Prospettive assistenziali, n. 138, aprile-giugno 2002
tragica conseguenza del trasferimento di pazienti psichiatrici DALLA
SANITÀ ALL’ASSISTENZA(*)
Troppo spesso i pazienti psichiatrici, raggiunta una certa età, sono trasferiti dalla sanità all’assistenza per motivi prevalentemente o esclusivamente economici, anche se le prestazioni fornite – definite sociali da molti esperti – sono di reale emarginazione. Ecco un esempio significativo
Il fatto
Verso le 16 del 21 novembre 1999
l’infermiera Q.A.M. in servizio presso “Villa Cora” di Canelli, viene chiamata
a gran voce da A.L., uno dei ricoverati, che le indica il corridoio dov’è
riverso a terra C.V., colpito al capo con una sedia di ferro dallo stesso A.L.
Ricoverato presso l’ospedale di Asti e poi trasferito
presso il reparto di neuropsichiatria del nosocomio di Alessandria, C. V. muore
il 5 dicembre 1999 a seguito del traumatismo di cui era rimasto vittima.
La vittima
C. V. è nato nel Comune di ……. (Asti) nel 1933. Vita normale fino a 27 anni. Dopo un periodo
di ricovero presso Villa Cristina, Torino, nel 1961 viene ricoverato presso
l’Istituto Fatebenefratelli di Brescia dove rimane fino al trasferimento a
Villa Cora avvenuto il 19 febbraio 1999.
L’omicida
A.L., nato in provincia di Asti nel 1936,
ricoverato a 22 anni (1958) nell’ospedale psichiatrico di Collegno fino al
febbraio 1959 quando è trasferito presso l’ospedale psichiatrico
“Fatebenefratelli” di Brescia con la diagnosi di “schizofrenia ebefrenica”.
Dalla relazione psichiatrica d’ufficio risulta,
fra l’altro, quanto segue:
• 23.4.1984: «Ieri ha aggredito un compagno con un calcio e si è
procurato una contusione al piede destro»;
• 13.12.1993: «Ha colpito
al volto con un posacenere un altro paziente del reparto “S. Raffaele”»;
• 26.7.1994: «Forte aggressività che trattiene abbastanza bene»;
• 27.2.1995: «Vengono riferiti dal personale numerosi episodi di
aggressività etero-dirette. Il paziente
riferisce criticamente di non tollerare interferenze di alcuno nelle sue
attività»;
• 15.6.1995: «Il paziente aggredisce senza motivo un altro
paziente».
Le condizioni di salute di A.L. sono
rivalutate in base ad una interpretazione assai discutibile della legge n.
724/1994 che assegnava alle Regioni il compito di provvedere - nel rispetto
delle esigenze dei malati - alla chiusura dei cosiddetti residui psichiatrici
entro il 31.12.1996.
Su richiesta del Dipartimento di salute
mentale di Asti (come scrive il Priore principale del Fatebenefratelli di
Brescia), A.L. viene trasferito a Villa Cora di Canelli.
Dalla scheda di rivalutazione dei
pazienti psichiatrici del distretto Asti Nord, si rileva la seguente diagnosi:
“Psicosi schizofrenica residuale in ritardo mentale e progressivo
decadimento abilità cognitive, ipertensione arteriosa e obesità. Diabete mellito
Nid”.
Nonostante questa diagnosi, che
evidentemente riguarda una persona malata, A.L., che ha passato 40 anni in
ospedali psichiatrici, non è più considerato un malato dagli esperti incaricati
della rivalutazione, ma un anziano non autosufficiente. Viene, pertanto,
ritenuto corretto il suo trasferimento dalla competenza sanitaria a quella assistenziale!
Dopo aver ucciso V.C., come risulta dalla perizia sopracitata, A.L. è giudicato «infermo di mente (psicosi
schizofrenica cronica o schizofrenia indifferenziata secondo il Dsn-IV)» e
persona socialmente pericolosa!
Viene quindi assolto per totale incapacità di
intendere e volere e trasferito in ospedale psichiatrico giudiziario.
La struttura
“Villa Cora” è una residenza sanitaria flessibile (Raf)
autorizzata per il ricovero di 80 persone.
In base alla delibera della Giunta della
Regione Piemonte n. 41-42433 del 9 gennaio 1995 la Raf «è destinata ad anziani non autosufficienti per i quali non sia
possibile attivare un programma di Adi (assistenza domiciliare integrata) e che non necessitano delle cure e
prestazioni sanitarie tipiche delle Rsa (residenze sanitarie assistenziali)».
Le Raf sono, dunque, strutture per
soggetti con ridotte esigenze sanitarie: di conseguenza esse sono
assolutamente inidonee per persone
aventi i disturbi psichiatrici di cui soffrivano la vittima e l’omicida e,
molto probabilmente, anche gli altri 10-12 soggetti trasferiti a Villa Cora
dall’ospedale psichiatrico di Brescia, aventi tutti più di 20 anni di ricovero
manicomiale.
L’assistenza degli ospiti di Villa
Cora era affidata alla Cooperativa
“Pulas” di Agliano Terme (Al) che gestisce il personale, ad esclusione degli
infermieri.
Mancata
tutela dei malati psichiatrici da parte della Regione Piemonte, delle Asl e dei
Comuni
In data 18 dicembre 1998 il Csa -
Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti e altre organizzazioni
avevano indetto una conferenza stampa «per
denunciare il rischio che 550 persone, ex degenti degli ospedali psichiatrici siano trasferite in assistenza,
con la perdita del loro status di malati e, quindi, dei diritti conseguenti
alle cure psichiatriche previste dalle leggi vigenti».
Durante la conferenza stampa veniva
denunciato che «con una semplice
rivalutazione della diagnosi, sono stati annullati gli effetti negativi
determinati da 20-30 anni di manicomio, e da pazienti psichiatrici queste
persone sono diventate solo più anziani non autosufficienti o handicappati
intellettivi».
Inoltre, veniva segnalato che non si trattava di
“guarigioni”, ma di una operazione di pura riduzione della spesa sanitaria. Al
riguardo, veniva osservato che per 550 malati psichiatrici il costo era di lire 18 miliardi se affidati all’assistenza, mentre saliva a
40 miliardi se curati dalla sanità.
Conclusioni
Si chiede
l’istituzione da parte del Consiglio regionale piemontese di una
Commissione di inchiesta che accerti:
• la correttezza delle rivalutazioni fatte ai signori
C.V. e A.L. ed agli altri pazienti psichiatrici;
• l’idoneità di Villa Cora a provvedere alla cura dei soggetti psichiatrici ivi ricoverati e
individui eventuali responsabilità della stessa struttura e del personale
addetto in relazione all’omicidio di C.V.;
• la validità delle prestazioni fornite nelle Rsa/Raf
piemontesi ai pazienti psichiatrici rivalutati.
(*) Relazione inviata dal Csa
- Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti in data 7 novembre 2001,
ai Presidenti della Giunta e del Consiglio della Regione Piemonte, agli
Assessori regionali alla sanità e all’assistenza, nonché al Presidente ed ai
Componenti della IV Commissione regionale piemontese.
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