Prospettive
assistenziali, n. 135, luglio-settembre 2001
Tutti i bambini hanno diritto ad una famiglia:
una
lodevole iniziativa della giunta della regione piemonte
Riportiamo
integralmente la delibera approvata dalla Giunta della Regione Piemonte in data
4 giugno 2001, n. 46-3163, confidando che dalla sua applicazione i 1.123
minori, ricoverati presso presidi socio-assistenziali, al più presto possano, a
seconda delle situazioni, o ritornare presso i loro genitori o essere accolti
in affidamento familiare a scopo educativo o essere adottati.
Testo della delibera
La legge 4 maggio 1983, n. 184, che disciplina
l’adozione e l’affidamento dei minori afferma con forza il diritto di ogni
bambina e bambino a crescere nella propria famiglia d’origine. Secondo la scala
di priorità prevista da tale legge, confermata con la recente approvazione in
data 28 marzo 2001 della legge n. 149, il ricovero in istituto è consentito
solo nei casi in cui sia dimostrata l’impossibilità di altre soluzioni.
L’affidamento familiare e l’adozione hanno
rappresentato i principali strumenti che, nel tempo, hanno contribuito a
ridurre la presenza dei bambini negli istituti. È significativo che, dopo
l’entrata in vigore della prima legge sull’adozione nel 1967, che introduceva
nel nostro Paese l’adozione speciale, il numero dei bambini e degli adolescenti
ricoverati in istituto si sia drasticamente ridotto.
Nonostante nel recente passato siano quindi maturate
nuove sensibilità, la presenza di bambini “in istituto” rappresenta ancora oggi
uno degli elementi di allarme più sentiti. Questa sensibilità è stata tradotta
in Piemonte in leggi e atti amministrativi che hanno individuato strategie per
superare la logica e la pratica dell’inserimento dei minori in istituti.
Contestualmente sono stati dati agli istituti
assistenziali piemontesi sostegni per un’evoluzione e un ripensamento delle
rispettive strategie educative, aprendo un dibattito socio-pedagogico e
attivando iniziative concrete per realizzare una loro riqualificazione e
trasformazione in piccole comunità di accoglienza. Da tempo quindi in Piemonte
è mutato l’atteggiamento di fronte ai problemi dei bambini ricoverati; la
capillare azione d’informazione sulle condizioni di vita dei minori in istituto
e sui danni di una prolungata emarginazione in strutture chiuse ha messo in
moto la ricerca e la sperimentazione di interventi alternativi: l’adozione,
l’affidamento educativo ad un’altra famiglia, l’istituzione di comunità
alloggio.
I dati statistici raccolti dalla Direzione politiche
sociali nell’anno 2000, evidenziano 17.785 minori utenti dei servizi sociali su
una popolazione regionale di 624.366 minori, pari al 3,6%.
I minori inseriti in presidio socio-assistenziale al
31.12.1999 erano 1.123, i minori in affidamento familiare 2.024; è necessario
però precisare che in Piemonte non ci sono più gli “istituti” con tanti bambini
ricoverati, ma ben 142 comunità alloggio o comunità di tipo familiare con una
media di presenza di sette bambini per struttura.
Sul territorio regionale annualmente vengono quindi
già gestiti dai servizi socio-assistenziali con la collaborazione degli
operatori sanitari, del volontariato e delle autorità giudiziarie circa 2.000
casi di affidamento familiare; è necessario fare un intenso ulteriore sforzo
per verificare tutti gli attuali inserimenti nelle comunità e progettare a
breve termine, laddove possibile, percorsi educativi alternativi al ricovero in
comunità, al fine di attuare pienamente i principi della legge 184/1983 sul
territorio ed attivare tutti gli interventi previsti dalla legge 149/2001 (che
stabilisce entro il 2006 il superamento del ricovero dei minori in istituto
mediante l’affidamento familiare e, ove ciò non sia possibile, mediante
inserimento in comunità di tipo familiare).
Quindi si rende indispensabile attivare un progetto
regionale specifico, denominato “Tutti i bambini hanno diritto ad una famiglia”
nell’ambito delle
finalità più generali di tutela dell’infanzia in difficoltà descritte nella
legislazione e regolamentazione regionale vigente, per verificare, entro il
periodo di un anno, in collaborazione con gli enti locali singoli e associati,
gli operatori dei servizi territoriali e d’intesa con le autorità giudiziarie
minorili, tutti i progetti individuali relativi ai minori collocati nelle comunità
alloggio e nelle comunità di tipo familiare presenti sul territorio, al fine di
sostenere e facilitare il rientro in famiglia ove possibile o per attivare un
intervento alternativo all’istituzionalizzazione.
