essere fornite
informazioni concernenti l’identità dei genitori biologici all’adottato che
abbia raggiunto la maggiore età.
Stabilire per legge il diritto dell’adottato a
conoscere i propri procreatori è una svalutazione gravissima dell’adozione,
ridotta quasi ad un semplice allevamento.
Come aveva giustamente puntalizzato il Presidente del
Tribunale per i minorenni di Torino nell’ordinanza del 5 febbraio 1997 «dire che l’adottato avrebbe “un diritto a
conoscere i primi genitori”, significa implicitamente dire che un legame tra i
primi ed i secondi sussiste ancora: significa, in altre parole, far riferimento
ad una “doppia genitorialità” che invece l’adozione legittimante italiana ha
chiaramente voluto escludere».
Si osservi che, nel settimo comma del citato art. 23
del testo della Commissione infanzia, la donna che ha procreato il bambino
adottato viene indicata essere «madre naturale». Ne consegue – evidentemente
– che per la Commissione infanzia la madre adottiva è una madre fasulla.
Al riguardo ricordiamo ancora una volta che S.E. il
Cardinale Carlo Maria Martini, nel messaggio inviato agli organizzatori ed ai
partecipanti del Convegno europeo “Bambini senza famiglia e adozione: esigenze
e diritti - Legislazione ed esperienze a confronto” (Milano, 15-16 maggio
1997), ha sottolineato, fra l’altro, «l’esigenza,
molto avvertita da coloro che vivono personalmente queste forme di accoglienza,
di vedere riconosciuti la piena dignità ed il valore della filiazione e della
genitorialità adottive, quali filiazione e genitorialità vere. La maternità e
la paternità – ha precisato l’Arcivescovo di Milano – non si identificano semplicemente con la
procreazione biologica, perché “nato da” non è sinonimo di “figlio di”».
Di notevole importanza il discorso pronunciato dal
Pontefice Giovanni Paolo II il 5 settembre 2000 ai partecipanti dell’incontro
con le famiglie adottive promosso dalle Missionarie della carità: «Adottare dei bambini, sentendoli e
trattandoli come veri figli, significa riconoscere che il rapporto tra genitori
e figli non si misura solo sui parametri genetici. L’amore che genera è
innanzitutto dono di sé. C’è una
“generazione” che avviene attraverso l’accoglienza, la premura, la dedizione.
Il rapporto che ne scaturisce è così intimo e duraturo, da non essere per nulla
inferiore a quello fondato sull’appartenenza biologica. Quando esso, come
nell’adozione, è anche giuridicamente tutelato, in una famiglia stabilmente
legata dal vincolo matrimoniale, esso assicura al bambino quel clima sereno e
quell’affetto, insieme paterno e materno, di cui egli ha bisogno per il suo pieno sviluppo umano. Proprio questo
emerge dalla vostra esperienza. La vostra scelta e il vostro impegno sono un
invito al coraggio e alla generosità per tutta la società, perché questo dono
sia sempre più stimato, favorito e anche legalmente sostenuto».
Sulla questione, Giovanni Viarengo, figlio adottivo,
coautore del volume “Storie di figli adottivi - L’adozione vista dai
protagonisti” (7), ha scritto: «Ripenso
alla mia esperienza: non sono stato riconosciuto alla nascita e dopo pochi mesi
sono stato accolto dalla mia famiglia. Nel corso dell’infanzia i miei genitori
mi hanno raccontato più volte la storia del nostro incontro, la loro volontà di
amare dei figli, la necessità da parte mia, di mio fratello e di mia sorella
(adottati uno prima e l’altra dopo di me, nati da genitori biologici diversi
dai miei) di avere una famiglia. Dall’incontro di queste reciproche volontà
d’amore è nata la nostra famiglia. Loro sono i nostri genitori, noi i loro
figli. Per questo nel corso della vita non ho mai cercato di scoprire
l’identità di chi mi ha messo al mondo. Semplicemente non ne ho avuto
l’esigenza perché so che mio padre e mia madre sono coloro che mi hanno
adottato.
«Così quando
qualcuno mi chiede se sono curioso di sapere chi sia mia “madre” e chi sia mio
“padre” rispondo sempre che la domanda è formulata male poiché conosco
benissimo i miei genitori, semmai non ho incontrato quelli che sono stati i
genitori biologici della mia esistenza. L’unica curiosità, è quella di sapere
se eventualmente chi mi ha generato fosse affetto da malattie che si possono
trasmettere ereditariamente. Nulla di più. In verità si tratta di una curiosità
che ho sempre sentito pochissimo ed ora, che ho quasi trent’anni e ancora tutti
i capelli in testa, mi rendo conto che è nata più dalle domande degli altri che
da una mia esigenza. Il richiamo ai capelli non è casuale: da adolescente
temevo di diventare calvo e come è noto la calvizie è una malattia ereditaria.
Se fossi stato seriamente preoccupato delle mie condizioni di salute avrei
benissimo potuto richiedere la mia mappa genetica, ma non ne ho sentito la
necessità. Quello che invece mi preoccupa molto di più è l’atteggiamento di chi
ritiene ancora i vincoli di sangue, una cosa importante. Sopravvalutare i
legami biologici è un luogo comune sorretto dall’ignoranza e dalla scarsa
capacità di leggere la vita degli uomini. Per la scienza e per gli individui
dotati di un discreto senso comune è chiaro ormai da tempo che le influenze
date dall’ambiente e dalle relazioni incidono in modo determinante sullo
sviluppo e la creazione del carattere di una persona, mentre i caratteri ereditari
si limitano praticamente a modellarne l’aspetto fisico. Penso che ritenere i
legami di sangue paragonabili a quelli dati dalla vita in comune, dal crescere
insieme e soprattutto dall’amore, sia errato e sottenda l’idea che i genitori
adottivi e i loro figli non siano una vera famiglia. Ritengo che questa
posizione sia profondamente sbagliata (...).
«Un’ultima
considerazione. Quando ero piccolo, alla televisione aveva un grande successo
il telefilm Mork e Mindy. Il protagonista veniva da un pianeta tecnologicamente
molto più avanzato del nostro e alcune volte raccontava di essere figlio di un
alambicco e di un contagocce. Malgrado ciò era molto più umano di tanti
terrestri e la sua strana origine non gli faceva granché problema. Non tutti
sono come Mork, e a qualcuno può nuocere conoscere l’identità di chi lo ha
messo al mondo, invece al contrario, mai e poi mai ad alcun figlio adottivo può
negarsi il diritto di considerarsi ed essere pienamente figlio dai genitori che
lo hanno accolto. Il prevedere che l’adottato possa ricercare le persone che lo
hanno generato mi pare più che un aiuto una forma per mettere in dubbio questo
fondamentale diritto».
Da parte nostra, aggiungiamo che se il Parlamento
approverà le norme sul presunto diritto dell’adottato alle informazioni
concernenti l’identità dei genitori biologici, ed assegnerà alle relative norme
validità anche per le adozioni in corso, i genitori adottivi avranno ragione di
ritenere di essere stati imbrogliati, in quanto l’adozione era stata pronunciata
quando la legge allora in vigore non prevedeva che le suddette informazioni
potessero essere fornite.
