Prospettive assistenziali, n. 137, gennaio-marzo 2002

 

la regione piemonte ha istituito una agenzia per le adozioni internazionali: una iniziativa inutile e costosa

 

Il Consiglio regionale del Piemonte ha approvato la legge 16 novembre 2001 n. 30 che istituisce l’Agenzia piemontese per lo svolgimento delle pratiche relative alle adozioni internazionali ed una consulta regionale per le adozioni e gli affidamenti familiari a scopo educativo.

L’istituenda Agenzia regionale «è un ente ausiliario della Regione Piemonte, dotato di personalità giuridica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica», con un proprio direttore generale.

Il Csa aveva preso posizione contro l’approvazione del provvedimento per i seguenti motivi:

1) conformemente al principio di sussidiarietà stabilito dal decreto legislativo n. 112/1998 riguardante il conferimento di funzioni dello Stato alle Regioni ed agli enti locali (1), la Regione Piemonte, né direttamente né tramite propri enti, dovrebbe esercitare i compiti gestionali che i Comuni singoli o associati sono in grado di svolgere. Inoltre la legge 328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” non ha attribuito alle Regioni alcun compito gestionale, bensì solamente quelli relativi alle «funzioni di programmazione, coordinamento ed indirizzo degli interventi sociali» (art. 8, comma 1);

2) la prevista Agenzia regionale non può incidere in alcun modo sull’operatività dei numerosi enti privati (ben 17) che, a seguito delle autorizzazioni rilasciate dalla Commissione nazionale per le adozioni internazionali, svolgono spesso da molti anni attività in materia di adozione internazionale analoghe a quelle assegnate al nuovo ente. Poiché detti enti privati agiscono sotto il controllo pubblico della suddetta Commissione, non si comprende sulla base di quali motivazioni sociali ed economiche, la Regione Piemonte (contrariamente agli indirizzi politici della Giunta orientati negli altri settori verso la massima privatizzazione possibile) abbia deciso di creare una struttura pubblica;

3) il numero delle adozioni internazionali realizzate ogni anno in Piemonte è estremamente esiguo. Infatti sono stati solo 74 i provvedimenti efficaci come affidamenti preadottivi in Piemonte ed in Valle d’Aosta nel periodo 1° gennaio-31 ottobre 2000 ed unicamente 12 le autorizzazioni per l’ingresso di minori stranieri a scopo di adozione concesse nei primi quattro mesi del 2001. Al riguardo, ricordiamo, ancora un volta, che il limitato numero dei fanciulli stranieri, dichiarati adottabili dalle autorità competenti nei singoli paesi, e che possono essere adottati in Italia è causato sia dalla scarsità di soggetti adottabili, sia dalla ricerca di detti minori da parte di adottanti di tutti i Paesi sviluppati (Stati Uniti, Canada, Francia, Inghilterra, ecc.) (2);

4) del tutto ingiustificato era ed è il finanziamento previsto per il funzionamento dell’agenzia piemontese: 1,5 miliardi per il periodo 1° dicembre 2001-31 dicembre 2002 e di 1 miliardo per il 2003.

Per il periodo 1° dicembre 2001 - 31 dicembre 2002 e per il 2003, la legge 30/2001 prevede, altresì, lo stanziamento di lire 1,5 miliardi per la realizzazione di progetti di cooperazione internazionale a favore di minori. È decisamente condivisibile lo stanziamento di fondi da destinare a questi progetti, ma la Regione Piemonte poteva stanziare i suddetti fondi senza creare l’inutile e costosa Agenzia. Ad esempio, avrebbe potuto finanziare al 50% le iniziative dei piemontesi rivolte al sostegno a distanza ai minori di nuclei familiari in difficoltà. In questo modo, sarebbe stata anche sollecitata la solidarietà della popolazione.

Ricordiamo che contro l’approvazione della legge regionale in oggetto, si era schierata anche l’Aibi, Associazione italiana amici dei bambini, che nella lettera inviata all’Assessore regionale alle politiche sociali, Mariangela Cotto, nonché al Presidente ed ai Componenti della Commissione “Sanità e assistenza” del Consiglio regionale piemontese, aveva sottolineato che «l’attivazione da parte di una Regione di un servizio pubblico quale quello relativo allo svolgimento delle pratiche di adozione internazionale, già realizzato da un numero del tutto considerevole di enti autorizzati, in assenza di comprovate e specifiche inefficienze nella gestione da parte di questi ultimi, rappresenta uno sperpero di pubbliche risorse finanziarie, che potrebbero al contrario essere destinate a favorire l’applicazione della legge di ratifica della Convenzione de l’Aja, proprio attraverso il completo sostegno ai già esistenti servizi pubblici erogati dai servizi territoriali e dagli enti autorizzati. Del resto non appare affatto giustificabile la tesi secondo cui il semplice aumento del numero degli enti erogatori del servizio pubblico di gestione delle pratiche di adozione internazionale possa automaticamente comportare uno snellimento della procedura adottiva, con una conseguente riduzione dei tempi di attesa, essendo al contrario la durata di questi ultimi essenzialmente da imputare ai sistemi amministrativi e giudiziari che oggi determinano la procedura adottiva nel Paese d’origine dei minori, soprattutto in relazione alla dichiarazione di adottabilità degli stessi minori in stato di abbandono. Ancora una volta è proprio la non conoscenza della realtà dell’adozione internazionale ad essere cattiva consigliera delle scelte strategiche operate dagli enti pubblici».

