Prospettive
assistenziali, n. 133, gennaio-marzo 2001
Notiziario dell’Associazione nazionale famiglie
adottive e affidatarie
Il diritto dei bambini con
handicap all’insegnante di sostegno
Riportiamo il
testo della lettera inviata il 16 marzo 2001 dalla Presidenza nazionale
dell’Anfaa al Ministro della pubblica istruzione, Prof. Tullio De Mauro.
Vogliamo portare all’attenzione della S.V. la lettera,
dai contenuti particolarmente significativi, a noi inviata da una nostra socia.
L’Anfaa è una associazione di volontariato impegnata dal 1962 nella promozione
del diritto di tutti i bambini – compresi quelli malati o handicappati
– di crescere in una famiglia, anzitutto la sua, d’origine, e quando
questo non è possibile, secondo le situazioni, in una affidataria o adottiva.
Grazie anche all’azione svolta dall’Anfaa i minori istituzionalizzati sono
passati dai 310.326 del 1960 ai 14.950 del 1998. Numerose sono state le
famiglie particolarmente disponibili e capaci che hanno accolto in affidamento
o in adozione minori portatori d’handicap, che altrimenti sarebbero stati
condannati a restare per tutta la vita in istituto. Sono queste scelte
coraggiose, spesso ostacolate dalle Istituzioni, che invece dovrebbero fornire
loro i necessari aiuti e sostegni. Molto resta ancora da fare; in base alla
indagine sulle strutture assistenziali per minori condotta dal Centro Nazionale
di documentazione per l’infanzia e l’adolescenza nel 1998 su 14.945 ben 1.174
erano handicappati! Le Istituzioni – in primis quelle scolastiche – devono
pertanto sostenere con atti concreti queste famiglie. Chiediamo pertanto a Lei
di considerare con particolare attenzione la lettera di questa nostra socia,
affinché il Ministero della Pubblica Istruzione assuma tutte le iniziative
necessarie per evitare che in futuro si verifichino ancora questi incresciosi
fatti.
Oltretutto, vogliamo rilevare che la signora, madre
adottiva di una bambina portatrice di handicap intellettivo e fisico grave, in
questo suo scritto, non si limita a denunciare i problemi che si trova a dover
affrontare, con grande capacità unita a molta sofferenza, nella sua situazione
personale, ma con molta lucidità e con molto merito affronta le problematiche
generali che coinvolgono molte famiglie.
I ritardi segnalati dalla madre, che si verificano ad
ogni inizio d’anno nelle nomine degli insegnanti di sostegno, con il
conseguente grave vuoto di assistenza e turnover
continuo degli insegnanti che ne deriva, sono a nostro parere inaccettabili e
spesso imputabili a resistenze ingiustificate dei Provveditori agli studi e dei
Capi d’Istituto.
Come testimonia la lettera allegata, questa madre ha
dovuto addirittura rivolgersi direttamente al Suo Ministero che, correttamente,
le ha indicato una recente norma (del 30/8/2000), risolutiva di alcuni dei
problemi sollevati. Solo questo intervento personale, a difesa dei diritti
della figlia, è riuscito a smuovere la burocrazia dell’amministrazione
scolastica periferica, che pure era già in possesso di tale direttiva
ministeriale.
Vogliamo anche sottolineare il fatto che, pur
nell’amarezza e nella denuncia giustificata, la madre supera il suo caso
personale, e con molta lucidità si fa carico dei problemi generali legati
all’inserimento scolastico dei minori portatori di handicap, ed elenca le
difficoltà e i danni gravi che simili comportamenti dell’amministrazione
scolastica arrecano ai bambini più deboli.
E così richiama l’importanza per i bambini disabili di
avere «figure di riferimento costanti e continuative» e «lo sforzo che devono
fare tali bambini per affezionarsi ad una persona diversa, abituarsi al loro
modo di rapportarsi, di spiegare e di comprenderli».
Vi è anche una chiara coscienza delle difficoltà degli
stessi insegnanti di sostegno: «l’insegnante che arriva ha bisogno di tempo per
capire il bambino, il programma che ha svolto, il suo tipo di risposta in base
al suo handicap»; e ancora: «l’insegnante che arriva dovrà integrarsi con il
gruppo insegnanti e deve avere anche l’umiltà di accettare consigli».
«Tutto questo», conclude a questo punto la lettera, «è un’ansia continua per noi genitori e un
grossissimo disagio per i nostri figli».
Ma noi vogliamo segnalare soprattutto la grande
maturità educativa di simili genitori, che sono una grande risorsa per la
stessa scuola, e che devono essere ascoltati e coinvolti, come meritano, dalla
scuola.
