Prospettive
assistenziali, n. 136, ottobre-dicembre 2001
Notiziario dell’Unione per la lotta contro
l’emarginazione sociale
interventi urgenti richiesti alla
regione piemonte
Riportiamo la
lettera inviata dal Csa - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti in
data 5 settembre 2001 agli Assessori alla sanità e all’assistenza della Regione
Piemonte, nonché al Presidente ed ai Componenti della IV Commissione del
Consiglio regionale piemontese.
Premessa
Il dato più impressionante sulla questione degli
anziani cronici non autosufficienti e dei malati di Alzheimer è il fatto che «nel corso del 1999, due milioni di famiglie
italiane sono scese sotto la soglia della povertà a fronte del carico di spesa
per la “cura” di un componente affetto da una malattia cronica», come
risulta dal documento che reca il titolo “Legge quadro per la realizzazione del
sistema integrato di interventi e servizi sociali”, pubblicato nell’ottobre
2000 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio del Ministro per la
solidarietà sociale.
La situazione italiana è tale per cui anche in
Piemonte migliaia di famiglie sono costrette a diventare povere a causa della
negazione del diritto alle cure sanitarie dei malati di Alzheimer e degli
anziani colpiti da cronicità e da non autosufficienza.
1. - I malati di
Alzheimer e gli anziani colpiti da patologie invalidanti e da non
autosufficienza continuano ad essere dimessi, spesso in modo selvaggio,
dagli ospedali e dalle case di cura private convenzionate, pur avendo ancora
l’esigenza di cure sanitarie intensive. Sovente non vengono rispettate le norme
previste dalla circolare dell’Assessore alla sanità del 23.10.2000 concernente
“Trasferimento di anziani non autosufficienti dalle unità operative per acuti
alle unità operative post-acuzie”.
Ai parenti dei soggetti di cui sopra continuano ad
essere consegnati, con la richiesta di sottoscrizione, dei moduli di case di
cura private convenzionate in cui illegittimamente è scritto quanto segue: «Il
sottoscritto ...... residente in ...... in qualità di ...... del paziente
...... dichiara di essere in grado di assicurare il trasferimento del paziente
al proprio domicilio / in Istituto di cura o presso altra idonea struttura,
all’atto della dimissione stabilita dai Sanitari della Casa di cura, o qualora
le condizioni del paziente risultassero non corrispondenti a quelle segnalate
nella presente proposta».
Ne deriva che ai suddetti parenti viene trasmessa una
informazione gravemente fuorviante, in base alla quale anziani malati cronici
avrebbero solo diritto a 60-120 giorni di ricovero ed i parenti (e non il
Servizio sanitario nazionale come stabiliscono le leggi vigenti) sarebbero
obbligati a garantire le cure anche sanitarie ai loro congiunti.
Di conseguenza quasi tutte le case di cura private
convenzionate dimettono gli anziani cronici non autosufficienti ed i malati di
Alzheimer per non subire la riduzione delle rette versate dalla Regione
Piemonte nella misura del 40% dopo i 60 giorni di permanenza nelle strutture di
riabilitazione e del 20% terminati i 120 giorni.
Si è arrivati (cfr. La Stampa del 9.8.2001) ai ben 9 trasferimenti di una signora
gravemente malata di 78 anni causati anche perché le case di cura private non
volevano subire le decurtazioni delle rette percepite dalla Regione.
Ciò premesso, si chiede che il Consiglio regionale svolga una
indagine approfondita sulle questioni
sopra indicate.
2. - Proseguono le
richieste – di fatto truffaldine – da parte di molti Comuni nei confronti
dei parenti di anziani cronici non autosufficienti e di soggetti, con demenza
senile. La prassi è spesso ricattatoria (se i congiunti non firmano
l’impegno di pagare la retta non coperta dai redditi del congiunto malato,
questi non viene ricoverato) e sicuramente truffaldina in quanto si tratta di
un intervento non previsto dalle leggi vigenti, com’è stato anche precisato dal
Difensore civico della Regione Piemonte.
Poiché finora
l’Assessorato regionale all’assistenza non ha varato provvedimenti idonei a
bloccare le pretese illegali dei Comuni, si chiede che l’indagine di cui al
punto precedente affronti anche questa problematica.
3. - La violazione del diritto alle cure sanitarie
degli anziani cronici non autosufficienti e dei malati di Alzheimer viene
praticata dalle Asl anche mediante la non apertura delle Rsa disponibili (vedi
quella di Moncalieri) e non stipulando le convenzioni con le Rsa-Raf
funzionanti. Ad esempio dei 120 posti della nuova struttura Anni Azzurri di
Santena ne sono stati convenzionati 12 dall’Asl 4 e 3 dall’Asl 2. Ne deriva che
per gli anziani malati non autosufficienti che necessitano di ricovero, le
famiglie sono obbligate a versare per i 105 posti non convenzionati (di cui 100
occupati) ben 4.500.000/4.650.000 al mese!
Si chiede
pertanto che l’indagine di cui ai precedenti punti 1 e 2 venga estesa anche
alle questioni relative alle nuove Rsa non aperte e alla mancata stipulazione
delle convenzioni.
4. - Ancora una volta, questo Coordinamento
– come ripete da oltre 16 anni – insiste sulla necessità di adeguate
cure domiciliari, che dovrebbero essere rivolte soprattutto ai casi più gravi,
per essere una vera alternativa al ricovero ospedaliero. Al riguardo
occorrerebbe provvedere alla presenza in tutte le Asl dell’assistenza
domiciliare integrata e del servizio di ospedalizzazione a domicilio da
organizzare in modo integrato, con un’unica équipe infermieristica, in modo da
fornire le necessarie prestazioni tutti i giorni (compresi i festivi).
