Prospettive assistenziali, n. 135, luglio-settembre 2001

 

Editoriale

Dal diritto alle cure sanitarie gratuite alla beneficenza a pagamento: queste le nuove ciniche norme riguardanti gli ultradiciottenni con patologie cronico-degenerative e non autosufficienti

 

Sulla Gazzetta ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001 è stato pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Giuliano Amato, che reca il titolo “Atto di indirizzo e coordinamento in materia socio-sanitaria”, datato 14 febbraio 2001, che riportiamo integralmente in questo numero.

Precisiamo subito che si tratta di un decreto amministrativo che, pertanto, non può introdurre alcuna modificazione alle vigenti norme, anche se – com’è facile prevedere – verrà applicato dalle Regioni e dalle Aziende sanitarie, così com’è successo per l’analogo decreto, anch’esso di carattere amministrativo, emanato l’8 agosto 1985 dall’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Craxi, con il titolo “Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni e alle Province autonome in materia di attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio-assistenziali”.

 

I contenuti del decreto del 14 febbraio 2001

In attuazione dell’art. 3 septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 e successive modificazioni e integrazioni (1), il decreto in oggetto, redatto con piglio strettamente burocratico, ha la finalità di inserire i malati ultradiciottenni colpiti da malattie invalidanti e da non autosufficienza, come se fossero degli oggetti, in caselle prefabbricate allo scopo di ridurre le responsabilità e gli oneri del Servizio sanitario e di porre a carico degli utenti il pagamento di somme, indicate come quote alberghiere.

Le caselle sono le seguenti (art. 2):

– fase intensiva di durata breve e prefissata;

– fase estensiva, caratterizzata da un programma di medio o prolungato periodo definito;

– fase di lungoassistenza il cui decorso è indeterminato.

Le spese della prima fase (meno costosa perché limitata nel tempo) sono interamente a carico del Servizio sanitario; per le altre (che possono durare anche molti anni) si prevede la partecipazione economica degli infermi.

Le classificazioni concernenti le fasi intensiva ed estensiva (addirittura con durata prestabilita!) sono evidentemente prive di qualsiasi logica e risultano contrarie alla pratica medico-infermieristica-riabilitativa, in quanto il soggetto malato dovrebbe essere curato dal Servizio sanitario in base alle sue condizioni di salute, che com’è evidente, sono mutevoli e non predeterminabili.

D’altra parte, come vedremo in seguito, nelle Rsa gestite correttamente vengono spesso praticate cure intensive ai soggetti ricoverati.

Inoltre, com’è a tutti noto, vi sono malattie che hanno un decorso molto lungo (neoplasie, gravi patologie degli apparati respiratorio, cardiovascolare, neurologico, ecc.) e che, nello stesso tempo, richiedono prestazioni sempre o frequentemente intensive.

La lungoassistenza (che è una attività di competenza dei Comuni e pertanto non rientra nel settore dei diritti esigibili, ma in quello dei servizi sociali facoltativi) è, altresì, prevista per le malattie psichiatriche, nonché per le patologie riguardanti le infezioni da Hiv.

Invece, per i malati terminali, gli oneri sono interamente a carico del servizio sanitario. Certamente le Regioni e le Asl, allo scopo di ridurre le loro spese, metteranno in atto provvedimenti per limitare l’accesso ai servizi rivolti a quest’ultima utenza.

 

La riduzione truffaldina della spesa sanitaria

Come avevamo rilevato molti anni fa (2), «per ridurre la spesa sanitaria c’è un sistema molto semplice e purtroppo collaudatissimo: esso consiste nel dirottare gli utenti più deboli nel settore assistenziale. D’altra parte – precisavamo – sono questi utenti (soprattutto anziani cronici non autosufficienti, malati mentali, lungodegenti) che comportano rilevanti spese. E il personale della sanità (dai medici, ai paramedici, agli inservienti) è, spesso, ben lieto che tali pazienti siano trasferiti altrove».

Continua, pertanto, ad essere di preoccupante attualità la vecchia nostra considerazione riguardante i malati non autosufficienti che riportiamo: «Stando così le cose, il settore sanitario non ha convenienza, in termini politici, economici ed operativi, a curare ed a riabilitare» (3). Infatti, «alla sanità non si attribuisce il compito di curare e di riabilitare finché si è malati o non autonomi a causa della mancanza di salute, ma ad essa si attribuisce la facoltà del tutto discrezionale, di dichiararsi incompetente ad intervenire con la semplice affermazione che la fase acuta è terminata» (4).

