Prospettive
assistenziali, n. 139, luglio-settembre 2002
LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA MINORILE: PRESA DI POSIZIONE A
DIFESA DEI DIRITTI DEI BAMBINI E DEGLI ADOLESCENTI
A partire da un seminario di studio promosso da Amici
dei bambini, Anfaa, Ciai, Cies, Ecpat-Italia, Save the Children-Italia,
Telefono azzurro e Unicef-Italia, è stata nei mesi scorsi avviata una
riflessione comune sulle proposte di riforma della giustizia minorile,
attualmente all’esame del Parlamento; ne è scaturito il documento che riportiamo,
presentato nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Roma il 19 luglio
2002. Alla luce della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, le
principali associazioni italiane hanno sottoscritto le linee guida con
l’obiettivo di sensibilizzare i Parlamentari. Tra i punti salienti
l’indicazione che il superiore interesse del minore sia il cardine attorno al
quale deve ruotare la riforma della giustizia minorile, e che al minore stesso
sia assicurata una adeguata tutela nel corso dei procedimenti civili e penali
che lo riguardano. La riforma della giustizia minorile necessita di adeguate
risorse economiche, umane e strutturali che garantiscano l’ascolto del minore,
la sua assistenza psico-sociale e legale, oltre che il rispetto del principio
della specializzazione degli organi della giustizia minorile e la loro presenza
capillare sul territorio nazionale, per consentire ai giudici un rapporto più
proficuo con i servizi locali. Queste sono le principali indicazioni delle
associazioni e organizzazioni non governative firmatarie del documento che si
sono unite nel desiderio che in Italia si realizzi veramente una giustizia a
“misura di bambino” e che hanno chiesto di essere ricevute in audizione dalle
Commissioni giustizia della Camera e del Senato e dalla Commissione per
l’infanzia.
Linee guida per la Riforma della
Giustizia Minorile in Italia *
La presentazione dei recenti disegni di legge n. 2501 dell’8 marzo 2002 e n. 2517 del 14 marzo 2002 in materia di
modifiche della giustizia minorile, le polemiche e i dibattiti da essi
scaturiti, hanno determinato nei firmatari del presente documento il desiderio
di indicare alcune linee guida che possano aiutare il nostro Paese a realizzare
una giustizia a “misura di bambino”. Pertanto, riconoscendo lo stato di
particolare “debolezza” nel quale versa un minore che viene in contatto, per i
motivi più disparati, con procedimenti di giustizia civile o penale e in
considerazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia del 1989, delle
regole minime delle Nazioni Unite relative all’amministrazione della giustizia
minorile – Regole di Pechino 1985 – e tenuto conto delle indicazioni contenute
nella Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei bambini – Convenzione
di Strasburgo 1996 – ancora in via di ratifica in Italia e dell’art. 111 della
nostra Costituzione, si evidenzia quanto segue.
Premessa
Oggi nel nostro Paese una reale riforma della
giustizia minorile non può essere effettuata se non mettendo a disposizione
risorse economiche, umane e strutturali adeguate, che consentano l’attuazione
di un processo di cambiamento che migliori, potenzi e assicuri la piena
efficienza del sistema giustizia, nel rispetto dei diritti dei bambini, come
riconosciuti dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia del 1989. Pertanto
i firmatari del presente documento richiamano all’attenzione del legislatore i
seguenti principi:
1) il minore parte di un giudizio civile o penale deve
essere sempre riconosciuto quale portatore di diritti e quindi in tutte le decisioni
dei tribunali, delle autorità amministrative e degli organi legislativi che lo
riguardano, deve essere tenuto in preminente considerazione il suo superiore
interesse (art. 3 della Convenzione Onu). Occorre pertanto compiere ogni sforzo
per adottare un corpo di leggi e di provvedimenti per i giovani, anche quali
autori di reati, che rispondano alle loro esigenze di soggetti in crescita
(art. 2 Regole di Pechino) e alle loro prospettive di maturazione;
2) in una
riforma della giustizia minorile civile e penale, che preveda una nuova
definizione delle norme procedurali e della organizzazione attraverso
appropriati interventi legislativi, adeguatamente finanziati (non è possibile
questa riforma a costo zero), si invita il legislatore ad operare nel medio termine,
ove e per quanto possibile, l’accorpamento di tutte le competenze in materia di minori,
mantenendole in capo ad una unica istituzione giudiziaria specializzata. I