Conclusioni
Attraverso l’adozione, l’adottato diventa figlio
legittimo degli adottanti che diventano i suoi unici veri genitori: l’adozione
dei minori in situazione di abbandono morale e materiale può essere considerata
una seconda nascita, che non annulla la prima ma che non ne conserva alcun
legame giuridico. Il figlio adottivo ha certamente diritto di essere informato
sulla sua situazione adottiva e i genitori e lui stesso devono ricevere tutte
le informazioni che hanno rilevanza per lo stato di salute dell’adottato. Ma la
famiglia adottiva è una famiglia vera e completa, sotto tutti gli aspetti, con
i suoi rapporti ed i suoi problemi. Se è vero che bisogna tenere conto della
storia individuale e irripetibile di ognuno, è inaccettabile che i rapporti
all’interno della famiglia, in quanto adottiva, possano essere disciplinati dal
Parlamento.
Non ha senso, quindi, che una legge dello Stato rimetta in discussione questi principi andando a regolamentare le modalità di incontro dei figli adottivi con chi li ha generati. È il diretto interessato, il figlio, che potrà decidere in piena autonomia tenendo conto che la sua libertà di scelta non dovrebbe andare contro i diritti riconosciuti degli altri.
Per queste ragioni il Parlamento non dovrebbe
modificare le norme vigenti e tenere fede al principio già affermato dalla
legge attuale che stabilisce che «con
l’adozione cessano i rapporti dell’adottato con la famiglia d’origine»,
norma assolutamente indispensabile per consentire l’adozione come rapporto di
genitorialità e filiazione.
Grazie alle leggi n. 431/1967 e n. 184/1983 sono stati
adottati oltre 90.000 bambini italiani
e stranieri, alcuni di essi erano grandicelli o portatori di handicap o malati:
è questo un ottimo risultato che è stato ottenuto grazie anche alla
disponibilità di chi li ha accolti e cresciuti, facendo peraltro risparmiare
miliardi allo Stato.
Disciplinando a livello legislativo le modalità di accesso
degli adottati maggiorenni alla identità dei loro procreatori il Parlamento
mortificherà il ruolo dei genitori adottivi, trattati come “allevatori” e
affermerà, nei fatti l’indissolubilità del legame di sangue, riconoscendo un
ruolo positivo alla ripresa di rapporti, fra adottati e procreatori, rapporti
che, nella realtà, hanno avuto conseguenze negative e spesso devastanti.
La disciplina giuridica proposta dall’art. 22 del
testo unificato, se approvata, metterà le basi, anche secondo diversi giuristi,
per ricorsi e contenziosi, da parte di figli adottivi “esclusi” dall’accesso
(ad esempio, quelli non riconosciuti alla nascita, nati da “donna che non
consente di essere nominata”).
Si creeranno così le condizioni per rendere sempre più
difficile l’adozione di minori riconosciuti.
Relazione
della commissione infanzia del senato (*)
La Commissione speciale in materia d’infanzia del
Senato, con la proposta di testo unificato, ha inteso soddisfare un’esigenza da
tempo avvertita dall’opinione pubblica, dagli operatori sociali e del diritto,
nonché dalle stesse forze politiche, di rivedere alcuni degli istituti previsti
dalla legge 4 maggio 1983, n. 184.
Filo conduttore di tutta la riforma che si è intesa
operare è stato l’interesse del minore, sancito dall’articolo 1, interesse
inteso quale diritto anzitutto ad essere educato nell’ambito della propria
famiglia d’origine. Si è ritenuto altresì fondamentale stabilire che difficoltà
di tipo economico e carenze di natura assistenziale non possono in nessun modo
essere esse sole d’ostacolo all’esercizio di tale diritto. A tutela quindi di
tale principio, sono state previste in primo luogo forme di sostegno, affidate
all’ente locale che, attraverso interventi specifici, può rimuovere le
difficoltà sia di natura economica che personale e sociale della famiglia
d’origine. Qualora gli interventi di sostegno non abbiano dato risultato
alcuno, si articola la seconda fase a tutela del diritto del minore, con
l’istituto dell’affidamento ad altra famiglia, possibilmente con figli minori.
Nel provvedimento di affidamento familiare – che
sostanzialmente ha per finalità il reinserimento, decorso un certo periodo di
tempo, del minore nella famiglia d’origine – dovranno essere indicate le
motivazioni, le modalità dell’esercizio dei poteri dell’affidatario, nonché
quelle attraverso le quali i genitori possano mantenere rapporti con il minore.
Per quanto riguarda il problema della temporaneità
dell’affidamento, la Commissione speciale in materia d’infanzia, tenuto conto
che da più parti si era lamentato che l’affidamento aveva finito con il
trasformarsi in un’adozione impropria senza alcun termine, ha ritenuto
necessario con l’articolo 4 precostituire criteri di certezza che consentano di
verificare entro un preciso lasso di tempo l’evolversi in senso positivo della
situazione della famiglia d’origine, evitando nel contempo alla famiglia
affidataria quel senso di precarietà e frustrazione derivante dal non poter
esercitare un vero ruolo di tutela e rappresentazione del minore.
Alla luce di queste considerazioni, la Commissione
speciale ha ritenuto di fissare in due anni il periodo di durata
dell’affidamento familiare, con possibilità di proroga, lasciando però nel
contempo al giudice la facoltà non solo di valutare se sia venuta meno la
situazione di difficoltà della famiglia d’origine oppure se la prosecuzione
rechi pregiudizio al minore, ma anche di adottare tutti i provvedimenti
necessari nel suo interesse.
La legge n. 184 faceva riferimento, sia in materia di
affidamento che di adozione, al concetto di «idoneità» o «inidoneità» della
famiglia affidataria o adottiva, all’istruzione, all’educazione, al
mantenimento del minore. La Commissione speciale in materia d’infanzia ha
ritenuto più utile sostituire, all’articolo 6, il concetto di «idoneità» con
quello di «capacità», in quanto l’idoneità richiama una qualità che o esiste o
non esiste, per cui assume contorni ambigui il concetto di inidoneità
temporanea. Il concetto, invece, di capacità è legato ad un saper fare, ad
un’abilità educativa. Si è mantenuto però il termine di idoneità per quanto
riguarda le qualità affettive.
Il diritto del minore a vivere nella propria famiglia
deve costituire un criterio guida anche per individuare la famiglia che dovrà
accoglierlo, in mancanza di quella naturale, una famiglia che egli possa
sentire come propria, capace di rispondere alle sue necessità ed esigenze. Una
famiglia, quindi, che non può essere sostituita da una qualsiasi forma di
convivenza. La Costituzione all’articolo 29 definisce la famiglia come «società
naturale fondata sul matrimonio», derogare pertanto a questo concetto potrebbe
offrire motivo di illegittimità costituzionale. Per quanto oggi si possa dire
che il legame coniugale presenta aspetti di notevole labilità e, quindi, non
possa essere di per sé garanzia di capacità genitoriale, è altrettanto vero che
tale garanzia si rinviene ancor meno in presenza di una semplice convivenza. Se
si valuta poi che per adottare, i coniugi devono essere uniti in matrimonio da
almeno tre anni e non deve sussistere separazione personale neppure di fatto,
ci si rende conto di quanto ben più arduo sia accertare la stabilità di una
semplice convivenza. L’idea da più parti avanzata di stabilire un’anagrafe
delle cosiddette famiglie di fatto crea infiniti problemi, per non parlare poi
dei singoli, legittimati peraltro all’affidamento, ipotesi questa nella quale
si è al di fuori di qualsiasi, anche il più possibile allargato, concetto di
famiglia.