Poiché ha funzionato il trucco escogitato dal citato decreto Craxi dell’8 agosto 1985, consistente nel trasferire gli anziani cronici non autosufficienti, i malati di Alzheimer ed i pazienti psichiatrici con limitata o nulla autonomia dal settore della sanità (caratterizzato dal diritto esigibile e senza limiti di durata alle prestazioni gratuite, compresi i ricoveri presso ospedali e case di cura convenzionate) al comparto dei servizi sociali (ancora fondato sulla discrezionalità degli enti erogatori e sul pagamento – spesso consistente – dell’intera retta o di una quota di essa da parte di ricoverati e – illegittimamente – dai loro congiunti), l’ex Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuliano Amato e gli ex Ministri per la solidarietà sociale, On. Livia Turco, e della sanità, Prof. Umberto Veronesi, hanno deciso di estenderne l’applicazione ad altri soggetti, nonostante che – operazione di somma gravità – a causa della violazione delle leggi vigenti «nel corso del 1999, due milioni di famiglie italiane sono scese sotto la soglia della povertà a fronte del carico di spese sostenute per la “cura” di un componente affetto da una malattia cronica» (5).

L’estensione dell’operazione truffaldina è dovuta al fatto che le nuove norme non si riferiscono più agli anziani, ma a tutti gli ultradiciottenni colpiti da non autosufficienza.

Che si tratti di malati è esplicitamente riconosciuto dall’art. 2 dell’atto di indirizzo e coordinamento che così si esprime: «L’assistenza socio-sanitaria viene prestata alle persone che presentano bisogni di salute che richiedono prestazioni sanitarie ed azioni di protezione sociale» (6). Infatti, nella terza tabella concernente le prestazioni ed i criteri di finanziamento, gli utenti sono indicati come segue: «Anziani e persone non autosufficienti con patologie cronico-degenerative».

L’ultima tabella riguarda i soggetti colpiti da patologie psichiatriche e da infezioni da Hiv, anch’essi incasellati nella fase di lungoassistenza.

Dunque, come abbiamo sempre sostenuto, i soggetti definiti “non autosufficienti” sono in realtà persone malate, anzi così gravemente inferme a causa di patologie inguaribili (ma curabili) da provocare, altresì, condizioni di dipendenza anche totale dagli altri.

Oltre a quanto sopra esposto, è necessario rilevare che i soggetti ricoverati in strutture per non autosufficienti, a causa delle loro precarie condizioni di salute, sono colpiti da infermità acute in misura di gran lunga superiore agli individui aventi la stessa età che vivono a casa loro.

Al riguardo, segnaliamo che la situazione degli anziani ricoverati presso l’Irv, Istituto di riposo per la vecchiaia, e il Carlo Alberto (strutture entrambe gestite direttamente dal Comune di Torino) è la seguente (7): «Il 98% degli anziani ricoverati presso l’Irv e il Carlo Alberto non è autosufficiente per ragioni mediche. Circa il 70% dei pazienti è affetto da 3 patologie importanti sul piano clinico-terapeutico, gli altri hanno più di 4 patologie.

«Attualmente sono ricoverati all’Irv 210 pazienti e al Carlo Alberto 125 pazienti; circa il 30% è al momento in trattamento per patologia acuta (ictus cerebrale, broncopolmoniti, scompenso cardiaco, neoplasie in fase avanzata, anemia, arteriopatia obliterante degli arti inferiori, insufficienza renale cronica in trattamento dialitico, insufficienza respiratoria in ossigenoterapia a lungo termine) che richiedono interventi terapeutici multipli e complessi (vengono praticati in sede emotrasfusioni, antibioticoterapia endovena, gestione di sondini nasogastrici e di cateteri venosi centrali). Viene inoltre praticata chemioterapia; i farmaci sono preparati alle Molinette.

«La tipologia degli ospiti, il loro precario equilibrio psico-fisico, il facile sovrapporsi di complicanze e/o il riacutizzarsi di pregressi eventi morbosi richiedono infatti interventi spesso immediati.

