Prospettive
assistenziali, n. 133, gennaio-marzo 2001
L’azione di sensibilizzazione per la
realizzazione di una comunità alloggio
Giuseppe d’Angelo (*)
La carenza di comunità alloggio
È molto precaria la
situazione in merito alla realizzazione di comunità alloggio di tipo familiare
per l'assistenza delle persone disabili con limitata o nulla autonomia che non
possono più vivere in famiglia.
Dalle recenti
statistiche (1) si apprende che solo il 10% delle persone handicappate
ricoverate in strutture residenziali è in comunità alloggio e meno del 2% è in
gruppo appartamento.
L'assenza di
diritti esigibili in merito alle comunità alloggio
Questa situazione è
frutto di una deleteria cultura dell’istituzionalizzazione, dell’esclusione
sociale, dell’assistenza intesa come carità e non come rispetto del diritto ad
una vita dignitosa delle persone disabili.
Ed è conseguenza,
soprattutto, di una mancanza di norme – da tempo attese – che
obblighino gli enti locali all’istituzione di piccole comunità familiari con non
più di 8-10 posti letto, site in normali contesti abitativi ovvero sparse nel
tessuto sociale.
Purtroppo, inoltre,
si osserva sempre più frequentemente il ricorso a “nuove” e deleterie forme
d’istituzionalizzazione, come per esempio l’inserimento accorpato in una
medesima struttura di più nuclei da 10 posti letto che trasformano il presidio
in un vero e proprio istituto.
È dunque più che mai
necessario che le associazioni di autotutela intervengano con forza e con una
azione continua per promuovere l’attivazione di comunità alloggio familiari:
sia direttamente richiedendone l’apertura all’ente locale di riferimento
(Comune, Consorzio), sia indirettamente proponendo (per esempio a livello
regionale) una normativa di riferimento in materia, sia bandendo pubblicamente
qualsiasi iniziativa in controtendenza che riporti all’istituzionalizzazione.
È comunque positivo che, di
fatto, non manchino opportunità per far in modo che l’ente pubblico si volga
verso la realizzazione di adeguate tipologie di presidi. Da un lato vi sono
alcune disposizioni di legge; dall’altro vi sono, abbastanza sovente,
opportunità di finanziamenti pubblici (che, purtroppo spesso, rimangono poco
utilizzati).
L'attività
di promozione delle associazioni di autotutela
I risultati non
mancano se nella lotta (perché di lotta si tratta) per affermare i diritti le associazioni lavorano con impegno
costante, si tengono continuamente aggiornate, fanno largo uso di carta e penna
e non hanno timore a manifestare qualunque sia il colore politico di chi
amministra.
Inoltre, per poter avanzare le
adeguate istanze all’ente pubblico di riferimento, occorre conoscere in modo
abbastanza preciso la situazione handicap locale e delle relative necessità
(sempre presenti, in genere) in termini di presidi residenziali nel territorio.
La leggi vigenti in merito
È fondamentale poi
far riferimento al fatto che i Comuni, singoli o associati, in base alle leggi
vigenti hanno in ogni caso l'obbligo di fornire assisten-
za alle persone incapaci prive di sostegno familia-re (2). È un dovere che
occorre rimarcare, visto che troppo spesso l'ente pubblico, reggendosi sul
"volontariato" familiare, è restio ad attivare i dovuti servizi e
approfitta dei legami affettivi per non fornire le prestazioni necessarie: se è
chiaramente prioritaria la permanenza in famiglia del congiunto disabile, ciò
non deve essere un pretesto per uno scarico dei doveri al nucleo familiare.
