Prospettive assistenziali, n. 137, gennaio-marzo 2002
un’altra delibera illegittima e persecutoria
del comune di firenze
In netto contrasto con le leggi vigenti, la
maggioranza del Consiglio comunale di Firenze ha approvato in data 20 dicembre
2001 un’altra delibera gravemente vessatoria nei confronti dei congiunti di
anziani malati cronici non autosufficienti (1).
Le norme
vigenti sono chiarissime
Il provvedimento viola in modo incontrovertibile
l’art. 25 della legge 328/2000 di riforma dell’assistenza e dei servizi
sociali, in vigore dal 1° gennaio 2001, il quale stabilisce quanto segue: «Ai fini dell’accesso ai servizi
disciplinati dalla presente legge, la verifica della condizione economica del
richiedente è effettuata secondo le disposizioni previste dal decreto
legislativo 31 marzo 1998 n. 109, come modificato dal decreto legislativo 3
maggio 2000, n. 130» (2).
Le sopra citate norme sono chiarissime e non possono
sorgere dubbi sulla loro interpretazione.
Ricordiamo, in particolare, che il decreto legislativo
130/2000 stabilisce, come abbiamo più volte segnalato su questa rivista, che
gli enti pubblici devono prendere in considerazione la situazione economica del
solo assistito (e quindi non possono pretendere alcun contributo economico dai
parenti) per le prestazioni sociali «erogate
a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a
persone con handicap permanente grave (…), nonché ai soggetti
ultrasessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata
accertata dalle aziende unità sanitarie locali».
Nello stesso decreto legislativo viene precisato che
le nuove disposizioni «non modificano la
disciplina relativa ai soggetti tenuti alla prestazione degli alimenti ai sensi
dell’articolo 433 del codice civile» e che esse «non possono essere interpretate nel senso dell’attribuzione agli enti
erogatori della facoltà di cui all’articolo 438, primo comma del codice civile
nei confronti dei componenti il nucleo familiare del richiedente la prestazione
sociale agevolata» (3).
Per poter superare l’ostacolo delle leggi vigenti, il
provvedimento contiene la stupefacente affermazione secondo cui «il vincolo solidaristico familiare è da
considerarsi risorsa per natura storica e culturale della realtà locale». Dunque,
per il Consiglio comunale di Firenze e per il Segretario generale che ha
espresso il parere «di regolarità
tecnica» del provvedimento, non valgono le leggi dello Stato, non contano
nulla le disposizioni approvate dal Parlamento e controfirmate dal Presidente
della Repubblica: è sufficiente asserire che nella città esiste una realtà
consistente nella pluridecennale richiesta di contributi illegittimi.
Nessuna importanza ha, altresì, il fatto che il
Sindaco di Firenze presieda l’Anci, l’Associazione nazionale dei Comuni
italiani, a cui ufficialmente la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio
legislativo del Ministro per la solidarietà sociale, aveva scritto in data 15
ottobre 1999, prot. Das/625/UL-607 quanto segue: «Si condivide l’avviso espresso dal Ministero dell’interno, espresso
nella nota n. 190 e 412 B. 5 dell’8 giugno 1999, circa il fatto che
l’adempimento dell’obbligazione patrimoniale agli alimenti di cui all’articolo
433 del codice civile debba essere richiesto dal soggetto interessato e non dalle
pubbliche amministrazioni».
La delibera del Comune di Firenze non solo impone il
versamento di contributi economici ai parenti degli ultrasessantacinquenni non
autosufficienti, ma viola apertamente anche le norme dei citati decreti legislativi
in base ai quali è previsto che per quanto riguarda «i nuclei familiari residenti in abitazione di proprietà» viene
detratto «il valore della casa di
abitazione nel limite di 100 milioni», mentre per il patrimonio mobiliare
posseduto la franchigia è «pari a Lire 30
milioni».
Una
disposizione riprovevole
Estremamente grave, indegna di un paese civile, è la
norma contenuta nell’articolo 5 del regolamento del Comune di Firenze in base
alla quale «qualora anche un solo tenuto
agli alimenti non dimostri la possibilità di coprire l’integrale quota sociale
con la capacità contributiva del proprio nucleo familiare, attraverso la
presentazione della dichiarazione sostitutiva, l’utente non avrà diritto alla
concessione dell’intervento economico integrativo» (4).
Dunque, se il congiunto dell’anziano bisognoso di
assistenza non provvede al pagamento della quota impostagli in violazione alle
leggi vigenti, l’anziano malato cronico non viene assistito dal Comune di
Firenze. Deve espiare per l’assenza di colpe del proprio congiunto che –
incredibile ma vero – ha solo agito secondo quanto prevedono le leggi vigenti!
