Prospettive assistenziali, n. 133, gennaio-marzo 2001

 

proposta di legge di iniziativa popolare per la regione lombardia “riordino degli interventi sanitari a favore degli anziani malati cronici non autosufficienti e di tutte le persone affette da patologie ad alto rischio invalidante”

 

La proposta di legge, di cui riportiamo la relazione e il testo, è promossa dalle seguenti organizzazioni: Acli Map Milano, via della Signora 3, 20122 Milano; Acli Bollate, via Garibaldi 1, 20021 Bollate (Mi); Acfa (Associazione Colognese Famiglie Anziani), via Manzoni 20, 20013 Cologno Monzese (Mi); Associazione Benefica Cardano, via Boscovich 38, 20124 Milano; Associazione Volontari Divers/età, via Mentana 7, 20021 Baranzate di Bollate (Mi); Associazione “Parenti e Amici Sandro Pertini” (Casa di riposo di Garbagnate), via per Cesate 32, 20024 Garbagnate (Mi); Associazione Urban zona 9, via Lanfranco della Pila 61, 20162 Milano; Alomar (Associazione Lombarda Malati Reumatici), via Alvise Cadamosto 5, 20129 Milano; Asvap 5, via A. Manzoni 15, 23867 Suello (Lc); Avicor, via Luciano Zuccoli 26, 20125 Milano; Avis Comunale Solaro, via Mazzini 60, 20020 Solaro (Mi); Centro Studi Cure Domiciliari, via Morimondo 2/8, 20143 Milano; Centro Diritti del Cittadino, via Zecca Vecchia 3, 20123 Milano; Cittadinanza Attiva - Tribunale per i Diritti del Malato, via Anfiteatro 14, 20121 Milano; Comitato di trasparenza, via S. Rita 28, 20093 Cologno Monzese (Mi); Coordinamento Promozione e Solidarietà (CPS), via Leonardo da Vinci 30, 20021 Bollate (Mi); Coordinamento Intercomunale delle Associazioni di Volontariato e delle Cooperative Sociali, Distretto 1 Asl 1 Milano, 20037 Paderno Dugnano (Mi); Comitato per il Diritto alla Salute, via Gioberti 6, 20063 Cernusco sul Naviglio (Mi); Comitato per la Difesa della Salute Pubblica, Milano; Comitato per Progetto A, viale Cà Granda 2, 20162 Milano; Gruppo Volontari della Comunità di Sant’Angelo, piazza Sant’Angelo 2, 20121 Milano; Dare voce a chi non ha voce (Per il diritto degli Utenti della Casa di Riposo di Melegnano), piazza Risorgimento 1, Melegnano (Mi); Medicina Democratica, via dei Carracci 2, 20123 Milano; Obiettivo Sanità, c/o dott. Sher, via S. Gimignano 10, Milano; Senza Limiti, via dei Carracci 2, 20123 Milano; Unione Samaritana, c/o Ospedale di Niguarda, Milano.

 

RELAZIONE

 

Premessa

In Lombardia vi sono circa 120.000 malati cronici non autosufficienti, in gran parte anziani affetti da patologie plurime neurologiche gravi, in particolare dal morbo di Alzheimer.

Il diritto alla salute è principio costituzionale assoluto non sottoposto ad alcuna limitazione nemmeno di ordine economico (1).

In applicazione di questo principio della Costituzione esiste inoltre una serie di leggi lontane e recenti tuttora in vigore (2), ma, nonostante ciò, la condizione sanitaria di questi malati è alquanto precaria.

La gran parte di queste persone vive in famiglia vuoi per scelta degli stessi interessati e/o delle famiglie, vuoi per l’impossibilità di trovare posti disponibili gratuiti o a costi accessibili. I costi attuali sono un peso insostenibile per la famiglia spesso costituita dal solo coniuge altrettanto anziano, anche per l’impossibilità di garantire cure adeguate attraverso i servizi territoriali.

 

La situazione dei servizi territoriali

Le cure  domiciliari prestate dalla A-Usl tramite il servizio di “Assistenza domiciliare integrata” (Adi) consistono in genere nella presa in carico della persona da parte del medico di base che visita più di frequente il malato, nelle prestazioni di un infermiere professionale e, in alcuni casi più rari, nelle visite dello specialista. L’Adi prevede anche l’intervento del Comune che fornisce (dove esiste questo servizio) prestazioni domestiche, di pasti, pulizia della casa e simili. L’Adi in Regione Lombardia non è generalizzata su tutto il territorio, e non è in grado né di risolvere, salvo pochissime eccezioni, tutti i casi che si presentano, né di dare risposta a tutte le persone malate croniche non autosufficienti che possono essere curate a casa. L’“ospedalizzazione a domicilio” in Lombardia non esiste, e non è neppure prevista. Una sperimentazione, attuata in una parte del territorio della A-Usl di Milano in collaborazione con il Pio Albergo Trivulzio durata alcuni anni è stata lasciata morire senza essere valutata.