Per quanto riguarda
la collocazione, gli alloggi da dedicare a presidi residenziali si possono
recuperare, per esempio, usufruendo delle Ipab (Istituzioni pubbliche di
assistenza e beneficenza). Forse, più facilmente, si possono reperire
nell’ambito della edilizia economica e popolare e si possono identificare in un
normale edificio urbano: la legge n. 179 del 17 febbraio 1992 prevede, infatti,
che le Regioni possano vincolare fino al 15% dei fondi dell’edilizia agevolata
e sovvenzionata per la realizzazione d’interventi da destinare alla soluzione
di problemi abitativi di particolari categorie sociali, individuate di volta in
volta dalle Regioni stesse.
Vi possono poi
essere diverse opportunità di finanziamento, sia a livello nazionale sia in
ambito regionale.
In merito, si cita,
per esempio, il Piemonte con la legge regionale n. 43/1997 ("Promozione
della rete di strutture socio-assistenziali destinate a persone
disabili"). Grazie alla pressione esercitata dalle associazioni aderenti
al Csa (Coordinamento Sanità e Assistenza fra i movimenti di base) che, per
l'handicap in situazione di gravità, hanno più e più volte chiesto servizi
alternativi all'istituto (comunità alloggio, centri diurni, ecc.), che hanno
sollecitato fortemente l'intervento delle istituzioni, e che hanno reso
partecipe l'opinione pubblica in merito al problema, i finanziamenti suddetti,
previsti appunto con la legge regionale 43/1997, sono passati dai 6 ai 20
miliardi (con la determina del 4 maggio 1999, prot. n. 237/30 è stata infatti
approvata la graduatoria relativa all’assegnazione dei finanziamenti erogati in
particolare per la creazione di 19 centri diurni, altri 6 centri diurni con
nucleo di residenzialità da 10 posti letto e, purtroppo, anche 4 Raf, residenze
assistenziali flessibili, con una capienza per 20 soggetti) (3).
In particolare poi,
con la Determina n. 540/30 del 12 novembre 1999, la Regione Piemonte ha
concesso finanziamenti per la realizzazione dei cosiddetti "gruppi
appartamento". Si tratta di presidi residenziali introdotti, appunto, con
la legge regionale suddetta, per l'assistenza alle persone handicappate
intellettive, laddove vi è assenza di un supporto familiare, in attuazione del
diritto all'integrazione, alla socializzazione e alla vita familiare. Il gruppo
appartamento, in particolare, è una struttura, precisa la normativa, rivolta a
persone con disabilità medio-lieve, composta da una o più unità immobiliari
inserite in centri abitati con una capacità ricettiva non superiore a sei posti
letto che non neces-sita di vincoli strutturali particolari, fatto salvo il
giudizio di abitabilità e l'assenza di barriere architettoniche.
Nonostante si sia
riusciti ad impegnare una certa disponibilità di risorse della Regione, la
richiesta, soprattutto da parte degli enti pubblici interessati e relativamente
ai gruppi appartamento, è stata scarsa. Addirittura, la data prevista quale scadenza
per la presentazione dei progetti, 30 giugno 1998, è stata prorogata al 15
luglio 1999, poiché erano giunte pochissime richieste di finanziamento in
merito.
Purtroppo, capita che, nonostante
si riescano a "strappare" sofferti finanziamenti in ambito pubblico e
nonostante le necessità palesi, i contributi economici ritornino al mittente
poiché l'ente gestore (Comune, Consorzio, ecc.) non si impegna a richiederli.
L'esperienza in una realtà locale
Con tutto ciò
premesso può forse essere utile accennare, in sintesi peraltro, quanto
"percorso" da una associazione di volontariato (l'Utim, Unione per la
tutela degli insufficienti mentali) nel territorio del Cisa 12 - Consorzio
intercomunale socio assistenziale di Nichelino, None, Vinovo, Candiolo, che,
tra l’altro, si ricorda, è stato uno dei pochi enti pubblici che, in merito
alla realizzazione di gruppi appartamento, ha fatto richiesta ed ha ottenuto i
finanziamenti regionali.
E ciò si è
verificato, appunto, dietro ripetute azioni di sollecito da parte delle
associazioni di autotutela, nonostante fosse chiara la forte carenza di presidi
residenziali parafamiliari nel territorio.