Sulla base di queste considerazioni non si è ritenuto
quindi di modificare quanto stabilito dall’articolo 6 della legge n. 184 circa
i soggetti legittimati ad adottare, rinviando peraltro a un’ulteriore
riflessione dell’Assemblea del Senato tale questione, sulla quale si registrano
posizioni diversificate.
Peraltro, la proposta della Commissione speciale in
materia d’infanzia ha invece inteso innovare per quanto riguarda la differenza
di età tra adottante e adottando. Mentre la legge n. 184 prevedeva una
differenza di età minima di almeno diciotto anni e massima di non più di
quaranta, si è ritenuto di dovere elevare quest’ultima a quarantacinque anni,
tenuto conto dei mutamenti in corso nella società civile e nel costume, dai
quali emergono tendenze di lungo periodo connesse all’allungamento delle
aspettative di vita, alle scelte di contrarre matrimonio e di avere figli in
età relativamente matura.
D’altro canto, stabilito questo principio generale, si
è lasciata tuttavia al tribunale per i minorenni la possibilità di deroga
previa valutazione, caso per caso, di tutte quelle circostanze in forza delle
quali da una mancata adozione deriverebbe un danno grave e non altrimenti
evitabile per il minore. Si sono accolti in tal modo i rilievi espressi dalla
Corte costituzionale che, richiamandosi a varie convenzioni internazionali e al
dettato costituzionale che garantisce la tutela del superiore interesse del
minore, ha introdotto la possibilità di deroghe al divario di età
legislativamente previsto, sia minimo che massimo, anche in riferimento
all’adozione internazionale.
Un’altra preoccupazione tenuta presente dalla
Commissione speciale con gli articoli da 8 a 23 è stata quella di snellire le
procedure relative alla dichiarazione di adottabilità, accogliendo in tal modo
le istanze emerse dalla società civile e dagli stessi operatori del diritto
che, nel corso delle numerose audizioni svolte dalla Commissione, hanno
sottolineato questa prioritaria esigenza. Trattandosi di materia relativa allo status delle persone, si è preferito
utilizzare, anziché il decreto motivato, l’istituto della sentenza, modificando
in tal senso gli articoli della legge n. 184 ad essi relativi. Si è abolita
altresì la fase intermedia dell’opposizione, prevedendosi solo i due gradi di
giudizio di merito più il giudizio di legittimità. La figura del difensore è
stata prevista obbligatoriamente in tutte le fasi; è stato esteso l’obbligo di
notifica a tutte le parti interessate; sono stati inseriti inoltre alcuni
termini ordinatori per la stessa attività del giudice.
Con l’articolo 23 della proposta di testo unificato si
è inteso disciplinare l’importante questione relativa alla possibilità o meno
per l’adottato, divenuto maggiorenne, di accedere a informazioni relative alla
propria famiglia d’origine. Tenuto conto dell’estrema diversità delle tesi,
alcune favorevoli, altre nettamente contrarie, tutte peraltro con
argomentazioni in parte logiche e fondate, si è ritenuto di proporre una
soluzione intermedia che, fatto salvo il diritto dell’adottato raggiunta l’età
di venticinque anni di conoscere se lo desidera la propria origine e l’identità
dei propri genitori biologici, prevede tuttavia il vaglio e l’autorizzazione da
parte del tribunale per i minorenni. Lo stesso articolo prevede che le
informazioni concernenti l’identità dei genitori biologici possano essere
fornite ai genitori adottivi, su autorizzazione del tribunale per i minorenni
una volta accertato che esse siano precedute e accompagnate da adeguata
preparazione e assistenza del minore.
Infine, la Commissione speciale in materia d’infanzia
ha approvato un ordine del giorno che impegna il Governo, nell’ambito della
prossima legge finanziaria, a determinare misure e modalità di esenzione
fiscale, ovvero di assegnazione di finanziamenti, da destinare ai soggetti
affidatari e adottanti, al fine di agevolare l’adozione e l’affidamento di
minori disabili o portatori di handicap.
Pertanto, la Commissione speciale raccomanda
all’Assemblea l’approvazione della propria proposta di testo unificato.
Sen.
Callegaro, relatore
Titolo I
Diritto
del minore alla propria famiglia
Art. 1
1. La rubrica del Titolo I
della legge 4 maggio 1983, n. 184, di seguito denominata «legge n. 184», è
sostituita dalla seguente: «Diritto del minore alla propria famiglia».
2. L’articolo 1 della legge
n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 1. – 1. Il minore ha diritto di crescere ed
essere educato nell’ambito della propria famiglia.
2. Quando
la famiglia non è in grado di provvedere convenientemente alla crescita e
all’educazione del minore, si applicano gli istituti di cui alla presente
legge.
3.
Le condizioni di povertà dei genitori o del genitore esercente la potestà
genitoriale non possono essere esse sole d’ostacolo all’esercizio del diritto
di cui al comma 1. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi
di sostegno e aiuto.
4.
L’ente locale, nell’ambito delle proprie competenze, interviene con misure
specifiche atte a rimuovere le cause economiche, personali e sociali che
impediscono alla famiglia di svolgere i propri compiti».
Titolo II
Affidamento
del minore
Art. 2
1. All’articolo 2 della
legge n. 184 sono premesse le seguenti parole: «Titolo I-bis. Dell’affidamento del minore».
2. L’articolo 2 della legge
n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 2. – 1. Il minore temporaneamente privo di un
ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto
disposti ai sensi dell’articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente
con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento,
l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.
2.
Ove non sia possibile l’affidamento nei termini di cui al comma 1, è consentito
l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in
un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede nel luogo più
vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza.
3.
In caso di necessità e urgenza l’affidamento può essere disposto anche senza
porre in essere gli interventi di cui all’articolo 1, commi 3 e 4».
Art. 3
1. L’articolo 3 della legge
n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 3. – 1. I legali rappresentanti delle
comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati
esercitano i poteri tutelari sul minore affidato, secondo le norme del capo I
del titolo X del libro primo del codice civile, fino a quando non si provvede
alla nomina di un tutore ed in tutti i casi nei quali l’esercizio della potestà
dei genitori o della tutela sia impedito.
2. Nei
casi previsti dal comma 1, entro trenta giorni dall’accoglienza del minore, i
legali rappresentanti devono proporre istanza per la nomina del tutore. Gli
stessi e coloro che prestano anche gratuitamente la propria attività a favore
delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o
privati non possono essere chiamati a tale incarico.
3.
Nel caso in cui i genitori riprendano l’esercizio della potestà, le comunità di
tipo familiare e gli istituti di assistenza pubblici o privati chiedono al
giudice tutelare di fissare eventuali limiti o condizioni a tale esercizio».
Art. 4
1. L’articolo 4 della legge
n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 4. – 1. L’affidamento familiare è disposto
dal servizio sociale locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal
genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha
compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche il minore di età inferiore,
qualora ciò non alteri il suo equilibrio psico-emotivo. Il giudice tutelare del
luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto.