Il comportamento del Comune di Firenze non è solo un
esempio di arretratezza sociale, ma anche un odioso ricatto (5). Si tratta di
una presa di posizione nettamente opposta alle dichiarazioni fatte ad ogni piè
sospinto (e soprattutto in occasione delle elezioni) sulla solidarietà nei
confronti dei cittadini in difficoltà. Non viene nemmeno rispettata la
Costituzione il cui articolo 2 sancisce, fra l’altro, che la Repubblica (e
quindi anche il Consiglio comunale di Firenze) «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo» e «rimuove gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana».
Uno zelo
applicativo fuori luogo
Gli uffici del Comune di Firenze hanno dato sollecita
attuazione alle assurde norme sopra citate. Nelle scorse settimane al Signor
X.Y. è giunta la seguente lettera: «Da
accertamenti effettuati risulta che non
è stato possibile calcolare la quota sociale a carico per mancata presentazione
della sua situazione e quella degli eventuali soggetti coinvolti (coniuge e/o
nucleo familiare dei figli) così come previsto dal Regolamento comunale per
l’accoglienza di anziani presso strutture residenziali.
«Con
deliberazione del Consiglio comunale n. 1271 del 20.12.2001 sono state
approvate modifiche al metodo di calcolo delle quote a carico dei cittadini
ricoverati in Rsa/Raf con la compartecipazione totale o parziale del Comune di
Firenze.
«Si fa
presente che la delibera del Consiglio comunale n. 1271/01 all’art. 5 prevede
che “qualora anche un solo tenuto agli alimenti non dimostri la possibilità di
coprire l’integrale quota sociale con la capacità contributiva del proprio
nucleo familiare, attraverso la presentazione della dichiarazione sostitutiva,
l’utente non avrà diritto alla concessione dell’intervento economico
integrativo”.
«Considerato
quanto sopra esposto il Comune di Firenze interrompe l’erogazione
dell’intervento economico integrativo dal 1° settembre 2000 se la S.V. ed i
soggetti coinvolti in base al regolamento non si rechino presso il Centro
sociale competente per la presentazione della dichiarazione sostitutiva,
permettendo la revisione della retta di ricovero entro 30 gg. dal ricevimento
della presente.
«Quanto
erogato fino a questo momento dall’Amministrazione comunale per il ricovero
dell’assistito nella struttura residenziale, verrà considerato come anticipazione
e dovrà essere rimborsato all’Amministrazione comunale nei modi e nei tempi da
questa richiesti».
Da notare che l’interruzione dell’intervento economico
decorre dal 1° settembre 2000 e cioè da ben 16 mesi prima dell’approvazione
della delibera 1271, avvenuta il 20 dicembre 2001.
Gli anziani
malati cronici beffati due volte
Come ripetiamo da molti, troppi, anni gli anziani
cronici non autosufficienti, come tutti i malati, hanno diritto ai sensi delle
leggi vigenti alle cure sanitarie gratuite e senza limiti di durata.
Anche in questo caso, il Comune di Firenze, invece di
difendere i diritti dei vecchi colpiti da malattie invalidanti e da non
autosufficienza, preferisce sostenere la loro illegale espulsione dalla piena
competenza del Servizio sanitario nazionale, anche se questa posizione comporta
rilevanti oneri economici per le proprie finanze.
Quasi sempre,
l’emarginazione è giustificata dalla mancanza di risorse. In questo caso è vero
il contrario.
Gli obblighi del settore sanitario sono confermati dal
Difensore civico della Regione Toscana che nella relazione relativa all’anno
2000 ha scritto quanto segue: «Esaminamdo
la nostra normativa, possiamo dire che non esistono nel nostro Paese né leggi
nazionali, né leggi regionali che limitino il diritto della tutela della salute
degli anziani, soprattutto i non autosufficienti».
Segnaliamo che nella stessa relazione, il Difensore
civico della Regione Toscana ha altresì affermato quanto segue: «Secondo alcuni studiosi l’assistenza, come
la salute, è un obbligo dello Stato e non può essere “scaricata” sulle famiglie,
per cui potrebbero risultare viziati di illegittimità tutti quei regolamenti
comunali contro i quali si rivolgono al nostro Ufficio tanti cittadini, parenti
di assistiti non autosufficienti, cui i Comuni chiedono un contributo in base
al reddito e al patrimomio, servendosi di uno strumento di calcolo giudicato
per lo più oscuro e incomprensibile, il cosiddetto “redditometro” che nei
Comuni della cintura fiorentina, ma anche altrove, è stato applicato non solo
agli anziani, ma anche agli adulti disabili, così come a tutta un’altra serie
di prestazioni assistenziali. Questa misura ha creato notevoli disagi e
proteste, per le gravissime ripercussioni economiche e psicologiche che
ingenera, in quanto spesso gli Enti minacciano di procedere a sospendere la
quota a carico loro, o di rivalersi per la riscossione delle quote, sulla
cartella esattoriale dei parenti tenuti all’assistenza.