Succede invece che i genitori trovino difficoltà a
poter partecipare persino a quegli stessi “Gruppi misti” fra scuola, famiglia,
Asl, resi obbligatori per legge: il gruppo per il singolo alunno (col compito
della compilazione del “Profilo dinamico funzionale” e del “Piano educativo
individualizzato”) e del Gruppo di studio e di lavoro di scuola (incaricato
delle problematiche generali dell’integrazione scolastica).
Di fronte a questi impegni e risorse dei genitori,
Signor Ministro, Le chiediamo di prendere in attenta considerazione le giuste
richieste delle famiglie per una corretta applicazione delle norme
sull’integrazione scolastica, e di favorire la piena e fruttuosa collaborazione
con la scuola.
La invitiamo inoltre a voler assumere al più presto
tutte le iniziative necessarie per segnalare le prassi amministrative esemplari
che, a nostro avviso, non sono mancate, ad esempio in varie circolari di alcuni
Provveditorati agli studi, come quello di Torino.
Inoltre la preghiamo di voler dare un Suo cortese
riscontro alla lettera di questa madre, quale giusto riconoscimento dell’alto
valore delle problematiche in essa sollevate.
Lettera
inviata da Tonia Mancino alla Presidente dell’Anfaa
Vorrei segnalare l’eterno problema che si verifica ad
ogni inizio di anno scolastico: quello del sostegno per i bambini disabili.
Sono la mamma adottiva di una bambina con handicap
grave che quest’anno frequenta la IV elementare e che sin dalla scuola materna
ha dovuto fare delle lotte sia con la scuola che con il Provveditorato per
l’applicazione della legge 104 sull’inserimento scolastico.
Vi racconto quest’anno come è andata: dopo 20 giorni
dall’inizio dell’anno scolastico (18/9/2000) mia figlia era ancora senza
insegnante di sostegno. Dopo essere andata tantissime volte in Provveditorato e
dal direttore scolastico, disperata mi sono rivolta al Ministero a Roma dove mi
hanno detto che in base ad una circolare ministeriale n. 206 del 30/8/2000 il
direttore scolastico aveva facoltà di provvedere a nomine provvisorie.
Allora sono andata in Provveditorato, mi sono fatta
dare una copia della circolare che ho consegnato al direttore della scuola che
fa la nomina di una ragazza, che però rimane solo cinque giorni, perché dal
Provveditorato arriva la nomina “provvisoria”
di una insegnante. Eravamo così abbondantemente a più di un mese dall’inizio
dell’anno scolastico.
Ad oggi 23/11/2000 la situazione è sempre la stessa,
con l’insegnante di sostegno che ha un piede di qua ed uno di là, l’incertezza
è una gran brutta cosa.
Tutti sappiamo l’importanza per i bambini di avere
delle figure di riferimento costanti e continuative per il loro sviluppo
affettivo e pedagogico. Si tratta per questi bambini di fare ogni volta uno
sforzo per affezionarsi ad una persona diversa, abituarsi al loro modo di
rapportarsi, di spiegare e di comprenderli.
L’insegnante che arriva ha bisogno di un po’ di tempo
per capire il bambino, il programma che ha svolto, il suo grado di
preparazione, il suo tipo di risposta in base al suo handicap. Deve anche
integrarsi con il gruppo insegnanti e avere anche l’umiltà di accettare i loro
consigli.
Tutto questo comporta un’ansia continua per noi
genitori e un grossissimo disagio per i nostri figli. Questo menefreghismo del
Provveditorato, queste lungaggini incomprensibili violano la legge sul sostegno
che non dice di applicarla quando fa piacere al Provveditore, ma nel tempo
giusto, che sono poi i tempi scolastici, cioè sin dal primo giorno di scuola.
Perché questi bambini che partono già con uno
svantaggio devono (per colpa di adulti che vengono pagati con i nostri soldi)
fare ogni anno un lavoro in più invece di essere agevolati e aiutati?
Io non chiedo una cosa che non sta né in cielo né in
terra, chiedo che una legge dello Stato venga applicata in tempo giusto tenendo
conto dell’interesse del bambino (e non di quello egoistico dell’adulto), anche
perché togliendo ai bambini quello che è loro dovuto si toglie la dignità e il
rispetto di cui hanno diritto come cittadini italiani.
Mia figlia non è un giocattolo che devono passarsi due
o tre insegnanti. Se chi deve applicare la legge non è ingrado di farlo nel
tempo giusto, che se ne stia a casa. Io poi in tutto questo vedo anche la
violazione della legge 675 sulla privacy,
perché ogni volta bisogna spiegare perfettamente i problemi personali e privati
che riguardano la bambina.
