Prospettive assistenziali, n. 137, gennaio-marzo 2002
Notizie
UN’IMPORTANTE SENTENZA SULL’INDENNITà DI ACCOMPAGNAMENTO
della corte di appello di
milano
La Corte di appello di Milano, con una sentenza del 15
marzo 2001, ha stabilito che il requisito dell’impossibilità a compiere gli
atti quotidiani della vita, richiesto dalla legge 18/1980 per la concessione
dell’indennità di accompagnamento, non deve essere valutato in senso assoluto,
ma tenendo conto dei tempi e dei ritmi di vita imposti dal contesto in cui vive
il soggetto con handicap. Di conseguenza, tale requisito è soddisfatto anche
nei casi in cui la persona con handicap, benché non completamente
impossibilitata a compiere gli atti fondamentali della vita quotidiana, venga a
trovarsi in una situazione di potenziale pericolo oppure di forte disagio a
causa delle difficoltà eccessive incontrate nel compiere tali atti.
La vicenda presa in esame dalla Corte di appello di
Milano riguardava il sig. G. F. che si regge in piedi a mezzo di due bastoni
canadesi, essendo colpito, com’è stato accertato dai due consulenti d’ufficio,
da una grave forma di vasculopatia arteriosa interessante anche le arterie
degli arti inferiori (oltre che altri distretti) e presenta esiti di una
frattura bimelleolare pluriframmentaria scomposta ed esposta medialmente
tibio-tarsica destra, con conseguente deficit funzionale dell’articolazione
tibio-tarsica nei movimenti di flesso-estensione del piede (all’arto inferiore
destro ha una protesi).
Occorre anche tener conto che il sig. G. F. all’epoca
della prima visita aveva 70 anni e, per di più, che nel 1994 era stato colpito
da ictus ischemioso carotideo
sinistro, con lesione in corrispondenza del braccio posteriore della capsula
interna di sinistra e a carico dei nuclei della base di destra. Pertanto, non
può neppure disporre della pienezza della forza fisica.
Fra l’altro, osservano i giudici, non solo non può
fare la spesa dovendo avere entrambi gli arti superiori impegnati a reggere i
bastoni (oltre che avere le gravi, facilmente immaginabili difficoltà di
accesso alla via pubblica e poi ai punti di vendita delle merci occorrenti), ma
anche ha tempi di movimento, all’interno della stessa casa di abitazione,
incompatibili con alcuni ritmi imposti dall’esterno: si pensi ai tempi di risposta
a telefonate (o a squilli del citofono) che provengono non sempre da persone
che conoscono lo stato di chi le riceve. Senza dire del fatto che lo stesso
lavarsi il viso e fare il bagno da solo è, se forse possibile, di complessità
inaudita, e, inoltre, del fatto che gli può capitare, per una qualsiasi
ragione, di scivolare e perdere uno dei bastoni, magari mentre attende ai
fornelli, e quindi di trovarsi in una situazione di disagio e di angoscia
inaccettabili.
A seguito delle valutazioni sopra esposte, la Corte di
appello ha riformato la sentenza di primo grado ed ha riconosciuto il diritto
del sig. G. F. all’indennità di accompagnamento.
UNA VALIDA INIZIATIVA DELLA REGIONE
LOMBARDIA
Il Consiglio regionale della Lombardia, su proposta della
Giunta, ha approvato il 12 dicembre 2001 la legge finanziaria 2002.
La legge prevede, fra l’altro, la totale esenzione da
parte di tutte le Onlus, Organizzazioni non lucrative di utilità sociale, dal
pagamento dell’Irap, imposta regionale per le attività produttive.
L’Irap è una tassa che incide nella misura del 4,25%
sul valore prodotto.
L’esenzione riguarda le cooperative sociali, le
organizzazioni di volontariato, le associazioni riconosciute e non riconosciute
e le società di mutuo soccorso: in totale 5.525 enti.
Da segnalare che il gettito Irap proveniente dalle
Onlus lombarde è stato nel 1999 di quasi 42 miliardi di lire.
LA BIZZARRA CONCEZIONE SULLA
SOLIDARIETÀ DELL’ASSESSORE
ALLA FAMIGLIA DELLA REGIONE LOMBARDIA
Sul n. 31 del 3 agosto del settimanale Vita, Gian Carlo Abelli, Assessore alla
famiglia e alla solidarietà sociale della Regione Lombardia esalta
l’erogazione, dallo stesso disposta, dei “Buoni socio-sanitari” ai congiunti
che accolgono a casa loro anziani cronici non autosufficienti.
Detti buoni, il cui importo mensile è di 800 mila
lire, sono riservati ai soggetti di cui sopra di età superiore ai 75 anni, con
invalidità al 100% e indennità di accompagnamento già riconosciuta.
Il reddito familiare annuo deve essere inferiore a 20 milioni
se si tratta di anziani che vivono da soli; per ogni componente in più è
calcolato un incremento progressivo. Ad esempio per un nucleo composto da 5
persone il reddito annuo limite è di 57 milioni di lire.
Per l’erogazione dei buoni, l’Assessore Abelli ha
dichiarato quanto segue: «Siamo partiti
da una constatazione: molte famiglie si trovano costrette a ricoverare un
anziano ammalato perché non possono permettersi economicamente di lasciare il
lavoro, o di limitarlo, o perché le loro entrate non sono sufficienti a coprire
i conti di un’assistenza specializzata».
Dunque, l’Assessore Abelli non sa (o non vuole
sapere?) che le leggi vigenti garantiscono anche agli anziani malati le cure
sanitarie gratuite e senza limiti di durata, comprese quelle ospedaliere?