Per attuare questi obiettivi è necessario, considerata
l’impossibilità dei Servizi socio-assistenziali degli enti gestori delle
funzioni sociali di svolgere a breve periodo sul territorio regionale un lavoro
eccezionale di analisi e verifica di tutti i casi di minori inseriti nelle
strutture, operare con idoneo personale da individuarsi con successivo
provvedimento della giunta regionale, da impegnare su tutto il territorio
regionale, nelle varie province, secondo la presenza dei minori nei singoli
presidi regionali.
Tutto ciò premesso,
vista la legge 23 dicembre 1975, n. 698, di
scioglimento dell’Opera nazionale per la protezione della maternità e infanzia,
vista la legge 4 maggio 1983, n. 184, “Disciplina
dell’affidamento familiare e dell’adozione di minori”,
vista la legge 28 agosto 1997, n. 285, “Disposizioni
per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”,
considerati gli obiettivi stabiliti dal decreto
ministeriale 24 aprile 2000 “Adozione del progetto obiettivo materno-infantile
relativo al Piano sanitario nazionale per il triennio 1998-2000”, in
particolare quello di assicurare le attività connesse agli iter previsti dalle
leggi 184/1983,
visto il Piano nazionale di azione e sviluppo dei
soggetti in età evolutiva per gli anni 2000-2001,
vista la legge 8 novembre 2000, n. 328 “Legge quadro
per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”,
vista la legge 28 marzo 2001, n. 149, di modifica
della legge 4 maggio 1983, n. 184, in tema di “Diritto del minore ad una
famiglia”,
vista la legislazione regionale vigente di settore,
la Giunta regionale, a voti unanimi, espressi nei modi
di legge, delibera
– di approvare l’attivazione del progetto “Tutti i
minori hanno diritto ad una famiglia” così come descritto nell’allegato, parte
integrante della presente deliberazione. Il progetto sarà realizzato tramite
apposite unità di personale che saranno individuate con successivo
provvedimento della Giunta regionale. Alle spese per la realizzazione del
presente progetto si farà fronte con le risorse rese disponibili dalla
convenzione per la gestione della Tesoreria regionale. Si provvederà
all’accantonamento della somma necessaria con successivo provvedimento.
Allegato
Le finalità
del Progetto
“Tutti i
minori hanno diritto ad una famiglia”
Il progetto si propone di verificare, entro il periodo
di un anno, in collaborazione con gli enti locali singoli e associati, gli
operatori dei servizi sociali e sanitari territoriali e d’intesa con le
autorità giudiziarie minorili, tutti i progetti individuali relativi ai minori
affidati alle strutture di accoglienza residenziale educative assistenziali
presenti sul territorio regionale, e in ogni caso a quelli in carico ai servizi
sociali, al fine di sostenere e facilitare il rientro in famiglia ove possibile
o per attivare un intervento alternativo all’istituzionalizzazione.
L’attivazione del progetto sarà anche un ulteriore
strumento per approfondire sul territorio regionale un dibattito costruttivo
per definire meglio strategie, risorse, progetti a sostegno dei minori in
difficoltà e delle famiglie.
Le modalità
operative del progetto
a) Per assicurare il miglior esito possibile alla
rilevazione e alla verifica delle situazioni e per ottenere un tasso di
successo dell’iniziativa omogeneo nelle diverse aree della regione si rende
necessaria una rilevazione diretta delle informazioni sia presso le strutture
che ospitano i minori sia presso i servizi socio-assistenziali, da realizzarsi
tramite personale con idonea esperienza nel campo socio-assistenziale e
sanitario a rilievo sociale e personale amministrativo, da individuarsi con
apposito provvedimento della Giunta regionale.
Tale personale opererà nell’ambito delle indicazioni e
con il coordinamento della Direzione politiche sociali: gli operatori saranno
appositamente formati e lavoreranno in coppia (un assistente sociale e uno
psicologo); le coppie di operatori, previste nel numero di cinque, impegneranno
un totale di sei/otto ore in media, confrontandosi con il personale sociale,
socio-assistenziale e sanitario che ha in carico il minore e con il personale
educativo della struttura dove è ricoverato, per approfondire ciascun caso, in
modo da verificare entro un anno i progetti relativi ai 1.123 minori ricoverati
in comunità e proporre eventuali interventi di sostegno e di aiuto alternativi
all’istituzionalizzazione.
