Prospettive assistenziali, n. 138, aprile-giugno 2002
l’affidamento a rischio giuridico di adozione:
le esperienze delle famiglie
Abbastanza
numerosi erano e sono i minori dichiarati adottabili, nei cui confronti
sussistono difficoltà giuridiche per il loro definitivo inserimento presso una
famiglia adottiva. Infatti, la dichiarazione di adottabilità è sospesa per
legge nei casi in cui sia stato presentato ricorso.
Succedeva, e
succede tuttora, che il bambino venga dato in affidamento familiare a scopo
educativo nell’attesa che la dichiarazione di adottabilità diventi definitiva.
L’Anfaa si è
battuta per arrivare all’emanazione della circolare n. 389 del 3 marzo 1983
sugli affidamenti “a rischio giuridico d’adozione” (riportata integralmente in
allegato) sottoscritta dal Presidente del Tribunale per i minorenni del
Piemonte e della Valle d’Aosta e dall’Assessore all’assistenza del Comune di
Torino e recepita anche dalla Regione Piemonte.
Tale
circolare si basava e si basa su tre presupposti fondamentali ancora attuali e
validi: garantire, per quanto possibile, la continuità affettiva del bambino
nei cui riguardi è stato aperto il procedimento di adottabilità, ridurre allo
stretto necessario la permanenza in istituto o in comunità alloggio, che a
volte si protrae anche per molti anni, in considerazione delle conseguenze
negative della istituzionalizzazione ampiamente dimostrate anche a livello
scientifico e, infine, scongiurare la realizzazione di affidamenti “impropri” a
persone prive dei requisiti previsti dalla legge per l’eventuale futura adozione.
L’Anfaa
riteneva e ancora ritiene inaccettabile l’utilizzo degli istituti e delle
comunità alloggio in cui viene inserito il bambino tolto a coloro ai quali è
stato dato dai servizi in affidamento familiare a scopo educativo per il
cosiddetto periodo di “decongestionamento affettivo” e per “fargli dimenticare”
gli affidatari, come se questa procedura fosse una “valida preparazione” per
l’inserimento del fanciullo in una famiglia adottiva.
Nel corso del
seminario “Lo stato di adottabilità e la realtà dell’adozione dei minori
italiani” promosso dall’Anfaa a Torino il 7 novembre 2000, è stata presentata
una relazione nata dal confronto con famiglie che hanno avuto o hanno in
affidamento “a rischio giuridico di adozione” dei bambini.
Dalle
esperienze realizzate dal 1983 ad oggi, mentre è confermata la validità di
fondo della circolare, emerge la necessità di un consistente miglioramento
delle procedure.
Testo della
relazione
1) Maggiore
informazione
Anzitutto le famiglie evidenziano una scarsa
conoscenza della situazione personale e familiare del bambino, conoscenza
intesa come acquisizione degli elementi indispensabili per potersi rapportare
in modo corretto col bambino stesso: troppi vuoti, troppe notizie non dette,
forse per il “timore” di violare il segreto professionale da parte degli
operatori e/o dei giudici che propongono l’abbinamento. Questo rende
indubbiamente più complesso l’inserimento del bambino.
A questo proposito vorremmo richiamare, per inciso, quanto
previsto dall’art. 22 della legge 184/83 che afferma la necessità che gli
aspiranti genitori adottivi debbano in ogni caso essere informati dal tribunale
per i minorenni sui fatti rilevanti relativi al minore emersi dalle indagini.
Approssimative sono anche le informazioni sulla
situazione giuridica del bambino: gli aspiranti genitori adottivi non hanno
necessariamente competenze in materia di diritto minorile e quindi hanno
bisogno di essere adeguatamente e ripetutamente ragguagliati sullo stato del procedimento
relativo al bambino da loro accolto (ruolo del Tribunale per i minorenni, della
relativa Procura della Repubblica, della Sezione per i minorenni della Corte di
appello e della Corte di Cassazione per quanto concerne i ricorsi possibili, i
tempi e le parti in causa, le azioni di competenza del tutore e del curatore
speciale del bambino, la consulenza tecnica d’ufficio sulle scadenze). Non
sempre sanno quando il ricorso verrà discusso e l’esito relativo; inoltre,
troppe volte la situazione del bimbo è stata presentata dal Tribunale come “a
basso rischio”, mentre purtroppo si protrae per anni.
