Prospettive assistenziali, n. 137, gennaio-marzo 2002

 

Notiziario dell’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

PETIZIONI REGIONALI SUL DIRITTO DEI MINORI ALLA FAMIGLIA

 

Per arginare le conseguenze negative della legge n. 328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” che, come è noto, non prevede diritti esigibili per la fascia più povera della popolazione e della legge n. 149/2001 “Modifiche alla  legge 4 maggio 1983 n. 184 recante “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori” nonché al titolo VIII del libro primo del Codice civile” l’Anfaa ha promosso una petizione di iniziativa popolare, riprendendo il testo di quella realizzata in Piemonte nei mesi scorsi dal Coordinamento Sanità Assistenza fra i movimenti di base cui l’Anfaa aderisce (v. Prospettive assistenziali n° 133). La raccolta è in corso in Lombardia e Liguria e sta partendo in Toscana, Friuli Venezia Giulia (dove sarà organizzata dal Coordinamento regionale di tutela dei minori)  e in Emilia Romagna.

Riportiamo il testo della petizione rivolta ai Presidenti del Consiglio e della Giunta della Regione Liguria, i cui contenuti sono simili a quelli predisposti per le altre Regioni. L’Anfaa è a disposizione per ulteriori informazioni di tutti quanti intendono collaborare alla raccolta delle firme, promuovendola anche in altre Regioni (tel. 011/8122327; fax 011/8122595; e-mail: segreteria@anfaa.it).

 

Tutti i bambini hanno diritto di crescere

in famiglia

Petizione ai Presidenti del Consiglio e della Giunta, ed ai Consiglieri della Regione Liguria

I sottoscritti cittadini elettori del Consiglio regionale Ligure indirizzano la seguente petizione ai Presidenti del Consiglio e della Giunta ed ai Consiglieri della Regione Liguria affinché, preso atto della situazione, spesso drammatica, della fascia più debole della popolazione, in particolare delle persone che non sono in grado di tutelare i propri interessi morali e materiali a causa dell’età, quali i bambini, i fanciulli e gli adolescenti con gravi difficoltà familiari o privi di cure morali e materiali da parte dei genitori o parenti, il Consiglio e la Giunta regionale assumano le necessarie e urgenti iniziative di seguito precisate, mediante l’approvazione di una o più apposite leggi regionali.

1) Riconoscere le priorità delle funzioni non assistenziali, e quindi promuovere e finanziare l’accesso prioritario ai servizi di competenza regionale, della sanità, della casa, della scuola, della formazione professionale, dei trasporti e sociali in genere ai soggetti che, se non beneficiano delle relative prestazioni, rischiano di cadere in condizioni di emar­ginazione. In ogni caso le prestazioni dei suddetti servizi non possono essere negate o limitate in
presenza di handicap o patologie anche inguaribili.

2) Stabilire che, al fine di assicurare ai cittadini in condizione di bisogno una rete integrata di servizi, tutte le attività socio-assistenziali devono essere svolte dai Comuni singoli o associati (d’ora in avanti denominati “Enti Gestori”) Le associazioni tra i Comuni o tra Comunità montane o tra Comunità montane e Comuni, devono essere obbligatorie e riguardare tutte le funzioni socio-assistenziali.

3) Allo scopo di assicurare la massima autonomia possibile ai soggetti interessati ed ai loro nuclei di appartenenza, sono obbligatori da parte degli Enti Gestori i seguenti interventi socio-assistenziali:

a) la consulenza e le altre possibili azioni a favore dei soggetti in difficoltà e dei relativi nuclei familiari in cui i soggetti stessi vivono;

b) gli adempimenti concernenti l’anagrafe dei minori ricoverati in istituto o accolti presso comunità alloggio di tipo familiare e case famiglia;

c) le iniziative rivolte, con il consenso informato dei soggetti interessati, ad ottenere gli accessi prioritari di cui al punto 1;

d) le prestazioni economiche dirette ad assicurare il minimo vitale alle persone ed ai nuclei familiari non in grado di provvedere autonomamente alle proprie esigenze fondamentali di vita. Sono di competenza dei servizi degli enti locali preposti all’avviamento al lavoro le attività rivolte a rispondere alle esigenze, comprese, quelle economiche, dei cittadini disoccupati o sottoccupati in grado di svolgere attività lavorative;

e) gli affidamenti presso famiglie o persone singole di cui  alle normative vigenti in materia, prevedendo obbligatoriamente per tutti gli affidatari la copertura assicurativa e un adeguato rimborso spese;