In sintesi, nel
settembre 1998, visto il perdurare di una situazione di gravità per l'assenza
di posti di pronta accoglienza nell'unica comunità alloggio presente nel
territorio, l'Utim prende un'iniziativa in merito inviando una lettera al Cisa
12, alla Regione Piemonte e all’Atc (Agenzia territoriale per la casa della
Provincia di Torino). In tale lettera, richiamando in merito la normativa
esistente, si chiede che vengano utilizzati eventuali locali liberi
dell'edilizia popolare che, come si è detto, per legge possono essere destinati
ai casi sociali, al fine di attivare una nuova comunità alloggio nel
territorio.
A seguito della richiesta,
l'Atc segnala con precisione alcuni appartamenti liberi nelle case popolari di
Nichelino.
Successivamente,
sempre a Nichelino, sono predisposte interpellanze in Consiglio comunale per
riportare il problema dell’assenza di posti di accoglienza nel territorio per
disabili intellettivi in caso di emergenze familiari. Le interpellanze, pur
riguardando casi singoli, chiedono come s’intenda risolvere il problema sul
piano generale. Accolte da varie forze politiche, le interpellanze hanno
soprattutto l'effetto di far conoscere più diffusamente il problema e di
produrre eco sui giornali locali.
Gli alloggi
segnalati dall’Atc, intanto, risultano purtroppo in pessime condizioni
abitative (infiltrazioni d’acqua, ecc.).
Visto allora che, in
concreto, nessuna soluzione si prospettava, nell'aprile 1999 l'Utim rimarca il
problema alla Commissione affari sociali del Comune di Nichelino. In tale
occasione è presentato un promemoria di richieste scritte con ipotesi ben
precise a breve, a medio e a lungo termine. In particolare a breve, entro un
mese, la richiesta è quella di individuare e vincolare un alloggio per creare
nel giro di un anno un gruppo appartamento. Con tale richiesta si evidenzia
proprio la possibilità di usufruire dei contributi del disposto regionale n.
43/1997, prorogato al 15 luglio 1999 per questa specifica tipologia di
struttura.
A seguito di ciò
l'Amministrazione si attiva (grazie anche alla scadenza elettorale del 13
giugno 1999) ed emerge “inaspettatamente” presso l'Ufficio Casa del Comune di
Nichelino la disponibilità di un ampio alloggio al settimo piano di uno stabile
di edilizia popolare che potrebbe risultare idoneo. Questo appartamento, a
quanto pare, era da tempo in attesa di una destinazione visto che non si
trovava più nessuna famiglia numerosa alla quale assegnarlo. Su insistenza
dell’Utim e grazie alla disponibilità di alcuni Consiglieri comunali sono
effettuati dei sopralluoghi, al termine dei quali la destinazione prospettata
per l’alloggio è ritenuta valida e quindi confermata.
Visto l’imminente
“stop” elettorale, è sollecitata urgentemente la Giunta (sempre per scritto) al
fine di assegnare l’alloggio al Cisa 12, affinché questi possa richiedere in
tempo utile i finanziamenti alla regione.
L’Utim ha poi continuato a seguire i vari "ingorghi"
burocratici e a sollecitare una rapida attivazione dell’alloggio a gruppo
appartamento (a proposito è stata presentata un'altra interpellanza in
Consiglio comunale).
Al termine il Cisa
12 ha potuto finalmente stipulare il contratto d’affitto con l’Atc.
Nell’aprile 2000 il
Cisa 12 indice la gara d’appalto per affidare ad una cooperativa di servizi sia
l’esecuzione delle necessarie manutenzioni dell’alloggio (peraltro già previste
dall’Atc e segnalate nella scheda dell’alloggio) sia la gestione del servizio,
con l’obiettivo – richiesto dal capitolato – di attivare la struttura
entro sei mesi (fine autunno 2000).