Perché questo diritto non viene riconosciuto dalla
Regione Lombardia? È ammissibile che un amministratore pubblico eroghi ai
cittadini come atto di beneficenza denaro per compensare, peraltro in misura
molto limitata, i costi che i cittadini stessi sono costretti a sopportare a
causa della violazione della legge? Come può l’Assessore Abelli definire i
buoni socio-sanitari una espressione di solidarietà e di sostegno alle famiglie
in difficoltà?
La sanità proibita ai poveri
degli Stati Uniti
«Sono circa
900 mila gli americani che ogni anno vengono abbandonati dalle assicurazioni
collettive: tra di essi, anziani e invalidi» (1).
Federico Rampini segnala la seguente allucinante
vicenda:
«Bobby e
Irene Dickens, pensionati statali, a 65 anni hanno deciso di lasciare la città
di Vallejo nella Baia di San Francisco (“troppo cara per chi vive di una
pensione pubblica”) e a marzo si sono trasferiti in campagna, a Redding. La
settimana scorsa li ha raggiunti un annuncio incredibile. L’assicurazione
privata che gestisce la loro assistenza sanitaria non li copre più. “Costa
troppo - dichiara Roger Greaves, presidente di Health Net - garantire i servizi
sanitari a persone anziane che abitano fuori dai centri urbani; è
antieconomico, non conviene”. Nella California – che è lo Stato più ricco degli
Usa e da sola sarebbe la sesta potenza mondiale – 40.000 dipendenti e
pensionati pubblici hanno ricevuto in questi giorni il benservito
dall’assicurazione sanitaria».
L’inviato di “La
Repubblica” ricorda, inoltre, che i cittadini degli Stati Uniti «rimangono senza prestazioni quando le loro
compagnie assicurative falliscono: dal 1999 ad oggi, 29 società del settore
hanno fatto bancarotta».
Infine, ci informa che «ancora più numeroso è l’esercito di coloro che la copertura
assicurativa per le cure mediche non l’hanno mai avuta: sono quasi 40 milioni,
il 15% di tutta la popolazione degli Stati Uniti. È un esercito di non
garantiti, cittadini per i quali una malattia o un incidente può voler dire il
crollo da una vita normale alla miseria improvvisa. È un popolo composto per lo
più di lavoratori autonomi che non possono o non vogliono pagare la loro quota
per acquistare costose polizze sanitarie».
Coloro che intendono promuovere la privatizzazione della
sanità nel nostro Paese, non dovrebbero ignorare l’inquietante esperienza degli
Stati Uniti.
RICONOSCIUTO IL DIRITTO ALL’INSEGNANTE DI SOSTEGNO
In data 7 novembre 2001, il Tribunale amministrativo
regionale (Tar) per il Piemonte, 1ª Sezione, preso atto che nel piano
dell’organico per il sostegno relativo alla scuola elementare Padre Gemelli di
Torino non era previsto un posto di docente specializzato per un’alunna cieca,
ha accolto il ricorso presentato dai genitori di B.S. disponendo che l’Amministrazione
scolastica «assegni un insegnante di
sostegno alla minore portatrice di handicap».
DIFFIDA DAL PORTARE GLI UTENTI
DEI SERVIZI ALLE MANIFESTAZIONI
PROMOSSE DAGLI ENTI GESTORI
In data 20 dicembre 2001 il Csa, Coordinamento sanità e
assistenza fra i movimenti di base di Torino, ha inviato alla Lega delle
Cooperative e alla Federsolidarietà Conf-Cooperative, nonché all’Assessore
all’assistenza del Comune di Torino, ai Direttori generali delle Asl ed ai
Presidenti dei Consorzi per i servizi socio-assistenziali la seguente lettera: «Riteniamo estremamente grave che alla
manifestazione organizzata dalle cooperative aderenti alla Lega Cooperative e
Federsolidarietà ConfCooperative, in data di ieri, davanti al Consiglio
regionale a Torino, fossero presenti anche gli utenti dei centri diurni e delle
comunità alloggio.
«Si tratta di
persone in maggioranza con limitata o nulla autonomia (malati psichiatrici,
handicappati intellettivi) molti dei quali interdetti, che sono stati
trascinati in una azione che nulla ha a che vedere con il servizio per il quale
gli enti locali pagano la retta.
«Tale
iniziativa esula dagli accordi che avete stipulato con le cooperative e
probabilmente manca anche dell’autorizzazione preventiva dei familiari o dei
tutori degli utenti.
«Per quanto
sopra, Vi invitiamo per il futuro ad esercitare un maggior controllo in modo da
impedire che gli utenti dei servizi siano considerati di fatto “soci” delle
cooperative e non rispettati nella loro specificità di persone con diritti
anche diversi da quelli degli operatori che dovrebbero assisterli e tutelarli».
La manifestazione, a cui aveva dato la sua adesione
anche il Csa, era stata indetta per protestare contro le Asl che, interpretando
una delibera della Giunta della Regione Piemonte diretta alla realizzazione di
economie sulla sfera sanitaria, avevano richiesto a tutti i fornitori di
ridurre nella misura del 5-15% i prezzi delle prestazioni già affidate.
L’obiettivo era quello di ottenere l’esclusione dalla
suddetta imposizione i servizi alla persona gestiti da cooperative sociali.
(1)
Cfr.
Federico Rampini, “California, i malati costano troppo e la mutua sceglie solo
i più sani. Le assicurazioni in crisi rifiutano i clienti a rischio”, La Repubblica, 26 agosto 2001.
www.fondazionepromozionesociale.it