«L’attuale organizzazione medico-infermieristica consente tuttavia di limitare il ricovero in ospedale che viene attivato per problemi quasi esclusivamente chirurgici. Una recente indagine condotta presso l’Irv ed il Carlo Alberto ha evidenziato che nell’arco di un anno i pazienti trasferiti sono stati circa il 3,5% e i tempi di degenza sono risultati molto ridotti (mediamente 4 giorni) grazie alla possibilità di un rapido reinserimento dei pazienti negli istituti. Molto stretta infatti è la collaborazione sia con la divisione di ortopedia sia con la divisione chirurgica con la quale vengono attivati interventi di tipo day surgery. Gli interventi di piccola chirurgia vengono praticati in sede.

«Presso l’Irv inoltre sono stati attivati servizi (ecodoppler, ecografia internistica, ambulatorio di urogeriatria, rieducazione posturale globale, riabilitazione perineale) che consentono di gestire in sede patologie molto complesse che richiedono un costante impegno di diagnosi e terapia. Presso l’Istituto Carlo Alberto da anni vengono praticati ricoveri di sollievo temporaneo (30 giorni).

«Questo modello organizzativo permette non solo di ottimizzare le risorse sanitarie ma anche di migliorare la qualità della vita dei pazienti, spesso affetti da gravi deficit cognitivi complicati da disturbi del comportamento per i quali il trasferimento in ospedale determina spesso un grave scompenso psico-fisico».

Ricordiamo che i parenti dei ricoverati presso la Rsa di via Spalato 14, Torino, in data 15 giugno 1998 avevano inviato alle competenti autorità sanitarie e al Csa una lettera nella quale, fra l’altro, affermavano quanto segue: «Non è pensabile il trasferimento degli anziani in ospedale nei casi in cui è possibile assicurare adeguate cure presso la struttura stessa al fine di non creare in loro ulteriori traumi che possono alterare il loro fragile stato psico-fisico» (8).

Occorre, inoltre, tener conto che gli ospedali rifiutano con sempre maggiore durezza gli anziani cronici non autosufficienti e, in particolare, i malati di Alzheimer anche quando sono colpiti da gravi patologie acute. Numerose sono, altresì, le fratture che accadono nei pronto-soccorsi a seguito di cadute dalle barelle.

 

Natura giuridica del decreto del 14 febbraio 2001

Come abbiamo già osservato, l’atto di indirizzo e coordinamento del 14 febbraio 2001 ha natura amministrativa e, quindi, non solo non può modificare le vigenti disposizioni di legge che attribuiscono al Servizio sanitario nazionale il compito di curare tutti i malati, compresi quelli colpiti da patologie invalidanti e da non autosufficienza, ma non può nem­meno istituire obblighi economici a carico dei cittadini, stante il fatto che l’art. 23 della Costituzione stabilisce che «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge» (9).

A questo riguardo ricordiamo che la Corte Suprema di Cassazione, Prima Sezione Civile, con sentenza n. 10150/1996 ha stabilito che:

a) le leggi vigenti riconoscono ai cittadini il diritto soggettivo (e pertanto esigibile) in materia di prestazioni sanitarie, mentre gli stessi cittadini hanno un interesse legittimo (e quindi con ampi spazi di discrezionalità per la pubblica amministrazione) per quanto concerne gli interventi socio-assistenziali;

b) le cure sanitarie devono essere fornite sia ai malati acuti che a quelli cronici;

c) essendo un atto amministrativo, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 agosto 1985 non ha alcun valore normativo.

La citata sentenza della Corte Suprema di Cassa­zione precisa, in particolare, che nelle disposizioni vigenti non c’è traccia della distinzione fra malati acuti e cronici, poiché la legge «prende in considerazione l’attività di cura, indipendentemente dal tipo di malattia (acuta o cronica) alla quale è diretta».

Pertanto, conclude la stessa Corte «se la disposizione dell’atto di indirizzo e coordinamento avesse introdotto tale differenza sarebbe certamente contra legem e come tale disapplicabile dal giudice ordinario».

Orbene, sia l’atto di indirizzo e di coordinamento dell’8 agosto 1985, sia quello del 14 febbraio 2001 introducono differenziazioni fra lo stato di malattia acuta e quella cronica, anche allo scopo di imporre contributi economici ai soggetti colpiti da patologie inguaribili, inseriti – lo  ricordiamo nuovamente – nella fase di “lungoassistenza”.