2.
Ove manchi l’assenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore, provvede
il tribunale per i minorenni. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del
codice civile.
3.
Nel provvedimento di affidamento familiare devono essere indicate
specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell’esercizio
dei poteri riconosciuti all’affidatario, e le modalità attraverso le quali i
genitori e gli altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i
rapporti con il minore. Deve altresì essere indicato il servizio sociale locale
cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la
vigilanza durante l’affidamento con l’obbligo di tenere costantemente informati
il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di
provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2. Il servizio sociale locale deve
riferire senza indugio al giudice tutelare del luogo in cui il minore si trova
ogni evento di particolare rilevanza ed è tenuto a presentare una relazione
semestrale sull’andamento del programma di assistenza, sulla sua presumibile
ulteriore durata e sull’evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo
familiare di provenienza.
4.
Nel provvedimento di cui al comma 3, deve inoltre essere indicato il periodo di
presumibile durata dell’affidamento che deve essere rapportabile al complesso
di interventi volti al recupero della famiglia d’origine. Tale periodo non può
superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile, qualora la
sospensione dell’affidamento rechi pregiudizio al minore.
5.
L’affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha
disposto, valutato l’interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione
di difficoltà temporanea della famiglia d’origine che lo ha determinato, ovvero
nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.
6.
Il giudice tutelare, trascorso il periodo di durata previsto, ovvero
intervenute le circostanze di cui al comma 5, sentiti il servizio sociale
locale interessato ed il minore che ha compiuto gli anni dodici e, se
opportuno, anche il minore di età inferiore, qualora ciò non alteri il suo
equilibrio psico-emotivo, richiede, se necessario, al competente tribunale per
i minorenni l’adozione di ulteriori provvedimenti nell’interesse del minore».
Art. 5
1. L’articolo 5 della legge
n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 5. – 1. L’affidatario deve accogliere presso
di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e
istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia
stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, o del
tutore, ed osservando le prescrizioni stabilite dall’autorità affidante. Si
applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 316 del codice
civile.
2.
L’affidatario deve agevolare i rapporti tra il minore ed i suoi genitori e
favorirne il reinserimento nella famiglia d’origine. A tal fine, se richiesto
dagli interessati o disposto dal giudice, il servizio sociale locale,
avvalendosi delle competenti professionalità, svolge opera di sostegno
educativo e psicologico, agevola i rapporti con la famiglia di provenienza ed
il rientro nella stessa del minore, curando che esso avvenga nel modo più
opportuno.
3. Le
norme di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in quanto compatibili, nel caso di
minori ospitati presso una comunità di tipo familiare o che si trovino presso
un istituto di assistenza pubblico o privato».
Titolo
III
Dell’adozione
Capo I
Disposizioni generali
Art. 6
1. L’articolo 6 della legge
n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 6 – 1. L’adozione è consentita a coniugi
uniti in matrimonio da almeno tre anni tra i quali non sussista separazione
personale neppure di fatto, i quali devono essere ritenuti affettivamente
idonei e capaci di educare, istruire ed in grado di mantenere i minori che
intendono adottare.
2.
L’età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di
quarantacinque anni l’età dell’adottando.
3.
I limiti di cui al comma 2 possono essere derogati previa valutazione, caso per
caso, da parte del tribunale per i minorenni della idoneità affettiva e della
capacità di educare, istruire, mantenere i minori di coloro che intendono adottare
qualora dalla mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile
per il minore.
4.
Sono consentite ai medesimi coniugi più adozioni anche con atti successivi.
5.
Costituisce criterio preferenziale ai fini dell’adozione l’aver adottato o aver
fatto richiesta di adottare fratello o sorella germano o anche unilaterale del
minore di cui si richiede l’adozione».
Art. 7
1. L’articolo 7 della legge
n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 7. – 1. L’adozione è consentita a favore dei
minori dichiarati in stato di adottabilità ai sensi degli articoli seguenti.
2.
Il minore, il quale ha compiuto gli anni quattordici, non può essere adottato
se non presta personalmente il proprio consenso, che deve essere manifestato
anche quando il minore compia l’età predetta nel corso del procedimento. Il
consenso dato può comunque essere revocato sino alla pronuncia definitiva
dell’adozione.
3.
Se l’adottando ha compiuto gli anni dodici deve essere personalmente sentito;
se ha un’età inferiore, può, se opportuno, essere sentito, qualora l’audizione
non alteri il suo equilibrio psico-emotivo».
Capo II
Della dichiarazione di adottabilità
Art. 8
1. L’articolo 8 della legge
n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 8. – 1. Sono dichiarati anche d’ufficio in
stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si
trovano, i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi
di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a
provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a forza maggiore
di carattere transitorio non superiore a due anni.
2.
La situazione di abbandono sussiste, sempre che ricorrano le condizioni di cui
al comma 1, anche quando i minori si trovino presso istituti di assistenza
pubblici o privati o comunità di tipo familiare ovvero siano in affidamento
familiare.
3.
Non sussiste causa di forza maggiore quando i soggetti di cui al comma 1
rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi sociali locali e tale
rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice.
4.
Il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall’inizio con l’assistenza
legale del minore e dei genitori o degli altri parenti, di cui al comma 2
dell’articolo 10».
Art. 9
1. L’articolo 9 della legge
n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 9. – 1. Chiunque ha facoltà di segnalare
all’autorità pubblica situazioni di abbandono di minori di età. I pubblici
ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di
pubblica necessità debbono riferire al più presto al giudice tutelare del luogo
in cui il minore si trova sulle condizioni di ogni minore in situazione di
abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio. Il
giudice tutelare, ricevuta la segnalazione, dispone immediatamente tramite i
servizi sociali locali o gli organi di pubblica sicurezza i necessari
accertamenti anche sommari per verificare se sussiste stato di potenziale
abbandono del minore. Il giudice tutelare, qualora l’esito dei detti
accertamenti sia positivo, riferisce senza indugio al tribunale per i minorenni
del luogo in cui il minore si trova, perché questo provveda al definitivo
accertamento dell’eventuale stato di abbandono del minore.
2. La
situazione di abbandono può essere accertata anche d’ufficio dal giudice.
3.
Gli istituti di assistenza pubblici o privati e le comunità di tipo familiare
devono trasmettere semestralmente al giudice tutelare del luogo ove hanno sede
l’elenco di tutti i minori collocati presso di loro con l’indicazione specifica,
per ciascuno di essi, della località di residenza dei genitori, dei rapporti
con la famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il giudice
tutelare, assume le necessarie informazioni, riferisce al tribunale per i
minorenni sulle condizioni di quelli tra i minori collocati presso le comunità
di tipo familiare o gli istituti di assistenza pubblici o privati che risultano
in situazioni di abbandono, specificandone i motivi.
4.
Il giudice tutelare, ogni sei mesi, effettua o dispone ispezioni negli istituti
di assistenza pubblici o privati ai fini di cui al comma 3. Può procedere a
ispezioni straordinarie in ogni tempo.
5.
Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella
propria abitazione un minore, qualora l’accoglienza si protragga per un periodo
superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al
giudice tutelare. L’omissione della segnalazione può comportare l’inidoneità ad
ottenere affidamenti familiari o adottivi e l’incapacità all’ufficio tutelare.
6.
Nello stesso termine di cui al comma 5 uguale segnalazione deve essere
effettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi non sia parente entro il
quarto grado il figlio minore per un periodo non inferiore a sei mesi.
L’omissione della segnalazione può comportare la decadenza dalla potestà sul
figlio a norma dell’articolo 330 del codice civile e l’apertura della procedura
di adottabilità».
Art. 10
1. L’articolo 10 della
legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 10. – 1. Il presidente del tribunale per i
minorenni o un giudice da lui delegato, ricevute le informazioni di cui
all’articolo 9, comma 1, provvede all’immediata apertura di un procedimento
relativo allo stato di abbandono del minore. Dispone immediatamente,
all’occorrenza, tramite i servizi sociali locali o gli organi di pubblica
sicurezza, più approfonditi accertamenti sulle condizioni giuridiche e di fatto
del minore, sull’ambiente in cui ha vissuto e vive ai fini di verificare se
sussiste lo stato di abbandono.
2.
All’atto dell’apertura del procedimento, sono avvertiti i genitori o, in
mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi
con il minore. Con lo stesso atto il presidente del tribunale per i minorenni
li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore di
ufficio per il caso che essi non vi provvedano. Tali soggetti, assistiti dal
difensore, possono partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale,
possono presentare istanze anche istruttorie e prendere visione ed estrarre
copia degli atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice.
3.
Il tribunale può disporre in ogni momento e fino all’affidamento preadottivo
ogni opportuno provvedimento provvisorio nell’interesse del minore, ivi
compresi il collocamento temporaneo presso una famiglia o una comunità di tipo
familiare, la sospensione della potestà dei genitori sul minore, la sospensione
dell’esercizio delle funzioni del tutore e la nomina di un tutore provvisorio.
4.
In caso di urgente necessità, i provvedimenti di cui al comma 3 possono essere
adottati dal presidente del tribunale per i minorenni o da un giudice da lui
delegato.
5.
Il tribunale, entro trenta giorni, deve confermare, modificare o revocare i
provvedimenti urgenti assunti ai sensi del comma 4. Il tribunale provvede in
camera di consiglio con l’intervento del pubblico ministero, sentite tutte le
parti interessate ed assunta ogni necessaria informazione. Deve inoltre essere
sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche il
minore di età inferiore, qualora ciò non alteri il suo equilibrio
psico-emotivo. I provvedimenti adottati debbono essere comunicati al pubblico
ministero ed ai genitori. Si applicano le norme di cui agli articoli 330 e
seguenti del codice civile».
Art. 11
1. All’articolo 12, quinto
comma, della legge n. 184, le parole «ai sensi del secondo comma dell’articolo
10» sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi del comma 3 dell’articolo 10».
Art. 12
1. L’articolo 14 della
legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 14. – 1. Il tribunale per i minorenni può
disporre, prima della dichiarazione di adottabilità, la sospensione del
procedimento, quando da particolari circostanze emerse dalle indagini
effettuate risulta che la sospensione può riuscire utile nell’interesse del
minore. In tal caso la sospensione è disposta con decreto motivato per un
periodo non superiore a sei mesi, eventualmente prorogabile.
2.
La sospensione è comunicata ai servizi sociali locali competenti perché
adottino le iniziative opportune».
Art. 13
1. L’articolo 15 della
legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 15. – 1. A conclusione delle indagini e degli
accertamenti previsti dagli articoli precedenti, ove risulti la situazione di
abbandono di cui all’articolo 8, lo stato di adottabilità del minore è
dichiarato dal tribunale per i minorenni quando:
a)
i genitori ed i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non si sono
presentati senza giustificato motivo;
b)
l’audizione dei soggetti di cui alla lettera a) ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale
e materiale e la non disponibilità di ovviarvi;
c)
le prescrizioni impartite ai sensi dell’articolo 12 sono rimaste inadempiute
per responsabilità dei genitori.
2.
La dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è disposta dal
tribunale per i minorenni in camera di consiglio con sentenza, sentito il
pubblico ministero, nonché il rappresentante dell’istituto di assistenza
pubblico o privato o della comunità di tipo familiare presso cui il minore è
collocato o la persona cui egli è affidato. Devono essere, parimenti, sentiti
il tutore, ove esista, ed il minore che abbia compiuto gli anni dodici e, se
opportuno, anche il minore di età inferiore, qualora ciò non alteri il suo
equilibrio psico-emotivo.
3.
La sentenza è notificata per esteso al pubblico ministero, ai genitori, ai
parenti indicati nel primo comma dell’articolo 12, al tutore, nonché al
curatore speciale ove esistano, con contestuale avviso agli stessi del loro
diritto di proporre impugnazione nelle forme e nei termini di cui all’articolo
17».
Art. 14
1. L’articolo 16 della
legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 16. – 1. Il tribunale per i minorenni,
esaurita la procedura prevista nei precedenti articoli e qualora ritenga che non
sussistano i presupposti per la pronuncia per lo stato di adottabilità dichiara
che non vi è luogo a provvedere.
2.
La sentenza è notificata per esteso al pubblico ministero, ai genitori, ai
parenti indicati nel primo comma dell’articolo 12, nonché al tutore e al
curatore speciale ove esistano. Il tribunale per i minorenni adotta i
provvedimenti opportuni nell’interesse del minore.
3.
Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice
civile».
Art. 15
1. L’articolo 17 della
legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 17. – 1. Avverso la sentenza il pubblico
ministero e le altre parti possono proporre impugnazione avanti la Corte
d’appello, sezione per i minorenni. La Corte, sentite le parti e il pubblico
ministero ed effettuato ogni altro opportuno accertamento, pronuncia sentenza
in camera di consiglio e provvede al deposito della stessa in cancelleria,
entro quindici giorni dalla pronuncia. La sentenza è notificata d’ufficio al
pubblico ministero e alle altre parti.
2.
Avverso la sentenza della Corte d’appello è ammesso ricorso per Cassazione,
entro trenta giorni dalla notificazione, per i motivi di cui ai numeri 3, 4 e 5
del primo comma dell’articolo 360 del codice di procedura civile. Si applica
altresì il secondo comma dello stesso articolo.
3.
L’udienza di discussione dell’appello e del ricorso deve essere fissata entro
sessanta giorni dal deposito dei rispettivi atti introduttivi».
Art. 16
1. L’articolo 18 della
legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 18. – 1. La sentenza definitiva che dichiara
lo stato di adottabilità è trascritta, a cura del cancelliere del tribunale per
i minorenni, su apposito registro conservato presso la cancelleria del
tribunale stesso. La trascrizione deve essere effettuata entro il decimo giorno
successivo a quello della comunicazione che la sentenza di adottabilità è
divenuta definitiva. A questo effetto, il cancelliere del giudice
dell’impugnazione deve inviare immediatamente apposita comunicazione al
cancelliere del tribunale per i minorenni».
Art. 17
1. L’articolo 21 della
legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 21. – 1. Lo stato di adottabilità cessa
altresì per revoca, nell’interesse del minore, in quanto siano venute meno le
condizioni di cui all’articolo 8, comma 1, successivamente alla sentenza di cui
al comma 2 dell’articolo 15.
