Prospettive assistenziali, n. 137, gennaio-marzo 2002
l’assistenza personale autogestita:
una realtà innovativa per
le persone con handicap fisico molto grave
Gianni pellis (*)
Il mio progetto
personalizzato di “Vita indipendente” ai sensi della legge n. 162/1998 e il
progetto Savi del Cisap, Consorzio di Collegno e Grugliasco costituiscono due
aspetti ugualmente importanti e complementari della realtà della vita
indipendente per le persone con gravi disabilità e dell’assistenza personale
autogestita.
Chi sono, alcune informazioni sulla mia persona
Sono una persona con
disabilità permanente, tetraplegico dal 1986 con conseguenti gravi limitazioni
alla possibilità di essere autosufficiente nello svolgimento delle più
essenziali funzioni della vita. Lavoro a Torino presso la ditta Alenia Spazio e
vivo, da solo, a Grugliasco.
Molte azioni della mia
giornata, come l’essere alzato e coricato, le operazioni di igiene personale,
l’essere imboccato per i pasti, l’essere accompagnato per gli spostamenti sia
in casa che all’esterno, solo per indicare i più importanti bisogni primari,
non trovano nessun aiuto o beneficio nemmeno dalla tecnologia più sofisticata.
Esse richiedono,
necessariamente, un intervento che può essere garantito solo dalla presenza di
assistenti personali da me gestiti e da me retribuiti, che debbono essere
coinvolgibili con sicurezza, con continuità, in modo flessibile, lungo l’arco
dell’intera giornata, di tutta la settimana e di tutto l’anno.
Alcune altre azioni,
invece, vengono da me effettuate in modo autosufficiente mediante ausili
innovativi che ho individuato personalmente e acquistato con mezzi finanziari
propri.
La mia esperienza
A sua volta, può essere costituita
da tre aspetti, quello psicologico e personale, quello concreto e operativo,
quello contabile, amministrativo e gestionale.
Ritengo, però, che sia
importante e necessario presentare brevemente gli inizi in Italia e di come si
sia arrivati a questa innovativa esperienza di assistenza personale autogestita
che, senza ombra di dubbio, può essere anche considerata un ottimo esempio di
“buona prassi”.
Gli inizi in Italia
Probabilmente tutto è nato
in occasione della conferenza internazionale “Personal Assistant: The key for
the Independent Living”, promossa da Teresa Selli Serra, compianta presidente
dell’Aias, tenutasi a Roma nell’ormai lontano 1989.
In quella conferenza, dalla
viva e serena voce di numerose persone con gravi disabilità motorie e attivisti
del Movimento internazionale per la vita indipendente, apprendemmo che cosa
effettivamente significa libertà di scelta per gestire la propria vita, reale
autodeterminazione e concreta integrazione sociale nonostante la disabilità.
Che cosa sia l’assistenza personale autogestita, quali siano le notevoli
opportunità e le concrete potenzialità che offre alle persone con disabilità,
cosa siano i pagamenti diretti e le efficaci opportunità offerte dal controllo
e dalla gestione degli assistenti personali, liberamente scelti e formati.
Come, inoltre, persone in
carrozzina con forti limitazioni motorie, tetraplegia o mancanza totale degli
arti superiori o tetraparesi spastica (come esempi tra i tanti possibili)
potessero vivere una vita attiva e propositiva, in famiglia o da soli, a casa e
in ufficio; potessero muoversi all’interno del loro paese e anche all’estero,
nonché gestire e controllare la propria giornata nonostante le forti limitazioni
motorie per attivare iniziative, poter fare attività, prendere decisioni
riguardanti la propria vita. E come quelle stesse persone potessero anche avere
anche una “normale” situazione familiare e lavorativa: nonostante le
limitazioni motorie.
Insomma, una vita normale,
simile a quella di tutte le persone e cittadini senza disabilità.
Un sogno, forse
Rimanemmo affascinati da
queste relazioni e dagli interventi. Fu, non solo per me, una autentica
rivelazione lo scoprire che tutto ciò poteva essere una concreta realtà, che
esisteva la possibilità di gestire i propri assistenti personali con
finanziamenti appropriati e avulsi dalla vecchia logica dell’assistenza in
generale, e di quella domiciliare in particolare.