«È pur vero
che anche a livello nazionale dopo la legge 449/1997 che, all’art. 59 dettava
una serie di disposizioni in materia di assistenza, solidarietà sociale e
sanità, veniva delegata al Governo l’emanazione di due o più decreti
legislativi per definire criteri di valutazione della situazione economica dei
soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate alle amministrazioni
pubbliche, e che i criteri direttivi da considerare per determinare la
situazione, vengono riconosciuti nel reddito e nel patrimonio del richiedente e
dei familiari con lui conviventi ed è altrettanto vero che con il decreto
legislativo 109/1998 tali principi venivano ribaditi, con l’intento di
uniformare sul territorio nazionale i criteri di partecipazione dei cittadini
alla spesa per usufruire dei servizi sociali.
«Con la
riforma della sanità è stato però riaffermato il principio costituzionale del
diritto alle cure sanitarie e il diritto degli anziani cronici ed inguaribili a
gravare interamente sulla sanità, mentre il successivo decreto 130/2000
attuativo del 109, ha fissato per le categorie degli anziani non
autosufficienti e per gli handicappati gravi il principio della considerazione
del reddito del solo utente, per la definizione della quota di partecipazione
alle prestazioni sociali.
«Il decreto
ha negato poi agli Enti locali la possibilità di avvalersi dell’art. 438 del
Codice civile per imporre una quota di partecipazione ai familiari.
«Nonostante
questo, nelle istanze pervenuteci, riscontriamo che i Comuni, nei loro
regolamenti, fanno riferimento ancora ad un nucleo familiare composto da tutti
i soggetti tenuti agli alimenti a norma dell’art. 433 del Codice civile,
negando ogni contribuzione, qualora la vasta rete di parenti ed affini
interessata sia in grado di contribuire direttamente al pagamento, assumendo a
volte, a nostro parere, atteggiamenti burocratici, sordi ad ogni protesta, che
provocano risentimenti nei cittadini, i quali, per esempio a Firenze, si sono
riuniti in associazione per i diritti dei non autosufficienti (6) e, dopo
innumerevoli tentativi di trovare con l’Amministrazione una dignitosa soluzione
al problema, si sono costituiti in giudizio contro le delibere comunali che
imponevano a tutti il “redditometro”».
Inoltre il Difensore civico ha rilevato che «la definizione della quota sociale a carico
del ricoverato, viene stabilita non in base a criteri oggettivi legati alla
personalizzazione dei bisogni dell’anziano, ma in base a regolamenti comunali
che, su interpretazioni parziali di normative statali, impongono il
pagamento della quota “alberghiera” ai ricoverati e ai loro familiari».
Ingiustificate
disparità di trattamento
Mentre gli anziani cronici non autosufficienti,
compresi i malati di Alzheimer ed i loro congiunti sono pesantemente
tartassati, il Comune di Firenze riserva un trattamento molto diverso ai
genitori di bambini frequentanti gli asili nido, nonostante siano identiche le
già citate disposizioni in vigore (legge 328/2000 e decreti legislativi
109/1998 e 130/2000).
Per gli oneri a carico dei familiari, non si tiene
conto del costo sostenuto dal Comune per la manutenzione e gestione degli asili
nido (circa 2,5 milioni al mese); sono state, invece, stabilite tariffe
massime, il cui importo è di L. 600 mila per la frequenza a tempo pieno e L.
450 mila a tempo corto.
In sostanza, il possesso di patrimoni miliardari e di
redditi mensili plurimilionari non comporta oneri per i genitori superiori alle
tariffe sopra riportate.
Invece, per i contributi richiesti per il ricovero presso
Rsa e strutture similari di anziani cronici non autosufficienti e di malati di
Alzheimer, che – lo ripetiamo – avrebbero diritto alle cure gratuite e senza
limiti di durata, il Comune di Firenze calcola l’intera quota alberghiera che
può raggiungere i due milioni e mezzo al mese, corrispondenti al costo
sostenuto dallo stesso ente per un posto a tempo pieno dell’asilo nido.