soggetti preposti alla giustizia minorile devono avere una preparazione di tipo
specialistico nel diritto in generale, nel diritto di famiglia e nel campo
delle scienze umane e sociali, sulla
base di precise regole per la selezione, la nomina e la formazione
professionale. Questo principio della specializzazione adeguata degli organi della
giustizia minorile, deve essere attuato, rendendo anche obbligatoria, in
particolare per i giudici e gli avvocati, la frequenza di appositi corsi
professionali. Tale principio di specializzazione esige inoltre che ai giudici
per i minori non siano attribuite competenze ulteriori e diverse rispetto a
quelle che riguardano la materia minorile e familiare;
3) ogni processo che riguardi un minore deve essere
svolto dinanzi a un giudice o collegio giudicante, competente, indipendente e
imparziale. I tribunali per i minorenni o per la famiglia o le sezioni
specializzate dei tribunali ordinari devono avere una presenza capillare sul
territorio nazionale, così da garantire
un facile accesso al servizio giustizia, consentire ai giudici un rapporto più
proficuo con i servizi locali e una maggiore vicinanza ai contesti sociali
territoriali;
4) tutte le procedure del processo minorile civile e
penale devono tendere a proteggere al meglio gli interessi del minore e devono
permettere la sua partecipazione e la sua libera espressione, come indicato
dall’art. 14 delle Regole di Pechino, art. 9 e art. 37 della Convenzione Onu.
Pertanto il processo minorile si deve basare sull’applicazione della regola del
contraddittorio, in modo tale da assicurare a
tutte le parti interessate di partecipare al processo e di fare
conoscere le proprie opinioni (art. 9.2 della Convenzione Onu) di fronte a un
giudice terzo e imparziale (art.111 della Costituzione);
5) il minore,
nei procedimenti giudiziari penali che lo riguardano, ha diritto a essere
ascoltato e assistito da un proprio avvocato, che abbia le adeguate competenze
per tutelare il suo superiore interesse. Parimenti nei procedimenti giudiziari
civili, ha diritto ad essere ascoltato, ad essere rappresentato dai propri
genitori o da un legale rappresentante, e in caso di conflitti d’interesse con
questi ultimi da un curatore speciale, nonché ha diritto di accedere ad una
assistenza di natura psico-sociale e legale al fine di tutelare il suo
superiore interesse;
6) una riforma della giustizia minorile per essere
adeguata non può prescindere dallo stabilire regole che disciplinino e
garantiscano l’ascolto del minore soggetto a procedimenti civili o penali, in
ottemperanza alla Convenzione Onu (art.12.) che sottolinea come «il minore capace di discernimento debba
avere il diritto di esprimersi liberamente su ogni questione che lo interessa…
e la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o
amministrativa che lo concerne» (art.12.2). Tali regole, nel disciplinare e
garantire l’ascolto, devono anche assicurare al minore un’adeguata protezione
psicologica e morale per tutta la durata dei procedimenti civili e penali che
lo riguardano. Pertanto le audizioni del minore, il cui contenuto richieda
una particolare attenzione e riservatezza, debbono essere svolte in modo
protetto, onde evitare che la contemporanea presenza di tutte le parti in
causa, possa turbare il minore o possa compromettere la genuinità delle sue
dichiarazioni, nel rispetto di tempi celeri e modalità garantiste;
7) nel processo penale le competenze del giudice o del
collegio giudicante necessitano in particolar modo di un supporto
interdisciplinare, quindi si ritiene importante la presenza della componente
privata specializzata, affinché i provvedimenti adottati siano proporzionati
alle circostanze e alla gravità del reato, alla situazione del minore e alla
sua tutela (art.17 Regole di Pechino). Per quanto concerne la presenza della
componente privata anche nei collegi giudicanti civili, si invita il legislatore
a valutare con la massima attenzione le diverse indicazioni avanzate a tale
proposito dalle Organizzazioni non governative e associazioni impegnate da anni
nelle tutela dei diritti dei minori, dalle categorie professionali operanti
all’interno del sistema della giustizia minorile, dalle sedi scientifiche, dal
Forum permanente del terzo settore e dall’Osservatorio nazionale per l’infanzia
(il quale sta redigendo il III Piano nazionale di azione di interventi per la
tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2002-2003 –
legge 451/1997), perché solo dall’analisi accurata, in tutte le sue
