Prospettive
assistenziali, n. 139, luglio-settembre 2002
Notiziario dell’Unione per la lotta contro
l’emarginazione sociale
NOTA
INDIRIZZATA AL COMUNE DI TORINO IN MERITO AL PIANO DI ZONA PER I SOGGETTI CON
HANDICAP
Per la redazione del piano di zona, il Comune di
Torino ha coinvolto le Asl, i Sindacati e le organizzazioni di base. In merito
agli interventi concernenti i soggetti con handicap, il Csa, Coordinamento
sanità e assistenza fra i movimenti di base ha inviato al gruppo di lavoro, di
cui fa parte, la nota che riproduciamo integralmente.
Criticità
Le organizzazioni aderenti al Csa hanno
incontrato molte difficoltà nella difesa degli interessi delle persone che
presentano minorazioni fisiche, sensoriali e intellettive anche per un utilizzo
non appropriato dei vocaboli. Infatti con
lo stesso termine si indicano sovente situazioni che presentano bisogni
profondamente diversi. Ad esempio la legislazione ha definito per anni con
il termine generico “psichico” sia le persone con handicap intellettivo, sia le
persone con problemi psichiatrici e, per anni, questo ha voluto dire la
negazione del diritto al lavoro per molti handicappati intellettivi e degli di
interventi di cura e riabilitazione indispensabili ai soggetti con problemi
psichiatrici. Poiché i vocaboli hanno un loro significato, che influenza come
abbiamo visto anche negativamente la vita delle persone interessate, abbiamo
scelto il termine “soggetti con handicap”, anzichè
disabile, perché nella nostra lingua il termine “disabile” significa “non
abile” ed è chiaramente controproducente presentarsi ad esempio con un
“disabile intellettivo” ad un datore di lavoro e voler sostenere, al contrario,
che è un lavoratore “abile”. Nel caso siano presenti entrambi le componenti (ad
esempio un soggetto affetto da autismo con handicap intellettivo), è la
componente che prevale a determinare la competenza sanitaria o assistenziale in
modo che alla persona siano riconosciuti diritti e servizi adeguati ai suoi
bisogni. È questo un problema che, in base alla nostra esperienza, non è
risolto. Sovente i soggetti sono collocati in servizi predisposti per
handicappati intellettivi, situazioni queste non idonee perché vi sono evidenti
problemi di convivenza tra i soggetti stessi e il personale assistenziale non ha
le competenze per intervenire correttamente nei confronti di chi ha problemi
psichici;
• la
percentuale di invalidità è ancora sovente impiegata come unico criterio di
valutazione della gravità o meno del soggetto con handicap.
Chiunque operi nel settore, sa
perfettamente che si può ottenere il riconoscimento del 100% di invalidità, ma
nel contempo mantenere capacità lavorative piene, purché collocati in un posto
di lavoro che sia idoneo. Ad esempio, un soggetto con handicap motorio, che si
sposta mediante la carrozzina, può avere un’invalidità totale ma se collocato
ad un tavolo di lavoro privo di barriere architettoniche e con i necessari
ausili è in grado di svolgere adeguatamente le mansioni al pari di un collega
normodotato. Alla percentuale di invalidità dovrebbe pertanto essere affiancata
sempre la valutazione della capacità lavorativa, che può essere totale,
parziale oppure nulla. Solo in quest’ultimo caso va riconosciuto, in base
all’art. 3 della legge 104/1992, la situazione di gravità, mentre tutte le
persone con handicap in grado di svolgere attività lavorativa hanno diritto al
collocamento al lavoro mirato, in aziende pubbliche e private, ai sensi della
legge 68/1999;
• ancora
troppo spesso si pensa ai soggetti con handicap come a persone che hanno
“bisogno” di assistenza.
