Prospettive assistenziali, n. 140, ottobre-dicembre 2002
LETTERA DEL CSA ALL’EX MINISTRO DELLA SANITÀ ELIO
GUZZANTI
Riportiamo
integralmente la lettera inviata in data 29 agosto 2002 al prof. Elio Guzzanti,
già Ministro della sanità, lettera rimasta finora senza risposta.
Estremamente gravi sono le conseguenze sugli anziani
malati cronici provocate dalle affermazioni contenute nell’articolo del Prof.
Elio Guzzanti, “I livelli essenziali di assistenza e le residenze a carattere
socio-sanitario; evoluzione, stato attuale e prospettive”, pubblicato sul n.
3/4, 2001 di Organizzazione Sanitaria.
Infatti, contrariamente a quanto emerge dal suddetto
articolo, gli anziani cronici, i malati di Alzheimer e gli altri soggetti
colpiti da patologie invalidanti e da non autosufficienza, hanno, in base alle
leggi vigenti, il diritto esigibile alle cure sanitarie gratuite e senza limiti
di durata.
Stupisce assai che il Prof. Guzzanti, già Ministro
della sanità, che si vanta di aver avviato uno studio approfondito “sulle
esigenze, le possibilità e le prospettive dell’assistenza agli anziani” non
abbia citato la legge 4 agosto 1955 n. 692 in base alla quale (cfr. l’articolo
allegato) è stato riconosciuto il diritto alle cure sanitarie gratuite e senza
limiti di durata, comprese quelle di natura residenziale, ai pensionati della
previdenza sociale, degli enti locali, dell’Enpas, a quelli di invalidità e
vecchiaia, ai superstiti di altre forme di previdenza obbligatoria, nonché ai
congiunti conviventi di qualsiasi età, e cioè a molti milioni di persone.
Quale contropartita, il Parlamento aveva aumentato a
carico dei lavoratori e dei datori di lavoro i contributi del fondo per
l’adeguamento delle pensioni e per l’assistenza di malattia dei pensionati. La
suddetta quota non è mai stata eliminata o ridotta.
Dunque, i lavoratori del settore privato da quasi
mezzo secolo hanno versato somme non indifferenti a seguito dell’impegno del
Parlamento di garantire le cure sanitarie comprese quelle di natura
ospedaliera, gratuite e senza limiti di durata, anche nei casi di malattie
invalidanti e di non autosufficienza.
Per quanto riguarda i lavoratori del settore pubblico
- altra dimenticanza del Prof. Guzzanti - analoghe garanzie erano state
assicurate dalla legge 30 ottobre 1953, n. 84.
Per quanto riguarda la legge di riforma ospedaliera n.
132/1968, l’ex Ministro della sanità tenta di sminuirne la portata
profondamente innovativa e sorvola sugli obblighi esistenti ancora oggi in
merito alle cure che devono essere fornite dal Servizio sanitario nazionale
anche ai malati cronici.
Infatti, la legge n. 132/1968 conteneva le seguenti
disposizioni:
«art. 25
(Ospedali per lungodegenti e per convalescenti) - Gli ospedali per lungodegenti
e per convalescenti sono classificati come ospedali di zona o provinciali in
relazione alle indicazioni del piano regionale ospedaliero sulla base del
numero dei posti letto di cui l’ospedale dispone, dell’hinterland di servizio,
nonché nell’organizzazione tecnica e della dotazione strumentale e diagnostica
posseduta. Gli ospedali per lungodegenti e per convalescenti devono, inoltre,
possedere ogni altro servizio previsto per le corrispondenti categorie degli
ospedali generali, in quanto necessari alla specifica natura dell’ospedale»;
«art. 29
(Piano regionale ospedaliero) - Ciascuna Regione provvede a programmare i
propri interventi (...) in relazione al fabbisogno dei posti letto distinti per
acuti, cronici, convalescenti e lungodegenti»;
«art. 38
(Struttura interna per gli ospedali per lungodegenti e convalescenti) - Negli
ospedali per lungodegenti e per convalescenti le sezioni devono comprendere non
meno di 25 e non più di 30 posti letto. Negli stessi ospedali le divisioni
devono comprendere non meno di 80 e non più di 120 posti letto»;
«art. 62
(Comitato regionale per la programmazione ospedaliera) - Per i territori delle
Regioni non ancora costituite, il Comitato regionale per la programmazione
ospedaliera (...) elabora, entro sei mesi dalla sua costituzione, un piano
regionale ospedaliero» in cui sono
individuate «le previsioni di impianto di
nuovi ospedali, di ampliamento, trasformazione, ammodernamento e soppressione
degli ospedali esistenti in relazione al fabbisogno dei posti letto distinti
per acuti, cronici e convalescenti (..)».
