Prospettive
assistenziali, n. 133, gennaio-marzo 2001
Notiziario dell’Unione per la lotta contro
l’emarginazione sociale
nota
del csa sui tagli alla sanità
In merito ai tagli sui servizi sanitari, preannunciati dal Presidente
della Giunta della Regione Piemonte e dall’Assessore regionale alla sanità, il
Csa - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti ha indirizzato alle
competenti autorità la seguente nota, datata 7 febbraio 2001.
In merito ai tagli alla
sanità osserviamo che le continue denunce generiche, non suffragate da dati
circostanziati dei cosiddetti sprechi che ci sarebbero, stanno determinando un
solo risultato, questo sì tangibile: la riduzione dei ricoveri ospedalieri e in
lungodegenza degli anziani malati non autosufficienti.
Infatti, alle Asl, costa
meno di qualunque altra soluzione:
1. dimettere dagli ospedali e dalle case di cura convenzionate, gli
ammalati anziani cronici non autosufficienti e lasciarli a totale carico della
famiglia, che dovrà sostenere in proprio spese per infermiere, assistenza,
farmaci, medicazioni;
2. non aprire le Rsa, residenze sanitarie assistenziali, già pronte
(vedi via Tirreno dell’Asl 2 di Torino, di S. Mauro Torinese, di Moncalieri) e
realizzare quelle programmate (ad esempio a Venaria, Asl 6 o ad Ivrea, Asl 9);
3. ridurre i posti letto convenzionati nelle Rsa-Raf, residenze
assistenziali flessibili, a disposizione per gli anziani malati non
autosufficienti, con la conseguenza inevitabile del protrarsi della durata
della lista d’attesa (in media un anno) superabile però immediatamente se la
persona accetta il ricovero a pagamento con una spesa di 160-200 mila lire al
giorno. Si dimostra quindi che non mancano i posti letto per gli anziani
cronici non autosufficienti; mancano i posti letto convenzionati a carico delle
Asl;
4. ricoverare gli anziani malati gravemente non autosufficienti nelle Raf
(anziché nelle Rsa), perché la quota sanitaria è inferiore e, dunque, non
interessa assicurare cure adeguate ma risparmiare sulla pelle dei cittadini
che, proprio perché in gravi condizioni, sono anche incapaci di potersi
difendere e/o protestare. Si aggrava in
questo modo la già pesante carenza di cure mediche, infermieristiche,
riabilitative e di assistenza dei malati anziani delle Rsa e delle Raf per i
quali da tempo chiediamo che:
• la responsabilità delle
cure sanitarie nelle Rsa sia affidata ad un medico, preferibilmente geriatra;
• le prestazioni mediche
siano assicurate tutti i giorni e per almeno 10 ore complessive da un gruppo di
medici, operante secondo il metodo del lavoro in équipe, predisposto in modo da
fornire tutti gli interventi necessari, compresi i turni di reperibilità per le
restanti 14 ore;
• la garanzia della
continuità terapeutica sia realizzata programmando le prestazioni sanitarie in
modo che siano gli stessi operatori che lavorano nella Rsa ad assicurare la
copertura anche in caso di malattia, ferie o per altri motivi;
• siano erogate dalla Rsa
le necessarie prestazioni, infermieristiche, riabilitative, alberghiere,
comprese quelle di aiuto personale a persone non in grado di nutrirsi
autonomamente, allettate, che necessitano di aiuto per l’espletamento delle
funzioni quotidiane indispensabili per vivere;
• ad ogni ricoverato siano
garantiti almeno: 40 minuti di cure infermieristiche, 140 minuti di assistenza
alla persona, 20 minuti di riabilitazione.
Invitiamo gli Assessori
alla sanità e all’assistenza e i Consiglieri della IV Commissione consiliare e
ogni altro Consigliere a verificare quanto dichiarato con semplici telefonate
alle Asl, ai Consorzi assistenziali, alle Rsa-Raf pubbliche e private (come
abbiamo fatto noi).
Volete risparmiare davvero sui ricoveri? Investite nelle cure
domiciliari, nei centri diurni per i malati di Alzheimer e promuovete il
volontariato intrafamiliare.
La famiglia preferisce
– quando c’è e quando può – accogliere a casa il proprio malato, ma
va sostenuta con contributi economici e servizi domiciliari efficaci.