Segnaliamo, inoltre, che il decreto in oggetto non considera il fatto, precedentemente da noi rilevato, che le persone con patologie croniche-degenerative sono colpite frequentemente da situazioni acute di vario genere.

Se si tiene conto di quanto sopra e delle esigenze curative dei malati, compresa l’importantissima terapia contro il dolore, risulta astratta ed esclusivamente finalizzata all’abbandono terapeutico dei malati gravi (eutanasia da abbandono) la classificazione della fase lungoassistenza, espressione molto inquietante in quanto non fa più riferimento alla degenza (termine finora usato per il ricovero dei malati), ma all’assistenza (sinonimo di custodia/badanza).

 

Diritto alle cure sanitarie

Come abbiamo più volte ricordato su Prospettive assistenziali, il diritto alle cure sanitarie dei malati di Alzheimer, degli anziani cronici non autosufficienti e dei pazienti psichiatrici privi di autonomia è stabilito dalle seguenti disposizioni:

• in base alla legge 4 agosto 1955 n. 692, l’assistenza deve essere fornita senza limiti di durata alle persone colpite da malattie specifiche della vecchiaia;

• secondo il decreto del Ministro del lavoro del 21 dicembre 1956 l’assistenza ospedaliera deve essere assicurata a tutti gli anziani «quando gli accertamenti diagnostici, le cure mediche o chirurgiche non siano normalmente praticabili a domicilio»;

• l’articolo 29 della legge 12 febbraio 1968 n. 132, tuttora in vigore, impone alle Regioni di programmare i posti letto degli ospedali tenendo conto delle esigenze dei malati «acuti, cronici, convalescenti e lungodegenti»;

• la legge 13 maggio 1978 n. 180 stabilisce che le Unità sanitarie locali devono assicurare a tutti i cittadini, qualsiasi sia la loro età, le necessarie prestazioni dirette alla prevenzione, cura e riabilitazione delle malattie mentali. Al riguardo si ricorda che le Province hanno trasferito alle Asl il personale ed i finanziamenti concernenti tutti i pazienti psichiatrici, compresi quelli anziani autosufficienti e non autosufficienti;

la legge di riforma sanitaria (legge 23 dicembre 1978 n. 833) obbliga le Unità sanitarie locali a provvedere alla «tutela della salute degli anziani, anche al fine di prevenire e di rimuovere le condizioni che possono concorrere alla loro emarginazione». Le prestazioni devono essere fornite agli anziani, come a tutti gli altri cittadini, qualunque siano «le cause, la fenomenologia e la durata» delle malattie.

 

L’ingannevole integrazione socio-sanitaria

A nostro avviso, l’integrazione socio-sanitaria è truffaldina in tutti i casi in cui, qualsiasi sia la motivazione che ha determinato l’iniziativa, la conseguenza sia la violazione del diritto alle cure sanitarie e l’imposizione di obblighi economici (nel caso in esame la cosiddetta quota alberghiera) non previsti da alcuna legge dello Stato.

Inoltre, va segnalato che molto frequentemente la gestione delle strutture pubbliche e private da parte del settore assistenziale non assicura ai degenti una accettabile qualità della vita, come è dimostrato dai processi penali svoltisi in questi ultimi anni e dalla presenza di numerosi pensioni abusive.

Anche a questo riguardo, il trasferimento dei malati dal comparto sanitario a quello assistenziale comporta quasi sempre un peggioramento del trattamento riservato agli utenti (10).

Come abbiamo più volte scritto su questa rivista, la vera integrazione, utile non solo alle istituzioni ed agli operatori, ma anche e soprattutto agli utenti, si realizza mediante l’assunzione diretta da parte della sanità di tutte le valenze umane, umanizzanti, relazionali e sociali (11).

Mettiamo, infine, in evidenza che l’integrazione socio-sanitaria, così com’è concepita dal decreto del 14 febbraio 2001 determinerà quasi sicuramente l’inserimento degli ultradiciottenni colpiti da patologie cronico-degenerative nelle Rsa, residenze sanitarie assistenziali, in cui finora sono stati ricoverati solamente anziani cronici non autosufficienti, malati di Alzheimer e pazienti psichiatrici con limitata o nulla autonomia. Una nefasta, a nostro avviso, forma di “integrazione” degli emarginati, esclusi dalla piena competenza del Servizio sanitario nazionale.

