Prospettive assistenziali, n. 140, ottobre-dicembre 2002
alcune
devastanti conseguenze dei livelli essenziali di assistenza
Sul n. 2,
2002 della rivista “Integrazione sociosanitaria” edita da Federsanità Anci
Piemonte, Silvio Aiassa, Sindaco di Cavaglià (Biella) e Vice Presidente della
sopraccitata organizzazione, ha presentato le seguenti conseguenze sociali ed
economiche derivanti dall’introduzione dei Lea - Livelli essenziali
d’assistenza, previste dal decreto Berlusconi, Sirchia, Tremonti del 29 novembre
2001.
L’assistenza tutelare alla persona malata – erogata
con protocolli regionali che regolano l’assistenza domiciliare integrata – ha
un costo medio di circa un milione 500 mila delle vecchie lire (per una media
di 45 giorni di intervento) attualmente ad intero carico del sistema sanitario.
Con l’applicazione del decreto all’assistito verrà richiesto di contribuire
nella misura di 750 mila lire. L’esenzione del cittadino comporterebbe, per i
servizi sociali dei Comuni associati, un notevole aggravio finanziario. Di
contro, la non esenzione provocherebbe il rifiuto delle dimissioni
dell’ospedale dei malati post acuti con relativo aggravio di costi per il
sistema sanitario;
– l’ospitalità in un centro diurno per disabili che
pratichi una retta di 140 mila lire giornaliere comporterà una contribuzione –
da parte della persona disabile portatrice di handicap grave – quantificata in
42 mila lire. Se l’handicap risulta di grado diverso è previsto l’addebito
della retta piena. In questo caso si registrerebbe un aumento contributivo a
carico della sanità sui disabili gravi di circa il 10%, abbondantemente
compensato dall’accollo totale delle spese per i non “gravi” – attualmente a
carico sanità per il 60% della retta – agli utenti (attualmente esenti) o ai Comuni;
– l’ospitalità in un centro diurno per malati di
Alzheimer o per anziani cronici non autosufficienti che pratichi una retta di
90 mila lire giornaliere comporterà una contribuzione da parte della persona
assistita quantificata in 45 mila lire. Attualmente la spesa è ad intero carico
della sanità ed è pertanto difficile quantificare l’onere che verrebbe a
gravare sui Comuni;
– l’ospitalità in una comunità a “bassa intensità
assistenziale” per malati di mente che pratichi una retta di 125 mila lire giornaliere
comporterà una contribuzione da parte della persona assistita quantificata in
75 mila lire. Ad oggi tali spese gravitano sul fondo sanitario e l’aggravio di
spesa per i Comuni (nell’ordine di molte
centinaia di milioni) può essere quantificato esclusivamente dai servizi
sanitari che hanno in carico i pazienti;
– l’ospitalità in una struttura residenziale per
disabili gravi che pratichi una retta di 270 mila lire giornaliere comporterà
una contribuzione da parte dell’ospite quantificata in 81 mila lire. Se il
disabile non è grave, ma è privo del sostegno familiare, contribuirà nella
misura di 162 mila lire. Agli ospiti che non rientrano nelle due fattispecie
previste dal decreto verrà praticata la retta piena. Anche in questo caso, al
minor aggravio di spesa per i disabili gravi fa riscontro un aumento di spesa o
l’accollo totale delle rette per interventi rivolti ai “non gravi”;
– alla persona non autosufficiente (non
necessariamente anziana) ospitata in una Rsa (residenza sanitaria
assistenziale) che pratichi una retta di 150 mila lire giornaliere verranno
richieste 75 mila lire di contribuzione. Anche in questo caso si determina un
notevole aggravio di spesa per gli utenti e/o i Comuni;
– al malato di Aids che benefici di una “lungo
assistenza in regime residenziale” in una struttura con retta di 170 mila lire
al giorno verrà richiesto di contribuire nella misura di 51 mila lire. Si
sarebbe trattato, anche in questo caso, di un nuovo onere per i Comuni (di
difficile quantificazione) in quanto a tutt’oggi le spese sono poste a carico
della sanità.