2) Supporti
socio-assistenziali
Gli affidatari che hanno accolto un bambino “a rischio
giuridico” hanno dato la disponibilità per un’adozione, hanno compreso però le
forti necessità di cure familiari di questi bambini accettando quindi questo
intervento, che deve essere però molto chiaro e sostenuto nella gestione.
Infatti, si tratta di un affidamento che ha lo scopo
di assicurare al bambino la crescita in una famiglia durante il tempo
necessario (il più breve possibile) al completamento del procedimento, famiglia
che con la eventuale dichiarazione di adottabilità diventerà la sua, per
sempre. Parliamo di affidamento familiare, e quindi questo deve comportare:
rimborso-spese, copertura assicurativa e tutte le provvidenze previste per gli
affidatari. Ciò è necessario per “rafforzare” il significato della loro
accoglienza in questa fase. Per gli stessi motivi, sono necessari supporti
specifici per gli affidatari aspiranti genitori adottivi.
3) Attaccamento:
dimensione psicologica fondamentale
Dal punto di vista psicologico, agli affidatari gli
operatori e/o i giudici chiedono sovente di comportarsi e di rapportarsi al
bambino come se fossero i genitori “definitivi” già adottivi del bambino,
perché lui ha bisogno di forti rassicurazioni affettive per le privazioni di
cure affettive subite. Ma gli affidatari
non lo sono ancora, anche se lo desiderano e non sanno se lo diventeranno.
Non sempre sanno come porsi nei confronti del bambino. Su questo punto si è
discusso a lungo con le famiglie; le esperienze sono diverse: c’è chi ha
consapevolmente scelto - seguendo le indicazioni dei servizi stessi - di farlo
per “trasmettere sicurezze”, “per dare certezze” (e questo è avvenuto con bimbi
che non hanno avuto rapporti o ne hanno avuti pochissimi) con i genitori o
parenti nel corso dell’affidamento. Ma per gli altri? I bambini già grandini,
che incontrano ogni 15-30 giorni la famiglia d’origine, che trasmette loro
messaggi di segno diametralmente opposti non possono certo essere illusi!
4) Procedimenti
brevi
Sono intervenuti nel corso degli anni dei cambiamenti
che richiedono un ulteriore sforzo da parte di tutti per migliorare questo
prezioso e delicato intervento. Non abbiamo purtroppo dati precisi (sarebbe
necessaria una rilevazione specifica da parte del Tribunale per i minorenni),
ma dalle esperienze delle famiglie emerge che i procedimenti sono sempre più
lunghi, possono durare 3-4-5 anni (anche se i bimbi hanno 2-3 anni quando
arrivano in famiglia, vanno poi alla scuola materna o alle elementari che il
procedimento è ancora in corso). Questi sono anni fondamentali per la crescita
dei bambini, che avviene in un clima particolare, scandito dagli incontri con i
genitori e/o i parenti anche frequenti nei cosiddetti “luoghi neutri”
(comunità, ludoteche, ecc.), che di “neutro” hanno solo il nome.
5) Ridurre il
grado di esposizione dei bambini che non sono cassa di risonanza delle
contraddizioni degli adulti
Le famiglie chiedono che vengano meglio preparate le
modalità di incontro, siamo ancora a livelli dilettanteschi. Chi li prepara,
chi li segue, chi riferisce al Tribunale per i minorenni? Sono momenti molto
delicati, che presuppongono una conoscenza della situazione personale e
familiare che l’educatore presente all’incontro non sempre ha; oppure, a volte
è capitato, l’educatore è “schierato” con una delle due famiglie diventando
poco obiettivo e lasciando andare avanti gli incontri senza un minimo di
“regia”; ad esempio, è successo che l’educatore non è intervenuto quando i
genitori d’origine si sono fatti dire dal bambino il recapito della famiglia in
cui viveva, oppure ha colpevolizzato gli affidatari che a loro parere non
avevano “preparato bene” il bambino all’incontro con i genitori d’origine (“Lui reagisce così perché voi lo viziate”
si sono sentito dire gli affidatari di un piccolo che urlava, piangeva e non
voleva lasciare gli affidatari).
