Prospettive
assistenziali, n. 139, luglio-settembre 2002
Abusi
perpetrati nelle residenze geriatriche degli Stati Uniti
Nell’articolo “L’anziano nella residenza geriatrica:
qualità di vita e rischio d’abuso”, apparso sul n. 1, marzo 2001 di “Anziani Oggi”, rivista del Centro di
promozione e sviluppo dell’assistenza geriatrica dell’Università cattolica del
Sacro Cuore, Flavia Caretta, dopo aver precisato che negli Stati Uniti oltre un
milione e mezzo di persone anziane risiedono in circa 16 mila “nursing home”, afferma quanto segue: «Nonostante il fatto che per legge queste
nursing home debbano adottare ogni misura necessaria a raggiungere o mantenere
il miglior benessere fisico, mentale, psico-sociale possibile per ciascun
ospite, troppo spesso questi stessi ospiti sono vittime di negligenze o abusi
da parte delle istituzioni o comunque dei loro operatori».
Secondo l’Autrice, le situazioni abusive si realizzano
nel quotidiano secondo le seguenti tipologie:
Indifferenza
e negligenza
«L’obiettivo
principale degli operatori addetti all’assistenza sembra essere quello di
trovare tempo per socializzare con gli altri operatori, sia nel locale
riservato al personale o in altri locali, ma comunque sempre lontano dagli
ospiti. In occasione poi di particolari programmi televisivi gli ospiti possono
essere considerati addirittura un ostacolo da togliere di mezzo prima
possibile. Un fenomeno ricorrente è rappresentato dal lasciare gli ospiti con
gli indumenti bagnati di urina per lungo tempo».
Umiliazioni
«In una residenza,
lo staff faceva girare per tutta la struttura un ospite incontinente per
metterlo in mostra davanti a tutti. Se pur questo episodio può sembrare
eccessivamente inusuale, tuttavia è molto frequente una denuncia plateale e
pubblica dell’incontinenza di un ospite».
Stile di
vita monotono e deprimente
«La maggior
parte degli ospiti non è in grado di iniziare o svolgere autonomamente una
qualsiasi attività da solo, ha un atteggiamento apatico e rassegnato, almeno
apparentemente. Tranne occasionali sessioni di musica e attività motoria, gli
ospiti passano la maggior parte del tempo guardando la Tv o senza fare nulla».
Disaccordo
tra gli operatori
«Alcuni
operatori possono esprimere una situazione di disagio di fronte alla
impossibilità di offrire una buona qualità di assistenza e possono provare
rancore verso i colleghi che non svolgono i loro doveri con senso di
responsabilità, si rifiutano di eseguire gli ordini, sono aggressivi e
commettono abusi».
Per quanto concerne gli abusi, Flavia Caretta li
individua secondo la seguente allucinante classificazione:
• esempi di abuso fisico:
«i fecalomi
sono rimossi in modo brutale ed avvilente;
«l’ospite
viene intimorito e costretto in un angolo;
«l’operatore
imbocca l’ospite senza dargli tempo di masticare e deglutire il cibo,
forzandolo ad inghiottire il cibo;
«l’operatore
costringe l’ospite a mettersi contro la parete, lo spinge e lo colpisce;
l’operatore è di cattivo umore;
«l’operatore
dirige il getto di una doccia fredda sul viso dell’ospite»;
• esempi di abuso psicologico:
«gli
operatori trascurano l’ospite che viene lasciato spesso senza supervisione e
senza che nessuno si occupi di lui;
«l’ospite che
disturba viene costretto a lasciare il tavolo e gli viene negato il caffè, come
forma di punizione;
«un operatore
fa del sarcasmo su un ospite, lo fa oggetto di dispetti e molestie»;
• esempio di abuso finanziario:
«il paziente
viene derubato dagli operatori che gli sottraggono sistematicamente denaro»;
• esempi di un insieme di atti di abuso:
«trattamento
sgarbato, rude, comportamenti aggressivi, imprecazioni nei confronti del
residente;
«un operatore
sta aiutando un ospite in bagno, quando le sue gambe scivolano sotto
l’operatore, che sgrida l’ospite e lo scuote rudemente»;
• esempi di un clima di violenza reciproca:
«l’operatore
è seccato e sgrida il paziente che gli risponde male;
«un operatore
minaccia l’ospite che cerca di colpirlo;
«l’ospite dà
un calcio all’operatore, che cerca di dargli uno schiaffo;
«un ospite
demente cerca di scappare, è aggressivo: l’operatore lo agguanta con violenza» (1).