Gli assistenti personali,
dunque, persone che, sotto il controllo e la gestione diretta della stessa
persona con disabilità, eseguivano con e per la persona quelle azioni e quelle
attività che avrebbe fatto se ne avesse avuto l’effettiva possibilità.
Pensare all’assistenza
personale autogestita, sotto il controllo della persona con disabilità e
nell’ambito di un rapporto di lavoro concordato e di una presenza programmata,
sicura e continuativa dava l’impressione di qualcosa di rivoluzionario.
Pensare a un sistema in
alternativa all’assistenza domiciliare classica, pochissime ore alla settimana
(anche oggi), mai di sera dopo le 16 e mai di mattina presto, impensabile nei
giorni di festa o nei weekend, con gli operatori che cambiano tutti i giorni,
ecc., rappresentava sia forte rispetto della persona con disabilità e, allo
stesso tempo, una soluzione valida, concreta e efficace per garantire il
diritto all’autodeterminazione e alla libertà di scelta, senza decisioni
esterne o altrui.
Ricordo la mia personale
sensazione di estremo stupore: il solo pensiero di poter richiedere e ottenere
finanziamenti adeguati e continuativi a disposizione diretta della persona
rappresentava, finalmente, qualcosa di fortemente innovativo.
Per quello che mi
riguardava in prima persona, quella era senza dubbio una prospettiva nuova.
Perché, se da un lato ero indubbiamente abituato a fare già tante cose nella
mia vita, avevo però avuto troppe volte la conferma di poter ottenere poco o
nulla dalla pubblica amministrazione, per il solo fatto di avere un lavoro e
quindi un reddito. Per cui avevo finito col convincermi che potevo e dovevo
contare solo sulle mie forze.
Un finanziamento per
l’assistenza personale autogestita avrebbe potuto significare, ma ovviamente
non solo per me, un aiuto per pagare almeno in parte gli assistenti personali,
senza dover fare unicamente affidamento sul mio reddito personale, che veniva
così praticamente annullato. Un reddito personale la cui unica fonte era
proprio, ironia della sorte, quell’attività lavorativa che potevo mantenere
solo riuscendo a raggiungere ogni giorno e il più a lungo possibile il luogo di
lavoro, e quindi servendomi di assistenti personali, per pagare i quali
spendevo praticamente quello che guadagnavo.
Sarebbe stato più facile, a
quel punto, restarmene a casa. Ma una decisione di questo tipo mi avrebbe
ingiustamente precluso la possibilità di essere attivo e propositivo, di
sentirmi persona e cittadino a tutti gli effetti.
A quel punto, con
l’assistenza personale autogestita, si parlava di qualcosa in più. Non più
soltanto la possibilità di alzarmi e prepararmi al mattino, coricarmi alla
sera, andare a lavorare, potermi spostare, ma anche poter decidere, finalmente,
di pensare non solo e sempre alle cose primarie.
Significava finalmente
poter ricevere gli amici, pianificare la mia giornata, la mia settimana, in una
parola il mio futuro, almeno quello a breve e medio termine.
E significava anche tante
altre cose: poter avere una mia privacy,
abbandonare definitivamente le incertezze, la provvisorietà, le insicurezze.
Insomma era quella la soluzione che si stava cercando da anni e che,
sicuramente, avrebbe significato una continuità di presenza e di attività
assolutamente impensabile.
Enil Italia,
Vita indipendente e assistenza
personale autogestita
Quel giorno per alcuni di
noi presenti alla conferenza rappresentò l’inizio di un nuovo cammino, di
un’altra buona e nuova idea da sostenere e di importanti obiettivi da
raggiungere anche nel nostro paese.
Infatti, l’anno successivo,
eravamo presenti ad Assen alla riunione di Enil Europa dove vennero definiti i
principi guida e le linee di sviluppo per i movimenti per la Vita Indipendente
nei singoli paesi dell’Europa.
A maggio del 1991, a Roma,
circa ottanta persone con disabilità costituivamo Enil Italia. L’inizio di una
nuova sfida.