L’Adi, assistenza
domiciliare integrata non basta: le prestazioni non sono erogate quasi mai nei
giorni di sabato e festivi; non assicura interventi per i casi più complessi,
e, soprattutto, non è assicurata senza limiti di durata.
Da anni è dimostrato che
curare a casa costa almeno la metà di un ricovero in Rsa, con il servizio di
ospedalizzazione a domicilio, che garantisce realmente ai pazienti gravi e ai
loro familiari la continuità delle cure tutti i giorni della settimana, festivi
compresi.
Assicurare un contributo
economico, quale riconoscimento al familiare che presta l’assistenza personale
e alberghiera e a sostegno delle innumerevoli spese a cui deve fare fronte,
incentiverebbe ulteriormente la famiglia ad accogliere il familiare gravemente
malato e non autosufficiente, con consistenti risparmi per le casse della
sanità.
Per favore basta con denunce generiche.
La sanità in Italia non è
una spesa rilevante e neppure un disastro. Anzi, spendiamo quasi la metà degli
altri Stati più avanzati e in compenso è noto che la mortalità nel nostro Paese
è tra le più basse.
Non vogliamo chiudere gli ospedali piccoli?
Ebbene, se si tratta di
pagare 10 lire in più di tasse sulla benzina (o altro) e avere in cambio la
sicurezza delle cure sanitarie e di un ricovero soprattutto quando si diventa
cronici e non più autosufficienti, siamo certi che i cittadini, correttamente
informati, non hanno dubbi su che cosa scegliere.
Sapete quanto paga un anziano malato non autosufficiente in Rsa?
Se ha la “fortuna” di
finire in una Rsa, a gestione pubblica, comunque non pagherà meno di 1.800.000
al mese; se non è in grado di mangiare da solo, però, la famiglia deve andare
di persona a imboccarlo oppure pagare, a parte, l’assistenza (12-15 mila lire
all’ora).
Altro che lo spauracchio di
nuove tasse. Nessuno ha il coraggio di dire che i cittadini malati più deboli
stanno già pagando da anni di tasca propria una tassa considerevole, perché il
Servizio sanitario regionale e le Asl hanno deciso di non considerarli più
degni di cura?
Finora la sanità ha risparmiato facendo pagare ai ricoverati.
Persino la Giunta regionale
con Dgr n. 29-29519 del 1° marzo 2000 ha riconosciuto che «occorre provvedere
ad una modifica della Dgr 41-42433/1995 resa ancora più urgente dal fatto che è
mancato l’aggiornamento delle quote sanitarie che ha già determinato notevoli
difficoltà agli enti gestori delle strutture che hanno trasferito parte dei
costi del servizio sulle rette alberghiere, determinando un incremento del
carico economico delle famiglie».
Chiediamo di mantenere tale
impegno e stabilire finalmente con un provvedimento regionale che la retta giornaliera
a carico dei degenti presso le Rsa è stabilita in 50 mila lire. E ci sembra già
troppo, tenuto conto che, trattandosi di malati, il diritto alle cure sanitarie
dovrebbe essere totalmente gratuito.
Lettera
aperta al sindaco di torino contro la creazione di una residenza per anziani
Con il titolo “Errare è umano, perseverare è diabolico... specialmente con i soldi
pubblici”, il Csa - Comitato per la
difesa dei diritti degli assistiti ha inviato in data 14 febbraio 2001 al
Sindaco, al Vice-Sindaco e all’Assessore all’assistenza del Comune di Torino,
nonché ai promotori della “Residenza polivalente per anziani” prevista a
Vanchiglietta la seguente lettera aperta.
Abbiamo appreso che a
seguito di una raccolta di circa 4.000 firme ad opera dei cittadini di
Vanchiglia è stato approvato il finanziamento di 13 miliardi e 750 milioni per
la costruzione di una “residenza
polivalente per anziani” nell’area Mongrando (tra le vie Andorno, Oropa e
Varallo), che prevede anche la realizzazione all’interno della stessa di mini
appartamenti per anziani autosufficienti.
Il fatto ci lascia
allibiti.
