Prospettive assistenziali, n. 138, aprile-giugno 2002

 

 

 

Notiziario dell’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

 

 

concordato con il Comune di Torino un progetto per il sollecito affidamento dei neonati privi di sostegno familiare

 

L’Anfaa, insieme ad altri gruppi e associazioni impegnati nel settore minorile, ha ripreso nel 2000 il confronto con il Tribunale per i minorenni del Piemonte e Valle d’Aosta e con l’Assessorato alla assistenza del Comune di Torino diretto a definire le migliori condizioni per rilanciare l’affidamento dei bambini piccolissimi che, allontanati dalla famiglia d’origine, continuavano ad essere inseriti in comunità per molti mesi e, a volte, anche per anni.

Il Comune di Torino, che aveva approvato nel 1995 una specifica delibera per l’affidamento dei neonati (pubblicata sul n. 113 di Prospettive assistenziali), ha accolto le richieste presentate e, dopo una serie di incontri di funzionari e operatori dello stesso Comune con i rappresentanti dei gruppi e delle associazioni, ha predisposto il progetto che pubblichiamo.

La sperimentazione di questo progetto è stata approvata in una specifica riunione, tenutasi l’11 novembre 2001 in cui erano presenti le autorità giudiziaria minorili (i Presidenti della Sezione per i minorenni della Corte di appello e del Tribunale per i minorenni, nonché il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni).

Le organizzazioni che hanno sottoscritto il progetto sono: Associazione Accomazzi, Associazione Gruppi Volontari per l’affidamento e l’adozione, Anfaa, Associazione Papa Giovanni XXIII, Odissea 33, Ufficio famiglia della Diocesi di Torino ed i gruppi di auto mutuo aiuto degli affidatari Rubino e Biancospino.

 

ridefinizione del progetto neonati del Comune di Torino

 

1) Premessa

Il lavoro comune di riflessione e progettazione avviato da tempo fra l’Assessorato all’assistenza e le Associazioni delle famiglie affidatarie in merito al tema dei bambini piccolissimi ha condotto alla formulazione della presente proposta di progetto che si intende sottoporre al confronto con il Tribunale per i minorenni.

Il Comune di Torino ha approvato con deliberazione n. 9508697/19 del 30.11.95 il “Progetto neonati” che si proponeva, attraverso l’affidamento familiare a brevissimo termine, di garantire fin dai primi giorni di vita ai bimbi in attesa di determinazioni dell’Autorità giudiziaria  il diritto a crescere in un ambiente familiare idoneo evitando i danni di una permanenza prolungata in ospedale o in comunità.

La ratio ispiratrice di quel progetto, che mantiene tuttora la sua validità, sta nella centralità del minore come soggetto di diritto, cui garantire un ambiente idoneo alle sua specifica ed irrinunciabile  esigenza di ricevere subito dopo la nascita una attenzione affettiva privilegiata e pregnante, che gli consenta di strutturare il rapporto con la realtà circostante. In particolare i presupposti a cui si è fatto riferimento sono:

• la necessità del neonato di instaurare una relazione affettiva stabile con le figure genitoriali. Questa condizione è indispensabile per il suo equilibrato sviluppo psicologico, infatti le conseguenze derivanti dalla mancanza o carenza della suddetta relazione sono ampiamente comprovate anche sul piano scientifico (si pensi alla ricerca condotta dalla dott.ssa Bonino e dalla sua Equipe del Dipartimento di psicologia dell’Università);

• la consapevolezza che l’inserimento in comunità dei neonati non può essere considerato una soluzione accettabile, soprattutto se si protrae per mesi, in quanto non è in grado di rispondere adeguatamente alle loro esigenze affettive.

Il progetto ha permesso l’inserimento dei neonati presso famiglie affidatarie, che li hanno affiancati nel loro percorso di rientro nella famiglia d’origine o di inserimento presso famiglie adottive, offrendo così ai bambini una concreta possibilità di avviare la strutturazione della loro personalità, anziché restare in una condizione di assenza di punti di riferimento precisi. Esso prevede inoltre incontri fra il bimbo ed i suoi genitori in un luogo protetto ed attrezzato, alla presenza di educatori che  osservano l’andamento  della relazione.