Riprendiamo, dal
“Manifesto” di Enil Italia Onlus (www.enil.it), alcuni principi del Movimento
internazionale per la vita indipendente:
«Per le persone con disabilità “Vita indipendente” è, fondamentalmente, poter
vivere proprio come qualunque altro “cittadino”: avere la possibilità di
prendere decisioni riguardanti la propria vita e la capacità di svolgere
attività di propria scelta con le sole limitazioni che hanno le persone senza
disabilità. “Vita indipendente” vuol anche dire affrontare, in prima persona,
tutte le questioni che riguardano specificatamente le persone con disabilità
secondo una particolare filosofia che potremmo definire “libertà nonostante la
disabilità”. Ma non ci può essere “Vita indipendente” senza l’assistenza
personale autogestita che è la condizione essenziale di cui le persone con
disabilità necessitano per la loro libertà e per uscire dalla condizione di
subalternità alle scelte e decisioni altrui. Senza di essa è impossibile
parlare di uguali diritti e di autodeterminazione».
Negli anni successivi,
attraverso Enil Italia Onlus abbiamo promosso e diffuso la problematica della
Vita indipendente, sostenuto a tutti i livelli il diritto delle persone con
disabilità all’autodeterminazione e all’assistenza personale autogestita.
Con l’attività tra le
persone, con l’impegno dei soci, gli incontri e le conferenze, l’attività
informativa generalizzata con le istituzioni e gli enti locali abbiamo
informato formato e avviato le persone sulla strada dell’assistenza
autogestita.
Abbiamo sostenuto le idee,
diffuso le positive esperienze, indicato le possibili soluzioni e preparato il
terreno, anche collaborando con gli amici americani, svedesi, inglesi,
irlandesi, tedeschi per citare le nazioni più vicine a noi, dove queste
possibilità sono ormai una realtà acquisita. Questo incessante lavorio e questo
determinato impegno nel tempo hanno maturato cultura e disponibilità. E,
finalmente, la promulgazione della legge n. 162/1998.
La normativa
per la “Vita indipendente”.
Anche da noi
Nel maggio del 1998 la
svolta: il Parlamento promulgava la legge n. 162/1998 “Modifiche alla legge 5
febbraio 1992, n. 104/1990, concernenti misure di sostegno in favore di persone
con handicap grave”.
È compito delle Regioni,
all’articolo 1 ter, «disciplinare, allo scopo di garantire il diritto ad una vita
indipendente alle persone con disabilità permanente e grave limitazione
dell’autonomia personale nello svolgimento di una o più funzioni essenziali
della vita, non superabili mediante ausili tecnici, le modalità di realizzazione di programmi di aiuto alla persona,
gestiti in forma indiretta, anche mediante piani personalizzati per i soggetti
che ne facciano richiesta, con verifica delle prestazioni erogate e della loro
efficacia».
Per la prima volta in una
legge dello Stato italiano si parlava di diritto alla Vita indipendente per le
persone con gravi disabilità. Anche nel nostro paese, finalmente.
La grande innovazione di
questa legge, all’articolo “1 ter”, è il riconoscimento alla persona con
disabilità del diritto fondamentale e inalienabile all’autodeterminazione della
propria esistenza e del diritto a controllare in prima persona il proprio
quotidiano e il proprio futuro.
Quantunque non sia una
legge specifica per la vita indipendente né dedicata solo all’assistenza
personale autogestita, la legge n. 162/1998 è stata ed è l’unica norma a cui
possiamo fare riferimento per richiedere, ma vorremmo dire esigere, e sperare
di ottenere un finanziamento per progetti personalizzati per gestire
direttamente e in prima persona i propri assistenti personali.
Già da qualche tempo, soci
di Enil Italia Onlus erano già riusciti a proporre e ad attivare nei loro
comuni alcuni progetti personalizzati di assistenza personale autogestita. Ma
con la promulgazione della legge n. 162/1998 alcune proposte sono diventate
concrete e, accanto quello di Roby Margutti a Terzo d’Aquileia in provincia di
Udine (robymargutti@tiscalinet.it) che potrebbe essere considerato il primo
progetto sperimentale reso operativo. Ricordo Ida Sala a Como (idasala@tin.it),
i primi tentativi a Venezia con Roberto Bressanello e, anche se senza successo,
c’era stato il primo tentativo di Miriam Massari a Roma
(mi.massari.libera@libero.it).
Accanto a questi iniziali,
si sono avviati quelli, numerosi, a Venezia (elisabetta.gasparini@tin.it), a
Verona (anatra63@hotmail.com, elenaskall@libero.it), a Brescia e a Grugliasco.
Il progetto Savi del Cisap di Collegno-Grugliasco
Sulla base della legge n.