2.
La revoca è pronunciata dal tribunale per i minorenni d’ufficio o su istanza
del pubblico ministero, dei genitori, del tutore.
3.
Il tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.
4.
Nel caso in cui sia in atto l’affidamento preadottivo, lo stato di adottabilità
non può essere revocato».
Capo III
Dell’affidamento preadottivo
Art. 18
1. L’articolo 22 della
legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 22. – 1. Coloro che intendono adottare devono
presentare domanda al tribunale per i minorenni, specificando l’eventuale
disponibilità ad adottare più fratelli. È ammissibile la presentazione di più
domande anche successive a più tribunali per i minorenni, purché in ogni caso
se ne dia comunicazione a tutti i tribunali precedentemente aditi. I tribunali
cui la domanda è presentata possono richiedere copia degli atti di parte ed
istruttori, relativi ai medesimi coniugi, agli altri tribunali; gli atti
possono altresì essere comunicati d’ufficio. La domanda decade dopo tre anni
dalla presentazione e può essere rinnovata.
2.
In ogni momento a coloro che intendono adottare devono essere fornite, se
richieste, notizie sullo stato del procedimento.
3.
Il tribunale per i minorenni, accertati previamente i requisiti di cui
all’articolo 6, dispone l’esecuzione delle adeguate indagini di cui al comma 4,
ricorrendo ai servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o
associati, nonché avvalendosi delle competenti professionalità delle aziende
sanitarie locali ed ospedaliere.
4.
Le indagini, che devono concludersi al massimo entro novanta giorni, riguardano
in particolare la capacità di educare il minore, la situazione personale ed
economica, la salute, l’ambiente familiare dei richiedenti, i motivi per i
quali questi ultimi desiderano adottare il minore, l’idoneità affettiva.
5.
Il tribunale per i minorenni, in base alle indagini effettuate, sceglie tra le
coppie che hanno presentato domanda quella maggiormente in grado di
corrispondere alle esigenze del minore.
6.
Il tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, sentiti il pubblico
ministero, gli ascendenti dei richiedenti ove esistano, il minore che abbia
compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche il minore di età inferiore,
qualora ciò non alteri il suo equilibrio psico-emotivo, omessa ogni altra
formalità di procedura, dispone, entro trenta giorni dalla conclusione delle
indagini di cui al comma 4, l’affidamento preadottivo, determinandone le
modalità con decreto motivato. Il minore che abbia compiuto gli anni
quattordici deve manifestare espresso consenso all’affidamento alla coppia
prescelta.
7.
Il tribunale per i minorenni deve in ogni caso informare i richiedenti sui
fatti rilevanti, relativi al minore, emersi dalle indagini. Non può essere
disposto l’affidamento di uno solo di più fratelli, tutti in stato di
adottabilità, salvo che non sussistano gravi ragioni. Il decreto è comunicato
al pubblico ministero, ai richiedenti ed al tutore. Il provvedimento di
affidamento preadottivo è immediatamente annotato a cura del cancelliere a
margine della trascrizione di cui all’articolo 18.
8.
Il tribunale per i minorenni vigila sul buon andamento dell’affidamento
preadottivo avvalendosi anche del giudice tutelare e dei servizi locali sociali
e consultoriali. In caso di accertate difficoltà, convoca, anche separatamente,
gli affidatari e il minore, alla presenza, se del caso, di uno psicologo, al
fine di valutare le cause all’origine delle difficoltà. Ove necessario, dispone
interventi di sostegno psicologico e sociale».
Art. 19
1. L’articolo 23 della
legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 23. – 1. L’affidamento preadottivo è revocato
dal tribunale per i minorenni d’ufficio o su istanza del pubblico ministero o
del tutore o di coloro che esercitano la vigilanza di cui all’articolo 22,
comma 8, quando vengano accertate difficoltà di idonea convivenza ritenute non
superabili. Il provvedimento relativo alla revoca è adottato dal tribunale per
i minorenni, in camera di consiglio, con decreto motivato. Debbono essere
sentiti, oltre al pubblico ministero ed al presentatore dell’istanza di revoca,
il minore che abbia compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche il minore
di età inferiore, qualora ciò non alteri il suo equilibrio psico-emotivo, gli
affidatari, il tutore, il giudice tutelare e coloro che abbiano svolto attività
di vigilanza o di sostegno.
2.
Il decreto è comunicato al pubblico ministero, al presentatore dell’istanza di
revoca, agli affidatari ed al tutore. Il decreto che dispone la revoca
dell’affidamento preadottivo è annotato a cura del cancelliere entro dieci
giorni a margine della trascrizione di cui all’articolo 18.
3.
In caso di revoca, il tribunale per i minorenni adotta gli opportuni
provvedimenti temporanei in favore del minore ai sensi dell’articolo 10 comma
3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile».
Capo IV
Della dichiarazione di adozione
Art. 20
1. L’articolo 25 della
legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 25. – 1. Il tribunale per i minorenni che ha
dichiarato lo stato di adottabilità, decorso un anno dall’affidamento, sentiti
i coniugi adottanti, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e, se
opportuno, anche il minore di età inferiore, qualora ciò non alteri il suo
equilibrio psico-emotivo, il pubblico ministero, il tutore, il giudice tutelare
e coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno, verifica che
ricorrano tutte le condizioni previste dal presente capo e, senza altra
formalità di procedura, provvede sull’adozione con sentenza in camera di
consiglio, decidendo di far luogo o di non fare luogo all’adozione. Il minore
che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso
all’adozione nei confronti della coppia prescelta.
2.
Qualora la domanda di adozione venga proposta da coniugi che hanno discendenti
legittimi o legittimati, questi, se maggiori degli anni quattordici, debbono
essere sentiti.
3.
Nell’interesse del minore il termine di cui al comma 1 può essere prorogato di
un anno, d’ufficio o su domanda dei coniugi affidatari, con ordinanza motivata.
4.
Se uno dei coniugi muore o diviene incapace durante l’affidamento preadottivo,
l’adozione, nell’interesse del minore, può essere ugualmente disposta ad
istanza dell’altro coniuge nei confronti di entrambi, con effetto, per il
coniuge deceduto, dalla data della morte.
5.
Se nel corso dell’affidamento preadottivo interviene separazione tra i coniugi
affidatari, l’adozione può essere disposta nei confronti di uno solo o di
entrambi, nell’esclusivo interesse del minore, qualora il coniuge o i coniugi
ne facciano richiesta.
6.
La sentenza che decide sull’adozione è comunicata al pubblico ministero, ai
coniugi adottanti ed al tutore.
7.
Nel caso di provvedimento negativo viene meno l’affidamento preadottivo ed il
tribunale per i minorenni assume gli opportuni provvedimenti temporanei in
favore del minore ai sensi dell’articolo 10, comma 3. Si applicano gli articoli
330 e seguenti del codice civile».
Art. 21
1. L’articolo 26 della
legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 26. – 1. Avverso la sentenza che dichiara se
far luogo o non far luogo all’adozione, entro trenta giorni dalla notifica, può
essere proposta impugnazione davanti alla Corte d’appello da parte del pubblico
ministero, dagli adottanti e dal tutore del minore. La Corte d’appello, sentite
le parti ed esperito ogni accertamento ritenuto opportuno, pronuncia sentenza.