In questi anni di sperimentazione il monitoraggio delle esperienze effettuate ha evidenziato  l’opportunità di perfezionare il supporto dei servizi agli attori coinvolti per migliorare sia la gestione delle specifiche situazioni sia i risultati che dall’attuazione del singolo progetto ci si attende, avendo come obbiettivo primario quello di ridurre al minimo i tempi necessari per giungere ad una definizione del “destino” del neonato.

Il Settore minori e le Associazioni concordano sull’opportunità di partire da alcuni presupposti di base, che devono ispirare il panorama degli interventi rivolti ai neonati:

1) anticipare il più possibile i tempi della presa in carico delle situazioni problematiche, ad esempio gestanti tossicodipendenti o pazienti psichiatriche, da parte dei servizi, attivandosi già durante la gravidanza  per la formulazione di una diagnosi precoce e conseguente progettualità;

2) sottolineare l’importanza della famiglia come luogo privilegiato di vita per un minore e come risorsa prioritaria nel caso di difficoltà importanti della famiglia d’origine. Infatti come sottolinea la delibera sull’accreditamento del 1° luglio 1999 «L’affidamen­to familiare deve comunque essere l’unica risposta per la collocazione eterofamiliare di bambini in età 0-5 anni, fatta salva l’eventuale permanenza in strutture residenziali per esigenze di urgenza e pronto intervento e comunque per un periodo non superiore ai sei mesi»;

3) valorizzare le positività dei soggetti coinvolti a partire dalla famiglia d’origine, puntando non solo sull’osservazione delle capacità genitoriali ma anche sull’abilitazione delle potenzialità residue, per il recupero e lo sviluppo delle loro responsabilità;

4) garantire un’osservazione mirata delle capacità genitoriali, che fornisca al Tribunale elementi utili in tempi circoscritti.

Rispetto al primo punto è stato avviato un lavoro congiunto con le assistenti sociali operanti nei reparti materno infantili degli ospedali cittadini al fine di evidenziare indicatori condivisi per la conoscenza delle situazioni, modalità e tempi per la segnalazione reciproca che garantiscano un avvicendamento armonioso ed una stretta collaborazione fra servizi sanitari e sociali, che potrebbe condurre alla definizione di un protocollo.

Rispetto ai punti seguenti, in linea con l’indicazione per una «specializzazione-sperimentazione» delle comunità pubbliche, si è configurata l’esigenza di una radicale riformulazione dell’ impostazione di una comunità  per bambini da 0 a 3 anni, a gestione diretta ed a valenza cittadina, al fine di  acquisire una flessibilità di funzionamento che permetta agli educatori di rispondere adeguatamente ai bisogni che l’utenza  presenta ed alle premesse suddette, operando sia  all’interno della struttura che all’esterno in appoggio al progetto.

In particolare è emersa l’opportunità di offrire alla famiglia d’origine un luogo personalizzato e congeniale che favorisca l’espressione delle proprie potenzialità affettive e della reale volontà di impegnarsi nel lavoro di recupero delle responsabilità genitoriali, arginando la possibilità che la suddetta adduca giustificazioni attribuibili a luoghi d’incontro che possono inibire la spontaneità. Ciò permetterebbe di raccogliere elementi che lasciano pochi margini di dubbio in relazione alla valutazione delle capacità genitoriali, consentendo all’Autorità Giudiziaria una riduzione dei tempi di decisione, cosa che potrebbe anche essere accompagnata da una riduzione dei ricorsi.

Al contempo si ritiene di riempire di contenuto il desiderio dei servizi di offrire alla famiglia d’origine un contributo educativo concreto rivolto al recupero, pensando ad una modalità e ad un  luogo ove sia possibile per l’operatore, che presenzia agli incontri fra neonato e genitori, mettere in atto una dimensione di servizio che non sia solo osservativa, ma anche abilitante.