Gli affidatari vedono le ripercussioni sul bambino di
questi incontri con i genitori e/o i parenti che essi non conoscono.
Partecipano però alla preoccupata attesa del bambino, attesa accompagnata
sovente da reazioni significative (mutismo, irritabilità, richiesta di conferme
affettive, ecc.) e ai suoi rientri nella famiglia affidataria. Il
“riassestamento” è lungo (per l’ambiguità o la contraddittorietà dei messaggi
ricevuti da loro e lo stress subito: “Tu sei nostro figlio, fra poco torni a
casa”, “Ricordati che siamo noi i tuoi genitori”). C’è anche il bambino che
chiede agli affidatari di non farglieli più vedere ed è difficile spiegare i
motivi soprattutto se si va avanti per diversi anni. Gli affidatari si sono
chiesti e si chiedono come poter rassicurare il bambino. A differenza degli
affidatari “tout court”, essi non hanno molti elementi per poterlo fare; il
loro messaggio è: “Noi ti vogliamo bene,
desideriamo che tu stia con noi per sempre”.
6) Gli
affidatari conoscono il bambino ed è utile che il Tribunale per i minorenni li
ascolti
C’è anche da rilevare che gli affidatari - a parte
alcuni coraggiosi che hanno deciso di trasmettere al Tribunale le loro
considerazioni - non hanno voce nei confronti del Tribunale stesso. Parlano, si
fanno sentire attraverso gli operatori dei Servizi socio-assistenziali, ma non
sanno come e quanto da loro esposto sia recepito nelle relazioni da loro
inviate al Tribunale in quanto quasi nessuno legge le relazioni o almeno ne
riassume i contenuti agli affidatari.
È vero che l’art. 10 della legge n. 184/1983 prevede
che gli affidatari siano sentiti nella fase in cui il Tribunale per i minorenni
accerta la sussistenza dello stato di adottabilità ma, in nome della
riservatezza, non può comparire nulla di loro nel fascicolo. Sono state
ipotizzate negli incontri preparatori di questo seminario alcune soluzioni al
riguardo che speriamo possano essere al più presto prese in considerazione
dalle Autorità giudiziarie competenti (relazioni inoltrate tramite il tutore
provvisorio o il curatore speciale).
Dalle esperienze raccontate dalle famiglie - che
speriamo di far sentire presto anche ai giudici - emergono anche le grandi
capacità di reazione, di recupero di questi bambini che hanno incominciato la
loro vita in salita.
7) I bambini in
affidamento hanno migliori possibilità di recupero
C’è la consapevolezza che quanto i bambini ricevono
non solo dagli affidatari, ma anche dai loro parenti e amici (attenzioni, cure,
affetto, senso di appartenenza e opportunità normali come i coetanei) resti in
loro e sia utile. C’è anche la consapevolezza di quanto questi bambini danno a
quanti li hanno accolti “come sono e li stanno amando”. I genitori affidatari
riferiscono come siano preziose, al riguardo, tutte le relazioni educative
significative che si stabiliscono con altre figure appartenenti ai “normali”
circuiti aggregativi: insegnanti, animatori sportivi, educatori parrocchiali,
ecc… Le famiglie riflettono sull’importanza cioè di far parte di reti stabili
per inserire i loro bambini in ambiti educativi di cui possano sentirsi parte
viva e reale dove crescere e mettere radici.
