Prospettive assistenziali, n. 137, gennaio-marzo 2002
I
diritti dei cittadini in difficoltà e il miraggio dei piani di zona
A seguito delle ripetute e ferme prese di
posizione del Csa e di Prospettive
assistenziali (1), c’è stato un significativo e spesso totale cambiamento
di posizione da parte di numerosi tecnici e di molte riviste, comprese quelle
specializzate: contrariamente alle affermazioni dei mesi scorsi, adesso
sostengono che nella legge 328/2000 di riforma dell’assistenza e dei servizi
sociali non vi sono diritti esigibili, ad esclusione della conferma delle
contribuzioni economiche a carattere permanente rivolte ai soggetti con
handicap (2).
Anche Salvatore Nocera, esperto giuridico
delle Fondazioni “Camminare insieme” e “Zancan”, riconosce che, per quanto riguarda la legge sopra citata, non è
possibile parlare di diritti esigibili (3).
Condizioni
per l’esigibilità dei diritti
Nocera motiva l’assenza di diritti
esigibili nella legge 328/2000 per il fatto che «il fondo sociale nazionale è del tutto insufficiente a garantire i
livelli qualitativi e quantitativi di tutte le prestazioni e servizi
richiedibili dagli utenti. Il piano sociale nazionale recentemente predisposto
dal Governo si limita ad indicare l’elenco dei livelli essenziali dei servizi,
ma la loro quantificazione ed effettiva qualità, nonché la loro fruibilità da
parte di tutti i possibili utenti, è rimessa alla disponibilità concreta dei
finanziamenti».
In realtà, affinché i diritti siano veramente
esigibili da parte dei cittadini occorre che la legge:
- individui i soggetti beneficiari;
- stabilisca l’ente tenuto ad
intervenire;
- definisca le prestazioni erogabili, le
modalità ed i tempi di attuazione, i capitoli di spesa da cui l’ente pubblico
trae le risorse e le eventuali contribuzioni a carico dell’utente;
- precisi il diritto dell’utente a
usufruire delle prestazioni di cui sopra e le possibilità di ricorso.
Anche la mancanza di uno solo degli
elementi sopra indicati non consente l’esigibilità da parte dei cittadini dei
servizi indicati nella legge. Nella legge 328/2000 i dati mancanti sono più di
uno.
I piani di
zona
Nocera sostiene che i diritti possono
essere resi esigibili semplicemente mediante l’approvazione dei piani di zona.
Al riguardo, afferma che «una volta
sottoscritto l’accordo di programma che fa proprio il piano di zona di cui
all’articolo 19 della legge 328/2000, nasce per gli utenti di quella zona il
“diritto soggettivo” a ottenere le prestazioni ivi indicate, purché ovviamente
si abbia l’accortezza di indicare in modo chiaro e puntuale i tipi di
prestazione, i modi e i tempi della loro erogazione, i funzionari responsabili
dell’erogazione delle stesse, i capitoli di bilancio destinati alla fornitura
di quelle determinate prestazioni».
Purtroppo non è così! Difatti, se nelle
delibere di approvazione dei piani di zona (4) non è stabilito che gli
interventi ivi previsti costituiscono un diritto esigibile da parte degli
utenti, i cittadini nulla possono pretendere. E, come avviene quasi sempre, i
piani si limitano ad indicare i servizi e le prestazioni che gli enti possono o
non possono erogare in base alla loro assoluta discrezionalità.
Ad esempio, se il piano di zona è redatto
come quello predisposto per gli anni 2000-2002 dai Comuni di Bevagna, Foligno,
Gualdo Cattaneo, Montefalco, Nocera Umbra, Sellano, Spello, Trevi e Valtopina
(5), non c’è nessuna possibilità di pretendere l’erogazione delle prestazioni
ivi previste.
Infatti, come ha affermato Mario
Margasini, Assessore alle politiche sociali del Comune di Foligno, per i
cittadini il suddetto piano di zona «assume
il valore di un patto territoriale teso al conseguimento degli obiettivi di
promozione e di sostegno delle politiche sociali dell’Ambito» (6).
Inoltre, sul piano generale, occorre
considerare che notevoli sono le difficoltà che si presentano per rendere
possibile la predisposizione dei piani di zona nei territori comprendenti più
Comuni anche perché la legge 328/2000 (fatto estremamente negativo) non ha dato
alle Regioni il compito di imporre la gestione associata dei servizi sociali;
esse hanno (cfr. l’art. 8) solo la possibilità di prevedere «incentivi a favore dell’esercizio associato
delle funzioni sociali». Estremamente macchinoso è, poi, l’iter imposto in
materia alle Regioni dal decreto legislativo 112/1998 (7).
Per arrivare alla redazione e
approvazione dei piani di zona, occorre, altresì, che tutti i Comuni del
territorio interessato abbiano accettato l’esercizio associato delle funzioni
sociali e raggiunto gli accordi indispensabili per la definizione delle linee
di intervento, delle modalità organizzative e dei finanziamenti relativi.
Infine, è necessario che i provvedimenti
di approvazione dei piani di zona, come abbiamo già osservato, contengano
disposizioni tali da consentire ai cittadini di esercitare veri e propri
diritti esigibili alle prestazioni ivi previste.