La gara, indetta per
il triennio 2001-03, è vinta dalla cooperativa sociale “La Testarda”. Il costo
previsto di ristrutturazione è di 65 milioni e il costo di gestione annuale è
previsto in 388 milioni (255 da parte Asl e 133 da parte Cisa 12).
Ma, quando tutto era
oramai pronto e il Cisa 12 stava già pensando all’inaugurazione della
struttura, accade l’imprevisto.
Durante una
assemblea di quartiere tenutasi poco prima delle vacanze estive, alcuni
abitanti manifestano le proprie perplessità di fronte all’inserimento dei
disabili, per il timore di schiamazzi o altri disturbi.
Il Cisa 12, tenendo
conto – assieme all’Amministrazione comunale – soprattutto delle
esigenze degli inquilini e considerando il fatto che era disponibile un altro
alloggio in Via Cacciatori al piano terreno non confinante con alcun altro
alloggio – per il quieto vivere di tutti – si attiva per averne
l’assegnazione da parte del Comune.
L’Utim viene a
conoscenza di quanto svoltosi solo nel mese di settembre (l’accaduto è peraltro
da tutti lasciato passare in sordina).
Anche le versioni
riportate in merito all’andamento della vicenda manifestano la volontà generale
di coprire l’accaduto additando quale falsa motivazione del cambio
dell’alloggio la “scomodità” del settimo piano...
L’Utim, oltre a
produrre un articolo su un giornale locale, invia una lettera di denuncia
dell’accaduto alla rubrica “Specchio dei
tempi” del quotidiano La Stampa;
lettera che viene pubblicata il 6 novembre 2000 (4).
A seguito della
lettera, un cronista de “La Stampa”
(dott. Alessandro Mondo) intervista il Sindaco e l’Assessore alle politiche
sociali di Nichelino, i quali affermano che le motivazioni del trasferimento
sono dovute solamente alla scomodità del settimo piano.
A fronte di queste
motivazioni, l’Utim ribadisce al cronista che per circa un anno e mezzo
l’appartamento è andato bene a tutti: alla Giunta comunale di Nichelino che ne
ha deliberato l’assegnazione al Cisa 12, alla Regione Piemonte che l’ha
ritenuto idoneo assegnando i finanziamenti al Consorzio, al Cisa 12 stesso che
ha appaltato la gestione alla cooperativa sociale “La Testarda” la quale ha
proposto un valido progetto.
A seguito di queste
dichiarazioni, il giornalista, dando credito principalmente a quanto affermato
dall’Amministrazione comunale, non ha ritenuto di interesse pubblico scrivere
un articolo in merito.
Attualmente, il
nuovo appartamento di Via Cacciatori sta percorrendo la trafila burocratica già
attraversata dal precedente appartamento negato ai disabili. Prevedibilmente,
prima dell’attivazione ci vorranno alcuni mesi (verifica agibilità dei locali
da parte dell’Atc, delibera di assegnazione del Comune al Consorzio, stralcio
dall’elenco dell’ediliza residenziale pubblica...). L’appalto già assegnato
alla cooperativa sociale “La Testarda” dovrebbe essere confermato anche per il
nuovo appartamento, previa probabile penale da pagare da parte del Cisa 12.
Peraltro, anche i finanziamenti regionali già assegnati pare andranno ora
perduti...
L’Utim, comunque,
considerando che il gruppo appartamento non fosse affatto sufficiente stante le
necessità nel territorio, si attiva nello stesso tempo per richiedere una nuova
comunità alloggio.
L’esigenza di un
ulteriore presidio residenziale di tipo familiare per disabili intellettivi e/o
pluriminorati era stata, peraltro, già resa di pubblico dominio allorquando
nell’aprile 1999 l’Utim, invitata alla Commissione affari sociali del Comune di
Nichelino, aveva presentato un promemoria di richieste scritte con ipotesi ben
precise a breve, a medio e a lungo termine (5).