Inoltre, da un punto di vista logistico, la necessità di prevedere contatti frequenti fra i genitori  ed il figlio/a in un arco di tempo ridotto, per non vanificare  un intervento di sostegno troppo  diluito, ha comportato per la famiglia affidataria un impegno organizzativo assai rilevante, rispetto al quale era opportuno pensare ad interventi di supporto. L’individuazione di un educatore di riferimento per uno specifico bimbo, che si occupi di accompagnarlo agli incontri con i genitori, consente da un lato di sollevare la famiglia affidataria da eccessive incombenze e dall’altro di offrire al neonato una  figura di riferimento stabile, evitando allo stesso un altro fattore di disturbo, sicuramente non trascurabile, e cioè  l’avvicendamento delle figure di cura.

Si è venuto a delineare  pertanto  un sub-progetto che non sostituisce quello originario ma va ad integrarlo, estendendone la strumentazione a disposizione e quindi la possibilità di adeguare le risposte alle esigenze del caso.

Tale ottica si inserisce “nell’aspirazione” dei servizi di fornire al neonato un ventaglio di alternative, collocando la sua storia all’interno di un quadro complessivo di possibilità  che gli permetta di trovare la risposta più adeguata.

 

2) Contenuti del nuovo progetto

Esso ha l’obbiettivo di ridurre al minimo e se possibile evitare al neonato il passaggio in comunità, inserendolo in brevissimo tempo in una famiglia affidataria che gli offra un luogo adeguato per crescere. Al contempo si propone di favorire una attenta osservazione del rapporto fra il genitore/i ed il figlio e, laddove possibile, un consolidamento del legame con i genitori, potenziando le loro capacità genitoriali.

A questo scopo si è pensato di “spostare il luogo neutro” a casa della famiglia d’origine, infatti questo permette di favorirla nella possibilità di esprimere le sue potenzialità di recupero pur salvaguardando la configurazione di un setting protetto per il minore con la costante presenza di una figura professionale, che contestualmente riveste una funzione abilitante.

 I bimbi cui prioritariamente il progetto potrebbe rivolgersi sono:

– bambini segnalati dai servizi socio-assistenziali o dai servizi sanitari (ospedali, Sert, psichiatria adulti, ecc.) al Tribunale per i minorenni, rispetto ai quali quest’ultimo abbia disposto accertamenti ulteriori sul rapporto dei piccoli con i genitori;

– bambini rispetto ai quali si sia interrotto il progetto di inserimento con i/il genitori/e in comunità terapeu­tica;

– bambini per i quali si evidenzi la necessità di effettuare ulteriori accertamenti sanitari o attendere un certo periodo di tempo per giungere ad una definizione  precisa del loro stato di salute.

Si ritiene invece importante orientarsi immediatamente all’affidamento a rischio giuridico, laddove ne sussistano i presupposti.

Vengono così a delinearsi le seguenti dimensioni di intervento:

• individuazione precoce della casistica, attraverso un monitoraggio attento da parte dei servizi preposti alla tutela materno-infantile;

• osservazione del nucleo genitoriale mirata attraverso “indicatori” condivisi con le altre figure  professionali dei servizi sociali e sanitari durante il periodo di permanenza del minore in ospedale allo scopo di pervenire ad una valutazione nel minor tempo possibile;

• individuazione dei punti deboli e forti del nucleo genitoriale e conseguente definizione dell’azione educativa ed abilitante da realizzare con lo stesso;

• definizione dei tempi necessari per la realizzazione del progetto specifico che verrà attivato al momento della dimissione del neonato dall’ospedale. In linea generale ogni progetto dovrebbe prevedere una permanenza del bimbo presso la famiglia affidataria da un minimo di tre mesi ad un massimo di dodici;

• inserimento del neonato in una famiglia affidataria di pronta accoglienza;

• affiancamento al bambino di un educatore di riferimento per tutto il periodo di attuazione del progetto, allo scopo di realizzare un rapporto significativo di conoscenza reciproca e di fiducia;

• accompagnamento del neonato ad opera del suddetto educatore a casa dei genitori, realizzando durante l’incontro oltre ad una attenta osservazione anche quegli interventi che mirano a sostenere e potenziare le competenze genitoriali;

• sostegno emotivo e tecnico alla famiglia affidataria durante il percorso ed anche nella fase del distacco dal neonato.