In un numero limitato di A-Usl o di distretto sono state attivate le “dimissioni protette” dagli ospedali: accordi fra ospedali e A-Usl nei quali viene stabilito che la divisione ospedaliera informa il servizio di dimissioni protette prima di dimettere la persona malata cronica non autosufficiente che può essere curata a casa utilizzando l’Adi. In teoria le dimissioni dovrebbero avvenire quando l’Adi è attivata senza che si interrompa la continuità terapeutica.

In altre A-Usl o distretti sono state attivate le “Unità di valutazione geriatrica” che sono organizzate in modo diverso da una A-Usl all’altra, senza alcun riferimento al Progetto nazionale del 1992 “Tutela della salute degli anziani” (3).

 

La situazione dei servizi residenziali

Le “Residenze sanitarie assistenziali” (Rsa) pur avendo caratteristiche diversissime fra di loro, per numero di ricoverati, per tipologia di struttura, per qualificazione di personale e per stato giuridico hanno due aspetti in comune: il primo, che le persone ricoverate, impropriamente chiamate “ospiti”, sono quasi tutte persone malate gravi non autosufficienti (le patologie più ricorrenti sono quelle tumorali, cardiovascolari, neurologiche e psichiatriche); il secondo, che l’ammissione al ricovero è subordinata all’accettazione di un contratto con il quale il firmatario, che può anche non essere il ricoverando, accetta di pagare, per il ricovero, una retta a suo carico. Quando si tratta di persona sola, priva di parenti, il pagamento della retta intera o di una parte di essa è sostenuto dal Comune di residenza del ricoverato.

La gran parte delle persone malate croniche non autosufficienti viene dimessa dagli ospedali in maniera “selvaggia” ed omettendo di comunicare agli interessati o ai loro parenti i diritti di cui sono portatori. L’introduzione delle nuove modalità di finanziamento degli ospedali con il decreto legislativo 502/92 ed il conseguente pagamento delle cure “a prestazione” in luogo del pagamento “a giornata di degenza” hanno provocato un aumento notevole di alcune prestazioni, senza una corrispondente giustificazione epidemiologica, e una selezione dei malati: cioè, quelli colpiti da malattie tabellate come meno remunerative e quelli con patologie cronico degenerative, quindi inguaribili.

La legge prevede che i posti-letto degli ospedali debbano essere programmati per malati acuti, malati cronici, malati lungodegenti e convalescenti, e che per le lungodegenze sia previsto un posto letto ogni mille abitanti (4). Gli ospedali generali non hanno l’esclusivo scopo di curare i malati “acuti”.

 

Contenuti della proposta di legge di iniziativa popolare

Questa sintetica analisi del problema sostiene e giustifica la presente proposta di legge regionale di iniziativa popolare.

Poiché esistono leggi nazionali adeguate, occorre riordinare la materia dei malati cronici non autosufficienti in modo tale che i servizi siano inseriti in un sistema organico. In pratica un cittadino della Lombardia dopo la raccolta delle firme, la discussione in Consiglio regionale e l’approvazione della legge, conoscerà i diritti esigibili in tema di prevenzione, cura e riabilitazione dei malati cronici e non autosufficienti.

Saprà che l’ospedale non può dimettere un malato cronico non autosufficiente senza avere stabilito il suo successivo percorso terapeutico in altro reparto ospedaliero, oppure l’affidamento alle cure domiciliari di un’équipe medico infermieristica o a quelle di una Rsa.

Saprà che è stato istituito il “Dipartimento delle patologie ad alto rischio invalidante” per dare maggiore funzionalità ai servizi di patologie da curare, riabilitare e prevenire.

L’approvazione della proposta di legge regionale di iniziativa popolare fortemente sostenuta dal professor Fabrizio Fabris dell’Università di Torino (uno dei maggiori esperti nel campo della geriatria), attuerà un sistema organico, che, partendo dalla prevenzione della non autosufficienza, affronterà i problemi di diagnosi, di cura e di riabilitazione, individuando le strutture adatte ai singoli malati cronici non autosufficienti.