Con i rilevanti e ingiustificati stanziamenti previsti per l’Agenzia regionale - come aveva giustamente sottolineato l’Anfaa (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie) - si sottraggono fondi indispensabili per il finanziamento di interventi assistenziali ben più urgenti e necessari, nei riguardi dei quali finora, la Regione Piemonte non risulta abbia assunto alcun provvedimento.

Pertanto, era stato richiesto di utilizzare le risorse economiche per:

• l’individuazione nell’ambito del progetto “Tutti i bambini hanno diritto ad una famiglia” dei minori dichiarati in stato di adottabilità e non inseriti in famiglie adottive (e nemmeno in famiglie affidatarie) a causa dell’età elevata o della presenza di handicap o di malattie;

• il sostegno delle adozioni “difficili” riguardanti, cioè, i minori con handicap o malati o di età superiore ai 12 anni, da attuare erogando ai genitori adottivi, indipendentemente dal loro reddito, un contributo economico almeno pari al rimborso-spese corrisposto agli affidatari fino al raggiungimento della maggiore età dell’adottato. Questo rimborso spese dovrebbe essere considerato aggiuntivo rispetto all’indennità di accompagnamento e ad ogni altra prestazione previdenziale;

• il sostegno degli affidamenti a “rischio giuridico di adozione”, concernenti l’inserimento familiare dei minorenni dichiarati in stato di adottabilità dal Tribunale per i minori che, in presenza di ricorsi contro il suddetto provvedimento, in attesa di una definizione risolutiva della loro situazione da parte dell’Autorità giudiziaria, sono affidati, nell’interesse degli stessi minori, ad una famiglia scelta fra quelle in lista d’attesa per l’adozione. Agli affidatari dovrebbero essere erogati dagli enti gestori il rimborso-spese e tutte le altre provvidenze previste in materia di affidamento, analogamente a quanto già previsto dal Comune di Torino.

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Nonostante l’approvazione della legge regionale che istituisce l’Agenzia, resta fermo l’impegno del Csa, vista l’inutilità del nuovo ente e il rilevante spreco di denaro pubblico, di premere sul Consiglio regionale piemontese affinché decreti al più presto l’estinzione dell’Agenzia, riportando le relative competenze promozionali (quelle cioè assegnate alla Consulta regionale per le adozioni e gli affidi) al Consiglio regionale per i minori. In questo modo si eviterebbe, altresì, la separazione degli studi e delle ricerche realizzate per i minori adottabili o affidabili rispetto alle iniziative rivolte a tutti gli altri fanciulli.

 

 

(1) Il principio di sussidiarietà è stato recepito dalle leggi della Regione Piemonte n. 44/2000 e 5/2001. Evidentemente, si tratta di una norma che viene accolta o respinta a seconda delle convenienze della Giunta (di centro sinistra) e del Consiglio regionale (che ha votato all’unanimità la legge 30/2001).

(2)  Occorre anche tenere presente che, a seguito dell’entrata in vigore della legge 476/1998 di ratifica della Convenzione dell’Aja in materia  di adozioni internazionali  (che ha messo in crisi il mercato dei bambini), è diminuito il numero dei minori stranieri adottati da famiglie italiane. Un problema a parte è costituito dai bambini di razza nera. Come è noto, numerosi sono i bambini di questa razza che versano in situazione di adottabilità, ma le richieste di adozione da parte di aspiranti all’adozione sia in Italia che negli altri Paesi sono scarse. È sconcertante verificare come diverse agenzie di adozione degli Stati Uniti di America debbano rivolgersi all’estero per trovare una famiglia ai bambini statunitensi di questa razza. Vi è inoltre da ricordare che numerosi sono i paesi africani che non prevedono alcuna regolamentazione legislativa in materia di adozione, rendendo pertanto difficoltosa la realizzazione dei necessari  accordi.

 

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