Prospettive
assistenziali, n. 134, aprile-giugno 2001
Interrogativi
PERCHÉ LA LEGA DEL FILO D’ORO CHIEDE DENARO AI
CITTADINI E NON ALLO STATO?
Senza tenere in alcuna considerazione le norme sulla
riservatezza dei dati personali, la Lega del Filo d’Oro continua ad inviare ai
cittadini richieste di denaro a favore delle persone sordo-cieche che
frequentano il centro di riabilitazione di Osimo.
Chiediamo ai dirigenti della Lega e in particolare al
Direttore del Centro, il Prof. Luigi Giacco, da molti anni deputato dell’Ulivo:
in base alle leggi vigenti dal 1978 (riforma sanitaria) non spetta alla sanità
garantire le necessarie prestazioni riabilitative ai soggetti con handicap,
compresi quelli colpiti contemporaneamente da cecità e sordità?
Se questi interventi non sono stati e non sono pagati
dal Servizio sanitario nazionale, quali iniziative sono state intraprese dalla
Lega per ottenere ciò che deve esserle corrisposto dallo Stato?
Quali sono state le azioni assunte dai dirigenti della
Lega del Filo d’Oro per costringere il Servizio sanitario nazionale a
garantire, direttamente o tramite enti privati quali la stessa Lega del Filo
d’Oro, alle persone sordo-cieche le prestazioni riabilitative a cui hanno
diritto da più di 20 anni?
Se le prestazioni riabilitative devono essere
integrate da attività di competenza dei servizi sociali, perché l’On. Giacco ha
approvato la legge 328/2000 che non stabilisce nessun diritto in merito?
DEVONO ESSERE ASSISTITI ANCHE I BENESTANTI?
Sul n. 4/2001 de “La
Rivista del Volontariato”, Andrea Volterrani, dopo aver analizzato «due tipi di servizi (assistenza domiciliare
integrata agli anziani, servizi per l’handicap) in quattro zone sociosanitarie
(Mugello, Livorno, Valdera, Prato)» della Toscana, ne ha accertato alcune
criticità. Una delle più importanti riguarda «l’accesso al servizio» che viene disposto sulla base di «criteri unicamente economici».
Ne consegue, secondo Volterrani, che «chi non ha questo reddito (tranne alcune
eccezioni legate a problematiche individuali complesse) non ottiene nemmeno la
valutazione del proprio bisogno (di cosa ho bisogno, per quanto tempo, a chi mi
devo rivolgere, posso essere sicuro della qualità del servizio offertomi,
ecc.)».
Precisa l’Autore: «quindi
esiste un “Welfare di serie A” per i cittadini con un reddito minimo e un
non-Welfare per tutti gli altri».
In conclusione, secondo Volterrani, bisogna assistere
anche i benestanti!
Per sostenere la sua tesi, l’articolista fa il
seguente esempio: «Se all’interno di una
famiglia con un reddito medio al di sopra della soglia di accesso ai servizi
pubblici, dove moglie e marito lavorano entrambi, una persona anziana si ammala
gravemente, il primo ragionevole passo che sarà fatto è quello che coinvolge le
strutture sanitarie; in prima istanza il presidio ospedaliero e successivamente
il medico di famiglia o viceversa (...).
Una volta appurato che la malattia porta ad un’incapacità dell’anziano di
essere autosufficiente, inizia il percorso più difficile. A chi mi rivolgo? Di
che cosa avrà bisogno? Intanto, se ci sono, saranno i parenti, gli amici, i
vicini a dare consigli. Spesso questi consigli non prevedono il coinvolgimento
del servizio pubblico, perché “sono solo per chi non ha soldi”».
Ma come è possibile che Andrea Volterrani, redattore
della rivista della Fondazione italiana del volontariato, organizzazione che
dichiara di voler informare i volontari e di possedere la professionalità
necessaria per formarli, non sappia che da quasi mezzo secolo (cfr. le leggi
692/1955, 132/1968, 386/1974 e 833/1978) le persone malate, comprese quelle
colpite da non autosufficienza, hanno il diritto esigibile alle cure sanitarie
gratuite e senza limiti di durata? Perché accetta l’illegale trasferimento
della competenza dalla sanità all’assistenza, con i conseguenti pesanti oneri
economici per i vecchi malati? Approva anche l’illecita richiesta di contributi
economici ai parenti dei vecchi malati cronici ricoverati presso strutture
residenziali?
Rileviamo con molta preoccupazione che su questi
problemi finora la Fondazione italiana per il volontariato non si è mai
pronunciata e nessun commento è stato pubblicato sulla sua rivista, nonostante
che, come ha accertato la Presidenza del Consiglio dei Ministri, «nel corso del 1999 due milioni di famiglie
italiane sono scese sotto la soglia di povertà a fronte del carico di spese
sostenute per la “cura” di un componente affetto da una malattia cronica».
PERCHÉ I METALMECCANICI VOGLIONO 50 MILA LIRE AL MESE
IN PIÙ E SONO DISPONIBILI A VERSARE 2-3 MILIONI?
A Milano, Napoli, Taranto, Torino e in altre città, i
metalmeccanici hanno manifestato il 18 maggio 2001 nell’ambito di uno sciopero
di 4-8 ore indetto da Fin-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm per chiedere la chiusura del
contratto. I Sindacati chiedono 135 mila lire lorde medie, mentre la
Federmeccanica ne offre 85 mila. Ai cortei hanno partecipato, secondo i
Sindacati, 500 mila metalmeccanici.
Pur non avendo alcuna competenza in materia di
contratti di lavoro, chiediamo: “Perché i metalmeccanici (e le altre categorie
di lavoratori dipendenti e autonomi) non prendono posizione contro l’illegale
versamento di 2-3 milioni al mese per la cura dei loro congiunti malati cronici
non autosufficienti?”.
www.fondazionepromozionesociale.it