Apprezziamo il fatto che i Comuni, compreso quello di
Firenze, per definire le quote a carico dell’utenza, non facciano riferimento
al costo complessivo della manutenzione e gestione degli asili nido, ma a
tariffe (in genere calcolate nella misura del 20-25% delle spese sostenute).
Tuttavia non possiamo fare a meno di evidenziare la profonda disparità di
trattamento rispetto alle quote stabilite a carico degli anziani malati,
illecitamente trasferiti dalla sanità all’assistenza, ed ai loro congiunti.
Tale diversità di trattamento è ancora più marcata se
si tiene conto che, come abbiamo già visto, i Comuni non possono pretendere
contributi dai parenti, compresi quelli tenuti agli alimenti, di soggetti con
handicap grave e di ultrasessantacinquenni non autosufficenti, mentre avrebbero
la possibilità (e lodevolmente non lo fanno) di pretendere l’intervento
economico dai nonni dei bambini frequentanti l’asilo nido, nei casi in cui i
genitori non siano in grado di pagare l’intera retta.
Infatti l’articolo 148 del Codice civile stabilisce
che, quando i genitori non hanno i mezzi necessari per provvedere all’obbligo
di mantenere, educare e istruire i figli «gli
altri ascendenti legittimi o naturali, in ordine di prossimità, sono tenuti a
fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinchè possano adempiere i loro
doveri nei confronti dei figli».
Infine, segnaliamo che i Comuni, compreso quello di
Firenze, non si rivolgono mai ai parenti tenuti agli alimenti nei casi in cui i
soggetti interessati non dispongano delle risorse economiche adeguate per il
pagamento dei soggiorni di vacanza o di altre attività di tempo libero.
Solo quando un familiare anziano è colpito da malattie
invalidanti e da non autosufficienza, il Comune di Firenze tartassa duramente
gli interessati ed i loro congiunti. Non si tratta, certamente, di una nuova
forma di solidarietà e di giustizia sociale!
(1) Cfr.
l’articolo “Contributi economici imposti agli assistiti e ai loro congiunti:
una delibera illecita e vessatoria del Comune di Firenze”, Prospettive assistenziali, n. 124, 1988. L’ambito della suddetta
delibera riguardava i minori, gli anziani autosufficienti e non autosufficienti,
nonché i soggetti con handicap ricoverati presso strutture residenziali e
semiresidenziali private, l’assistenza domiciliare diretta e indiretta,
l’erogazione degli assegni di assistenza e il trasporto dei disabili. Un’altra
delibera illegale era stata approvata dallo stesso Consiglio comunale in data 5
giugno 2000.
(2) Riportiamo
in questo numero il testo del decreto legislativo 109/1998 come risulta a
seguito delle modifiche apportate dal decreto legislativo 130/2000.
(3) Com’è noto
il primo comma dell’articolo 438 del codice civile stabilisce che «gli alimenti possono essere chiesti SOLO da chi versa in stato di bisogno e non è in
grado di provvedere al proprio mantenimento». Sulla questione si veda
l’articolo di F. Santanera “Aspetti salienti della vicenda relativa ai
contributi economici illegittimamente richiesti dagli enti pubblici ai
congiunti di assistiti maggiorenni” pubblicato sullo scorso numero di questa
rivista.
(4) L’estrema
gravità della norma sopra riportata non è certo attenuata dalla seguente
precisazione contenuta nello stesso art. 5: «Nei casi di urgenza, per i quali non sono attivabili progetti
alternativi al ricovero, verrà comunque provveduto all’inserimento del
cittadino con compartecipazione del Comune di Firenze al pagamento della quota
sociale. Tale erogazione sarà considerata come anticipazione con conseguente
obbligo di reintegrazione da parte dell’utente di quanto calcolato a suo carico
una volta completato il redditometro».
(5) Non possiamo
non ripetere a questo riguardo che, come risulta dal documento “Legge quadro
per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”
redatto e pubblicato nell’ottobre 2000 dalla Presidenza del Consiglio dei
Ministri, Ufficio del Ministro per la solidarietà sociale «nel corso del 1999, 2 milioni di famiglie italiane sono scese sotto la
soglia della povertà a fronte del carico di spese sostenute per la “cura” di un
componente affetto da malattia cronica».
(6) Si tratta
dell’Adina, Associazione per la difesa dei diritti delle persone non
autosufficienti, Via Vittorio Emanuele 135, 10154 Firenze. Cfr. Prospettive assistenziali, n. 133/2001.
www.fondazionepromozionesociale.it