Prospettive assistenziali, n. 131, luglio-settembre 2000

 

una interrogazione parlamentare sui contributi economici illegalmente richiesti dagli enti pubblici AI PARENTI DI ASSISTITI MAGGIORENNI

 

Riportiamo integralmente l’interrogazione presentata in data 24 marzo 2000 dall’on. Diego Novelli ai Ministri dell’interno, della sanità e per la solidarietà sociale, confidando che, finalmente, gli enti pubblici (Comuni singoli e associati, Comunità montane, Province e ASL) attuino correttamente le leggi vi­genti e, in particolare, il decreto legislativo 130/2000.

 

Testo dell’interrogazione

NOVELLI - Ai Ministri dell’interno, della sanità e per la solidarietà sociale. – Per sapere – premesso che:

richieste illegittime continuano ad essere avanzate dai comuni singoli e associati, dalle comunità montane, dalle province e dalle ASL nei confronti dei parenti di assistiti maggiorenni frequentanti centri diurni per handicappati intellettivi con limitata o nulla autonomia, impossibilitati a causa della gravità delle loro condizioni psico-fisiche a svolgere qualsiasi attività lavorativa, nonché nei riguardi dei congiunti di anziani, compresi quelli colpiti da malattie croniche e da non autosufficienza ricoverati presso strutture assistenziali (case di riposo, residenze sanitarie assistenziali, ecc.);

questi contributi vengono pretesi spesso con ricatti (o i parenti sottoscrivono l’impegno di pagare la differenza fra l’importo della retta e l’ammontare dei redditi dell’utente, o le prestazioni non vengono fornite) nonostante che, in base alle leggi vigenti, gli alimenti possano essere richiesti solo da chi versa in stato di bisogno (come precisa in modo incontrovertibile l’articolo 438 del codice civile) o del suo tutore;

l’infondatezza delle pretese dei contributi economici da parte dei parenti di assistiti maggiorenni è confermata dalle note del direttore generale del ministero dell’interno del 27 dicembre 1993, prot. 12287/70 e dell’8 giugno 1999, prot. 190 e 412 B.5, del capo dell’ufficio legislativo del dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri del 15 aprile 1994, prot. DAS/4390/1/H/795, del 28 ottobre 1995, prot. DAS/13811/1/II/795 e del 29 luglio 1997, prot. DAS/247/UL/1/H/795 e dalla lettera inviata dal capo dell’ufficio legislativo del Ministero per la solidarietà sociale in data 15 ottobre 1999, prot. DAS/625/UL/607 all’ANCI nazionale;

la illegittimità della suddetta pretesa è ancora più grave ove si consideri che l’ente pubblico non solo si arroga il diritto che non ha, ma pretende anche di determinare l’importo che dovrebbe essere versato dai congiunti, arrivando addirittura a sostituirsi al giudice. Infatti il terzo comma dell’articolo 441 del codice civile stabilisce quanto segue: «Se gli obbligati non sono concordi sulla misura, sulla distribuzione e sul modo di somministrazione degli alimenti, provvede l’autorità giudiziaria secondo le circostanze»;

rispettando le norme vigenti, i competenti organi centrali dello Stato, per la concessione delle pensioni sociali e di invalidità e per l’integrazione al minimo delle pensioni INPS, non hanno mai tenuto conto dei redditi dei parenti;

si fa, inoltre, presente che la segnalazione ai parenti dell’assistito della sua situazione e delle sue esigenze economiche contrasta nettamente con le vigenti norme sulla riservatezza; tali disposizioni sono, altresì, violate quando l’ente pubblico richiede agli stessi congiunti di fornire notizie in merito alle loro condizioni reddituali e patrimoniali;

ma quel che più colpisce è il comportamento vessatorio degli enti pubblici nei confronti delle famiglie che accolgono a casa loro soggetti non autosufficienti, ad esempio handicappati intellettivi gravi e gravissimi e che chiedono all’ente pubblico di essere aiutate mediante la frequenza dei centri diurni, aperti peraltro solo cinque giorni alla settimana per un massimo di 40 ore, dei loro figli. Nonostante i redditi di questi ultimi siano assolutamente insufficienti per vivere (l’importo della pensione di invalidità è di lire 400 mila lire al mese!) e l’indennità di accompagnamento – se percepita – sia certamente inadeguata a coprire le spese derivanti dalle prestazioni necessarie per le persone non autonome i comuni singoli e associati, le comunità montane e le Asl pretendono contributi economici dal soggetto interessato e dai suoi parenti;

pertanto, la famiglia, che volontariamente continua ad accogliere il proprio congiunto con limitata o nulla autonomia, invece di essere sostenuta, viene colpita sul piano economico;

ben diverso è, invece, il trattamento riservato dagli enti pubblici per i servizi non assistenziali. Infatti, nei casi in cui l’utente maggiorenne non abbia i mezzi per corrispondere l’intero importo delle tariffe per soggiorni di vacanza e per altre attività, non vi sono esempi di enti pubblici che richiedano ai parenti di versare contributi;

ad avviso dell’interrogante, dovrebbero essere as­sunti interventi urgentissimi al fine di ottenere il ri­spetto delle leggi vigenti da parte dei comuni singoli e associati, delle comunità montane, delle province e delle ASL, rispetto che – ad avviso dell’interrogante – è una condizione essenziale perché le istituzioni pretendano – com’è loro dovere – analogo comportamento da parte dei cittadini nei confronti della legge –:

se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

quali iniziative di propria competenza intendano adottare.

 

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