f) la tempestiva segnalazione all’autorità giudiziaria dei minori in presunta situazione di privazione di assistenza materiale e morale da parte dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi e la realizzazione degli altri adempimenti previsti dalle leggi vigenti in materia di adozione di minori italiani e stranieri. Nel caso di minori di età superiore ai 12 anni o con handicap accertato ai sensi dell’art.4 della legge 104/1992 ai genitori adottivi viene erogato, indipendentemente dal loro reddito, un contributo economico almeno pari al rimborso-spese corrisposto agli affidatari fino al raggiungimento della maggiore età dell’adottivo. Questo rimborso spese è aggiuntivo della indennità di accompagnamento e di ogni altra prestazione previdenziale. Contributo di identico importo deve essere erogato ai genitori ed altri parenti che provvedano direttamente al loro congiunto minorenne con handicap accertato ai sensi dell’art.4 della legge n. 104/1992;

g) la creazione di comunità alloggio di tipo familiare e la promozione di case famiglia per i minori nei cui confronti non siano realizzabili le azioni di cui ai punti precedenti. Nello stesso stabile non possono essere istituite più di una comunità alloggio o di una casa famiglia. Inoltre, devono essere evitati i raggruppamenti di comunità alloggio e di case famiglia nella stessa zona.

Dovrà essere predisposto entro il 30.12.2002 un progetto specifico per il superamento dell’istituzionalizzazione di tutti i minori attraverso l’attivazione dei necessari interventi alternativi; per quelli di età inferiore a sei anni, i ricoveri devono avvenire solo in una comunità alloggio di tipo familiare o in una casa famiglia, di cui sopra.

4) Approvare le disposizioni necessarie per definire le caratteristiche di fondo delle comunità alloggio di tipo familiare e case famiglia, stabilendo in particolare che:

a) le comunità alloggio di tipo familiare sono strutture costituite da un normale alloggio o da una abitazione mono o pluri familiare in cui sono accolti al massimo 6-8 soggetti minorenni; il personale che vi opera deve essere adeguatamente preparato, in numero congruo alle necessità dei minori accolti, garantendo anche continuità di presenza nel tempo;

b) le case famiglia sono strutture costituite da un nucleo familiare stabile in cui sono inseriti da 2 a 4 soggetti in difficoltà.

5) Disciplinare l’accesso ai servizi socio-assistenziali, stabilendo in particolare che i soggetti aventi diritto alle prestazioni di cui al precedente punto 3:

a) inoltrano domanda scritta all’Ente Gestore dei servizi socio-assistenziali, sia direttamente, sia tramite coloro che li rappresentano;

b) l’istanza può essere altresì presentata, previo consenso informato sottoscritto dal soggetto interessato o dal suo tutore, dalle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri della Regione Liguria;

c) nei casi di emergenza o per motivi eccezionali, l’istanza può essere presentata anche verbalmente. L’operatore che la riceve è tenuto a redigere apposito verbale ed a fornire immediatamente copia al soggetto interessato oppure a chi lo rappresenta o all’associazione di volontariato.

Si richiama inoltre la facoltà di segnalazione di situazione di disagio di minori all’Autorità giudiziaria minorile e agli Enti Gestori da parte di chiunque ne sia a conoscenza.

6) Definire le modalità ed il tempo di risposta degli Enti Gestori dei servizi socio-assistenziali, disponendo che:

a) gli Enti Gestori dei servizi socio-assistenziali sono tenuti ad avviare gli interventi entro e non oltre 30 giorni dalla presentazione dell’istanza, fornendo copia del programma delle prestazioni che verranno effettuate;

b) contro la decisione dell’Ente Gestore è ammesso entro 15 giorni ricorso al Sindaco del Comune in cui il soggetto risiede o è domiciliato o, nei casi di necessità, nel Comune in cui si trova;

c) il Sindaco è tenuto a trasmettere all’interessato la decisione assunta entro e non oltre 30 giorni dalla presentazione del ricorso.

7) Disporre il divieto assoluto dei seguenti interventi:

a) rilascio di autorizzazioni per la costruzione o ristrutturazione di istituti a carattere di internato per minori o per soggetti con handicap, aventi una capienza complessiva superiore a 8 posti, comprese le strutture costituite da due o più gruppi assimilabili alle comunità alloggio;

b) erogazione di finanziamenti di qualsiasi natura ed entità a favore degli istituti di ricovero, aventi una capienza complessiva superiore a 8 posti, ad esclusione del pagamento di rette di ricovero, fino all’inserimento dei soggetti nei servizi e nelle strutture alternativi di cui al punto 4.

