Prospettive assistenziali, n. 138, aprile-giugno 2002
MALATI PSICHICI
BRUCIATI VIVI
Nel prefabbricato (1) di San Gregorio
Magno, Salerno, sono arsi vivi nel dicembre del 2001 ben 19 malati psichici.
Nel 1997 l’edificio era stato dichiarato
inidoneo da una Commissione di vigilanza della Regione Campania, ma,
trattandosi di infermi di mente, non c’erano, come ripetono sempre quasi tutti
i nostri amministratori, le risorse economiche per predisporre strutture
valide, ad esempio comunità alloggio inserite nel normale contesto abitativo.
Come scrive giustamente Vito D’Anza (2) «la tragedia di S. Gregorio Magno è il
frutto non dell’antimanicomialità, anche se qualcuno vorrà approfittarne per
spiegarci che bisogna rifare i manicomi, ma è frutto della manicomialità, certo
nuova e sotto mentite, neppure tanto, spoglie. Quando le strutture residenziali
vengono collocate lontane da contesti sociali, inidonee o in qualche caso
fatiscenti sul piano strutturale, quando le norme di sicurezza sono sfacciatamente
disattese, quando il personale che vi opera viene ridotto al lumicino e ridotto
quindi esclusivamente all’accudimento, quando le leggi ferree dei bilanci
aziendali fanno diventare le strutture della riforma troppo simili alle vecchie
strutture dove venivano rinchiusi i malati mentali, quando i processi di
separatezza tra il sano ed il folle diventano sempre più profondi, allora non
si fa altro che offrire alibi a chi invoca la riapertura dei grandi lager
manicomiali. L’espressione “forse se restavano in manicomio sarebbero ancora
vivi”, colta in parte della stampa sulla vicenda, ne è testimonianza».
Precisa Vito D’Anza che «il principio del prendersi cura dei malati
mentali che non possono stare in famiglia è, o dovrebbe essere, quello della
loro sistemazione residenziale in strutture piccole, agili, il più possibile
simili alle residenze familiari, aperte alla società esterna, con un variabile
grado di protezione a seconda delle caratteristiche di chi vi abita,
stimolatrici di rapporti sociali e umani ricchi e autentici».
A questo proposito ricordiamo che il
primo comma dell’art. 4 della legge 17 febbraio 1992 n. 179 “Norme per
l’edilizia residenziale pubblica” stabilisce quanto segue: «Le Regioni, nell’ambito delle disponibilità loro attribuite, possono
riservare una quota non superiore al 15% dei fondi di edilizia agevolata e
sovvenzionata per la realizzazione di interventi da destinare alla soluzione di
problemi abitativi di particolari categorie sociali individuate, di volta in
volta, dalle Regioni stesse. Per tali interventi i requisiti soggettivi e
oggettivi sono stabiliti dalle Regioni, anche in deroga a quelli previsti dalla
legge 5 agosto 1978, n. 457, e successive modificazioni».
Dunque, se la Regione Campania (analoghe
considerazioni valgono per altre Regioni) avesse voluto, aveva la concreta
possibilità di provvedere in modo adeguato alle esigenze dei pazienti arsi vivi
(3).
Gravi
abusi nei confronti di 40 RICOVERati
«Nel
letto con il cappotto indosso e il cappello di lana ben calcato in testa per
proteggersi da questo dicembre polare» (4).
In questo modo si arrangiavano gli
anziani e gli altri soggetti non autosufficienti ricoverati in una struttura
situata nella Provincia di Napoli nel momento in cui hanno fatto irruzione i
carabinieri.
L’impianto di riscaldamento era fuori
uso, ma mentre ai degenti toccava dormire vestiti, al piano superiore due
inservienti riposavano nella loro stanza riscaldata da una potente stufa.
Altrove, camere fredde, ma soprattutto
chiuse a chiave dall’esterno per isolare i malati con problemi mentali,
accomunati però agli altri dall’assenza di un campanello, un pulsante,
qualsiasi cosa potesse attirare l’attenzione degli assistenti in caso di
emergenza.
Altre caratteristiche della struttura:
promiscuità, sporcizia, mancanza di personale specializzato, situazioni di
pericolo, finestre sbarrate con lucchetti.
A causa della gravità delle condizioni di
vita dei ricoverati, sono stati arrestati l’amministratore della struttura ed i
due inservienti sorpresi a dormire nell’unica stanza riscaldata, con l’accusa
di sequestro di persona, maltrattamenti e abbandono di persone incapaci.
La detenzione è durata pochi giorni,
poiché la Procura ha concesso gli arresti domiciliari.
Un altro esempio delle carenze, molto spesso vistose,
di provvedimenti seri diretti a prevenire gli abusi. Mancano, altresì, le norme
penali (c’erano, ma il Parlamento le ha soppresse) rivolte a colpire l’abusiva
apertura di strutture.
(1) Si tratta di
uno dei sette prefabbricati donati dalla Francia a seguito del terremoto del
novembre 1980. Risulta che l’incendio sia stato causato da un semplice
cortocircuito.
(2) Cfr. Vito D’Anza,
Bruciati vivi, Fogli di informazione, n.
190, maggio-agosto 2001.
(3) Circa le
disponibilità economiche, ricordiamo l’articolo “Gravi preoccupazioni per le
Ipab privatizzate dalla Regione Campania”, Prospettive
assistenziali, n. 110, 1995, in cui avevamo riportato le delibere
concernenti la gratuita assegnazione a privati di due Ipab, la prima con un
patrimonio calcolato nel 1995 in 20 miliardi e 240 milioni di lire e la seconda
aventi beni stimati in 4 miliardi e 190 milioni di lire.
(4) Cfr. La Stampa del 20 dicembre 2001.
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