8) Conclusioni
Sul piano propositivo le piste di lavoro proposte ai
giudici delle Procure e dei Tribunali per i minorenni e delle Corti d’appello
sono le seguenti:
a) un impegno prioritario a far sì che il procedimento
di adottabilità duri il minor tempo possibile: questo comporta una revisione
delle attuali prassi operative da parte delle Autorità giudiziarie minorili e
dei Servizi socio-assistenziali e sanitari per individuare e affrontare i
momenti di “rallentamento” nel procedimento. Non dovrebbe mai durare 5 anni un
procedimento!;
b) una corretta informazione agli aspiranti genitori
adottivi (anche un libretto informativo potrebbe servire);
c) l’ascolto del bambino, con attenzioni specifiche in
relazione all’età e l’ascolto degli affidatari nel corso del procedimento;
d) una riflessione sulle modalità di incontro del bambino
con la famiglia d’origine e sull’uso dei luoghi “neutri”;
e) l’accompagnamento del bambino da parte degli
affidatari con la collaborazione dei Servizi socio-assistenziali e sanitari
interessati verso soluzioni differenti dall’adozione quale il rientro nella
famiglia d’origine, l’affidamento a parenti o la trasformazione
dell’affidamento a rischio giuridico di adozione “in affidamento tout court”
che escludano il traumatico passaggio in comunità per il “decongestionamento
affettivo”.
Questo è il punto di vista della famiglie, o, meglio,
di un “campione” di queste famiglie.
Non sottovalutiamo il loro contributo e vediamo
insieme come si possono migliorare questi interventi perché siano sempre più a
misura dei bambini.
ALLEGATO
CIRCOLARE, n.
389 del 3 marzo 1983 DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI TORINO E
DELL’ASSESSORATO ALL’ASSISTENZA DEL COMUNE DI TORINO
Nell’ambito dei lavori del gruppo a suo tempo
istituito per l’attuazione del progetto di deistituzionalizzazione per minori
da 0 a 6 anni, è stato affrontato e discusso il problema del rapporto tra
affidamento e adozione.
La discussione e il relativo approfondimento del tema
si sono resi necessari partendo da alcune premesse e precisamente:
1. sempre più frequentemente ci si trova di fronte a
situazioni di minori dati in affidamento familiare dal Comune di Torino e
successivamente dichiarati adottabili;
2. sempre più frequentemente ci si trova di fronte
alla necessità di conciliare la salvaguardia della continuità affettiva dei
bambini con la regolarizzazione definitiva della loro situazione;
3. la permanenza dei minori in comunità di pronto
intervento non può essere considerata una soluzione definitiva in attesa degli
sviluppi e della definizione giuridica del caso in quanto deve essere comunque
temporanea (massimo 6 mesi).
Sulla base delle suddette premesse l’Assessorato alla
assistenza sociale del Comune di Torino e il Presidente del Tribunale per i
minorenni di Torino hanno concordato le seguenti indicazioni operative:
a) per i casi
di bambini figli di ignoti, per i quali si va rapidissimamente all’adozione è
meglio evitare l’affidamento familiare e seguire la attuale procedura che
prevede il passaggio del bambino dall’ospedale alla comunità alloggio per
brevissimo tempo e immediatamente alla famiglia adottiva;
b) analoga
soluzione va prevista per i casi in cui l’abbandono è talmente evidente per cui
ragionevolmente si può pensare che la procedura per la dichiarazione dello stato
di adottabilità sarà rapidissima (morte dei genitori, loro dichiarazione di
voler rinunciare al figlio);
c) per i
minori in situazioni di alto rischio per i quali è già stata inoltrata al
Tribunale per i minorenni la segnalazione per l’apertura dello stato di
adottabilità, non si procederà all’affidamento familiare, salvo precise
disposizioni del Tribunale per i minorenni a norma dell’art. 314/6 del Codice
civile.
