Prospettive assistenziali, n. 139, luglio-settembre 2002

 

Interrogativi

 

 

ALZHEIMER: PERCHÉ NON SONO SEGNALATE LE OMISSIONI DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE?

 

Si allunga l’elenco degli esperti che trattano il problema dei malati di Alzheimer, ma nulla dicono in merito alle responsabilità del Servizio sanitario nazionale che, in base alla legge 833/1978, è tenuto a fornire le necessarie prestazioni domiciliari, ambulatoriali e residenziali (1).

È questo, purtroppo anche il caso dell’inserto “Valorizzare e sostenere i caregiver”, pubblicato sul n. 2, 2000 di Animazione sociale (2).

Numerosi sono i riconoscimenti circa i gravosi sacrifici psicologici ed economici dei congiunti che assicurano le cure domiciliari ai loro familiari malati.

Vengono, altresì, affrontate le questioni relative ai bisogni ed ai diritti dei parenti impegnati nel loro difficile ruolo. Giustamente il caregiver (che noi preferiamo chiamare “coadiutore”) è definito come «seconda vittima delle patologie che affliggono la persona assistita» a domicilio, ma nulla, proprio nulla è scritto su Animazione sociale circa le esigenze terapeutiche del malato di Alzheimer  ed i relativi obblighi del Servizio sanitario nazionale.

Sorprendente l’affermazione di Paola Piva che, nell’affrontare il tema “Istituzioni dalla parte delle persone che curano”, precisa quanto segue: «A mio avviso le nuove politiche sociali hanno accolto l’idea che occorra sostenere i familiari e che questo compito sia di pari importanza rispetto a quello di aiutare chi vive in prima persona il disagio», senza però citare alcuna fonte legislativa o regolamentare.

Ma per rispondere alle esigenze dei malati di Alzheimer, non sono di primaria importanza anche la diagnosi, le cure dirette a ritardare in tutta la misura del possibile il decadimento fisico e psichico, nonché le terapie contro il dolore? Non sono queste attività di stretta competenza dei medici, degli infermieri e, se occorre, dei riabilitatori?

Se le Asl non forniscono le suddette prestazioni, che cosa possono fare i congiunti se non ricorrere a proprie spese al settore privato? È giusto che i famigliari si impegnino in un compito difficilissimo  e debbano anche sopportare gli oneri conseguenti al disinteresse dei servizi sanitari?

Dopo aver precisato che «la legge n. 328/2000 è densa di riferimenti ai familiari e ai legami naturali di aiuto reciproco», Paola Piva presenta una singolare interpretazione della mancanza dei diritti esigibili nella legge di riforma dell’assistenza e dei servizi sociali. Scrive, infatti, che «l’unica difficoltà per il legislatore è venuta dalla mancanza di duttilità della lingua italiana, che costringe a usare lunghi giri di frase. Nell’imbarazzo di scegliere un nome per iscriver i diritti del caregiver (nulla dice l’Autrice su quelli del malato), la riforma utilizza alcune espressioni – individui, persone, famiglie, gruppi d’aiuto – sempre usate al plurale e in modo alternato».

In sostanza, secondo la Piva, se nella legge n. 328/2000 non ci sono diritti esigibili, la colpa è del vocabolario!

 

 

                   

Perché  Salvatore Nocera afferma che nella legge  328/2000 ci sono diritti esigibili e poi dice il contrario?

 

Sul settimanale “Vita” del 12 ottobre 2001, rispondendo ad un genitore di un bambino di due anni e mezzo, disabile al 100%, che necessita di controllo e assistenza 24 ore su 24, Salvatore Nocera ha scritto che «ai sensi dell’art. 22, comma 4 della legge n. 328/2000, l’assistenza domiciliare è considerata un servizio rientrante nei “livelli essenziali dei servizi” che le leggi regionali devono garantire a tutti i cittadini in disabilità. In forza della nuova legge di riforma si può pretendere che tale servizio sia garantito a tutti».

Purtroppo, non è vero per i motivi che lo stesso Nocera aveva precisato nell’articolo “Esigibilità dei diritti”, pubblicato dalla rivista “Studi Zancan - Politiche e servizi alle persone”, n. 2, 2001, in cui – correttamente – aveva osservato che il piano sociale nazionale, predisposto dal Governo in attuazione della legge 328/2000 «si limita ad indicare l’elenco dei livelli essenziali dei servizi, ma la loro quantificazione ed effettiva qualità, nonché la loro fruibilità da parte di tutti i possibili utenti, è rimessa alla disponibilità concreta dei finanziamenti».

Priva di ogni fondamento è, altresì, l’affermazione fatta dallo stesso Nocera su Italia Caritas, n. 10, ottobre 2001 secondo cui «l’assistenza sociale è garantita da ultimo dalla legge n. 328/2000 di riforma dei servizi sociali».

Non ritiene Nocera che la diffusione di notizie fuorvianti possa avere conseguenze anche molto negative per i soggetti in difficoltà ed i loro congiunti?

 

 

 

(1) Cfr. “Perché i parenti dei malati di Alzheimer non sono informati dall’Università Cattolica del Sacro Cuore sui diritto dei loro congiunti”, Prospettive assistenziali, n. 134, 2001 e “Assente l’informazione sui diritti dei malati di Alzheimer alla cure sanitarie gratuite e senza limiti di durata”,  Ibidem, n.135, 2001.

(2) L’inserto contiene i seguenti articoli “L’assistenza familiare all’anziano non autosufficiente” di Giovanni Lamura, Cristina Sirolla, Maria Gabriella Malchiorre e Sabrina Quattrini; “Dai bisogni ai diritti delle persone che curano” di Grazia Colombo; “Famiglie che curano” di Patrizia Taccari; “Istituzioni dalla parte delle persone che curano” di Paola Piva.

 

 

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