 

Percorso delineato

Prevenzione

In ogni territorio, le A-Usl, in concorso con i Comuni definiranno un programma di prevenzione, assolutamente attuabile, capace di ridurre in modo consistente il numero delle persone malate non autosufficienti.

Valutazione dei bisogni

L’“Unità valutativa geriatrica” (Uvg), su segnalazione del medico di base o del reparto ospedaliero, procederà alla diagnosi funzionale del paziente e ne indicherà il percorso terapeutico riabilitativo.

Cure domiciliari

Questa modalità degli interventi di cura, sostenuta dai familiari, ove ne ricorrano le condizioni, garantirà tutte le cure necessarie medico-infermieristiche e permetterà al paziente la permanenza nella propria casa, evitando il ricovero.

I familiari, cui non compete alcun compito e dovere di cura sanitaria, devono essere supportati dal punto di vista materiale, psicologico ed economico.

Centri diurni integrati

Il malato cronico non autosufficiente in famiglia, soprattutto se colpito da patologie neurologiche e dal morbo di Alzheimer, deve avere accesso in un centro diurno o in una comunità terapeutica per l’intera giornata con cure mediche a carico della sanità.

Rsa (Residenza sanitaria assistenziale)

Il ricovero in una residenza sanitaria assistenziale è da considerarsi come l’estrema soluzione. Le Rsa hanno uno standard di struttura e di personale definito, molto più vicino ad una struttura sanitaria, che ad una struttura di carattere assistenziale. Ogni Rsa, compresa all’interno del Servizio sanitario nazionale non può essere dimensionata per più di 60 posti-letto. Tale dimensionamento è in grado di garantire prestazioni medico-specialistiche adeguate e contenute nella spesa.

Le Rsa devono stare in collegamento con l’ospedale più vicino, con priorità di accesso al ricovero, alle visite specialistiche e agli esami strumentali e clinici.

Le grandi strutture per malati cronici, in quanto istituzioni spersonalizzanti, caratterizzate dalla grande concentrazione, risultano anche lontane dalle abitazioni di familiari e di amici e non sono più accettabili.

Le associazioni di volontariato sociale che hanno lavorato a questa proposta di legge sono presenti attivamente con i propri volontari in molte di queste strutture di ricovero e constatano quanto queste megastrutture peggiorino la qualità della vita delle persone malate non autosufficienti. Pertanto, si sono unite per studiare forme di cambiamento delle istituzioni totali, seguendo l’esempio dei manicomi (legge 180 del 1978).

Finanziamenti

L’obiettivo della nostra proposta di legge di iniziativa popolare è quello di garantire l’esigibilità del diritto alle cure sanitarie: pertanto il fondo sanitario regionale dovrà comprendere al suo interno stanziamenti congrui a coprire interamente la spesa sanitaria nelle Rsa (cfr. Ricerca Irer nell’ambito del Prir conclusosi nel marzo 1999) (5), nell’ospedalizzazione a domicilio, nella assistenza domiciliare integrata e nei centri diurni.

La proposta di legge inserisce a pieno titolo le persone malate croniche non autosufficienti ricoverate in Rsa nel comparto della sanità, come già prescrivono le leggi nazionali, escludendo la corresponsione di qualsiasi retta.

La nostra proposta di legge prevede che la Re­gione versi alle A-Usl, per le Rsa accreditate, quanto dovuto per le spese sanitarie, mentre il malato verserà, direttamente alla A-Usl, l’importo del 60% del proprio reddito, salvo tutte le esenzioni previste dovute al basso reddito o a familiari a carico. Poiché questa quota si configura come un ticket sanitario, per quanto consistente, se verranno attuate misure di eliminazioni dei ticket, si dovrà operare conseguentemente.

 

Sintesi degli articoli

La proposta di legge parte dagli obiettivi di fondo che la caratterizzano (art. 1); elenca i servizi sanitari territoriali integrati (art. 2); disciplina le dimissioni “selvagge” dagli ospedali (art. 3); affida la programmazione degli interventi di prevenzione della non autosufficienza ai Comuni d’intesa con i dipartimenti (art. 4); istituisce il dipartimento delle patologie ad alto rischio invalidante (art. 5); specifica i diversi servizi che compongono il dipartimento (art. 6 e art. 11); vieta alle case di riposo di svolgere attività sanitaria (art. 12); inserisce nella medesima disciplina delle Rsa le Ipab che svolgono attività di Rsa (art. 13); istituisce le forme di partecipazione alla spesa degli utenti (art. 14); istituisce il comitato di partecipazione delle Rsa (art. 15); infine stabilisce, quale norma transitoria, che le strutture che curano i malati cronici non autosufficienti continuino la loro attività fino a che non vengano realizzate le Rsa come prevede la proposta di legge (art. 16).