L’ipotesi a lungo
termine era proprio quella di prevedere, entro tre anni, la realizzazione di
una nuova comunità alloggio.
In merito, nel
maggio 2000 è avviata una “campagna” di raccolta firme a sostegno di una
petizione che sollecita l’apertura nel territorio di una nuova comunità
alloggio per disabili gravi con non più di 8-10 posti letto.
È fatto appello sui
giornali locali, sono coinvolte le associazioni presenti in Nichelino, i
Comitati di quartiere, le famiglie degli utenti del centro diurno esistente,
ecc. Per alcune domeniche si piazza un banchetto di raccolta firme dinanzi al
Comune e si raccolgono adesioni anche nel corso della fiera patronale di S.
Matteo dal 16 al 25 settembre 2000. È inoltre preparata una mozione a favore
dell’attivazione di una nuova comunità alloggio per disabili gravi nel
territorio. La mozione è presentata il 2 ottobre 2000 da un consigliere di Nichelino
(sig. Busano - Insieme per Di Pietro) e approvata dal Consiglio comunale. Il 15
novembre 2000 avviene la presentazione ufficiale al Sindaco di Nichelino (che è
anche Presidente del Cisa 12) delle 1065 firme raccolte a corredo della
petizione.
Le firme giungono,
in particolare, a sostegno della decisione del Cisa 12 – presa anche a seguito
della mozione approvata il 2 ottobre 2000 – di destinare il recente,
notevole, avanzo di amministrazione alla realizzazione di una nuova comunità
alloggio (l’avanzo di amministrazione è dovuto, a quanto pare, al recupero da
parte del Consorzio di fondi “arrugginiti” da tempo in Regione e Provincia).
Ad oggi, febbraio
2001, il territorio ove dovrebbe nascere la nuova comunità alloggio è stato
individuato: infatti il nuovo presidio dovrebbe sorgere nella frazione Garino
del Comune di Vinovo su un territorio di proprietà comunale a quanto pare già
assegnato al Cisa 12, a fianco dell’attuale asilo e scuola elementare “G.
Matteotti” di fronte al mobilificio Sfinge (ex Vizio).
Per la nuova struttura, il cui
costo prevedibilmente si aggirerà intorno agli 800 milioni, il Cisa 12
provvederà alla progettazione, dapprima con un piano di massima poi con uno
definitivo, di una struttura adatta ad ospitare non più di otto-dieci disabili.
È prevista anche un’area verde e un ufficio per l’assistente sociale del Comune
di Vinovo. Lo spazio occupato si aggirerebbe sui 2.500 metri quadri. Il Cisa 12
stesso si farà carico della realizzazione.
In sintesi
È fondamentale
operare proponendo idonei servizi. Generalmente le opportunità per realizzare
gruppi appartamenti/comunità alloggio non mancano, se le associazioni di
volontariato “lavorano” attivamente e con metodo (6).
Occorre
sensibilizzare, informare, e a volte “formare” gli stessi amministratori, e
fare continua “pressione”.
Questo vuol dire,
anche e soprattutto, sensibilizzare l’opinione pubblica sulle varie necessità
in merito (articoli sui giornali, lettere, ecc.), peraltro ribadendo sempre le
finalità di integrazione.
Sino a che le associazioni
di tutela non intervengono adeguatamente in merito, fino a quando gli
amministratori non sono “guidati” ad attivarsi, fino a quando queste
problematiche assistenziali rimangono circoscritte nell’angoscia di chi le vive
e subisce, la situazione non potrà che rimanere precaria.
(*) Presidente dell’Associazione tutori volontari e Responsabile della
delegazione di Nichelino (Torino) dell’Utim, Unione per la tutela degli
insufficienti mentali.
(1) Cfr.
"Rapporto handicap in Italia anno 2000" - Indagine promossa e
pubblicata dalla Comunità di Capodarco.