 

3) Famiglie affidatarie e loro requisiti: reperimento e sostegno

 

3.1 Reperimento

Al fine di poter contare su una disponibilità tempestiva della famiglia affidataria per rispondere immediatamente alle esigenze di un determinato progetto, si pensa all’opportunità di costituire un gruppo stabile e congruo di famiglie che investano unicamente in questa direzione, acquisendo progressivamente una particolare preparazione.

Si ritiene che i possibili affidatari debbano essere individuati attraverso iniziative mirate fra famiglie che già hanno vissuto esperienze di affidamento e che abbiano una visione chiara e consapevole dell’impegno loro richiesto e della temporaneità dell’affidamento.

A questi volontari va riconosciuto un ruolo importante nel progetto in modo tale che essi possano  diventare interlocutori degli operatori e degli stessi giudici nella gestione dell’affidamento.

Anche in base alle esperienze finora realizzate, la scelta dovrebbe essere orientata verso famiglie con figli già adolescenti o adulti; ci sono forti perplessità su quelle con bimbi piccoli o piccolissimi, che difficilmente potrebbero comprendere e “reggere” l’avvicendamento dei neonati affidati.

Il reperimento dovrebbe avvenire anzitutto attraverso una campagna “mirata” realizzata dal Comune d’intesa con le Associazioni e i gruppi di famiglie affidatarie, attraverso una “ricognizione” fra le famiglie aderenti.

Le famiglie che danno la loro disponibilità al Comune di Torino parteciperanno ad un corso di informazione/formazione (non più di 10-12 famiglie) sugli aspetti giuridici, psicologici, procedurali di questi specifici affidamenti (programma da definire), il quale ha anche uno scopo di auto-selezione, per poter poi giungere ad opera dei servizi competenti ad una valutazione delle loro capacità affettive ed educative.

 

3.2  Sostegno

Per quanto riguarda il mantenimento ed il sostegno del pool di affidatari, il gruppo è considerato indispensabile al fine di giungere ad una cultura tematica condivisa fra le famiglie coinvolte e realizzare una dimensione di appartenenza, che può sostenere nei momenti critici, come ad esempio quello del distacco dal neonato.

In particolare si pensa ad un accompagnamento per il gruppo delle famiglie individuate che conterà sulla conduzione di due operatori preparati ogni 15-20 giorni, in orario adeguato alle esigenze lavorative degli affidatari.

È possibile ipotizzare una serie di facilitazioni che consentano la reale e costante partecipazione degli interessati, come ad esempio coperture per i bambini durante lo svolgersi degli incontri. È opportuno prevedere che tale accompagnamento abbia una durata minima di circa sei mesi, durante i quali verrà monitorato per giungere ad ulteriori sviluppi quali ad esempio l’evoluzione in gruppo di auto-mutuo-aiuto.

 

4) Servizi socio-educativi: presidio individuato, operatività ed attuazione

        

4.1 Obiettivi specifici della comunità

Per l’attuazione del progetto accanto ad un pull di famiglie individuate è necessario poter contare su un gruppo di educatori preparati, che permetta la realizzazione degli interventi previsti.

Come già detto ciò si rende possibile grazie ad un rinnovamento dell’impostazione metodologica di una comunità, che nello specifico è stata individuata nel “Piccolo Principe” di corso Casale 86. Si tratta infatti di una struttura pubblica ed a valenza cittadina  che si propone di realizzare le finalità generali del progetto attraverso i seguenti obbiettivi specifici:

1) rispondere con tempestività alle necessità di pronto intervento con l’attivazione immediata di un numero limitato di posti letto e accoglienza per la fascia 0/3;

2) offrire una osservazione qualificata – caratterizzata da un investimento massiccio in un arco di tempo limitato – del rapporto genitori/e-figli/o finalizzata ad una valutazione delle loro capacità di rispondere alle esigenze affettive ed educative presenti e future del figlio;

3) attivare presenze educative a sostegno della genitorialità della famiglia d’origine;

4) fornire un contributo al sostegno delle famiglie affidatarie del “progetto neonati”, attraverso un accompagnamento tecnico-professionale nel percorso di affidamento di neonati.