In realtà l’assistenza, intesa come
settore dell’assistenza, dovrebbe intervenire solo nel caso in cui i soggetti
con handicap rientrino nella definizione contenuta nel primo comma dell’art. 38
della Costituzione e cioè limitatamente agli inabili e sprovvisti dei mezzi di
sussistenza, che comunque hanno pienamente diritto ad usufruire sempre e
comunque in primo luogo di tutti gli altri servizi sociali previsti per i
cittadini normodotati: scuola, sanità, trasporti, sport, cultura… Infatti, da
tempo il Comune di Torino realizza correttamente l’integrazione dei minori
handicappati, anche in situazione di gravità, negli asili nido, nelle scuole
materne, nelle scuole elementari e medie (assessorato istruzione); ha promosso
la realizzazione dei corsi prelavorativi per i soggetti con handicap
intellettivo nella formazione professionale, che – grazie anche all’azione di
pressione svolta dal nostro coordinamento – dal 1995 ad oggi ha permesso
l’assunzione presso enti pubblici, aziende private e cooperative di oltre 500
persone con handicap intellettivo con capacità lavorative ridotte, nonché di
alcune decine di handicappati fisici con limitata autonomia;
• mancata
distinzione tra i bisogni che presenta un soggetto con un handicap conseguente
ad una minorazione e i bisogni di una persona affetta da malattia invalidante,
che con il progredire degli anni crea non autosufficienza.
Nel caso di persone affette da malattie invalidanti è
indubbio che si tratta di persone in primo luogo con bisogni di natura
sanitaria. Nei primi stadi della malattia la persona potrà essere ancora
autosufficiente e condurre una normale vita familiare e lavorativa; i problemi
si presentano con il progredire evolutivo della malattia che la rende sempre
meno autosufficiente a fronte di sempre maggiori bisogni sanitari. Per queste
persone i bisogni primari che emergono sono in primo luogo di cure domiciliari
e possibilità di utilizzo di day hospital per restare il più a lungo possibile
a casa propria. Inoltre, occorre attuare anche nei loro confronti il diritto a
utilizzare tutti i servizi sanitari previsti per tutti i cittadini e quindi
ospedali, case di cura di riabilitazione e lungodegenza e di poter contare su
piccole comunità sanitarie (al massimo 8-10 posti), che garantiscano da un lato
ancora una vita di relazione a carattere familiare e dall’altro quelle
prestazioni medico-infermieristiche e di assistenza tutelare che non sono
disponibili nelle comunità alloggio assistenziali.
Problemi
In merito a quanto sopra è indispensabile
chiarire il ruolo della Uvh, Unità valutativa handicap, che non può
trasformarsi – come è già successo – in uno strumento per ridurre i diritti
degli utenti, ma al contrario, proprio per dirimere eventuali difficoltà e per
comprendere i bisogni del soggetto con handicap e aiutare l’interessato e la
sua famiglia ad ottenere i servizi utili al soddisfacimento delle sue esigenze.
Compito dell’Uvh non può che essere quello di valutare il soggetto (anche
mediante visita e non solo limitatamente alla visione dei documenti) ed
esprimere una diagnosi che precisi:
– se siamo in presenza di un soggetto che
presenta una minorazione conseguente ad una malattia cronico invalidante e ha
diritto ai servizi e alle prestazioni del servizio sanitario;
– valuti il grado di autonomia, perché in
presenza di potenzialità lavorative, anche ridotte, il soggetto ha diritto alla
presa in carico da parte dei Centri per l’impiego provinciali e del Servizio
per l’inserimento lavorativo del Comune di Torino;
– certifichi la situazione di gravità e, quindi, il
diritto al centro diurno assistenziale, che in base alla delibera del Comune di
Torino del 1984, attualmente in vigore, prevede che il servizio sia erogato per
almeno 8 ore al giorno e per 5 giorni alla settimana.