Testo della proposta di legge

regionale

 

Art. 1 (Finalità)

1. In attuazione dell’art. 32 della Costituzione, dell’art. 3 della legge 692/55, dell’art. 2 della legge 833/78, dell’art. 3 septies del decreto legislativo 502/92 così come modificato dal decreto legislativo 229/99, la presente legge ha lo scopo di promuovere e garantire cure sanitarie adeguate nei confronti degli anziani malati cronici non autosufficienti e di tutte le persone, a prescindere dall’età, affette da patologie ad alto rischio invalidante.

 

Art. 2 (Servizi sanitari territoriali)

1. Ferme restando le competenze specifiche degli ospedali, e il compito della Regione di prevedere, nel proprio piano sanitario, in relazione ai dati epidemiologici, posti letto negli ospedali riservati ai malati lungo degenti, i servizi sanitari non ospedalieri rivolti agli anziani malati cronici non autosufficienti e alle persone con patologie ad alto rischio invalidante, sono organizzati ed erogati a livello domiciliare e distrettuale.

2. Gli interventi sanitari domiciliari si articolano in:

a) prestazioni mediche di base;

b) prestazioni infermieristiche riabilitative di base;

c) consulenza geriatrica e specialistica;

d) assistenza domiciliare integrata;

e) ospedalizzazione a domicilio.

3. Gli interventi sanitari a livello distrettuale, di tipo residenziale o semiresidenziale, sono erogati attraverso:

a) centri diurni di distretto;

b) day hospitals aggregati a divisioni ospedaliere o a distretti sanitari;

c) istituti di lungo degenza riabilitativa ex art. 26 della legge 833/78;

d) residenze sanitarie assistenziali (Rsa).

4. I servizi sanitari domiciliari e distrettuali operano in stretto collegamento con i corrispondenti servizi sociali territoriali, e con le strutture ospedaliere ed extraospedaliere di riabilitazione.

5. La Regione, entro 6 mesi dalla promulgazione della presente legge, provvede ad integrare i posti letto per la riabilitazione dei malati lungo degenti, presso strutture pubbliche e private accreditate e convenzionate ai sensi dell’art. 8 quinquies del decreto legislativo 502/92 così come modificato dal decreto legislativo 229/99, in modo da adeguarne il numero complessivo agli standard previsti a livello nazionale di 1 posto letto ogni 1000 abitanti.

6. Per realizzare l’obiettivo del mantenimento dell’anziano malato cronico non autosufficiente e delle persone con patologie ad alto rischio invalidante nell’ambito familiare, i servizi sanitari territoriali si avvalgono anche di interventi, finanziati interamente dal fondo sanitario regionale, volti a rendere compatibile l’ambiente abitativo con la disabilità della persona. Rientrano tra questi interventi l’abbattimento delle barriere architettoniche, l’allacciamento telefonico, l’allacciamento al telesoccorso, la ristrutturazione dei servizi igienici, la fornitura di letti antidecubito, l’applicazione di corrimano, e tutti i presidi previsti nel nomenclatore tariffario.

7. Le forme di sussidio economico, previste dalla vigente normativa, a sostegno dei soggetti singoli e delle famiglie, per la cura a domicilio degli anziani malati cronici non autosufficienti e delle persone con patologie ad alto rischio invalidante, in nessun caso possono essere utilizzate dagli enti erogatori quali misure sostitutive, nemmeno parzialmente, dei servizi e delle prestazioni stabilite in questa legge, ma esclusivamente quali misure aggiuntive destinate ai soggetti singoli e alle famiglie, a cui detti servizi e prestazioni sono forniti.

8. I servizi e le prestazioni, di cui alla presente legge, costituiscono oggetto di intervento obbligato e prioritario in capo agli enti ed organi pubblici preposti e di diritti soggettivi perfetti in capo agli anziani malati cronici non autosufficienti e a tutte le persone affette da patologie ad alto rischio invalidante.

 

Art. 3 (Dimissioni ospedaliere)

1. La dimissione di anziani malati cronici non autosufficienti e di persone con patologie ad alto rischio invalidante deve essere programmata dai responsabili dei reparti ospedalieri, sentiti preventivamente il degente, la famiglia, il medico di base, l’Uvg e i servizi sanitari territoriali, di cui alla presente legge, al fine di garantire le prestazioni successive o a livello domiciliare o a livello distrettuale.