162/1998, che dovrebbe garantire il diritto ad una vita indipendente alle
persone con disabilità, mi sono
rivolto al mio Comune per presentare la mia domanda/richiesta, ai sensi
dell’articolo “1 ter” della legge n. 162/1998.
Un Assessore mi indirizzò
al Cisap, Consorzio intercomunale per i servizi alla persona per i Comuni di
Grugliasco e Collegno, uno dei 68 enti gestori delle funzioni socio
assistenziali che coprono, Comune dopo Comune, tutto il territorio regionale
piemontese.
Mi accorsi subito che,
nonostante il Consorzio da numerosi anni stesse applicando con particolare e
corretta attenzione la legislazione in materia di disabilità e servizi alla
persona, c’era molto da fare per informare sulla legge e sulle problematiche
della vita indipendente e dell’assistenza personale autogestita.
Comunque, questa è una
situazione molto diffusa tra le amministrazioni comunali e gli enti pubblici
preposti alle attività socio assistenziali. Non so quanto sincera, quanto
voluta, quanto soltanto una scusa molto banale.
Anche perché, esperienza
maturata successivamente, quando l’informazione è stata data, i chiarimenti e
le spiegazioni fornite, le motivazioni sostenute con esperienze e dati
concreti, nonostante ciò gli enti gestori delle funzioni socio assistenziali
hanno molto ma molto spesso risposto in modo negativo.
Un esempio per tutti,
l’acronimo Savi era stato individuato con Miriam Massari al Comune di Roma già
nel 1996: a oggi a Roma un servizio simile non esiste ancora.
Invece, la risposta dei
responsabili del CISAP, nelle persone sia del Direttore generale Mauro Perino
(perino@cisap.to.it) sia del Direttore dei servizi alla persona Luciano Rosso
(rosso@cisarivoli.it), è stata pronta e, rispettando le persone con
disabilità, hanno interpretato favorevolmente l’articolo “1 ter” per attuare
con motivata convinzione le opportunità offerte dalla legge n. 162/1998.
Nei mesi successivi, con la
collaborazione della segreteria operativa di Enil Italia Onlus, è stato
discusso e impostato il regolamento e la necessaria documentazione per
preparare il progetto Savi (Servizio di aiuto alla vita indipendente) che
nell’agosto del 1999, alla pubblicazione della delibera della Regione Piemonte,
è stato presentato al relativo “Bando di concorso”.
Le considerazioni, i
ragionamenti di base e le ipotesi di lavoro del regolamento e dei documenti
relativi al progetto Savi, pur facendo riferimento al sintetico articolo “1
ter”, contengono tutti i più importanti e significativi principi del movimento
per la vita indipendente.
Riassumono, inoltre, tutta
l’esperienza acquisita e maturata dall’Associazione Enil Italia Onlus in anni
di promozione, sensibilizzazione, analisi e confronto con le istituzioni e le
pubbliche amministrazioni; nonché quelle esperienze, valide e positive,
direttamente fatte da numerose persone con forti disabilità motorie. Come più
sopra ricordato.
Nell’ambito del progetto
Savi del Cisap sono state individuate tre persone o su richiesta personale
(come nel mio caso) o proposte da associazioni che operano nel territorio o
direttamente dal Consorzio.
Il mio progetto personalizzato
Tutto inizia con la
preparazione diretta del proprio progetto, il mio, di assistenza personale
autogestita senza, ovviamente, l’intervento di nessuno, tantomeno gli
operatori.
Successivamente, una volta
accettata la domanda, si passa alla fase di negoziazione dove il progetto
personalizzato viene discusso, valutate le ore complessivamente richieste per
giungere al numero di ore che vengono riconosciute al progetto, il mio in
questo caso.
Il progetto prevede un
monte ore annuale, discusso, negoziato e concordato con il Consorzio,
mediamente di 11 ore giornaliere per tutti i giorni dell’anno. La quota oraria
stabilita è di 16.000 lire, cifra che dovrebbe già includere tutto quello che è
richiesto dal contratto di lavoro e dalle leggi e norme dello Stato in materia
di lavoro. Però, alla luce dell’esperienza acquisita, la cifra non dovrebbe
essere inferiore alle 18.000 lire.