È evidente che
l’Amministrazione comunale non ha avuto il coraggio politico di informare i
cittadini promotori della richiesta, del fallimento totale delle precedenti
esperienze. Infatti, a partire dalla prima struttura per anziani malati non
autosufficienti aperta in via Valgioie, fino a tutte le residenze sanitarie
assistenziali (via Spalato, via Botticelli, via Plava, ...) è stato dimostrato
che nessun anziano autosufficiente, anche con limitata autonomia, ha chiesto di
abitare nei mini appartamenti che anche per queste residenze erano stati
pensati e costruiti per loro.
I cittadini hanno così
pagato una volta per realizzare gli alloggi in via Valgioie, poi hanno pagato
per arredarli, poi hanno di nuovo pagato per liberarli e per distruggerli,
infine hanno pagato per costruire al loro posto un centro diurno per malati di
Alzheimer.
E la stessa storia si sta
ripetendo per le altre residenze sanitarie assistenziali.
I cittadini residenti in
Vanchiglia possono anche non sapere, ma l’Amministrazione comunale è
perfettamente al corrente di quanto è accaduto e ha il dovere etico di non
sciupare risorse pubbliche che può invece destinare al mantenimento
dell’anziano a casa propria.
Per cui ci appelliamo al
Sindaco, all’Assessore e alla cittadinanza perché non siano costruiti mini
appartamenti, ma sia aperto un centro diurno per malati di Alzheimer che sono
la vera emergenza.
Infatti, è noto a tutti
ormai che la persona anziana preferisce restare a casa propria il più a lungo
possibile, perché è il luogo dei suoi affetti e dei suoi ricordi, perché può
vedere gli amici con facilità senza grandi spostamenti, perché può frequentare
il bar sottocasa o la bocciofila, la parrocchia o la sede del partito o del
sindacato più vicino, andare al mercato rionale o al negozio vicino.
Molti anziani, tuttavia,
non hanno i mezzi economici necessari per procurarsi adeguati servizi nel
momento in cui a causa degli acciacchi della vecchiaia vengono meno le forze.
Per tali ragioni e per evitare che essi siano costretti a chiedere il ricovero
in istituto (fatto peraltro sempre più raro), il Comune di Torino dovrebbe
assicurare agli anziani con redditi insufficienti:
– il potenziamento
degli attuali servizi domiciliari;
– la messa a
disposizione di alloggi adeguati e privi di barriere architettoniche;
– un minimo vitale
adeguato ai bisogni della vita cittadina;
– l’anticipo delle
indennità di accompagnamento agli anziani riconosciuti invalidi al cento per
cento in attesa che sia attivato direttamente dalla prefettura.
Inoltre, al fine di
favorire il mantenimento al proprio domicilio anche degli anziani divenuti non
più autosufficienti a causa della malattia cronica, chiediamo l’intervento
presso le Asl cittadine perché:
1. siano attuati a loro spese i servizi di cura domiciliari, compresi
gli interventi relativi all’assegno di cura. Il Comune di Torino interviene
solo limitatamente ai soggetti in condizioni di bisogno accertate secondo la
propria delibera, per le necessarie integrazioni al minimo vitale o per
l’assistenza domiciliare se necessaria;
2. siano potenziati i servizi di cura domiciliari e unificati i
servizi di assistenza domiciliare integrata e ospedalizzazione a domicilio,
affinché siano assicurate al malato a domicilio livelli di cura elevati che si
rendono indispensabili con il peggiorare delle proprie condizioni. Si rammenta
che in questi casi la famiglia può reggere il peso dell’impegno che richiede
l’assistenza di questi anziani malati se ha la garanzia di poter contare su un
servizio medico e infermieristico reperibile almeno nell’arco di 8-10 ore al
giorno, sabato e festivi compresi;
3. sia erogato un assegno di cura a sostegno del reddito delle famiglie
che accolgono i soggetti di cui sopra riconoscendone i maggiori costi a cui
vanno incontro;
4. siano aperti centri diurni per malati di Alzheimer e altre forme di
demenza, senza oneri per il ricoverato;
5. siano
assicurate almeno 4 ore di assistenza domiciliare, a totale carico
dell’Asl, al malato di Alzheimer che non può frequentare il centro diurno, per
sollevare la famiglia che lo assiste per le restanti 20 ore, sabato e festivi
compresi, senza tregua alcuna.
www.fondazionepromozionesociale.it