Abusi e
trascuratezze
Le possibili modalità di abuso o trascuratezza sono
così elencate nell’articolo citato: «Negligenza
nell’assistenza, terapie farmacologiche in eccesso o insufficienti, mancanza di
precauzioni sufficienti per prevenire le cadute, mancanza di precauzioni
sufficienti per evitare incidenti, mancata risposta alle chiamate in tempi
adeguati, insufficienza nel cambiare i posizionamenti a letto degli ospiti (per
prevenire le ulcere da pressione), mancanza nel portare gli ospiti al bagno
(lasciandoli a letto o con abiti sporchi), schiaffi o altri tipi di abuso
fisico, uso di contenzione fisica o farmacologica non giustificata, abuso
verbale o psicologico, indifferenza o trascuratezza, mancanza nel fornire le cure
mediche necessarie, abuso sessuale, ritorsioni per lamentele da parte degli
ospiti, punizione, crudeltà fisica, umiliazione, stile di vita autoritario,
furti di denaro o di altre proprietà degli ospiti, uso non appropriato delle
disponibilità finanziarie degli ospiti, ambienti non adeguati, condizioni
igieniche ambientali scadenti, conflitti tra gli operatori, morte inaspettata».
Circa le cause degli abusi, l’Autrice dichiara che «la tipologia più frequente di chi abusa è rappresentata da operatori
addetti all’assistenza e da inservienti; queste persone sono generalmente
pagate male o in posizione maggiormente subalterna o in numero al di sotto
dell’organico». Inoltre, secondo Flavia Caretta «un ambiente assistenziale orientato esclusivamente ad una cura di
custodia sperimenta più spesso situazioni abusive».
Nostre
considerazioni per la situazione italiana
A nostro avviso, è incontrovertibile che, salvo casi
rarissimi di operatori con una solida personalità e fortemente motivati,
lavorare in strutture in cui sono ricoverati esclusivamente soggetti (anziani o
non anziani) tutti affetti da patologie invalidanti, non autosufficienti e,
spesso, con deterioramento mentale, è sempre fonte di acute frustrazioni.
Allo scopo di assicurare una accettabile qualità della
vita dei pazienti, occorre evitare, per quanto possibile, che venga assunto
personale con gravi disturbi della personalità. Infatti, gli anziani cronici
non autosufficienti quasi sempre non sono in grado né di reagire alle violenze
subite, né di segnalarle.
È pertanto necessario che tutti gli operatori, prima
di essere assunti per lo svolgimento di attività siano sottoposti, con tutte le
garanzie di riservatezza del caso, a un esame approfondito della personalità.
Centri scientificamente riconosciuti validi, scelti di
comune accordo dagli enti e dai sindacati dei lavoratori, dovrebbero essere
incaricati di rilasciare una dichiarazione attestante che l’operatore è
adeguato per le caratteristiche della sua personalità, a svolgere determinate
attività con i soggetti colpiti da malattie invalidanti e da non
autosufficienza.
Ovviamente dovrebbe essere garantita la riservatezza
totale nei confronti di coloro che non ottengono la suddetta certificazione,
riservatezza totale anche nei riguardi dell’ente pubblico e privato che li ha
indirizzati, al quale nulla deve essere comunicato né direttamente né
indirettamente, ad esclusione di quanto scritto nella certificazione consegnata
direttamente a ciascun operatore ritenuto idoneo.
Il continuo aggiornamento professionale degli addetti
è in grado di migliorare la situazione, ma non può sanare lo stress sofferto
giorno dopo giorno, anche perché l’utenza si aggrava sempre più e la
conclusione non è mai la guarigione ma la morte, spesso fra intense sofferenze
e con il noto disinteresse degli altri pazienti.
Una soluzione risiede, a nostro avviso, nella gestione
integrata dei reparti ospedalieri, delle strutture a ciclo diurno, dei servizi
di cure domiciliari di modo che gli operatori (medici, infermieri e altri
addetti) possano alternare la loro presenza fra le attività sopra indicate e le
altre individuabili (ambulatori, partecipazione ad iniziative formative e/o
programmatorie, inserimento nelle unità valutative geriatriche, ecc.). Anche
per le considerazioni su esposte, il Csa - Comitato per la difesa dei diritti
degli assistiti, svolge da anni una intensa azione diretta ad ottenere che le
Rsa vengano gestite dal Servizio sanitario nazionale o direttamente o tramite
convenzioni con enti pubblici o privati. Il sensibile miglioramento delle
condizioni di vita degli anziani cronici non autosufficienti e dei malati di
Alzheimer ricoverati nelle Rsa di Torino, gestite dalle Asl, è la prova della
validità della posizione del Csa. Numerosi sono i parenti di ricoverati presso
Rsa gestite da enti privati convenzionati con il settore dell’assistenza
sociale che lamentano abusi, anche molto gravi. Tuttavia, se non è possibile
acquisire prove certe, mancano gli elementi essenziali per inoltrare denunce
all’autorità giudiziaria.
(1)
L’Autrice
puntualizza che “questi comportamenti
violenti possono verificarsi anche in ambito familiare”.
www.fondazionepromozionesociale.it