La sentenza è notificata d’ufficio alle parti per esteso.
2.
Avverso la sentenza della Corte d’appello è ammesso ricorso per Cassazione, che
deve essere proposto entro trenta giorni dalla notifica della stessa, solo per
i motivi di cui al primo comma, numero 3, dell’articolo 360 del codice di
procedura civile.
3.
L’udienza di discussione dell’appello e del ricorso per Cassazione deve essere
fissata entro sessanta giorni dal deposito dei rispettivi atti introduttivi.
4.
La sentenza che pronuncia l’adozione, divenuta definitiva, è immediatamente
trascritta nel registro di cui all’articolo 18 e comunicata all’ufficiale dello
stato civile che la annota a margine dell’atto di nascita dell’adottato. A
questo effetto, il cancelliere del giudice dell’impugnazione deve
immediatamente dare comunicazione della definitività della sentenza al
cancelliere del tribunale per i minorenni.
5.
Gli effetti dell’adozione si producono dal momento della definitività della
sentenza».
Art. 22
1. All’articolo 27, secondo
comma, della legge n. 184, le parole «ai sensi dell’articolo 25, quinto comma»
sono sostituite dalle seguenti «ai sensi dell’articolo 25, comma 5».
Art. 23
1. L’articolo 28 della
legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 28. – 1. Il minore adottato è informato di
tale sua condizione ed i genitori adottivi vi provvedono nei modi e termini che
essi ritengono più opportuni.
2.
Qualunque attestazione di stato civile riferita all’adottato deve essere
rilasciata con la sola indicazione del nuovo cognome e con l’esclusione di
qualsiasi riferimento alla paternità e alla maternità del minore e
dell’annotazione di cui all’articolo 26, comma 4.
3.
L’ufficiale di stato civile, l’ufficiale di anagrafe e qualsiasi altro ente
pubblico o privato, autorità o pubblico ufficio debbono rifiutarsi di fornire
notizie, informazioni, certificazioni, estratti o copie dai quali possa
comunque risultare il rapporto di adozione, salvo autorizzazione espressa
dall’autorità giudiziaria.
4.
Le informazioni concernenti l’identità dei genitori biologici possono essere
fornite ai genitori adottivi, quali esercenti la potestà dei genitori, su
autorizzazione del tribunale per i minorenni, solo se sussistono gravi e
comprovati motivi. Il tribunale accerta che l’informazione sia preceduta e
accompagnata da adeguata preparazione e assistenza del minore.
5.
L’adottato, raggiunta l’età di venticinque anni, può accedere a informazioni
che riguardano la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici. Può
farlo anche raggiunta la maggiore età, se sussistono gravi e comprovati motivi
attinenti alla sua salute psico-fisica. L’istanza deve essere inoltrata al
tribunale per i minorenni del luogo di residenza.
6.
Il tribunale per i minorenni procede all’audizione delle persone di cui ritenga
opportuno l’ascolto; assume tutte le informazioni di carattere sociale e
psicologico, al fine di valutare che l’accesso alle notizie di cui al comma 5
non comporti grave turbamento all’equilibrio psico-fisico del richiedente.
Definita l’istruttoria, il tribunale per i minorenni autorizza con decreto
l’accesso alle notizie richieste.
7.
L’accesso alle informazioni non è consentito se l’adottato non sia stato
riconosciuto alla nascita dalla madre naturale e qualora anche uno solo dei
genitori biologici abbia dichiarato di non voler essere nominato, o abbia
manifestato il consenso all’adozione a condizione di rimanere anonimo.
8.
Fatto salvo quanto previsto dai commi precedenti, l’autorizzazione non è
richiesta per l’adottato maggiore di età quando i genitori adottivi sono
deceduti o divenuti irreperibili».
Titolo
IV
Dell’adozione
in casi particolari
Capo I
Dell’adozione in casi
particolari e dei suoi effetti
Art. 24
1. L’articolo 44 della
legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 44. – 1. I minori possono essere adottati
anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell’articolo 7:
a)
da persone unite al minore, orfano di padre e di madre, o anche figlio di
genitori in gravi e irreversibili condizioni di salute, da vincolo di parentela
fino al sesto grado o da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita
dei genitori, ovvero all’insorgere delle predette condizioni di salute;
b)
dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro
coniuge;
c)
quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo;
d)
dalle persone affidatarie quando siano scaduti i termini di cui all’articolo 4,
comma 4.
2.
L’adozione, nei casi indicati nel comma 1, è consentita anche in presenza di
figli legittimi.
3.
Nei casi di cui alle lettere a), c) e
d) del comma 1 l’adozione è
consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato.
4.
Se l’adottante è persona coniugata e non separata, all'adozione del minore può
essere dato luogo solo se la domanda è presentata da entrambi i coniugi.
5.
L’adottante deve superare di almeno diciotto anni l’età di coloro che intende
adottare. Tale limite può essere derogato da parte degli organi competenti,
quando sussistano validi motivi per la realizzazione dell’unità familiare».
Art. 25
1. Il secondo comma
dell’articolo 45 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Se l’adottando non ha
compiuto i quattordici anni, deve essere sentito il tutore o chi esercita la
potestà genitoriale su di lui».
Art. 26
1. L’articolo 47 della
legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 47. – 1. L’adozione produce i suoi effetti
dalla data della sentenza che la pronuncia. Finché la sentenza non è emanata,
tanto l’adottante quanto l’adottando possono revocare il loro consenso.
2. Se
uno dei coniugi muore dopo la prestazione del consenso e prima della emanazione
della sentenza, si può procedere, su istanza dell’altro coniuge, al compimento
degli atti necessari per l’adozione.
3.
Se l’adozione è ammessa, essa produce i suoi effetti dal momento della morte
dell’adottante».
Art. 27
1. L’articolo 49 della
legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 49. – 1. L’adottante deve fare l’inventario
dei beni dell’adottato e trasmetterlo al giudice tutelare entro trenta giorni
dalla data della comunicazione della sentenza di adozione. Si osservano, in
quanto applicabili, le disposizioni contenute nella sezione III del capo I del
titolo X del libro primo del codice civile.
2.
L’adottante che omette di fare l’inventario nel termine stabilito o fa un
inventario infedele può essere privato dell’amministrazione dei beni dal
giudice tutelare, salvo l’obbligo del risarcimento dei danni».
Capo II
Delle forme dell’adozione in casi particolari
Art. 28
1. La lettera a) del terzo comma dell’articolo 57
della legge n. 184 è sostituita dalla seguente:
«a) l’idoneità affettiva e la capacità di educare e istruire il
minore, la situazione personale ed economica, la salute, l’ambiente familiare
degli adottanti».
Titolo
V
Modifiche
al titolo VIII del libro primo
del
codice civile
Art. 29
1. L’articolo 313 del
codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 313. - (Provvedimento del tribunale) – Il
tribunale, in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero e omessa ogni
altra formalità di procedura, provvede con sentenza decidendo di far luogo o
non far luogo alla adozione.
