Prospettive
assistenziali, n. 133, gennaio-marzo 2001
Notizie
Una valida iniziativa del
sindaco di Bussero
In data 22 maggio 2000, il Csa, Comitato per la difesa
dei diritti degli assistiti, ha inviato al Sindaco di Bussero (Milano) la
seguente lettera: «Questo Comitato, che
funziona ininterrottamente dal 1978 e che ha fornito a titolo gratuito
consulenza giuridica al sig. A.D.M., esprime vivissima preoccupazione in merito
alla Sua ordinanza del 15 u.s., con cui ingiunge al suddetto A.D.M. di versare
alla Tesoreria comunale la somma di L. 2.460.000.
«Ad avviso di
questo Comitato, nei confronti dei soggetti non autosufficienti a causa di
gravi handicap (il figlio del sig. A.D.M. è cieco, non cammina ed è colpito da
un notevole ritardo mentale), il Comune dovrebbe manifestare una effettiva
solidarietà e non imporre contributi non previsti dalle leggi vigenti. Al
riguardo il signor A.D.M. in data 3 novembre 1999 aveva segnalato alla
dottoressa T.C. i pareri del Ministero dell’interno e della Presidenza del Consiglio
dei Ministri in base ai quali i Comuni non possono pretendere contributi dai
parenti degli assistiti compresi quelli tenuti agli alimenti. Il divieto della
richiesta di contribuzioni ai parenti di assistiti è confermata dal decreto
legislativo n. 130 approvato dal Consiglio dei Ministri il 3 maggio u.s.
«Il reddito
del signor D.D.M., a quanto ci ha riferito il padre-tutore, ammonta a L.
400.000 al mese. Al riguardo è noto che l’indennità di accompagnamento non
costituisce reddito. D’altra parte il reddito e l’indennità di accompagnamento
percepiti da D.D.M. non gli assicurano certamente il necessario per vivere e
per essere aiutato nelle attività quotidiane della vita che non è in grado di
svolgere autonomamente.
«Il ricovero
di D.D.M. in un istituto verrebbe a gravare sulle finanze comunali in misura
enormemente maggiore rispetto alle spese che il Comune sostiene per la
frequenza del Centro diurno. Teniamo a precisare che mentre i genitori ed i
tutori non hanno alcun obbligo giuridico di continuare ad accogliere a casa
loro i congiunti non autosufficienti tanto più se maggiorenni (coloro che li
ricoverano in istituto non compiono nessun reato, come è dimostrato dalla
totale assenza di condanne penali), i Comuni sono obbligati a provvedere ai
sensi degli ancora vigenti regi decreti 19 novembre 1891 n. 6535 e 18 giugno
1931 n. 773.
«Questo
Comitato confida pertanto che Lei voglia dimostrare apprezzamento per
l’attività di volontariato infrafamiliare svolto dal signor A.D.M. e quindi
provvedere a ritirare la Sua ordinanza del 15.5.2000».
La revoca
dell’ordinanza di pagamento
Con il provvedimento dell’8 giugno 2000 che
riportiamo, il Sindaco di Bussero, di cui apprezziamo la sensibilità dimostrata
nella questione, ha revocato la sua precedente ordinanza.
«Premesso:
– che in data 15.05.2000 è stata emessa
ordinanza-ingiunzione a carico del signor D.M.A. domiciliato a Bussero, via
..., per il pagamento delle rette del proprio figlio D.M.D. presso il Centro
socio-educativo relative all’anno 1999 per l’importo di L. 2.460.000;
– che detto provvedimento è stato emesso in base alle
vigenti norme regolamentari del Comune di Bussero;
«Rilevato che nella gerarchia delle fonti un
regolamento comunale di norma non può contrastare con una legge nazionale o
comunitaria e che nel caso particolare non si tratta di applicazione di una
norma di principio (non derogabile) ma di derivazione della più ampia autonomia
regolamentare in capo agli enti locali;
«Rilevato che l’Amministrazione ha in corso di
revisione la disciplina generale per la contribuzione degli utenti ai costi dei
servizi in attuazione del decreto legislativo 109/98 come modificato dal
decreto legislativo 130/2000;
«Rilevato altresì che:
– erroneamente l’ingiunzione è stata emessa a carico
del sig. D.M.A. e non del sig. D.M.D. soggetto effettivamente obbligato;
– erroneamente è stata emessa dal Sindaco e non
dal dirigente incaricato ai sensi dell’art. 6 della legge 127/97, trattandosi
di un atto di gestione.
«Ritenuto opportuno procedere all’annullamento-revoca
dell’ordinanza ingiunzione per motivi sia di legittimità che di merito
rinviando a futuri successivi atti ogni determinazione in merito alla
contribuzione economica da parte del sig. D.M.D. per la frequenza al Cse con
riserva di adottare atti univoci in modo che tutti gli utenti siano messi in
condizione di parità;
dispone
L’ordinanza ingiunzione n. 14 in data 15.05.2000
emessa nei confronti del sig. D.M.A. è “annullata-revocata a tutti gli effetti
con decorrenza immediata”».
Causa vinta contro l’opera pia
lotteri
Il Giudice di Pace Maria Antonietta Monte ha
pronunciato in data 14 aprile 2000 un’importante sentenza, accogliendo la
domanda presentata da G.A. contro il decreto ingiuntivo emesso nei suoi
confronti su richiesta dell’Opera pia Lotteri, un’Ipab di Torino. L’opposizione
è stata appoggiata dal Csa - Comitato per la difesa dei diritti degli
assistiti.