 

Gli impegni non rispettati dall’On. Livia Turco

Nella seduta del 10 gennaio 2000 del Senato, il Ministro Livia Turco aveva testualmente dichiarato quanto segue: «Vorrei inoltre assicurare quei senatori che hanno sollevato il problema del rischio che questa legge farebbe sì che malati inguaribili, anziché restare a carico della sanità, passino a carico dell’assistenza. Vorrei rassicurare chi ha mosso questa obiezione e chi nutre questa preoccupazione, ricordando il comma 1 dell’art. 15, relativo alle persone anziane non autosufficienti, che recita: “Ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale, le misure di prevenzione, cura e riabilitazione per le patologie acute e croniche, in particolare per i soggetti non autosufficienti”. Vorrei ricordare inoltre anche il comma 2 dell’art. 22 che ripete la precedente dizione ed il richiamo in esso contenuto al decreto legislativo relativo all’integrazione socio-sanitaria».

La sopra riportata dichiarazione era stata confermata dalle parole pronunciate dall’On. Livia Turco, come Ministro per la solidarietà sociale, al convegno “Le Pubbliche Assistenze nella concertazione, co-progettazione e realizzazione dei Welfare locali”, svoltosi a Firenze il 23 settembre 2000 che riportiamo integralmente: «L’intento dell’atto di indirizzo e coordinamento è quello di dire che tutta una serie di servizi territoriali di base, dalle Rsa ai servizi che riguardano poi le patologie più acute, croniche, quelle che devono avvalersi di bisogni assistenziali continuativi, vanno considerate a carico della sanità. Bisogna stabilire che determinati servizi territoriali di base non possono essere più oggetto di palleggio fra Asl e il Comune, ma che devono avere una certezza di finanziamenti» (12).

Come aveva dichiarato l’allora Ministro Livia Turco, gli art. 15 e 22 della legge 328/2000 confermano che il Servizio sanitario nazionale deve continuare a fornire le necessarie cure ai soggetti colpiti da patologie croniche, e quindi anche agli anziani cronici non autosufficienti ed ai malati di Alzheimer.

Due possono essere i casi: o l’On. Livia Turco ha mentito ai Senatori e al convegno di Firenze, oppure, mentre ha sottoscritto l’atto di indirizzo e di coordinamento in materia socio-sanitaria, non si è più ricordata degli art. 15 e 22 della legge 328/2000.

 

Indicazioni operative

A parte i possibili ricorsi alla Corte costituzionale e all’autorità giudiziaria fondati sulla violazione delle leggi vigenti da parte del decreto del 14 febbraio 2001 (13), nell’immediato riteniamo che l’opposizione alle dimissioni dagli ospedali e dalle case di cura private convenzionate debba essere estesa dagli anziani cronici non autosufficienti, dai malati di Alzheimer e dai pazienti psichiatrici agli altri soggetti maggiorenni colpiti da patologie cronico-degenerative.

Allo scopo potrebbe essere utilizzata, con gli opportuni adattamenti, la lettera allegata, lettera che finora ha bloccato sine die le dimissioni in tutti i casi – nessuno escluso – in cui gli interessati o i loro congiunti hanno rivendicato il rispetto del diritto alle cure sanitarie sancito dalle leggi vigenti.

Allegato

Fac-simile della lettera di opposizione alle dimissioni da ospedali e case di cura private convenzionate.

RACCOMANDATA R.R.

Direttore Generale Asl o Azienda ospedaliera .................

   Via ................. Città .................

Direttore Sanitario Ospedale o Casa di cura privata convenzionata

   Via ................. Città .................

e p.c. – Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti, via Artisti 36, 10124 Torino

          (spedire questa lettera non raccomandata)

 

Il sottoscritto ........ abitante in ........ Via ........ n. ........, visto l’art. 41 della legge 12.2.1968 n. 132 (che prevede il ricorso contro le dimissioni, e tenuto conto che l’art. 4 della legge 23.10.1985 n. 595 e l’art. 14, n. 5 del decreto legislativo 30.12.1992 n. 502 consentono ai cittadini di presentare osservazioni e opposizioni in materia di sanità, chiede che il proprio congiunto ...... abitante in Via ........., attualmente ricoverat... e curat... presso ........ non venga dimess... o venga trasferit... in un altro reparto dell... stess... ........ o in altra struttura sanitaria per i seguenti motivi:

1) il paziente è gravemente malato e non autosufficiente (se del caso, aggiungere che non sempre è capace di programmare il proprio futuro);

2) lo scrivente non è in grado di fornire le necessarie cure al proprio congiunto.