Proposte
• Istituire una cartella personale
dell’utente dove sia registrata la data della domanda di servizio, le richieste
presentate dall’utente, le risposte dei servizi, in modo che l’utente possa
essere seguito anche da un altro operatore in assenza del referente; deve
essere prevista possibilità di ricorso contro risposte diverse da quelle
richieste;
• garantire i livelli di servizio
previsti della delibera del 1984 sia per i centri diurni assistenziali
direttamente gestiti dal Comune sia per quelli gestiti da terzi;
• rivedere l’attuale impostazione dei
Cad, centri di attività diurna e dei centri di lavoro guidato. Le famiglie
chiedono interventi di almeno otto ore al giorno e, soprattutto, in ambienti
socializzanti, che promuovano l’autonomia del soggetto anche attraverso lo
svolgimento di attività di bricolage di utilità pratica (preparazione pasti,
piccoli lavori domestici e di manutenzione, tinteggiatura…), che permettano la
verifica concreta delle potenzialità per non escludere mai a priori la possibilità
di inserimenti lavorativi produttivi. Al riguardo si precisa che è
indispensabile provvedere alla regolamentazione mediante delibera;
• sostenere la permanenza a domicilio del
soggetto maggiorenne in situazione di gravità con il riconoscimento della scelta
volontaria della famiglia che continua ad accoglierlo in casa, mediante il
riconoscimento di un contributo per le maggiori spese che essa deve sostenere;
• istituire un servizio di aiuto
personale per le persone con limitata autonomia (legge 104/1992 e 162/1998),
mediante l’erogazione di un contributo o di un servizio diretto ad assicurare
tutto il fabbisogno di cui la persona necessita per il raggiungimento
dell’autonomia necessaria per condurre una vita indipendente al proprio
domicilio. Il contributo può essere al massimo pari ai 2/3 di una retta
mediamente versata dal Comune per il ricovero in una struttura residenziale;
• potenziamento del servizio di aiuto
domiciliare per i soggetti con handicap con limitata autonomia;
• realizzare un numero sufficiente al
fabbisogno di comunità alloggio con non più di 10 posti letto nella Città di
Torino per soggetti con handicap intellettivo con limitata o nulla autonomia;
la proiezione del fabbisogno è stimabile sulla base dell’età degli utenti dei
centri diurni assistenziali. Si ricorda che uno dei problemi dei familiari
anziani è quello di poter avere la possibilità di continuare a frequentare il
figlio una volta ricoverato ed è per questo che chiedono che non sia
allontanato dalla Città di Torino. Per le famiglie anziane è difficoltoso lo
spostamento con l’automobile;
• attivare i centri diurni nelle zone
attualmente scoperte e portare a regime i centri diurni a tempo parziale. La
stima del fabbisogno va calcolata sulla base delle persone in situazione di gravità
in uscita dalla scuola dell’obbligo, tenuto conto che, anche nel caso vi sia la
prosecuzione nella scuola superiore, questa dilaziona solo nel tempo la
richiesta del servizio;
• garantire almeno 15 giorni di soggiorno
a tutti i soggetti con limitata o nulla autonomia, ultraquindicenni, che non
possono usufruire delle attività di vacanze e tempo libero dell’assessorato
allo sport, provvedendo all’assunzione di una adeguata delibera;
• promuovere azioni di integrazione tra gli utenti dei
centri diurni e gli allievi delle scuole medie superiori.
Aspettative
Come è noto nella legge 328/2000 non vi
sono diritti esigibili per i soggetti inabili e sprovvisti dei mezzi necessari
per vivere che, in base al primo comma dell’art. 38 della Costituzione,
avrebbero diritto all’assistenza erogata dallo Stato. Infatti, come ricorda in
una nota recente l’Avv. Roberto Carapelle, «ove
l’erogazione delle prestazioni sia limitata dalle esigenze di bilancio
dell’ente che deve dispensarle (vedasi per un caso concreto l’art. 22, ultimo
comma, della legge n. 328/2000 di riforma dell’assistenza, in cui sono previste
prestazioni obbligatorie da parte dei Comuni, ma nel limite delle risorse
assegnate dal Fondo nazionale per le politiche sociali) il cittadino ha solo
diritto a che l’ente pubblico attivi il servizio e, sulla base di una
graduatoria, eroghi le prestazioni ai più bisognosi».