2. Alle persone malate, di cui al comma precedente, deve essere garantita parità nell’accesso alle strutture ospedaliere ed extra ospedaliere, attraverso sistemi di prenotazione e liste di attesa organizzati dal Dipartimento delle patologie ad alto rischio invalidante, di cui all’art. 5 della presente legge.

3. Per coloro che non possono essere adeguatamente curati a domicilio, mediante i servizi e le prestazioni di cui alla presente legge, la struttura ospedaliera, nel rispetto delle modalità di cui al primo comma del presente articolo, provvede al ricovero diretto del paziente presso la Rsa territorialmente più vicina al luogo di residenza del malato o dei suoi familiari.

 

Art. 4 (Prevenzione della non autosufficienza)

1. È compito dei Comuni, singoli e associati, e delle Comunità montane, di concerto con i Dipartimenti delle patologie ad alto rischio invalidante di cui all’art. 5 della presente legge, promuovere un complesso di interventi e di iniziative volte alla individuazione e rimozione delle cause della non autosufficienza.

2. Il Consiglio regionale approva, entro 6 mesi dalla promulgazione della presente legge, il Progetto obiettivo della tutela della salute dell’anziano, che definisce linee guida per interventi:

a) di competenza del Dipartimento delle patologie ad alto rischio invalidante in ordine alla prevenzione primaria, alla diagnosi precoce, alla educazione, alla alimentazione, all’esercizio fisico ed intellettuale, al fine di favorire stili di vita corretti dal punto di vista della salute;

b) di competenza dei Comuni, singoli e associati, e delle Comunità montane, in ordine ad iniziative sociali e culturali a favore delle persone anziane.

 

Art. 5 (Istituzione e compiti del Dipartimento

delle patologie ad alto rischio invalidante)

1. È istituito, con la presente legge, il Dipartimento delle patologie ad alto rischio invalidante, presso ogni distretto sociosanitario delle Asl, quale complesso delle strutture e dei servizi a favore delle persone malate non autosufficienti, da erogare a prescindere dall’età, dalla patologia e dalla durata della malattia.

2. Il Direttore generale del distretto nomina, su proposta del Comitato dei Sindaci del distretto, il Direttore del Dipartimento delle patologie ad alto rischio invalidante.

3. Il Dipartimento è costituito dalle seguenti strutture e servizi:

a) Unità valutativa geriatrica e della non autosufficienza;

b) Servizio di cure domiciliari;

c) Residenze sanitarie assistenziali;

d) Centri diurni;

e) Day Hospital;

f) Comunità terapeutiche;

g) Istituti di lungodegenza riabilitativa.

 

Art. 6 (Unità valutativa geriatrica

e della non autosufficienza)

1. L’unità valutativa geriatrica e della non autosufficienza ha il compito di valutare le domande di assistenza sanitaria, e fornire risposte personalizzate, tenuto conto di tutti i fattori sanitari, sociali e ambientali: in particolare, deve valutare le condizioni di malattia e di salute residua delle persone non autosufficienti, ed indicare loro e alla struttura curante il percorso diagnostico, terapeutico e riabilitativo più adeguato conformemente ai protocolli esistenti.

2. Fanno parte dell’Unità valutativa geriatrica e della non autosufficienza almeno: un geriatra consulente, un infermiere, un assistente sociale, il responsabile del servizio Rsa del dipartimento, nominati dal Direttore Generale del distretto.

3. L’Unità valutativa geriatrica e della non autosufficienza si avvale del parere del medico di famiglia e degli specialisti di branca responsabili di particolari iter diagnostici, riabilitativi e curativi.

Art. 7 (Servizio di cure domiciliari)

1. È istituito il servizio di cure domiciliari presso ogni distretto sociosanitario delle Asl, con il compito di coordinare i servizi di ospedalizzazione a domicilio e di assistenza domiciliare integrata, nonché la fase della riabilitazione post acuta in regime di ricovero con la fase della riabilitazione post acuta domiciliare e di mantenimento.

2. Tale servizio ha sede presso un presidio ospedaliero, o presso altra struttura della Asl comunque collegata con un ospedale, e si prefigge l’intervento al domicilio del paziente, a seguito della richiesta del medico di medicina generale o della divisione ospedaliera, presso cui il paziente è stato ricoverato per patologie ad alto rischio invalidante.

3. Il servizio ha anche il compito di seguire il paziente a domicilio, previo consenso di quest’ultimo e della famiglia, ed in collaborazione con il suo medico di medicina generale, al fine di non prolungare inutilmente il ricovero in ospedale, ottimizzando gli interventi riabilitativi, e rendendo compatibili terapie complesse, con il mantenimento o il reinserimento in ambiente familiare.