La vicenda inizia con il trasferimento di V.A., padre
di G.A., dal reparto per autosufficienti dell’Opera Pia Lotteri alla sezione in
cui sono ricoverati gli anziani cronici non autosufficienti. L’Unità valutativa
geriatrica, preposta alla certificazione della non autosufficienza, procede
all’esame delle condizioni di salute del paziente solo dopo 4 mesi dalla
richiesta, invece che entro i 30 giorni stabiliti dalla delibera della Giunta
della Regione Piemonte del 9 gennaio 1995 n. 41-42433.
Inoltre, l’Asl Torino 1 autorizza il trasferimento
(avvenuto il 21 luglio 1997 su iniziativa della direzione sanitaria dell’Opera
pia Lotteri) e il pagamento della quota sanitaria solamente a partire dal 9
marzo 1998.
Nella sentenza il Giudice di Pace, dopo aver precisato
che «il termine di 30 giorni, indicato
alla Unità valutativa geriatrica per la concessione del parere, è termine che
si deve ritenere perentorio, ma che può anche essere abbreviato nei casi di
particolari urgenze», ha stabilito che
«nel caso specifico, l’onere del pagamento della quota sanitaria non può che
essere di competenza dell’Asl 1».
Pertanto il Giudice ha annullato il decreto ingiuntivo
e condannato l’Asl 1 al pagamento della somma richiesta dall’Opera pia Lotteri
(L. 2.472.900 oltre interessi), nonché delle spese processuali liquidate in L.
730 mila per oneri e 315 mila per diritti.
Accordo ospedale
fatebenefratelli e csa
Poiché erano insorti problemi in merito alla dimissione
di soggetti ricoverati presso l’Ospedale Fatebenefratelli di San Maurizio
Canavese (Torino) ed i congiunti che non intendevano rinunciare al diritto del
loro parente malato alle cure dovute dal Servizio sanitario nazionale (e non
dai familiari), fra il suddetto Ospedale e il Csa, Coordinamento sanità e
assistenza fra i movimenti di base, è stato concordato quanto segue:
1. Il Centro Alzheimer dell’Ospedale Fatebenefratelli,
con sede in San Maurizio Canavese, Torino, in base alle disposizioni della
Regione Piemonte, esercita attività di osservazione, accertamento diagnostico e
inquadramento terapeutico delle persone colpite dalla malattia di Alzheimer o
da altre forme di demenza senile.
2. Gli oneri relativi alle suddette attività sono
interamente a carico del Servizio sanitario regionale.
3. In base alle norme emanate dalla Regione Piemonte,
il Centro Alzheimer dell’Ospedale Fatebenefratelli non svolge compiti di
lungodegenza. Conseguentemente, la degenza presso il Centro Alzheimer è
limitata a 30-60 giorni, periodo di tempo normalmente occorrente per
l’effettuazione degli interventi di cui al punto 1.
4. Solamente in casi eccezionali ed esclusivamente
allo scopo del completamento delle prestazioni di osservazione, accertamento
diagnostico e inquadramento terapeutico, la degenza può essere prolungata a
giudizio insindacabile del primario del Centro Alzheimer.
5. Il primario del Centro Alzheimer preannuncia le
dimissioni all’ente (ospedale o Asl) o alle persone che hanno sottoscritto la
domanda di ricovero con almeno 5 giorni di anticipo.
6. L’ente o le persone suddette sono tenuti a dare
esecuzione alle dimissioni nel rispetto delle vigenti disposizioni di legge.
7. Gli eventuali trasferimenti presso altre strutture
sanitarie sono disposti dal Centro Alzheimer senza alcun onere per gli utenti
ed i loro congiunti.
8. Nei casi in cui le dimissioni non vengano attuate
da chi ha disposto il ricovero l’Ospedale Fatebenefratelli segnala il caso
all’Asl 6 e all’Asl di residenza del soggetto perché provvedano ai sensi delle
leggi vigenti.
Firma per presa d’atto da
parte dell’utente o di un suo rappresentante o dell’operatore dell’Azienda
sanitaria che richiede la degenza presso il Centro Alzheimer dell’Ospedale
Fatebenefratelli.
una ex assistente sociale
plaude alla esclusione dei parenti dal versamento di contributi per
l’assistenza di loro congiunti
Considerate
le gravi difficoltà finora incontrate con gli assistenti sociali in servizio,
riportiamo integralmente la lettera inviateci il 2 gennaio 2001 da S.C.: «Ho appreso da Specchio dei tempi del 31-12-2000 (La Stampa) del successo ottenuto con la delibera
comunale del 4.12.2000 relativa all’esclusione dall’obbligo dei parenti di
contribuire al costo del Servizio socio-assistenziale per non autosufficienti.
È davvero un grande traguardo; io (ex assistente sociale) ho 67 anni e vivo con
mia madre di 97 anni inferma dal 1980. Sono sola; non ho persone sulle quali
fare affidamento in caso di necessità, ma ora so che se dovrò ricorrere ad una
struttura pubblica non avrò rette impossibili da pagare. Un grazie anche alle
vostre collaboratrici ed ai vostri “osservatori” presso i quartieri. Anche per
chi, come me, combatte la battaglia in “casa” ci sono ancora storture da
superare: ad esempio per l’anziano che vive solo perché i figli hanno residenza
altrove, il Comune eroga fino a lire 2.500.000 escludendo la pensione
dell’anziano, ma se il figlio è convivente si tiene conto del reddito di
quest’ultimo. Non mi pare giusto. Veda se vorrà aggiungere un nuovo impegno
alla Sua attività. Grazie».
www.fondazionepromozionesociale.it