Fa presente che le cure sanitarie, comprese quelle ospedaliere, sono dovute anche agli anziani cronici non autosufficienti ai sensi delle leggi 4.8.1955 n. 692, 12.2.1968 n. 132 (in particolare art. 29), 17 agosto 1974 n. 386 (le prestazioni ospedaliere devono essere fornite “senza limiti di durata”), 13.5.1978 n. 180 e 23.12.1978 n. 833 (in particolare art. 2 punti 3 e 4 lettera f).

Ricorda, inoltre, che il Pretore di Bologna, Dr. Bruno Ciccone, con provvedimento del 21.12.1992 ha riconosciuto il diritto della Signora P.F., nata nel 1913, degente in ospedale dal 1986, di «poter continuare a beneficiare di adeguata assistenza sanitaria usufruendo delle prestazioni gratuite del Servizio sanitario nazionale presso una struttura ospedaliera e non di generica assistenza presso istituti di riposo o strutture equivalenti».

Segnala, altresì, la sentenza della 1ª Sezione civile della Corte di Cassazione n. 10150/1996 in cui viene riconfermato che:

– le leggi vigenti riconoscono ai cittadini il diritto soggettivo (e pertanto esigibile) alle prestazioni sanitarie, comprese le attività assistenziali a rilievo sanitario;

– le cure sanitarie devono essere fornite sia ai malati acuti che a quelli cronici;

– essendo un atto amministrativo, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 agosto 1985 non ha alcun valore normativo.

Ai sensi e per gli effetti della legge 7 agosto 1990 n. 241, chiede che gli venga inviata una risposta scritta.

L... scrivente si impegna di continuare a fornire al proprio congiunto tutto il possibile sostegno materiale e morale compatibilmente con i propri impegni familiari e di lavoro. Chiede pertanto che, nel caso di trasferimento in altre strutture, non venga allontanato dalla città di ........

Ringrazia e porge distinti saluti.

Data ........

Firma ....................

 

 

 

(1) L’art. 3-septies del decreto legislativo 502/1992, modificato dal decreto legislativo 229/1999, riguardante l’integrazione socio-sanitaria, è così formulato:

«1. Si definiscono prestazioni sociosanitarie tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute delle persone che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione.

«2. Le prestazioni sociosanitarie comprendono:

a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite;

b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività del sistema sociale che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute.

«3. L’atto di indirizzo e coordinamento di cui all’art. 2, comma 1, lettera n), della legge 30 novembre 1998, n. 419, da emanarsi, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro della sanità e del Ministro per la solidarietà sociale, individua, sulla base dei principi e criteri direttivi di cui al presente articolo, le prestazioni da ricondurre alle tipologie di cui al comma 2, lettere a) e b), precisando i criteri di finanziamento delle stesse per quanto compete alle Unità sanitarie locali e ai Comuni. Con il medesimo atto sono individuate le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria di cui al comma 4 e alle quali si applica il comma 5, e definiti i livelli uniformi di assistenza per le prestazioni sociali a rilievo sanitario.

«4. Le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria sono caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria e attengono prevalentemente alle aree materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da Hiv e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative.

«5. Le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria sono assicurate dalle aziende sanitarie e comprese nei livelli essenziali di assistenza sanitaria, secondo le modalità individuate dalla vigente normativa e dai piani nazionali e regionali, nonché dai progetti-obiettivo nazionali e regionali.

«6. Le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria sono di competenza dei Comuni che provvedono al loro finanziamento negli ambiti previsti dalla legge regionale ai sensi dell’art. 3, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. La Regione determina sulla base dei criteri posti dall’atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3, il finanziamento per le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, sulla base di quote capitarie correlate ai livelli essenziali di assistenza.

«7. Con decreto interministeriale di concerto tra il Ministro della sanità, il Ministro per la solidarietà sociale e il Ministro per la funzione pubblica, è individuata all’interno della carta dei servizi una sezione dedicata agli interventi e ai servizi sociosanitari.

