Prospettive assistenziali, n. 136, ottobre-dicembre 2001

 

Interrogativi

 

IL SETTIMANALE “VITA” RILANCIA I VILLAGGI SOS?

Sul numero del 26 ottobre 2001 del settimanale Vita è comparso l’articolo “Sette villaggi, tante mamme e 1.200 bambini” che illustra (e rilancia?) la filosofia vecchia e superatissima dei villaggi Sos.

In Italia queste strutture hanno sede a Trento, Ostuni, Vicenza, Roma, Mantova, Morosolo e Saronno in provincia di Varese; ospitano 1.200 bambini e cioè circa 170 minori per ciascuno dei sette centri.

Ogni villaggio è composto da una decina di case unifamiliari in cui è presente la cosiddetta mamma Sos; la figura paterna sarebbe rappresentata, invece, dal direttore di ciascun complesso. In sostanza si tratta di una organizzazione che scimmiotta la famiglia e crea concentrazioni innaturali di bambini in difficoltà.

Sono strutture che gli enti interessati (Regioni e Comuni) avrebbero dovuto superare da molti anni mediante la predisposizione di aiuti economico-sociali ai genitori d’origine, l’adozione dei fanciulli privi di assistenza morale e materiale da parte dei loro congiunti, l’affidamento familiare a scopo educativo e, quale soluzione estrema, la creazione di comunità alloggio di 6-8 posti inserite in modo sparso nel vivo del contesto sociale.

Perché le Regioni ed i Comuni non hanno provveduto? È così che tutelano le esigenze dei fanciulli? Che cosa hanno fatto finora i Tribunali per i minorenni competenti in base al luogo in cui sono ricoverati i 1.200 bambini e ragazzi?

 

È VERO CHE IL 67% DEI MINORI DEL LAZIO HA LASCIATO LA FAMIGLIA PER MOTIVI DI INDIGENZA?

Sul n. 4/2001 di Volontariato Oggi è apparsa la seguente notizia «Il 67 per cento dei minorenni ospiti di strutture di assistenza nel Lazio ha dovuto lasciare la famiglia per motivi di indigenza. È quanto emerso nel corso del convegno organizzato dalle Unioni delle Comunità di tipo familiare per minori di Roma e Lazio. Il dieci per cento degli ospiti ha invece lasciato la famiglia per motivi sanitari, in particolare perché uno dei genitori è affetto da Aids; soltanto il nove per cento perché ha problemi con la giustiza; il sette per aver subito maltrattamenti e abbandono; il restante per motivi diversi. Nel Lazio sono 152, tra case famiglia e istituti, le strutture deputate all’assistenza dei minorenni, che ospitano complessivamente circa 1.300 giovani ogni anno (...). Per quanto riguarda gli ospiti, dei 1.300 il dieci per cento è costituito da extracomunitari ospitati in Italia, il 30 da extracomunitari irregolari e non accompagnati».

Poiché si tratta di una situazione sconvolgente, chiediamo al Presidente della Regione Lazio se le suddette informazioni sono veritiere. Vorremmo anche conoscere quali sono le prestazioni fornite alle famiglie indigenti, essendo inammissibile, oltre che più oneroso sotto il profilo economico, che i bambini vengano allontanati dai loro genitori a causa della mancanza dei mezzi economici occorrenti per mantenerli.

 

È CORRETTA LA NOTIZA PUBBLICATA DA “DONNA MODERNA” SUGLI ALIMENTI?

Sul numero del 28 marzo 2001 di Donna Moderna è stata riportata una nota redatta dall’Avv. Cesare Rimini, in cui viene affermato che, in base alle leggi in vigore, i figli dovrebbero sostenere, in relazione ai rispettivi redditi, una quota delle spese necessarie per curare la madre colpita da demenza senile.

Ritenendo infondata l’asserzione dell’Avv. Rimini, abbiamo scritto al direttore di Donna Moderna l’11 giugno 2001.

Poiché finora non ci è stata recapitata nessuna risposta e le nostre argomentazioni non sono state riportate sul suddetto periodico, riteniamo doveroso ribadire che «in base alle leggi vigenti da quasi mezzo secolo (legge 4.8.1955 n. 692, 12.2.1968 n. 132, 17.8.1974 n. 386, 13.5.1978 n. 180 e 23.12.1978 n. 833) le cure, comprese quelle ospedaliere, sono dovute gratuitamente e senza limiti di durata anche alle persone colpite da demenza senile».

Perché Donna Moderna non informa le sue lettrici ed i suoi lettori, che i servizi sanitari sono obbligati a fornire le necessarie prestazioni domiciliari, ambulatoriali e residenziali; evitando loro di sostenere le spese, spesso ingenti, che competono alla sanità?

 

Perché l’adiconsum non affronta la questione del diritto alla salute degli anziani cronici non autosufficienti?

L’Azienda sanitaria ospedaliera San Luigi di Orbassano (Torino) pubblica il notiziario bimensile “Insieme per la salute”.

Livia Pignataro dell’Adiconsum, Associazione per la difesa dei consumatori, fa parte della redazione.

Finora non ha mai detto nulla sulla questione del fondamentale diritto alle cure sanitarie gratuite e senza limiti di durata riconosciuto dalle leggi vigenti agli anziani cronici non autosufficienti ed ai malati di Alzheimer.

Questo diritto non è quasi mai rispettato dagli ospedali piemontesi, compreso il San Luigi. Perché Livia Pignataro non ne parla?

L’Adiconsum dovrebbe essere molto interessata alla questione, visto che coloro che vengono espulsi, spesso in modo selvaggio dalle cure ospedaliere, sono costretti a versare rette che vanno dalle 50 alle 200 mila lire al giorno!

 

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