5. - Come da richiesta avanzata da numerose
organizzazioni, si sollecita l’abrogazione della legge regionale 37/2000 che,
violando la Costituzione, i principi fondamentali del pluralismo e lo stesso
buon senso, ha attribuito all’Unione nazionale mutilati per servizio (Unms),
all’Associazione nazionale mutilati e invalidi civili (Anmic), all’associazione
nazionale mutilati e invalidi del lavoro (Anmil), all’Ente nazionale sordomuti
(Ens) e all’Unione italiana ciechi (Uic) «l’esercizio della rappresentanza e
tutela degli interessi morali ed economici delle rispettive categorie di
mutilati e invalidi».
6. - A seguito della estinzione degli enti di
assistenza (Eca, Onmi, Enaoli, ecc.) e di nnmerose Ipab (iniziativa che si
incrementerà notevolmente a seguito della legge 328/2000 e del decreto
legislativo 207/2001, ai Comuni sono stati trasferiti ingenti patrimoni,
soprattutto immobiliari. Nei relativi decreti regionali è sempre stata inserita
la seguente norma: «Con il vincolo della destinazione dei beni, con relative
rendite, a servizi socio-assistenziali».
Solo al Comune di Torino sono pervenuti beni del
valore di oltre mille miliardi.
Per quanto riguarda le Ipab privatizzate, le cui
proprietà spesso rilevanti (ad esempio i tre milioni di metri quadrati di
terreni dell’Opera pia Barolo) sono state attribuite ad enti privati a titolo
gratuito, si fa presente che la legge regionale 19 marzo 1991 n. 10 all’art. 6
prevede che «Il patrimonio mobiliare e immobiliare delle Ipab che abbiano
conseguito il riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato, i
relativi redditi netti derivanti dalla sua gestione ed i proventi derivanti
dalla sua alienazione o trasformazione sono destinati esclusivamente alle
attività socio-assistenziali dallo Statuto».
Data la rilevante consistenza dei beni trasferiti ai
Comuni (e alcuni, ad esempio l’ex Marro, alle Province) ed agli enti privati,
si chiede una adeguata iniziativa da parte del Consiglio regionale al fine di
evitare la dispersione dei patrimoni e delle relative rendite o il loro
utilizzo per scopi diversi da quelli concernenti i servizi socio-assistenziali,
le cui esigenze insoddisfatte sono quasi sempre motivate dalla mancanza di
mezzi economici.
COmunicazione inviata dal csa
alle case di cura private
In data 19 settembre 2001 il Csa ha inviato
alle case di cura private convenzionate la lettera che riproduciamo.
Sono molti i parenti di anziani malati cronici non
autosufficienti ricoverati presso le Case di cura convenzionate con il Servizio
sanitario regionale, che ci segnalano di aver subito azioni di pressione dal
Vostro personale sanitario e amministrativo che, approfittando della loro
posizione, fornisce informazioni non corrette o distorte, per costringere i
parenti ad accettare la dimissione dei loro congiunti.
Con la presente si chiede che la Direzione sanitaria
della Casa di cura richiami il proprio personale al rispetto delle norme di
legge vigenti.
Il personale sanitario e amministrativo è tenuto a
sapere che la struttura in cui opera, benché privata, è convenzionata con il
Servizio sanitario regionale e, dunque, deve sottostare alle norme di legge previste
per tutte le strutture sanitarie pubbliche dove il ricovero sanitario è
assicurato senza limiti di durata.
Per quanto sopra, si chiede che:
1. - siano eliminati i riferimenti presenti nei moduli
di ricovero, che indicano il numero massimo di durata della degenza; al
riguardo deve altresì cessare la modalità “verbale” adottata dal Vostro
personale, che “suggerisce” alla famiglia di assumere gli oneri totali della
retta per qualche mese e riattivare a partire da quello successivo la
compartecipazione dell’Asl; e così via fin che il malato muore o la famiglia ce
la fa a pagare, perché a quel punto – alla famiglia disinformata dei diritti
del suo congiunto – si impongono le dimissioni;
2. - sia eliminata la richiesta al familiare di
accettare a priori la dimissione del paziente;
3. - siano indicati in modo da essere riconosciuti
immediatamente i posti letto convenzionati con il Servizio sanitario regionale
e siano trasparenti le eventuali quote a carico dei ricoverati con la
precisazione delle prestazioni aggiuntive fornite;
4. - siano assicurate tutte le prestazioni sanitarie,
riabilitative e di assistenza alla persona, coperte dalla retta versata dal
Servizio sanitario regionale;
5. - siano attivati dal Vostro personale (e non
imposti alla famiglia) i necessari contatti con l’Asl di residenza dell’anziano
malato cronico non autosufficiente per definire il proseguimento della degenza
o il trasferimento in altra struttura sanitaria, così come indicato dalla Dgr
34/2000 del 19 giugno 2000 e dalla nota dell’Assessore alla sanità della
Regione Piemonte del 23 ottobre 2000, prot. 13569;
6. - non vengano più rivolti
apprezzamenti sul comportamento dei congiunti, comprese “minacce” del
trasferimento coatto a casa loro dei pazienti malati, la cui dimissione non è accettata
dai congiunti stessi.
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