«8. Fermo restando quanto previsto dal comma 5 e dall’art. 3 quinquies, comma 1, lettera c), le Regioni disciplinano i criteri e le modalità mediante i quali Comuni e Aziende sanitarie garantiscono l’integrazione, su base distrettuale, delle prestazioni sociosanitarie di rispettiva competenza, individuando gli strumenti e gli atti per garantire la gestione integrata dei processi assistenziali sociosanitari».

(2) Cfr. “Tutto è pronto per una nuova emarginazione di massa”, Prospettive assistenziali, n. 68, 1984.

(3) Ibidem.

(4) Ibidem.

(5) Cfr. il documento “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio del Ministro per la solidarietà sociale, Roma, ottobre 2000.

(6) Com’è ovvio, i malati colpiti da patologie acute hanno anch’essi l’esigenza di “azioni di protezione sociale”. Tuttavia, se ai pazienti acuti venisse richiesto il pagamento della cosiddetta quota alberghiera, ci sarebbe giustamente una sollevazione da parte dei Sindacati e di numerose altre organizzazioni.

(7) Cfr. la relazione redatta il 20 aprile 2001 dall’Azienda ospedaliera S. Giovanni Battista di Torino, Unità operativa di geriatria. Analoghe sono le situazioni riscontrate nelle altre Rsa di Torino. Ad esempio il Dr. Pietro Landra, direttore sanitario della Rsa di via Botticelli 130, Torino, gestita dall’Asl 4, segnala che: «l’1% dei ricoverati è affetto da 5 importanti patologie, il 25% da 4, il 34% da 3, il 32% da 2 e l’8% da una. Inoltre il 75% dei soggetti presenta un deterioramento mentale tale da influire significativamente in modo negativo sulla propria autosufficienza».

(8) Cfr. l’articolo “Polemica Csa - medici di medicina generale sulle cure sanitarie per i degenti nelle Rsa”, Prospettive assistenziali, n. 123, 1998.

(9) Ovviamente, deve essere una legge nazionale e non regionale.

(10) Si vedano, ad esempio, i seguenti articoli apparsi su Prospettive assistenziali: “Le pensioni lager di Torino” e “Crocifissi ai letti dell’ospizio perché non diano fastidio”, n. 93, 1991; “Violenze negli istituti per anziani”, n. 94, 1991; “Le pensioni lager di Torino continuano a funzionare”, n. 95, 1991; “Strutture abusive segnalate dall’Anla e dall’Ugaf”, n. 98, 1992; “Psicofarmaci e cibi avariati in una casa di riposo della provincia di Torino”, n. 111, 1995; “Dagli aguzzini di Prato (1963) alle torture di Laterza (1996): responsabilità e proposte”, n. 115, 1996; “Perché nella casa di riposo ‘Via Roma’ di Bologna sono ricoverati anche malati di mente?”, n. 122, 1998; “Perché le pensioni abusive di Torino continuano a ricoverare anziani malati?”, n. 124, 1998; “Allucinanti condizioni di vita di anziani ricoverati in una casa di riposo”, n. 128, 1999; “Condannati i gestori di una pensione abusiva: disumane le condizioni di vita degli anziani ricoverati”, “Anziani segregati in un ricovero abusivo” e “Malata di Alzheimer morta strangolata all’ospizio di Piacenza?”, n. 132, 2000; E. Brugnone, “Maltrattamenti di anziani cronici non autosufficienti ricoverati in strutture di assistenza: rilievi penali”, n. 134, 2001.

(11) Analoghe sono le considerazioni per quanto concerne gli altri settori di pubblico interesse: scuola, casa, trasporti, ecc. Cfr. “Serve ancora la legge di riforma dell’assistenza?”, Prospettive assistenziali, n. 117, 1997 e M.G. Breda, D. Micucci, F. Santanera, La riforma dell’assistenza e dei servizi sociali. Analisi della legge 328/2000 e proposte alternative, Utet Libreria, Torino, 2001.

(12) Cfr. la rivista dell’Anpas “Nuovo Mondo”, n. 4, 2000.

   (13) In primo luogo i ricorsi dovrebbero essere presentati dai Comuni ai quali il decreto del 14 febbraio 2001 conferisce nuove e gravose funzioni, senza disporre i necessari finanziamenti per le conseguenti spese di investimento e di gestione.

 

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