In questo modo, calcolando una verifica di cinque casi
a settimana per ciascuna coppia di operatori, per 46 settimane lavorative, si
potranno valutare entro un anno, con la collaborazione dei servizi responsabili
degli inserimenti dei minori e con le autorità giudiziarie competenti, le
situazioni di tutti i minori ospitati in presidio.
Per condurre il progetto a buon fine è indispensabile
la collaborazione dei servizi territoriali degli enti gestori delle funzioni
socio-assistenziali, dei servizi sanitari competenti e delle commissioni per la
vigilanza delle Asl nonché dei presidi socio-assistenziali interessati.
Per questo motivo il personale addetto alle verifiche
sarà accreditato presso i servizi territoriali e i presidi socio-assistenziali.
Il personale addetto alle verifiche, tenuto al segreto
d’ufficio circa le notizie relative ai minori e alle loro famiglie, di cui
viene a conoscenza per motivi connessi all’attuazione del presente progetto,
potrà consultare con la collaborazione dei responsabili delle strutture, le
cartelle dei minori inseriti nelle strutture stesse; per scheda-cartella
personale si intende un documento, adeguatamente curato e periodicamente
aggiornato, per ogni minore accolto nella struttura residenziale, con notizie
di ordine personale, familiare, anamnestico, sanitario, socio-educativo e con
informazioni relative ai servizi territoriali di competenza e alle altre
istituzioni coinvolte nell’accoglienza del minore.
Nella cartella personale sono riportati anche:
l’eventuale progetto educativo individuale, una memoria sulle attività
specifiche svolte dal minore (scuola frequentata, lavoro svolto), le tappe di
verifica della permanenza del minore nella struttura, gli eventuali interventi
di consulenza e/o supervisione atti.
b) Nell’individuazione degli interventi di sostegno e
di aiuto alternativi all’istituzionalizzazione, dovrà essere data priorità agli
interventi sulla famiglia di origine, per tutelare il diritto del minore ad
essere educato al suo interno; i servizi competenti sono impegnati a realizzare
ogni ragionevole sforzo per ripristinare le condizioni educative minime
necessarie per il rientro del minore in famiglia.
In questa prospettiva vanno attuati a sostegno della
famiglia d’origine progetti di recupero e servizi specifici quali ad esempio:
servizi educativi, domiciliari, sostegni economici, facilitazione all’accesso
di servizi sociali e sanitari, interventi per facilitare il reperimento di
un’abitazione e di un lavoro ade-guati.
Qualora non esistano le condizioni oggettive per il
rientro nella famiglia d’origine, occorrerà verificare la possibilità di
ricorrere all’affidamento familiare, eventualmente anche diurno o per periodi
anche molto limitati, come strumento di supporto al minore in difficoltà e alla
sua famiglia d’origine.
Sono 75 i minori in strutture residenziali con un
affidamento familiare fallito alle spalle sui 1.123 presenti in presidio al 31
dicembre 1999; va quindi moltiplicata l’attenzione verso un rilancio effettivo
dell’istituto dell’affidamento familiare con una maggiore cura al progetto e
alle condizioni necessarie per la sua riuscita.
Nell’approfondire le situazioni dei minori inseriti
nei presidi socio-assistenziali allontanati dalla propria famiglia, bisogna garantire
una valutazione tempestiva delle situazioni, personali e familiari, al fine di
ridurre al minimo i tempi necessari per l’assunzione dei provvedimenti
nell’interesse dei minori. Se vengono rilevati nel corso delle verifiche gli
estremi dell’abbandono devono essere segnalati con tempestività all’autorità
giudiziaria competente per valutare l’ipotesi di una adozione.
Tempi e
monitoraggio del progetto
Il progetto viene attivato a partire dalla messa a
disposizione delle professionalità necessarie e la sua durata è prevista in un
anno.
Ogni tre mesi la Direzione
politiche sociali presenterà all’Assessore competente una relazione sullo stato
di attuazione degli interventi previsti, sulla loro efficacia, sull’impatto sui
minori in difficoltà, sugli obiettivi conseguiti e sulle misure da adottare per
migliorare le modalità operative del progetto.
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