Comunque distanti dalle
quote orarie indicate dai servizi istituzionali sul territorio, circa 30-35.000
lire, con conseguente risparmio di risorse e aumento dell’efficacia degli
interventi.
Con questa cifra (circa 65
milioni per un anno) ho assunto due assistenti personali con regolare contratto
di lavoro (quello utilizzato è il “Contratto nazionale di collaborazione
domestica”, rinnovato l’8 marzo 2001 e siglato nello scorso mese di maggio).
I due assistenti,
rispettivamente, sono coinvolti al mattino e alla sera per sei giorni alla
settimana dal lunedì al sabato e, mediamente, dalle quattro alle cinque o anche
sei ore al giorno, secondo i giorni e secondo i casi; ma sempre in modo
concordato e previsto; anche se a volte ci sono o ci possono essere momenti di
emergenza che vengono risolti secondo situazione e schemi verificati ed
efficaci.
Con questa cifra, che non
deve coprire solo 12 mesi (ma anche oltre agli stipendi, la tredicesima, il Tfr
- praticamente 14 mensilità - i contributi previdenziali e l’assicurazione
obbligatoria per gli assistenti contro gli infortuni e gli incidenti domestici)
non riesco però a coprire il monte ore “virtuale” di 4062,5 ore, ma “solo”
mediamente, di 9 ore giornaliere. Che, comunque, è già una bella cifra.
Altre persone, altri
assistenti sono coinvolti nei giorni di festa, per la sostituzione degli
assistenti in ferie e, ogni tanto purtroppo, per le emergenze.
La presenza e l’aiuto degli
assistenti personali che ho individuato, scelto, assunto e che “formo”
personalmente, mi permette di poter effettuare azioni o svolgere attività che
altrimenti mi sarebbero impossibili, e precisamente:
assistenza personale
durante la giornata per alzarmi e coricarmi, l’igiene personale, per vestirmi,
per i pasti, ecc., insomma praticamente per i bisogni fondamentali o primari;
assistenza per la mobilità
personale, soprattutto per la guida del mio pulmino attrezzato;
collaborazione per esigenze
domestiche, senza dimenticare, ovviamente, tutte le attività di gestione della
casa e inerenti alla preparazione dei pasti.
Ma, ricordando che la vita
delle persone, di tutti cittadini, non è fatta solo di bisogni primari o
essenziali per la vita quotidiana, l’assistenza personale è prevista anche per
esigenze necessarie, utili o soltanto possibili, sia in casa che fuori. Come,
per esempio, visite a amici e parenti, riunioni, incontri e conferenze, gestione
della corrispondenza e della contabilità personale; poi, visite mediche, stati
di temporanea malattia o di emergenza, gite di uno o più giorni, partecipazione
a corsi o seminari di informazione, acquisti personali, ecc.
Per quanto concerne lo
stipendio, i contributi (previdenziali, assicurativi, fiscali, ecc.), la 13ma
mensilità, il trattamento di fine rapporto, gli straordinari (diurni, notturni
e festivi) e quant’altro devono ovviamente essere considerati e
appropriatamente giustificati.
Non stupitevi del numero
complessivo delle ore necessarie in un anno, pensate a quello che è o può
essere la vita quotidiana delle persone senza disabilità, quali sono le
necessità, le tempistiche, i coinvolgimenti, le esigenze, i bisogni, le
aspirazioni e, anche e perché no, gli sbagli.
Perché mai tutte quelle
situazioni e scelte che significano emozioni, sentimenti, aspirazioni,
dovrebbero essere negate per il solo fatto che la persona ha delle più o meno
forti limitazioni motorie?
Ovviamente, le ore di cui
avrei e ho bisogno per la mia vita quotidiana, fatta anche di attività
lavorativa e di impegno sociale e volontario, sono di più sia per coprire i
giorni festivi nell’arco dell’anno, sia per i periodi di ferie degli assistenti
personali, sia per coprire mie e loro emergenze o improvvise necessità; che
riesco a risolvere con un calcolato bilancio di risorse che impegnano sia il
mio reddito personale, sia tutto l’assegno di accompagnamento, sia il
coinvolgimento limitato di obiettori di coscienza (con le ben note e possibili
difficoltà, guerre comprese) sia con la presenza di amici.