Tenuto conto delle disposizioni sopra riportate, come
può il Prof. Guzzanti non prendere atto che la legge n. 132/1968 poneva sullo
stesso piano le esigenze dei malati acuti, cronici, convalescenti e
lungodegenti, prevedendo, inoltre, norme precise riguardanti gli ospedali per
lungodegenti e per convalescenti?
Il Prof. Guzzanti non segnala nemmeno la legge 8
luglio 1974, n. 386, in cui l’art. 12 stabilisce che «i compiti in materia ospedaliera degli enti anche previdenziali che
gestiscono forme di assistenza contro le malattie, nonché delle casse mutue
anche aziendali, comunque denominati e strutturati, sono trasferiti alle
Regioni a statuto ordinario e speciale, le quali erogano le relative
prestazioni in forma diretta e senza limiti di durata agli iscritti e
rispettivi familiari che ne abbiano titolo avvalendosi degli enti ospedalieri
normali, a seguito di convenzioni (...)».
Anche nella sopra citata legge non si fanno
distinzioni fra i malati «acuti, cronici,
convalescenti e lungodegenti», di cui al citato art. 29 della legge
n.132/1968.
Inoltre, non è affatto vero ciò che scrive il Prof.
Guzzanti e cioè che «anche la legge n,
833 del 1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, limita l’ambito di
interesse a questo problema (e cioè quello degli anziani non
autosufficienti, n.d.r.) alle prestazioni
di riabilitazione».
Difatti, l’art. 2 della legge n. 833/1978 stabilisce
che il conseguimento degli obiettivi del Servizio sanitario nazionale «è assicurato mediante (...) la diagnosi e
la cura degli eventi morbosi quali ne siano le cause, la fenomenologia e la
durata», senza alcuna discriminazione fra malati acuti e cronici, giovani o
anziani, autosufficienti e non autosufficienti, guaribili e inguaribili.
Inoltre, lo stesso articolo impone al Servizio
sanitario nazionale di garantire «la
tutela della salute degli anziani, anche al fine di prevenire e di rimuovere le
condizioni che possono concorrere alla loro emarginazione».
Per quanto concerne il decreto dell’8 agosto 1985,
purtroppo citato come disposizione positiva dal Prof. Guzzanti mentre lo scopo
era quello di trasferire gli anziani cronici dalla gratuità delle prestazioni
sanitarie, agli oneri spesso gravosi del settore assistenziale, occorre
precisare che si tratta di un atto amministrativo che, com’è noto, non può
modificare alcuna legge.
Al riguardo, la Corte Suprema di Cassazione, con la
sentenza n. 10150 del 1996 ha riconfermato che:
– le leggi vigenti riconoscono ai cittadini il diritto
soggettivo (e pertanto esigibile) alle prestazioni sanitarie, comprese le
attività assistenziali a rilievo sanitario;
– le cure sanitarie devono essere fornite sia ai
malati acuti che a quelli cronici;
– essendo un atto amministrativo, il decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 agosto 1985 non ha alcun valore
normativo.