Attraverso l’obiettivo 1 si intende fornire posti di facile accessibilità  per interventi urgenti delle forze dell’ordine o di assistenti sociali che devono provvedere ad immediati allontanamenti disposti dall’Autorità giudiziaria o  ex art. 403 del codice civile.

La permanenza breve offre uno spazio di tempo che consente di raccogliere le indispensabili informazioni e orientare l’intervento futuro. Occorre che la pronta accoglienza mantenga effettivamente i caratteri di provvisorietà e di brevità al fine di non snaturare le finalità del sevizio.

Una valutazione e prognosi positiva relativa ai genitori, tale da incrementare gli interventi a sostegno del nucleo d’origine costituisce un elemento favorente, ma anche in assenza di valutazioni l’Equipe della comunità attiverà tutte le risorse osservative al fine di fornire utili considerazioni al servizio inviante per metterlo in condizioni di fare scelte tecniche più orientate.

La pronta accoglienza necessita di opportune scelte metodologiche che garantiscano da subito un operatore che si affianca al nuovo ospite e mette in atto tutti gli accorgimenti per offrire un riferimento stabile per un numero congruo di ore al fine di attenuare il più possibile il trauma dell’allontanamento e dell’abbandono.

 

4.2 Operatività degli educatori rivolta alle famiglie

Le finalità di programma suesposte si traducono nei seguenti compiti concreti e modalità organizzative.

Le funzioni assolte dagli educatori possono essere :

• la presenza nella fase di conoscenza del neonato, da attuarsi già durante la permanenza di quest’ultimo in ospedale, in relazione ad un decreto che lo permetta, al fine di raccogliere dati, collaborare all’impostazione del programma di uscita, consentire al bambino un primo contatto “fisico-emotivo” con l’esterno ed accompagnarlo nella fase di passaggio fra l’ospedale e la famiglia affidataria di pronto intervento;

• la stretta collaborazione con il servizio sociale  nella individuazione della famiglia affidataria o nella collocazione comunitaria;

• l’affiancamento della famiglia affidataria  con:

- brevi consulenze nella gestione quotidiana del bimbo (malattia, alimentazione, problemi educativi...);

- accompagnamento del neonato nella famiglia d’origine o nel luogo neutro. Osservazione - valutazione - tutela del minore al luogo neutro / Riaccompagna­mento del minore a casa della famiglia affidataria;

- piccoli interventi presso il domicilio della famiglia affidataria per osservare la situazione in quel contesto;

- sostegno tecnico ed emotivo nella fase di passaggio verso la famiglia adottiva o nel rientro in famiglia d’origine / elaborazione della separazione (come fi­-gura di contorno all’intervento di altre figure professionali).

• L’azione educativa a supporto dei genitori biologici con:

- attivazione nella prima fase di interventi di luogo neutro per osservare le capacità genitoriali, valutare lo stato del progetto con gli altri protagonisti dell’intervento (Assistenza sociale, Sert, Psichiatria, Npi) e definire un piano grezzo di intervento futuro;

- interventi presso il domicilio dei genitori naturali per sostenere-potenziare le competenze genitoriali. Si tratta di interventi gradualmente più lunghi di quelli normalmente gestiti in luogo neutro, orientati, ove possibile, ad abilitare il/i genitore/i a prendersi cura del proprio figlio soprattutto attraverso gli atti della vita quotidiana (pappa, addormentamento, bagnetto, gioco, ecc). È evidente che alcune esperienze possono anche essere vissute all’esterno (visite mediche, passeggiate, giardinetti);

- referenza affettiva per il bambino nei casi di rientro graduale in famiglia d’origine o di definitivo allontanamento;

- consulenza ed informazione necessaria alla famiglia adottiva.