8) Assegnare ai Comuni le residue competenze socio-assistenziali delle Province, in modo da:

a) unificare gli interventi e superare le attuali discriminazioni fra minori nati nel e fuori del matrimonio, e fra i ciechi ed i sordi “poveri rieducabili” (così definiti dal regio decreto 383/1934) e gli altri soggetti colpiti dagli stessi handicap o da altre menomazioni;

b) attribuire a due Enti Gestori dei servizi socio-assistenziali (ad es. ai Comuni di Genova e di Savona) va  le funzioni concernenti l’assistenza alle gestanti, alle madri nubili e coniugate in difficoltà, comprese le attività rivolte a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i propri nati, inclusi i necessari interventi a favore dei neonati per almeno 60 giorni prima del trasferimento della competenza ai Comuni;

c) precisare che le attività di cui alla precedente lettera b) devono essere svolte su semplice richiesta delle donne interessate, indipendentemente dalla loro residenza anagrafica, garantendo l’assoluto anonimato ai soggetti di cui sopra.

9) Proibire agli Enti Gestori di attività assistenziali di affidare a soggetti privati o pubblici (Ipab, ecc.) le funzioni concernenti:

a) la valutazione delle condizioni di accesso ai servizi, l’esame dei ricorsi, i controlli e la vigilanza ordinaria, nonché i compiti gestionali qualora ne possa risultare compromessa l’integrazione delle prestazioni e l’unitarietà degli interventi;

b) gli accertamenti concernenti la situazione di privazione di assistenza morale e materiale dei minori e la valutazione degli aspiranti all’adozione, all’affidamento familiare a scopo educativo ed il relativo sostegno delle adozioni e degli affidamenti familiari e alla conduzione di case famiglia.

10) Prevedere che nell’affidamento della gestione dei servizi socio-assistenziali ad enti privati, comprese le cooperative sociali, sia stabilito che essi sono tenuti a corrispondere a tutto il personale addetto, compresi i soci lavoratori, gli emolumenti economici stabiliti dai contratti collettivi di lavoro.

11) Disporre - allo scopo di prevenire maltrattamenti e/o abusi nei confronti degli utenti - che tutto il personale operante nelle strutture assistenziali pubbliche e/o convenzionate a diretto contatto con i minori sia in possesso di una certificazione attestante che non presenta controindicazioni, per le caratteristiche della sua personalità, allo svolgimento delle proprie mansioni. Gli Enti Gestori individuano un centro scientificamente valido (d’intesa con le organizzazioni sindacali ed i rappresentanti dell’utenza), cui conferire questo incarico.

12) Istituire una apposita Commissione incaricata di svolgere una indagine conoscitiva sulle Ipab ed ex Ipab allo scopo di accertare che:

a) Il patrimonio mobiliare ed immobiliare delle Ipab che abbiano conseguito il riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato, i relativi redditi netti derivanti dalla sua gestione ed i proventi derivanti dalla sua alienazione o trasformazione sono destinati esclusivamente alle attività socio-assistenziali previste dallo Statuto;

b) l’eventuale estinzione o cessazione di attività di Ipab che hanno conseguito il riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato;

c) l’ammontare dei patrimoni e dei relativi redditi delle strutture trasferite ai Comuni ed alle Province a seguito della estinzione degli enti pubblici assistenziali (Eca, Onmi, Enaoli, ecc.) ed il loro attuale utilizzo;

d) la consistenza dei beni immobili e mobili e dei relativi redditi delle Ipab in attività e la loro odierna destinazione. Scopo dell’inda-gine è la valutazione dei beni e dei relativi redditi destinati ai servizi socio-assisten-ziali, anche al fine della individuazione delle concrete possibilità del loro utilizzo per la creazione ed il funzionamento delle strutture mancanti o da ammodernare.

13) Istituire gli uffici provinciali di pubblica tutela per l’esercizio di funzioni di tutore ad essi deferite dalle competenti Autorità Giudiziarie e per la consulenza a favore di altri soggetti individuati come tutori dalle autorità stesse. Gli uffici provinciali di pubblica tutela operano con personale delle Province e si avvalgono di volontari e gruppi di volontariato.

 

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