Conclusioni
Com’è ovvio, il riconoscimento ai
cittadini del diritto di usufruire dei servizi necessari per soddisfare le loro
esigenze fondamentali è una questione essenzialmente politica (8), che dovrebbe
essere risolta dai Comuni singoli e associati mediante l’approvazione di una o
più delibere (9), senza attendere la redazione dei piani di zona.
Detta approvazione dovrebbe essere
preceduta da un’ampia ed effettiva consultazione degli operatori, dei sindacati
e dei gruppi di base.
In questo modo, non soltanto si guadagna
tempo prezioso, ma il livello politico fornisce ai tecnici le basi
indispensabili per la redazione dei piani di zona. Naturalmente, anche questa
attività dovrebbe essere sviluppata con la massima partecipazione possibile di
tutte le forze sociali operanti nel territorio.
(1) Cfr. gli
articoli apparsi su Prospettive
assistenziali: “Abbondano le notizie false sul testo di riforma
dell’assistenza e dei servizi sociali”, n. 131, 2000, “Altre notizie false
sulla legge di riforma dell’assistenza e dei servizi sociali”, n. 133, 2001.
(2) Cfr. “Anche
l’esperta dell’ex Ministro Livia Turco riconosce che nella legge 328/2000 non
ci sono diritti esigibili, anzi”, Ibidem,
n. 135, 2001. La stessa esperta, Alfonsina Rinaldi, ammette che nella normativa precedente alla legge
328/2000 erano riconosciuti diritti azionabili ai soggetti, a cui la legge
328/2000 riconosce solo più la priorità di accesso ai servizi.
(3) Cfr.
l’articolo “Esigibilità dei diritti” in Studi
Zancan - Politiche e servizi alle persone, n. 2, 2001.
(4) L’art. 19
della legge 328/2000 è così redatto:
«1. I Comuni associati, negli ambiti territoriali di cui all’art. 8, comma
3, lettera a), a tutela dei diritti della popolazione, d’intesa con le aziende
unità sanitarie locali, provvedono, nell’ambito delle risorse disponibili, ai
sensi del’art. 4, per gli interventi sociali e socio-sanitari, secondo le
indicazioni del piano regionale di cui all’art. 18, comma 6, a definire il
piano di zona, che individua:
a) gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli
strumenti e i mezzi per la relativa realizzazione;
b) le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie,
strutturali e professionali, i requisiti di qualità in relazione alle
disposizioni regionali adottate ai sensi dell’art. 8, comma 3, lettera h);
c) le forme di rilevazione dei dati nell’ambito del sistema informativo
di cui all’art. 21;
d) le modalità per garantire l’integrazione fra servizi e prestazioni;
e) le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi
periferici delle amministrazioni statali, con particolare riferimento
all’amministrazione penitenziaria e della giustizia;
f) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i
soggetti operanti nell’ambito della solidarietà sociale a livello locale e con
le altre risorse della comunità;
g) le forme di concertazione con l’azienda unità sanitaria locale e con
i soggetti di cui all’art. 1, comma 4.
«2. Il piano di zona, di norma adottato attraverso accordo di
programma, ai sensi dell’art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e
successive modificazioni, è volto a:
a) favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondato su
servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le
risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i
cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi;
b) qualificare la spesa, attivando risorse, anche finanziarie, derivate
dalle forme di concertazione di cui al comma 1, lettera g);
c) definire i criteri di ripartizione della spesa a carico di ciascun
Comune, delle aziende unità sanitarie locali e degli altri soggetti firmatari
dell’accordo, prevedendo anche risorse vincolate per il raggiungimento di
particolari obiettivi;
d) prevedere iniziative di formazione e di aggiornamento degli
operatori finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi.
«3. All’accordo di programma di cui al comma 2, per
assicurare l’adeguato coordinamento delle risorse umane e finanziarie,
partecipano i soggetti pubblici di cui al comma 1, nonché i soggetti di cui
all’art. 1, comma 4, e all’art. 10, che attraverso l’accreditamento o
specifiche forme di concertazione concorrono, anche con proprie risorse, alla
realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali previsti
nel piano».
(5) Cfr. Mauro
Soli, “Un’esperienza di progettazione sociale dal basso in Umbria”, Studi Zancan - Politiche e servizi alle
persone, n. 3/2001.
(6) Cfr. la
pubblicazione “Regione dell’Umbria, Ambito n. 8, Il piano di zona 2000-2002”.
(7) L’art. 3 del
decreto legislativo 112/1998 stabilisce che «al
fine di favorire l’esercizio associato delle funzioni dei Comuni di minore
dimensione demografica, le Regioni individuano livelli ottimali di esercizio
delle stesse, concordandoli nelle sedi concertative di cui al comma 5 del
presente articolo. Nell’ambito della previsione regionale, i Comuni esercitano
le funzioni in forma associata, individuando autonomamente i soggetti, le forme
e le metodologie, entro il termine temporale indicato dalla legislazione
regionale. Decorso inutilmente il termine di cui sopra, la Regione esercita il
potere sostitutivo nelle forme stabilite dalla legge stessa. La legge regionale
prevede altresì appositi strumenti di incentivazione per favorire l’esercizio
associato delle funzioni».
(8) Cfr.
“Proposte alle Regioni per limitare i danni della legge quadro sui servizi
sociali”, Prospettive assistenziali
n. 132, 2000.
(9) Cfr. “Indicazioni per una
delibera quadro dei Comuni singoli o associati nelle attività
socio-assistenziali”, Ibidem.
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