4. Le Asl individuano, nell’ambito dei propri distretti, di concerto coi Comuni rientranti nei distretti stessi, le proprie unità operative territoriali, che, per effetto della specializzazione raggiunta e delle conoscenze ed esperienze acquisite sono in grado di realizzare il servizio di cure domiciliari secondo le indicazioni e gli scopi di cui alla presente legge.

 

Art. 8 (Ospedalizzazione a domicilio)

1. L’ospedalizzazione a domicilio consiste nell’intervento a domicilio di équipes ospedaliere che, o su richiesta del medico di famiglia o perché hanno avuto in carico il paziente nel proprio reparto per patologie ad alto rischio invalidante, ne seguono, d’intesa con il paziente stesso, la famiglia e il medico di base, l’evoluzione a domicilio, al fine di non prolungare inutilmente il ricovero in ospedale, ottimizando gli interventi riabilitativi e rendendo compatibili terapie complesse con il mantenimento o il reinserimento precoce in un ambiente familiare.

2. Le Asl individuano, nell’ambito dei rispettivi distretti, di concerto coi Comuni rientranti nei distretti stessi, ai fini della stipulazione degli accordi contrattuali di cui all’art. 8 quinquies del decreto legislativo 502/1992, così come modificato dal decreto legisaltivo 229/1999, i reparti delle aziende e delle strutture ospedaliere accreditate, che, per effetto della specializzazione raggiunta e della tipologia prevalente delle persone ricoverate, devono realizzare le funzioni di dimissione protetta e di ospedalizzazione a domicilio, fornendo ai pazienti tutte le strutture, il personale e i supporti operativi neces­sari.

3. Il servizio di ospedalizzazione a domicilio può essere assicurato altresì da unità operative territoriali della Asl, le quali devono essere in grado di fornire le prestazioni di cui al primo comma del presente articolo.

 

Art. 9 (Centri diurni)

1. I Centri diurni di distretto sono strutture sanitarie che intervengono nei confronti degli anziani malati cronici parzialmente o totalmente non autosufficienti, attuando programmi di cura, di riabilitazione e di socializzazione lungo l’arco di 8-12 ore giornaliere, per 6 giorni alla settimana.

2. Le prestazioni sono a carico del fondo sanitario regionale.

 

Art. 10 (Day Hospitals)

1. I Day Hospitals, aggregati ai reparti ospedalieri o ai distretti sanitari, sono servizi sanitari che erogano interventi di carattere diagnostico, curativo e riabilitativo di tipo specialistico.

2. Le Asl sono tenute ad elaborare, entro 6 mesi dalla promulgazione della presente legge, un programma di attivazione di tali servizi, dando priorità a quelli aggregati ai reparti di geriatria, pneumologia, cardiologia, oncologia, medicina, ortopedia, neurologia.

 

Art. 11 (Residenze sanitarie assistenziali)

1. Le residenze sanitarie assistenziali (Rsa) sono presidi sanitari che devono assicurare prestazioni curative e riabilitative ad anziani malati cronici non autosufficienti, attuando la massima integrazione con le risorse familiari e sociali del territorio. La loro programmazione e realizzazione deve fare riferimento ad ambiti territoriali ristretti: i quartieri, le circoscrizioni, i piccoli Comuni.

2. L’autorizzazione, l’accreditamento e il convenzionamento delle Rsa devono avvenire in osservanza di quanto previsto, rispettivamente, dagli artt. 8 ter, quater e quinquies del decreto legislativo 502/1992, così come modificato dal decreto legislativo 229/1999.

3. Le Rsa, ai fini dell’accreditamento, devono rispettare i seguenti standards strutturali e funzionali minimi:

a) recettività non superiore a 60 anziani con articolazione in gruppi di 20;

b) unità abitative singole per una o due persone, con superficie non inferiore a 24 mq. dotate ciascuna di veranda, servizio igienico completo, erogatore di ossigeno, citofono e telefono;

c) servizi comuni costituiti da una cucina dove possono essere confezionati ed assunti i pasti; soggiorno di mq. 32 per ogni gruppo di 10 anziani; palestra per attività motorie e di riabilitazione; locali di socializzazione e di incontro con familiari, amici e volontari;

d) giardino attrezzato di mq. 100 ogni 10 anziani;

e) l’organico delle Rsa è soggetto alla disciplina di cui al D.M. 13.9.1988.

4. Le norme vigenti in ambito ospedaliero per il prontuario farmaceutico si applicano anche alle Rsa.

5. Nelle Rsa possono essere previsti posti letto per i ricoveri temporanei di sollievo programmati con la famiglia del ricoverato.