Ricordo, altresì, che il Dpr 1° marzo 1994
“Approvazione del Piano sanitario nazionale per il triennio 1994-1996”
conteneva la seguente importantissima disposizione: «Gli anziani ammalati, compresi quelli colpiti da cronicità e da non
autosufficienza, devono essere curati senza limiti di durata nelle sedi più
opportune, ricordando che la valorizzazione del domicilio come luogo primario
delle cure costituisce non solo una scelta umanamente significativa, ma
soprattutto una modalità terapeutica spesso irrinunciabile».
Il decreto ministeriale del 13 settembre 1988, citato
dal Prof. Guzzanti, è anch’esso un atto amministrativo e, pertanto, non può
modificare le disposizioni di legge.
In conclusione, non è assolutamente vero che nel
nostro Paese il legislatore abbia ignorato o trascurato la questione degli
anziani (e degli altri soggetti) colpiti da malattie invalidanti e da non
autosufficienza, avendo approvato adeguate leggi a partire da oltre mezzo
secolo (leggi n. 84/1953, 692/1955, 132/1968, 386/1974, 833/1978).
L’aspetto gravissimo è un altro: le norme vigenti a
favore dei vecchi cronici non autosufficienti sono state disapplicate dai
Ministri della sanità, compreso il Prof. Guzzanti, e lo sono tuttora.
VOLANTINO DEL CSA:
BASTA CON LE FALSITÀ ED I TRUCCHI
Il 22 ottobre
2002 il Csa ha organizzato un presidio davanti alla sede del Consiglio
regionale piemontese. Nell’occasione è stato distribuito il volantino che
riportiamo.
La Regione
Piemonte, le Asl e i Comuni devono rispettare le leggi vigenti e le esigenze
degli anziani cronici non autosufficienti
Com’è ovvio, gli anziani malati cronici non
autosufficienti, come tutti gli altri malati, hanno l’esigenza di essere curati
pur essendo affetti da patologie invalidanti e da non autosufficienza (cancro,
demenza, ecc.). Da quasi mezzo secolo, i provvedimenti approvati dal Parlamento
(leggi 692/1955, 132/1968, 833/1978, ecc.) riconoscono il diritto alle cure
sanitarie a tutti i malati siano essi colpiti da infermità acute o croniche,
siano giovani o adulti o anziani, siano guaribili o cronici.
Basta con le
falsità
Non è vero che il Servizio sanitario nazionale deve
curare solo i malati acuti.
Non è vero che gli ospedali devono dimettere i malati
cronici. Le dimissioni delle persone colpite da patologie invalidanti e da non
autosufficienza possono essere disposte solamente quando è garantita la
continuità terapeutica:
– a domicilio
se i familiari o terze persone si assumono volontariamente l’impegno della
prosecuzione delle cure;
– presso altre strutture sanitarie. Il trasferimento
dagli ospedali alle case di cura private convenzionate deve essere effettuato a
cura e spese delle Asl. La degenza nelle suddette strutture deve essere
gratuita come prevede la circolare regionale del 23.10.2000.
Non è vero che la permanenza dei malati cronici presso
le case di cura private non può superare i 60 giorni. La verità è che la
Regione dopo 60 giorni (120 in certi casi) riduce la retta versata alle case di
cura private del 20-40%.
Non è vero che i parenti devono fornire prestazioni di
competenza del Servizio sanitario nazionale. In base alle leggi vigenti, com’è
evidente, le cure devono essere garantite dalle Asl e dalle Aziende ospedaliere.
Basta con i
trucchi
Non è accettabile
che la Regione Piemonte rifiuti di stipulare le convenzioni con i
numerosi posti letto disponibili nelle Rsa - Residenze sanitarie assistenziali.
Con questa incivile e disumana iniziativa
la Regione Piemonte :
– ha provocato una lunghissima lista di attesa (circa
7.000 anziani cronici non autosufficienti, quasi tutti espulsi illegalmente
dagli ospedali, aspettano un posto letto non essendo curabili a domicilio);
– costringe i malati ed i loro congiunti a sborsare
alle Rsa/Raf rette che arrivano a 2.300-2.600 euro mensili (4 milioni e mezzo-5
milioni).