Questo, in definitiva,
significa avere il controllo della propria giornata, forse anche di una parte
importante della propria vita, il diretto controllo delle proprie azioni e
delle proprie presenze senza nessuna decisione esterna o altrui. O che dipenda
da considerazioni che altri fanno o che possono fare; che non riguardano
assolutamente la “vostra” vita, ma sicuramente la “loro” giornata e la loro
programmazione o quelle dei loro servizi, le loro organizzazioni e i relativi
bilanci.
Provate a pensare a quello
che è l’assistenza domiciliare, data col contagocce, quando va bene alcune ore
al giorno, mai di festa, mai al mattino presto e, ovviamente, mai alla sera e
figuriamoci se tardi, con i tempi morti dei trasferimenti, comunque pagati, o
delle riunioni assembleari per discutere sui nostri bisogni.
Analogo discorso o
ragionamento può e deve essere fatto (esperienza personale insegna, e che,
peraltro, è comune anche a molti amici) per tutte quelle organizzazioni
costituite, non da persone con disabilità, per dare assistenza o servizi (anche
con finanziamenti pubblici, cioè anche nostri) alle persone con disabilità.
Di stile e impostazioni
tipicamente paternalistiche, “io decido sulla base di miei parametri, di mie
considerazioni più o meno giustificate (soprattutto dal punto di vista nostro,
di persone con disabilità) quello che sta bene o deve star bene a te”.
Cosa che non succede,
ovviamente, quando si decide, o sceglie, o si ritiene di poter fare “vita
indipendente” e di diventare il protagonista della propria vita, il gestore
della propria assistenza personale: anche se questo significa, o può
significare, il dover diventare datore di lavoro a tutti gli effetti e
assumersi delle responsabilità.
Quando si autogestiscono i
propri assistenti personali ci si deve occupare dell’aspetto contabile,
fiscale, un po’ anche contrattuale, previdenziale, assicurativo e come un
piccolo datore di lavoro ci si deve impegnare a effettuare chiamate, colloqui,
interviste e selezioni.
Per quanto concerne
l’aspetto finanziario è necessario sottolineare come il progetto presentato
risulta essere sperimentale e che le valutazioni delle ore richieste e dei
costi sono da ritenersi indicative e sicuramente soggette a variazioni e
modificazioni.
Soprattutto, se
consideriamo che questa legge e i relativi finanziamenti dipendono, ogni anno,
dall’approvazione della legge finanziaria.
Quest’anno, dicembre 2001,
non è più stata rifinanziata la legge n. 162/1998; però è stato finanziato
l’articolo 39 della legge n. 104/1990, da cui riporto dal comma 2: «Le regioni possono provvedere, sentite le
rappresentanze degli enti locali e le principali organizzazioni del privato
sociale presenti sul territorio, nei limiti delle proprie disponibilità di
bilancio: ... 1 ter) a disciplinare, allo scopo di garantire il diritto ad una
vita indipendente…».
Ma come si può
“disciplinare allo scopo di garantire il diritto a una vita indipendente” con
tante parole così “possibiliste” e non vincolanti?.
Questo articolo, purtroppo,
può essere interpretato in tanti modi, contiene troppe finalità e,
probabilmente, ancora una volta il punto “1 ter” rischia di essere trascurato e
non applicato.
Ovviamente diventare
protagonisti delle propria vita, decidere in prima persona tutti i giorni può
significare tante e importantissime cose. È una sensazione positiva e forte,
avere e prendere coscienza e consapevolezza di potere e di dovere continuamente
decidere e verificare che funziona è soddisfacente.
Potrebbe sembrare non
facile e, soprattutto, all’inizio forse non lo è e può succedere che, di fronte
a queste prospettive, le persone rinuncino o siano molto restie a cominciare.
Ma nemmeno poi così difficile, né tantomeno impossibile.
Comunque, anche in questo
caso il Movimento internazionale per la vita indipendente ha una risposta e una
proposta: la costituzione, da parte delle stesse persone con disabilità e sotto
il loro diretto controllo e partecipazione attiva, di centri o agenzie per la
vita indipendente.
In questi centri e agenzie
operano le persone con disabilità che hanno esperienza, ma non solo, di
assistenza personale autogestita e che, con servizi di consulenza alla pari,
seguono e aiutano le persone con disabilità che hanno deciso di seguire percorsi
personalizzati di vita indipendente e di richiedere l’assistenza autogestita.