6. L’Asl garantisce il collegamento funzionale tra ospedale e Rsa.

7. Il ricovero degli anziani in Rsa in nessun caso deve essere considerato definitivo. Esso deve essere utilizzato con flessiblità anche per periodi relativamente circoscritti e ripetibili nel tempo, secondo le reali esigenze del paziente e dei suoi familiari.

8. Le spese relative alle prestazioni erogate dalle Rsa sono a carico del Fondo sanitario regionale; pertanto la Regione provvede a remunerare le singole Rsa ai sensi di quanto previsto dall’art. 8 sexies del decreto legislativo 502/1992, così come modificato dal decreto legislativo 229/1999.

9. La Giunta regionale delibera, entro 6 mesi dalla promulgazione della presente legge, un modello contabile standard unificato per tutte le Rsa al fine di garantire livelli di qualità e costi omogenei.

10. Il Consiglio comunale nomina il Consiglio di amministrazione delle Rsa operanti nell’ambito territoriale del Comune.

 

Art. 12 (Divieto di esercizio di attività sanitaria)

1. Le case di riposo o strutture analoghe comunque denominate, pubbliche o private, non sono abilitate ad erogare prestazioni sanitarie nei confronti di anziani malati cronici non autosufficienti.

2. Tali prestazioni devono essere assicurate dal servizio sanitario nazionale attraverso strutture ospedaliere ed extra ospedaliere ed in particolare attraverso la realizzazione e l’adeguamento delle Rsa ai parametri di cui all’art. 11 della presente legge.

 

Art. 13 (Ambito organizzativo e disciplina delle Ipab che gestiscono Rsa per anziani malati cronici

non autosufficienti)

1. Le Ipab, che gestiscono Rsa per anziani malati cronici non autosufficienti, pur mantenendo la propria personalità giuridica, nonché l’autonomia patrimoniale, contabile ed organizzativa, rientrano nel plesso organizzativo dei servizi sanitari territoriali facenti capo al Dipartimento delle patologie ad alto rischio invalidante del distretto sociosanitario delle Asl; pertanto, sono soggette alla medesima disciplina prevista dalla presente legge per le Rsa.

 

Art. 14 (Partecipazione dell’assistito alle spese)

1. A partire dal sessantunesimo giorno di degenza presso una Rsa, il ricoverato è tenuto a versare mensilmente una somma pari al 60% del proprio reddito mensile alla Asl territorialmente competente.

2. L’indennità di accompagnamento, eventualmente percepita, deve essere versata alla Asl fin dal primo giorno di ricovero.

3. Resta fermo che devono essere garantite, in ogni caso, ai ricoverati quote residuali dei rispettivi redditi, idonee a provvedere alle necessità personali, ovvero a quelle dei congiunti conviventi a carico.

4. Nessuna forma di compartecipazione alle spese relative alle prestazioni erogate dalle Rsa può essere richiesta ai parenti o affini del ricoverato.

5. Nessuna forma di compartecipazione alle spese relative alle prestazioni erogate dalle Rsa può essere richiesta ai ricoverati titolari della pensione sociale o di invalidità.

 

Art. 15 (Comitato di partecipazione della Rsa)

1. In ogni Rsa viene costituito un comitato di partecipazione composto da rappresentanze degli utenti, dei familiari, dei lavoratori e delle associazioni di volontariato presenti sul territorio.

2. Il Comitato si forma spontaneamente, dotandosi di un proprio statuto e di un proprio regolamento per garantire le regole di democrazia interna, e viene formalmente riconosciuto attraverso apposita delibera del Consiglio di amministrazione della Rsa.

3. Il Comitato di partecipazione vigila sulla gestione della Rsa di riferimento, potendo promuovere osservazioni e ricorsi nel nome e nell’interesse di pazienti, familiari ed operatori; esso deve essere sentito prima di ogni provvedimento diretto a modificare la natura, la struttura, e/o l’organizzazione della Rsa.

 

Art. 16 (Norme transitorie)

1. In via transitoria e per un periodo non superiore ai tre anni dalla data di approvazione della presente legge, in attesa che le Asl della Regione organizzino la rete delle Rsa, le case di riposo o le case protette, pubbliche e private, accreditate e convenzionate, continueranno ad erogare le prestazioni diagnostiche, curative e riabilitative agli anziani malati cronici non autosufficienti, con costi totalmente a carico del fondo sanitario regionale.