Per quanto sopra le organizzazioni
aderenti al Csa auspicano che il Comune di Torino:
•
recepisca i diritti non abrogati dalla legge 328/2000 riconosciuti in base alla legge 6 dicembre 1928 n.
2838 e dagli articoli 154 e 155 del regio decreto 773/1934, confermando
l’obbligo del Comune a fornire le prestazioni di ricovero, ai soggetti inabili
e sprovvisti dei mezzi necessari di assistenza. Ovviamente si chiede
l’adattamento della norma intendendo il ricovero in comunità alloggio di tipo
familiare;
•
confermi e prosegua nella linea della prevenzione, per evitare che il settore dell’assistenza intervenga
con proprie risorse e con proprio personale al posto degli altri (scuola,
lavoro, casa, sanità, formazione professionale, trasporti) o per coprire le
loro carenze;
•
introduca il diritto esigibile alle prestazioni sociali per le persone inabili e sprovviste dei mezzi
necessari per vivere; al momento i soggetti con handicap inabili e sprovvisti
di mezzi necessari per vivere (e cioè il cui reddito è formato esclusivamente
dalla pensione sociale) possono chiedere ma non è garantito che il servizio
socio-assistenziale dia il
servizio di cui necessitano o lo diano nella misura richiesta;
• inserisca
la richiesta di certificazione di idoneità degli operatori perché è noto che le persone non in grado di
difendersi e di far valere i propri diritti possono essere oggetto di abusi,
violenze e atti contro la loro persona operati da parte del personale che è
assunto, invece, per garantire la loro incolumità e benessere. Non mancano gli
esempi drammatici, finiti sui quotidiani, di abusi sessuali, pedofilia,
violenze… Si chiede pertanto l’inserimento della certificazione di idoneità a
svolgere attività lavorative che prevedono un rapporto diretto con l’utenza,
per tutto il personale, qualificato e non, operante nelle strutture
assistenziali pubbliche e/o private. La sola professionalità non è sufficiente
a garantire l’utenza. La nostra proposta è che l’amministrazione scelga un
centro scientificamente riconosciuto valido incaricato di esaminare l’idoneità
dell’operatore e di rilasciare una dichiarazione attestante che l’operatore non
presenta controindicazioni per le caratteristiche della sua personalità a
svolgere le mansioni che prevedono assistenza alle persone non autonome.
Inizialmente potrebbe essere rivolta al nuovo personale del Comune di Torino e
ai nuovi appalti a terzi.
Risorse
Come abbiamo più volte segnalato al
Sindaco e all’Assessore Lepri, esistono ingenti risorse da utilizzare a fini
assistenziali provenienti dal patrimonio pervenuto al Comune di Torino a
seguito dell’estinzione di Ipab e di enti assistenziali (Eca, Onmi, Enaoli,
Patronato scolastico, ecc.) e dei relativi redditi (ad esempio l’immobile di
piazza S. Carlo angolo via Maria Vittoria).
Complessivamente il valore del patrimonio
che, in base alle leggi vigenti è vincolato ai servizi di assistenza sociale,
ammonta a MILLE MILIARDI di lire.
Inoltre il Comune ha a disposizione:
• euro 22.898.716,97 (44 miliardi e 338
milioni di lire) dalla Regione per gli oneri dovuti per interventi
socio-sanitari per gli anni 1997/1998/1999. Mancano quelli relativi agli anni
2000, 2001;
• euro 39.250.724 (76 miliardi di lire)
per avanzi di bilancio anno 2000;
• euro 16.526.620,77 (32 miliardi di lire) incassati
nel 2001 per multe.
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