Non è accettabile che la Regione Piemonte versi 135
euro al giorno (260mila lire) alle case di cura private e si rifiuti di
spendere 50 euro al giorno (97mila lire) per convenzionare i posti letto
disponibili presso Rsa/Raf, in cui vengono ricoverati malati aventi le stesse
caratteristiche dei degenti delle case di cura private.
Non è accettabile la chiusura di ospedali e di posti
letto ospedalieri senza aver prima creato le alternative indispensabili per i
cittadini malati.
Non è accettabile che, come capita spesso, non vengano
fornite le prestazioni necessarie agli anziani colpiti da patologie complesse,
curati a domicilio, obbligando i congiunti che si sacrificano volontariamente a
dover sostenere oneri che la legge pone a carico della sanità.
Che cosa
chiediamo
Avvio di iniziative concrete per la prevenzione della
cronicità e della non autosufficienza.
Approvazione di una legge regionale che riconosca il
diritto esigibile alle cure domiciliari nei casi in cui:
– non vi siano controindicazioni cliniche o di altra
natura;
– i congiunti o altri soggetti siano disponibili e
idonei;
– il malato sia consenziente e riceva dalle Asl le
necessarie cure mediche e infermieristiche;
– siano previsti gli interventi di emergenza nei casi
in cui i congiunti (per malattia o altre cause) non possano garantire la
prosecuzione delle cure domiciliari;
– i familiari siano adeguatamente sostenuti anche
sotto il profilo economico;
– i costi a carico del servizio sanitario nazionale
siano inferiori a quelli di sua spettanza nel caso di ricovero.
Istituzione in tutte le Asl di centri diurni sanitari
gratuiti per gli anziani colpiti dalla malattia di Alzheimer o da altre forme
di demenza senile.
Divieto delle dimissioni ospedaliere nei casi in cui
non siano praticabili le cure domiciliari e le Asl non garantiscano la
continuità terapeutica presso altra struttura sanitaria.
Effettuazione di ricoveri presso Rsa/Raf (strutture
non previste da nessuna legge nazionale o regionale) solo previo accordo del
malato e/o dei suoi congiunti.
Calcolo della retta alberghiera delle Rsa/Raf
esclusivamente sui redditi pensionistici del malato, tenendo conto dei suoi
obblighi familiari (mantenimento del coniuge, ecc.) e sociali (pagamento mutui,
ecc.).
Predisposizione di un piano per l’eliminazione entro
sei mesi delle liste di attesa, attribuendo alle Asl i compiti relativi al
ricovero presso le case di cura private (attualmente di competenza delle
Regioni) e convenzionando tutti i posti disponibili presso le Rsa/Raf.
Soppressione di tutte le disposizioni regionali che
violano il diritto alle cure sanitarie sancito dalle leggi vigenti e
conseguente disattivazione dei decreti
14 febbraio e 29 novembre 2001. Detti decreti, che essendo amministrativi non
possono modificare le leggi vigenti, prevedono:
– il trasferimento degli ultradiciottenni colpiti da
malattie invalidanti e da non autosufficienza dalla sanità (le cui disposizioni
riconoscono il diritto esigibile alle cure gratuite e senza limiti di durata
dei malati acuti e cronici) all’assistenza (caratterizzata dalla assoluta
discrezionalità – vedi le liste di attesa – e dal pagamento di rette anche
molto gravose);
– l’attribuzione ai cittadini (e ai Comuni) di
contributi economici rilevanti (dal 30 al 60% del costo) per attività sanitarie
molto importanti riguardanti i soggetti colpiti da handicap, malati
psichiatrici, gli adulti e gli anziani non autosufficienti, nonché tutti i
cittadini per quanto concerne le prestazioni domiciliari infermieristiche.