L’adottante, il pubblico
ministero, l’adottando, entro trenta giorni dalla comunicazione, possono
proporre impugnazione avanti la Corte d’appello, che decide in camera di
consiglio, sentito il pubblico ministero».
Art. 30
1. L’articolo 314 del
codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 314. - (Pubblicità) – La sentenza
definitiva che pronuncia l’adozione è trascritta a cura del cancelliere del
tribunale competente, entro il decimo giorno successivo a quello della relativa
comunicazione, da effettuarsi non oltre cinque giorni dal deposito, da parte
del cancelliere del giudice dell’impugnazione, su apposito registro e comunicata
all’ufficiale di stato civile per l’annotazione a margine dell’atto di nascita
dell’adottato.
Con la procedura di cui al
primo comma deve essere altresì trascritta ed annotata la sentenza di revoca
della adozione, passata in giudicato.
L’autorità giudiziaria può
inoltre ordinare la pubblicazione della sentenza che pronuncia l’adozione o
della sentenza di revoca nei modi che ritiene opportuni».
Titolo
VI
Norme
finali, penali e transitorie
Art. 31
1. All’articolo 43, primo
comma, della legge n. 184, le parole «di cui al sesto, settimo e ottavo comma
dell’articolo 9» sono sostituite dalle seguenti «di cui ai commi 5 e 6
dell’articolo 9».
Art. 32
1. L’articolo 70 della
legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 70. – 1. I pubblici ufficiali o gli incaricati
di un pubblico servizio che omettono di riferire al tribunale per i minorenni
sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a
conoscenza in ragione del proprio ufficio, sono puniti ai sensi dell’articolo
328 del codice penale. Gli esercenti un servizio di pubblica necessità sono
puniti con la pena della reclusione fino ad un anno o con la multa da lire
500.000 a lire 2.500.000.
2.
I rappresentanti degli istituti di assistenza pubblici o privati che omettono
di trasmettere semestralmente al giudice tutelare l’elenco di tutti i minori
ricoverati o assistiti, o assumono atteggiamenti dilatori, ovvero forniscono
informazioni inesatte circa i rapporti familiari concernenti i medesimi, sono
puniti con la pena della reclusione fino ad un anno o con la multa da lire
500.000 a lire 5.000.000».
Art. 33
1. Il primo comma
dell’articolo 71 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Chiunque, in violazione
delle norme di legge in materia di adozione, affida a terzi con carattere
definitivo un minore, ovvero lo avvia all’estero perché sia definitivamente
affidato, è punito con la reclusione da uno a tre anni».
2. Il sesto comma
dell’articolo 71 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Chiunque svolga opera di
mediazione al fine di realizzare l’affidamento di cui al primo comma è punito
con la reclusione fino ad un anno o con la multa da lire 500.000 a lire
5.000.000».
Art. 34
1. Il primo comma
dell’articolo 73 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Chiunque essendone a
conoscenza in ragione del proprio ufficio fornisce qualsiasi notizia atta a
rintracciare un minore nei cui confronti sia stata pronunciata adozione o
rivela in qualsiasi modo notizie circa lo stato di figlio legittimo per
adozione è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire
200.000 a lire 2.000.000».
Art. 35
1. All’articolo 330,
secondo comma, del codice civile, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole:
«ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore».
2. All’articolo 333, primo
comma, del codice civile, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero
l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore».
3. All’articolo 336 del
codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Per i provvedimenti di cui
ai commi precedenti, i genitori e il minore sono assistiti da un difensore,
anche a spese dello Stato nei casi previsti dalla legge».
Art. 36
1. L’articolo 80 della
legge n. 184 è sostituito dal seguente:
«Art. 80. – 1. Il giudice, se del caso ed anche in
relazione alla durata dell’affidamento, può disporre che gli assegni familiari
e le prestazioni previdenziali relative al minore siano erogati temporaneamente
in favore dell’affidatario.
2.
Le disposizioni di cui all’articolo 15 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 597, e successive modificazioni, all’articolo
6 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, e alla legge 8 marzo 2000, n. 53, si
applicano anche agli affidatari di cui al comma 1.
3.
Alle persone affidatarie si estendono tutti i benefici in tema di astensione
obbligatoria e facoltativa dal lavoro, di permessi per malattia, di riposi
giornalieri, previsti per i genitori biologici.
4.
Le regioni determinano le condizioni e modalità di sostegno alle famiglie,
persone e comunità di tipo familiare che hanno minori in affidamento, affinché
tale affidamento si possa fondare sulla disponibilità e l’idoneità
all’accoglienza indipendentemente dalle condizioni economiche».
Art. 37
1. Dopo l’articolo 81 della
legge n. 184 è inserito il seguente:
«Art. 81-bis. – 1. I membri del Parlamento
possono visitare senza autorizzazione e senza obbligo di preavviso le comunità
di tipo familiare, gli istituti di assistenza pubblici o privati e ogni altra
struttura che ospiti minori in affidamento; tali visite devono svolgersi
secondo modalità tali da garantire il rispetto delle normali attività e della
funzionalità del servizio».
Art. 38
1. La presente legge entra
in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
(*)
Nel prossimo numero verranno esaminate le norme varate dalla Commissione per
l’infanzia del Senato in materia di affidamento familiare a scopo educativo.
(1)
Gli unici due aspetti positivi del testo della Commissione infanzia del Senato
sono: l’abolizione dell’opposizione al decreto di adottabilità e l’obbligatoria
presenza di un difensore dei genitori d’origine.
(2)
Non vi sono insormontabili difficoltà a reperire coppie disponibili per
l’adozione di minori handicappati o malati (AIDS) o grandicelli, sempre che vi
sia un serio impegno da parte dei servizi sociali e dei tribunali per i
minorenni. Resta problematica l’adozione di minori con gravi handicap
intellettivi.
(3)
Cfr. “Le domande di adozione sono già troppo numerose. I ministri Fassino e
Turco: aumentiamole”, Prospettive
assistenziali, n. 130.
(4)
Presentato al Senato in data 7 giugno 2000 dai Ministri per la solidarietà
sociale e della giustizia.
(5)
Si osservi che, ai sensi dell’art. 18 del testo della Commissione infanzia, le
indagini dei servizi sociali e dei tribunali per i minorenni sulla capacità dei
coniugi di educare il minore, sulla loro situazione personale ed economica, la
salute, l’ambiente familiare dei richiedenti, l’idoneità affettiva ed i motivi
della loro richiesta di adozione «devono
concludersi al massimo entro 90 giorni». Attualmente, per le adozioni di
minori italiani, i tribunali per i minorenni non sono obbligati a compiere
indagini quando – a causa della mancanza di minori adottabili – le
indagini stesse sarebbero del tutto inutili.
(6)
Il primo comma dell’art. 7 prevede quanto segue: «L’adozione è consentita a
favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità ai sensi degli articoli
seguenti». Nessuna modifica è stata apportata a questo comma dalla Commissione
per l’infanzia del Senato.
(7)
Il volume, i cui autori sono Emilia De Rienzo, Costanza Saccoccio, Frida
Tonizzo e Giovanni Viarengo, è edito dall’UTET Libreria.
* Testo
del disegno di legge proposto dalla Commissione speciale in materia d’infanzia
del Senato.
www.fondazionepromozionesociale.it