Dal punto di vista organizzativo, l’équipe degli educatori della comunità viene riarticolata nel seguente modo:

- 1 sub-équipe di 9 operatori (5 educatori e 4 adest) per la copertura del servizio di accoglienza;

- 1 sub-équipe di 5 educatori, di cui 1 part-time, che segue i bambini inseriti nel “progetto neonati” fino ad un massimo di 10.

Gli educatori della sub-équipe del “progetto neonati” si organizzano in modo da prevedere spazi di appoggio alla sub-équipe della comunità nelle emergenze di organico e per brevi periodi.

Possono  essere definiti  momenti di riflessione e di incontro in équipe separati e altri congiunti. Rimane punto fermo che a sostegno  “progetto neonati” opererà soltanto personale con la qualifica di “educatore”.

 

5) Attuazione del progetto specifico

 

Quando viene loro proposto l’inserimento, gli affidatari devono ricevere dall’assistente sociale referente una informazione esauriente:

– sulla storia personale e familiare del bambino, limitatamente alle notizie che sono necessarie per la gestione del minore; 

– sulla sua situazione giuridica;

– sulle sue condizioni sanitarie (scheda sanitaria da fornire agli affidatari insieme al libretto sanitario).

Gli affidatari, se accettano, sottoscrivono nel documento “Impegno degli affidatari” anche una specifica dichiarazione in cui si impegnano a non divulgare a terzi informazioni relative al minore affidato e alla sua famiglia d’origine nonché l’identità della famiglia in cui il minore potrebbe essere inserito dopo l’affidamento (affidamento familiare, a “rischio giuridico” o preadottivo), nel caso ne venissero a conoscenza per qualche motivo. 

All’impegno dovrebbe essere anche allegato il provvedimento dell’Autorità Giudiziaria e un calendario degli incontri del piccolo con la famiglia d’origine, periodicamente aggiornato (sede, orari, ecc., terapie, assistente sociale ed educatori di riferimento) che gli affidatari si impegnano a seguire.

Nel momento in cui viene avviato l’affidamento, gli affidatari hanno come riferimenti:

– l’assistente sociale referente per il caso del minore che, armonizzando o stimolando il lavoro di tutti gli operatori coinvolti (Npi, Sert, Psichiatria, ecc.), rappresenterà il “regista” del progetto; 

– un educatore referente ed uno supplente dell’équipe di corso Casale; l’educatore referente lavorerà in stretto contatto con l’assistente sociale, con la quale costituirà la cellula operativa di base. Questa figura rappresenta il  riferimento per il piccolo affidato, come ipotizzato dagli operatori della comunità, rispetto agli  incontri con la famiglia di origine in luogo “neutro” o nel domicilio della stessa, finalizzati alla osservazione del rapporto genitori-piccolo ed alla abilitazione delle potenzialità presenti, accompagnandolo alla destinazione definitiva.

Accanto alle visite domiciliari e ai colloqui, vanno previste riunioni periodiche di verifica sull’andamento del progetto tra assistente sociale referente, educatore, psicologo del servizio di Npi (se il piccolo è in terapia) e gli affidatari, i quali, come previsto dalle recenti modifiche alla legge n. 184/83, vengono inoltre sentiti dal Tribunale per i minorenni prima dell’adozione dei provvedimenti sul minore.

Gli affidatari si impegnano a documentare lo sviluppo psico-fisico del piccolo affidato attraverso diario, fotografie, ecc.. Tutto questo sarà poi trasmesso dagli stessi  alla famiglia (d’origine o adottiva ) in cui il minore verrà inserito a conclusione del progetto.

Si ritiene opportuno che il Tribunale per i minorenni, nel disporre il rientro dei piccoli in famiglia di origine o l’affidamento  preadottivo, tenga conto della necessità di continuità affettiva per i bambini coinvolti, evitando loro trasferimenti bruschi che non contemplino il passaggio di comunicazioni dettagliate da parte della famiglia affidataria  sulle abitudini e sulle necessità specifiche del bambino.

Definite le linee-guida, per ogni affidamento dovranno essere definite le modalità specifiche di realizzazione nello specifico progetto, che deve essere scritto e conosciuto da tutti i protagonisti dell’affidamento.

 

 

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