Mia figlia ha ancora tanti anni di scuola davanti a
sé, vorrei non ritrovarmi ogni anno con questo problema da risolvere.
Taranto, 22
febbraio 2001
Gli auguri dell’orfanotrofio
antoniano “cristo re” di messina
Trascriviamo il testo dell’intervento di Roberto
Oliviero dell’Anfaa di Livorno alla Conferenza nazionale “20.000 bambini hanno diritto a una famiglia ma restano in istituto”,
tenutasi a Taranto il 18 novembre 2000.
Segnaliamo che la presidente dell’Anfaa, Donata Nova
Micucci, ne ha inviato copia all’Arcivescovo di Messina, Mons. Giovanna Marra,
sollecitando una sua risposta in merito alla grave e delicata problematica
prospettata.
Giovanna Montanaro, responsabile della sezione
tarantina dell’Anfaa, introducendo la Conferenza, ha detto che spesso il
disagio dei bambini viene utilizzato dagli adulti. Come erano vere quelle
parole! Mi hanno fatto ricordare una esperienza che ho vissuto. Istintivamente
la volevo rendere pubblica, ma ho accantonato l’idea per non togliere spazio al
dibattito. Nel pomeriggio, dopo aver ascoltato Marco Lora della Conferenza
episcopale italiana, ho chiesto di intervenire perché mi interessava sapere, da
lui, quale fosse la posizione della Chiesa su quello che stavo per raccontare.
In prossimità del mio ennesimo compleanno, ho ricevuto
un messaggio di auguri che diceva testualmente: «La benedizione di Dio scenda su di te. Oggi è il tuo compleanno. I
tuoi amici lo sanno? Noi invece lo sappiamo e per questo veniamo da te per
formularti i più sinceri e cordiali auguri. Chi siamo noi? Te lo puoi
immaginare: siamo tuoi amici. E già: se conosciamo la data del tuo compleanno
vuol dire che ti siamo molto vicini. Siamo quattro ragazzi che come tanti
altri, siamo privati precocemente dell’affetto dei nostri cari». Il tutto
era corredato di fotografie di ragazzi e dell’istituto, un grande edificio
chiamato Orfanotrofio antoniano maschile “Cristo Re” di Messina. Allegato al
biglietto c’era un bollettino per versamento su conto corrente postale. Fa
sempre piacere ricevere gli auguri di buon compleanno, fa anche piacere
scoprire di avere degli amici dove non avresti mai pensato, e ho deciso perciò
di chiamare l’istituto per conoscere meglio questi ipotetici amici. Ho
chiamato, ho chiesto del responsabile della distribuzione di auguri e dopo il
quarto tentativo mi hanno passato Don Vito, il responsabile dell’iniziativa.
Dopo aver spiegato perché lo chiamavo, gli ho chiesto quanti ragazzi ospitasse
l’istituto e che età avessero i ragazzi. La risposta è stata che i ragazzi
erano circa 80 e che l’età comprende ragazzi di 7/8 anni fino alla maggiore
età. Ho chiesto se sono tutti orfani, la risposta è stata che non sono orfani,
ma sono ragazzi con disagio familiare a loro affidati. Allora ho chiesto perché
il messaggio che ho ricevuto parlasse di orfani, ma la domanda è rimasta senza
risposta. Ho anche aggiunto che se i ragazzi sono a loro affidati,
l’Orfanotrofio riceve una retta per ognuno di loro, una retta sufficiente per
provvedere ai loro bisogni, visto che le famiglie affidatarie riescono a
provvedere ai ragazzi loro affidati con contributi ben più modesti di quelli
che generalmente ricevono gli istituti. Sentivo crescere il disagio di chi mi
ascoltava, ma ho continuato dicendo che forse era meglio investire sulla
promozione della cultura dell’accoglienza per trovare famiglie affidatarie o
adottive e ho proposto a Don Vito di venire a Taranto in occasione della
Conferenza, ma la risposta è stata che loro non potevano lasciare l’istituto
perché i ragazzi hanno costantemente bisogno di loro. Gli ho ricordato che per
parlare con lui avevo dovuto chiamare quattro volte perché non si trovava in
istituto. A questo punto la conversazione si è interrotta bruscamente.
Marco Lora ha commentato
dicendo che non era a conoscenza dei fatti e comunque anche a Messina c’è un
Vescovo che deve accogliere le pecorelle e bastonare i lupi. Ho aggiunto che
nel passato altri amici dell’Anfaa avevano segnalato alle autorità competenti,
compreso le autorità ecclesiastiche, fatti simili, senza ottenere risultati.
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