In questi centri si
forniscono informazioni e aiuti concreti di sostegno, di accompagnamento sia
nel percorso che porta la persona con disabilità a acquisire consapevolezza sia
di strumenti per gestire la propria assistenza personale.
Nel corso degli ultimi anni
sono state costituite diverse realtà locali, soprattutto regionali, che, nello
spirito e con i principi irrinunciabili del Movimento per la vita indipendente
e anche collegate a Enil Italia Onlus, sono o dovrebbero essere dei veri e
propri centri per la vita indipendente. Punti operativi di riferimento per le
persone con disabilità per coinvolgerle, per informarle e per aiutarle nei
percorsi personali di assistenza personale.
Ricordo l’Associazione vita
indipendente in Toscana, l’Associazione Idea Onlus in Friuli Venezia Giulia,
l’Associazione vita indipendente Roberto Bressanello a Venezia, l’Associazione
Libera! e il Comitato veronese vita indipendente a Verona, il Coordinamento per
la vita indipendente in Veneto, l’Associazione Consequor per la vita
indipendente in Piemonte, il Comitato lombardo per la vita indipendente e
l’Associazione La formica Onlus in provincia di Siracusa. Tutti composti e
gestiti da persone con disabilità che necessitano o hanno intrapreso esperienze
o percorsi di assistenza personale autogestita.
Sicuramente, si potrebbero fare e sostenere molte altre positive considerazioni. Mi limito, parlando di finanziamenti, di cifre, di occupazione e di formazione, parole che hanno sempre un effetto importante, a sottolineare due risultati inequivocabili:
il primo, che l’assistenza
personale autogestita ha permesso il mantenimento del mio posto di lavoro, nel
senso che mi ha effettivamente dato le opportunità fisiche di assistenza
personale per andare in ufficio e, dopo le 8 o 10 ore tradizionali, per
ritornare a casa; inoltre il lavoro, tra tutti i benefici per me, ha
significato continuare a essere un contribuente attivo;
il secondo risultato è che
ha creato due nuovi posti di lavoro qualificato, formazione inclusa,
produttivi, efficienti ed efficaci.
Questo dimostra che
l’assistenza personale autogestita, oltre ai meccanismi che riesce a mettere in
moto, rappresenta anche fonte reddito e di conseguenza crea, nel mio caso,
altri due contribuenti attivi: sia per i contributi previdenziali versati sia
perché diventano soggetti che pagano le tasse.
Questo per sostenere
un’altra importante valutazione, parlando di cifre, e cioè che il finanziamento
dello Stato (in questo caso attraverso la legge n. 162/1998, ma da ora
attraverso la legge n. 104/1990) rientra nelle casse dello Stato al 40-45%
circa sotto forma di ritorni fiscali e previdenziali.
Per concludere, ricordo che
vita indipendente è considerata una buona prassi dalla Comunità europea: “Vita
indipendente” è un modello intelligente, sia dal punto di vista occupazionale
che dell’utilizzo dei fondi destinati all’assistenza, con delle modalità
precise e soluzioni già sperimentate o in via di sperimentazione in molti Paesi
europei.
È un nuovo modo di offrire
pari opportunità e di evitare che la vita delle persone con disabilità sia
condizionata e limitata ben oltre le proprie difficoltà fisiche.
La situazione oggi in Italia
Ovviamente molto c’è ancora
da fare, in Italia, sia dal punto di vista legislativo che sociale, per far sì
che la vita indipendente possa diventare un concetto diffuso.
Innanzitutto ancora si
devono ottenere leggi che in maniera esauriente e non opinabile tutelino questo
diritto delle persone con disabilità.
In secondo luogo è
necessario provvedere a una diffusione capillare delle informazioni su questo
tipo di servizio e sulla filosofia che lo motiva.
E infine, ma non ultimo, è
necessario che le stesse persone con disabilità vengano motivate e convinte ad
affrontare uno stile di vita indubbiamente più impegnativo, responsabilizzante
e responsabile, ma anche incalcolabilmente più soddisfacente, di quello a cui
finora gli interventi sociali, di stampo sicuramente più impositivo e paternalistico,
le hanno abituate.
(*) Gianni Pellis
(gpellis@tiscaline.it) è componente della Segreteria operativa di Enil
(European Network on Indipendent Living) e Presidente dell’Associazione
Consequor per la vita indipendente, Onlus.
www.fondazionepromozionesociale.it