Qualora il Tribunale per i minorenni ritenesse
opportuno l’affidamento del minore si procederà come segue:
1. fa famiglia affidataria dovrà essere scelta tra
quelle in lista di attesa presso l’Ufficio unico adozioni (1), che si sono
dichiarate disponibili ad accogliere un bambino la cui situazione giuridica non
è ancora definita;
2. la scelta avverrà d’intesa tra l’Ufficio unico
adozioni e l’Ufficio coordinamento per gli affidamenti familiari che, con i
servizi sociali di zona, verificherà l’idoneità delle coppie in riferimento al
caso specifico del minore da affidare;
3. se entro un periodo massimo di tre mesi non venisse
reperita una coppia tra quelle già in lista per l’adozione, il Servizio sociale
di zona e l’Ufficio coordinamento per gli affidamenti, d’accordo con l’Ufficio
unico adozioni, potrà procedere alla ricerca di una famiglia tra quelle già
selezionate per l’affidamento familiare, che abbia i requisiti formali e
sostanziali per l’eventuale adozione di un bambino. La coppia stessa presenta
domanda di adozione al Tribunale per i minorenni;
4. il Tribunale per i minorenni farà un decreto con il
quale autorizza il Comune, tutore provvisorio o affidatario, a immettere il
bambino in affidamento presso la famiglia scelta seguendo i criteri e le
modalità di cui ai punti 1), 2) e 3); nello stesso decreto preciserà le
modalità degli eventuali incontri del minore con la famiglia d’origine,
evitando sempre che tali incontri consentano alla famiglia di origine di
individuare la famiglia affidataria;
5. il Comune realizzerà l’affidamento ricorrendo a
tutte le cautele idonee per tutelare la riservatezza della famiglia
affidataria;
6. dopo la definitiva dichiarazione dello stato di
adottabilità, l’affidamento familiare verrà trasformato dal Tribunale per i
minorenni in affidamento pre-adottivo, se non risulteranno serie
controindicazioni, nell’esclusivo interesse del bambino;
7. dopo che eventualmente sia stato dichiarato
l’affidamento pre-adottivo, il Tribunale per i minorenni affiderà il controllo
su questo preferibilmente ai Servizi sociali territoriali o all’Ufficio unico
adozioni o ad ambedue i servizi congiuntamente ed in collaborazione tra loro, a
seconda della situazione in concreto.
d) Quando si
presentano situazioni di grave pregiudizio per il minore, per cui occorre
procedere al suo allontanamento dai genitori ed è molto probabile che successivamente
si verifichino condizioni di abbandono materiale e morale, si potrà provvedere
ad un affidamento familiare con le seguenti modalità:
1. il Tribunale per i minorenni affida il minore al
Comune di Torino;
2. la scelta della famiglia affidataria deve avvenire,
come per il caso precedente, tra quelle in lista di attesa presso l’Ufficio
unico adozioni che si sono dichiarate disponibili ad accogliere un bambino la
cui situazione giuridica non è ancora definita;
3. se entro un periodo massimo di tre mesi non venisse
reperita una coppia tra quelle già in lista per l’adozione, il Servizio sociale
di zona e l’Ufficio unico adozioni potranno procedere alla ricerca di una
famiglia tra quelle già selezionate per l’affidamento familiare, che abbia i
requisiti formali e sostanziali per l’eventuale adozione di un bambino. La
coppia stessa presenterà domanda di adozione al Tribunale per i minorenni;
4. il progetto di affidamento deve essere segnalato
mediante verbale all’assistente sociale di zona, d’intesa con l’Ufficio
coordinamento per gli affidamenti, al Giudice di territorio che apporrà il suo
visto di esecutività;
5. il Giudice deve stabilire con provvedimento le
modalità degli incontri del minore con la famiglia di origine.
e) Nei casi
in cui occorre allontanare il bambino dalla famiglia, ma non si profila al
momento una situazione che possa sfociare in uno stato di abbandono, qualora il
Servizio sociale intenda procedere ad un affidamento familiare, sceglierà la
famiglia che riterrà più idonea, curando, se si tratta di minori inferiori agli
otto anni, che i coniugi siano in possesso dei requisiti di età e di anni di
matrimonio necessari per una eventuale futura adozione. Sarebbe preferibile
scegliere una famiglia affidataria con figli propri.
L’affidamento
verrà segnalato per iscritto al Giudice di territorio dall’Ufficio
coordinamento per gli affidamenti per la sua collocazione in un generico
dossier “affidamento in corso”.
Il presente
accordo verrà applicato a titolo sperimentale per il periodo di un anno.
(1) Si segnala che sono stati
soppressi sia l’Ufficio unico adozioni, sia l’Ufficio coordinamento per gli
affidamenti familiari.
www.fondazionepromozionesociale.it