angolazioni, dell’attuale sistema della giustizia minorile, si può delineare
una sua riforma che non si limiti a
cancellare il passato, ma che crei un sistema sempre più tutelante degli
interessi e dei diritti del minore. Nei procedimenti riguardanti un minore, nei
casi in cui il giudice o il collegio giudicante ritenga opportuno il contributo
interdisciplinare di specialisti, il consulente tecnico di volta in volta
nominato, deve avere particolari competenze nelle scienze del comportamento ed
in ambito forense;
8) le
istituzioni giudiziarie che si occupano di minori devono poter contare sulla
collaborazione dei servizi socio-assistenziali e sanitari territoriali: tale
collaborazione deve essere continuativa, anche sulla base di precisi protocolli
d’intesa ed i servizi devono essere adeguatamente specializzati in materia
minorile. Per quanto riguarda la competenza penale, si invita il legislatore a
regolare i rapporti tra i servizi del Ministero della giustizia e i servizi
locali affinché si realizzi un’efficace collaborazione sinergica;
9) la condanna del minore a pene detentive deve costituire un provvedimento di ultima risorsa (art. 37 della Convenzione Onu), e deve essere limitata al minimo indispensabile (art. 17 Regole di Pechino), in quanto la pena deve svolgere la funzione di recupero del minore per il suo reinserimento nella società civile (art. 39 della Convenzione), oltre che la funzione di riparazione per il reato commesso. Il minore sia italiano che straniero, compreso quello che entra negli istituti penali minorili, deve pertanto potere usufruire di forme alternative alla detenzione (art. 18 Regole di Pechino), tra le quali la messa alla prova e ove possibile la mediazione penale, senza limitazioni per fattispecie di reato o per durata minima di espiazione della pena in caso di liberazione condizionale. In campo penale non sono giustificabili modifiche alle diminuenti e alle attenuanti per i minori di età compresa tra i sedici e i diciotto anni. Come non appare giustificato, nel caso che la pena a carico del minore possa essere completamente espiata entro il 22° anno di età, il passaggio, al compimento dei 18 anni, al carcere degli adulti; al contrario si deve privilegiare il trattamento del giovane adulto in appositi istituti fino all’espletamento della pena, al fine di portare a compimento i programmi di recupero per lui previsti (Regole di Pechino art. 3.3). La riforma della giustizia in campo penale deve essere conforme ai principi e alle norme della Convenzione Onu e in particolare all’art. 40 della stessa Convenzione;
10) una riforma della giustizia minorile non può
prescindere, come da tempo richiesto dalla Corte costituzionale, dalla delineazione
di uno specifico ordinamento penitenziario per i minorenni condannati a pene
detentive. Tali norme sull’ordinamento penitenziario minorile, oltre regolare
l’esecuzione delle pene per i minorenni, devono assicurare l’attuazione di
quanto sancito nella Convenzione Onu e in particolare che «ogni minore privato della libertà sia sempre separato dagli adulti»
(art. 37).
Conclusione
I firmatari del presente documento invitano il
legislatore a fare propri i principi sopra elencati oltre che a tenere presente
le specifiche indicazioni, avanzate nel merito della riforma della giustizia,
attualmente in discussione alle Camere, dalle realtà associative e
organizzazioni non governative impegnate nel nostro Paese nella tutela dei
diritti dei minori.
* Hanno aderito al documento
le seguenti organizzazioni: Amici dei Bambini, Ainram - Associazione
Internazionale Noi Ragazzi del Mondo, Alisei, Anfaa - Associazione Nazionale
Famiglie Adottive e Affidatarie, Anpas
- Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze, Arciragazzi, Associazione
Famiglia Dovuta, Ciai - Centro Italiano Aiuti all’Infanzia, Caritas
Italiana, Comunità Internazionale di
Capodarco, Cies - Centro Informazione e
Educazione allo Sviluppo, Cnca - Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza,
Coordinamento La Gabbianella, Ecpat - End Child Prostitution Pornography And
Trafficking for Commercial Purposes - Italia, Esecutivo Coordinamento dalla
Parte dei Bambini, Fondazione Terre des Hommes - Italia, Save the Children
Italia, Sezione Italiana di Amnesty International, Telefono Azzurro, Terra
Nuova Centro per il Volontariato, Unicef Italia, Vis - Volontariato
Internazionale per lo Sviluppo, Avv. Marina Marino - Presidente Aiaf -
Associazione Italiana Avvocati di Famiglia, Prof. Federico Palomba.
www.fondazionepromozionesociale.it