(2) Occorre ricordare che, in base al primo comma dell’art. 38 della
Costituzione, “Ogni cittadino inabile al
lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere, ha diritto al mantenimento
e all’assistenza sociale”. Pertanto il diritto all’assistenza è
costituzionalmente garantito: la nostra Carta costituzionale non si esprime in
termini di solidarietà discrezionale. Le leggi ordinarie devono, o quanto meno
dovrebbero, recepire tale obbligo; cosa che, invece, sino ad oggi non è ancora
avvenuta, neppure nella recente legge di riforma dell’assistenza (legge
328/2000). Le leggi vigenti, comunque, assegnano all’ente comunale le funzioni
socio-assistenziali. È il Comune pertanto, quale ente gestore, che deve farsi
carico della persona inabile, al di là che vi sia o meno qualcuno in grado di
prestare assistenza (genitore, familiare o altro che sia).
(3)
Successivamente vi è stato un altro stanziamento di cinque miliardi (cfr.
Determinazione dirigenziale della Regione Piemonte del 19 aprile 2000 n.
147/30) ma, purtroppo, nonostante le rimostranze delle associazioni di tutela,
sono state finanziate per la maggior parte strutture tipo Raf da 20 posti
letto.
(4) La lettera inviata dall’Utim a “Specchio
dei tempi” è la seguente: «Siamo
venuti a conoscenza che diversi cittadini del quartiere “Boschetto” di
Nichelino avrebbero manifestato la loro contrarietà all’inserimento di persone
disabili in un alloggio delle case popolari al settimo piano di Via Pracavallo
52. Si tratta di un normale appartamento nel quale avrebbero dovuto vivere
stabilmente 4 o 5 disabili intellettivi lievi, per esempio ragazzi Down.
Persone aventi pieno diritto di vivere la propria vita, di essere aiutate ad
estendere le loro potenzialità e ridurre al minimo il supporto assistenziale
(alcune di loro peraltro già inserite nel mondo del lavoro). Quanto manifestato
è un atto deprecabile e dannoso, frutto di enormi pregiudizi, tanto più perché
espresso neanche su fatti concreti ma ad appartamento ancora da avviare. Altro
che solidarietà. Forse occorrerebbe non dimenticare che un problema handicap in
famiglia può capitare a tutti. Ora, a seguito della sollevazione popolare, il
Cisa 12 - Consorzio intercomunale socio assistenziale, ha preso la decisione di
trovare loro un’altra idonea sistemazione. Quantomeno ciò protrarrà di circa un
anno l’attivazione del nuovo appartamento che in Via Pracavallo, peraltro, era
in fase d’arrivo ed aveva addirittura già visto assegnata la gestione. Fatti di
questo genere non devono ripetersi. È per questo utile ribadire per tutti la
preminente necessità, e per l’ente pubblico il dovere (L. 104/1992), di operare
a favore dell’integrazione delle persone disabili (peraltro recenti ritorni
agli istituti da parte della Regione Piemonte sono quantomeno preoccupanti).
Ciò affinché, nella vita quotidiana, nella scuola, nel lavoro, ecc. la loro
presenza diventi, come deve essere e come le nostre leggi impongono, sempre più
una normalità per contribuire ad abbattere quelle barriere che sono solo frutto
dell’ignoranza».
(5) Si
veda anche l’articolo “L’importanza della scelta di obiettivi precisi: la lunga
strada per l’istituzione di un centro diurno per handicappati intellettivi”, Prospettive assistenziali, n. 127,
luglio-settembre 1999.
(6) Per
quanto riguarda il metodo di lavoro da seguire da parte di un’associazione di
volontariato che intenda operare per il corretto riconoscimento delle esigenze
e dei diritti delle persone che, a causa della gravità delle loro condizioni
psico-fisiche, non sono in grado di autodifendersi, si consiglia la lettura del
libro “Volontariato - trent’anni di esperienze: dalla solidarietà ai diritti”,
di Francesco Santanera e Anna Maria Gallo, Utet Libreria, Torino, 1998.
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