Al momento dell’attivazione delle Rsa, si procede al trasferimento dei malati cronici non autosufficienti dalle case di riposo alle Rsa, qualora non sia possibile la loro cura a domicilio mediante i servizi e le prestazioni di cui alla presente legge.

 

 

 

(1) Articolo 32 della Costituzione italiana. Una sentenza della Corte costituzionale erroneamente citata contro tale principio mette in relazione le risorse economiche con l’entità della spesa sanitaria, ma non cancella il principio costituzionale che la sanità debba fornire ai cittadini i servizi essenziali di cui hanno bisogno.

(2) Le cure sanitarie, comprese quelle ospedaliere, sono dovute anche agli anziani malati cronici non autosufficienti ai sensi della legge 4.8.1955 n. 692, il cui articolo 3 afferma che l’assistenza sanitaria spetta «senza limiti di durata nei casi di malattie specifiche della vecchiaia»; inoltre la legge 12.2.1968 n. 132 all’articolo 29 impone alle Regioni di programmare il numero dei posti letto degli ospedali tenendo conto delle esigenze dei malati «acuti, cronici, convalescenti e lungodegenti»; nella legge 17.8.1974 n. 386 è di nuovo previsto che le cure ospedaliere devono essere fornite «senza limiti di durata»; la legge 23.12.1978 n. 833, in particolare all’articolo 2, punti 3 e 4, afferma che il conseguimento delle finalità del Servizio sanitario nazionale deve avvenire mediante «la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali che ne siano le cause, la fenomenologia e la durata»; il D.P.R. 1.3.1994 “Approvazione del Piano sanitario nazionale per gli anni 1994-96” stabilisce che «gli anziani ammalati, compresi quelli colpiti da cronicità e non autosufficienza devono essere curati senza limiti di durata nelle sedi più opportune». Stesso concetto viene espresso nell’ultimo Piano sanitario nazionale (1998-2000). Inoltre la riforma Bindi (decreto legislativo 19.6.1999 n. 229, articolo 3 septies punti 4 e 5) afferma che «le prestazioni sanitarie ad elevata integrazione sanitaria – fra cui sono comprese quelle che attengono alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenza da droga, alcol e farmaci, patologie per infezione da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico degenerative – sono assicurate dalle aziende sanitarie e comprese nei livelli essenziali di assistenza, secondo le modalità individuate dalla vigente normativa e dai piani nazionali e regionali, nonché dai progetti-obiettivo nazionali e regionali».

Si vedano inoltre le vicende giudiziarie nella causa tra i parenti dei ricoverati contro l’ospedale S. Anna di Como, per la quale, oltre alla sentenza del Pretore del lavoro di Como e ad una recente sentenza della Corte d’appello di Milano, nel pronunciamento della Corte di Cassazione (n. 10150 del 20.11.1996) si legge che «in caso di prestazioni promiscue, la Corte di Cassazione attribuisce la prevalenza alla terapia e non già all’assistenza con riferimento ai malati mentali cronici, in base al contributo disposto degli articoli 1, 51 e 75 legge n. 833/1978, 30 legge n. 730/1983, nonché 1 e 6 Dpcm 8 agosto 1985, nel caso in cui oltre alle prestazioni socioassistenziali, siano erogate prestazioni sanitarie, l’attività va considerata di rilievo sanitario e, pertanto, di competenza del Servizio sanitario nazionale; qualora invece, sia prestata soltanto un’attività di sorveglianza e di assistenza non sanitaria, l’attività va considerata di natura socioassistenziale e, pertanto, estranea al Servizio sanitario».

(3) Il Progetto obiettivo nazionale “Tutela della salute degli anziani” è stato approvato con risoluzione parlamentare il 30 gennaio 1992. È un documento che contiene e spiega quali debbano essere i servizi e le strutture per gli anziani malati cronici non autosufficienti, servizi e strutture inseriti nella sanità.

(4) Si tratta della legge 595 del 1986 che ha subito nel tempo delle modifiche mantenendo la percentuale del numero posti letto per mille abitanti.

   (5) Documento regionale di ricerca nell’ambito del Prir 1997, realizzata dalla Società Progea sotto la direzione del Prof. Antonello Zangrandi dell’Università Bocconi, conclusasi nel marzo 1999: pubblicata dalla Regione con il quaderno regionale n. 1 dal titolo: Residenze sanitarie assistenziali per anziani - Analisi delle qualità delle prestazioni, individuazione costi-standard e analisi economico finanziaria. Da questa ricerca risulta la promiscuità delle prestazioni ove è prevalente la terapia con il 62% dei costi, rispetto all’assistenza con l’1%.

 

www.fondazionepromozionesociale.it