Prospettive assistenziali, n. 140, ottobre-dicembre 2002
fatti illeciti in strutture
ricettive per anziani e abbandono
di
ricoverati non autosufficienti: considerazioni
sui due ultimi comunicati stampa dei nas
elena brugnone
Durante l’estate del 2001 i carabinieri dei Nas,
d’intesa con il Ministero della salute, hanno ispezionato 1222 strutture
ricettive per anziani su tutto il territorio nazionale. In riferimento alle
anzidette ispezioni il Comando dei Carabinieri per la sanità ha emesso un
comunicato stampa che rileva fatti illeciti e situazioni di abbandono di
anziani non autosufficienti (1).
I Nas hanno segnalato 669 illeciti in 345 strutture
ricettive per anziani (2). Sono state scoperte numerose strutture per anziani
non autosufficienti prive di autorizzazione al funzionamento e in via
amministrativa è stata disposta l’immediata chiusura di 4 ricoveri abusivi. I
carabinieri hanno segnalato 488 persone alle autorità giudiziarie, sanitarie e
amministrative e hanno inoltrato proposta di chiusura di 81 strutture
ispezionate (3).
Il 2 luglio 2002 un secondo comunicato stampa dei Nas
riferisce su altre 402 ispezioni in strutture ricettive per anziani. I
carabinieri hanno accertato ulteriori 182 fatti illeciti in 90 strutture di
ricovero e hanno segnalato 156 persone alle autorità competenti. Una struttura
è stata sequestrata, mentre per altre 22 è stata richiesta la sospensione
dell’attività (4).
L’autorità giudiziaria ha aperto diversi procedimenti
penali per accertare reati e responsabilità. In attesa di conoscere l’esito di
detti procedimenti, riteniamo importante evidenziare qui di seguito le
infrazioni più frequenti segnalate dai Nas e fare alcune nostre considerazioni
di carattere generale.
Le
infrazioni più ricorrenti
Le infrazioni più ricorrenti sono state classificate
nel comunicato stampa come segue:
Infrazioni
più ricorrenti di natura penale
- n. 30 art. 193 del testo unico delle leggi sanitarie
(Attivazione di case di riposo per anziani non autosufficienti prive di
autorizzazione al funzionamento);
- n. 22 art. 591 del codice penale (Abbandono di
persone incapaci);
- n. 7 art. 5
della legge n. 283/1962 (Alimenti in cattivo stato di conservazione);
- n. 22 art. 443 del codice penale (Specialità
medicinali scadute di validità);
- n. 9 art. 650 del codice penale (Non ottemperanza
dell’ordinanza di chiusura emessa dal sindaco);
- n. 22 artt. 60-62 del
Decreto del Presidente della Repubblica 309/1990 (Registro delle sostanze
stupefacenti non aggiornato);
- n. 16 art. 348 del codice penale (Esercizio abusivo
dell’arte sanitaria di infermiere professionale).
Infrazioni
più ricorrenti di natura amministrativa
- n. 67 artt. 28-29 del Dpr 327/1980 (Locali destinati alla manipolazione ed alla
cottura di alimenti in precarie condizioni igienico-sanitarie);
- n. 50 art. 2 della legge n. 283/1962 (Locali
destinati alla manipolazione ed alla cottura di alimenti privi di autorizzazione sanitaria);
- n. 65 art. 86 del Tullps -
Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza
(Attivazione di case di riposo senza la prescritta autorizzazione
amministrativa);
- n. 29 art. 109 del Tullps
(Omessa compilazione delle schede di notifica delle persone alloggiate);
- n. 6 art. 9 del
Tullps (Numero di ospiti superiore rispetto a
quelli autorizzati);
- n. 102 art. 14 della legge n. 283/1962 (Personale
addetto alla manipolazione degli alimenti privo del libretto di idoneità
sanitaria).
Il secondo comunicato stampa dei Nas non fornisce
precisazioni come quelle sopra riportate, ma conferma alcune indicazioni sulle
infrazioni più ricorrenti segnalate nel primo comunicato. Rileva infatti «tra gli illeciti più frequenti: abbandono
di persone incapaci, carenze igienico-strutturali,
alimenti in cattivo stato di conservazione, mancanza di autorizzazione ed
esercizio abusivo della professione sanitaria».
Casi
significativi
I due comunicati stampa citano, inoltre, una serie di
situazioni particolari scoperte dai Nas. Fra le varie segnalazioni, riteniamo
significativo riportare quelle in cui si fa espresso riferimento a casi di
ricoverati non autosufficienti trovati dai carabinieri in stato di abbandono
per mancanza delle necessarie prestazioni medico-infermieristiche
e assistenziali:
- «Il Nas di
Napoli, in quella provincia ed in quella di Caserta, ha segnalato alla
competente Autorità giudiziaria, i responsabili legali di 19 distinte case di
riposo per aver ospitato anziani non autosufficienti, come di
- «Il Nas di
Ragusa, in quella provincia, ha segnalato alla competente Autorità giudiziaria,
il legale responsabile di una casa di riposo, per aver accolto anziani non
autosufficienti, perché affetti da patologie di natura psichiatrica e fisica,
in una struttura non autorizzata a tale scopo e, per non aver fornito ai
predetti le necessarie attenzioni di carattere medico-infermieristico.
Nello svolgimento dell’attività ispettiva sono stati trovati 7 ospiti su sedie
a rotelle alle quali erano state applicate sui braccioli delle barre metalliche
che fungevano da strumento di contenzione»;
- «Il Nas di
Catania, nella provincia di Messina, ha segnalato alla competente Autorità
giudiziaria il legale responsabile di una casa di riposo per anziani per aver
ospitato 10 anziani non autosufficienti in una struttura non autorizzata a tale
scopo e per non aver fornito ai predetti le necessarie attenzioni medico-infermieristiche. I medesimi sono risultati
assistiti da un inserviente peraltro privo di qualsiasi titolo abilitativo all’esercizio dell’arte sanitaria ausiliaria»;
- «Il Nas di
Pescara, nella provincia dell’Aquila ha segnalato alla competente Autorità
sanitaria e amministrativa il legale responsabile di una casa di riposo perché
priva di qualsiasi autorizzazione al funzionamento e per aver ospitato 4
anziani non autosufficienti senza fornirgli adeguata assistenza medico-infermieristica. Il Sindaco territorialmente
competente sulla scorta di quanto segnalato dal Nas operante ne ha disposto
l’immediata chiusura»;
- «Il Nas di
Alessandria, in quella provincia, ha segnalato alla competente Autorità
giudiziaria il direttore di un presidio socio-assistenziale per anziani, nonché
il presidente della cooperativa alla quale sono stati affidati l’espletamento
dei servizi sanitari, per aver accolto anziani non autosufficienti, perché
affetti da patologie psichiche o da malattie allo stadio terminale, in una
struttura non autorizzata a tale scopo e, per non aver fornito ai predetti le
necessarie attenzioni di carattere medico-infermieristico»;
- «Il Nas di
Alessandria, nella provincia di Asti, ha segnalato alla competente Autorità
giudiziaria e sanitaria il legale responsabile di una casa di riposo per
anziani per aver detenuto per la successiva somministrazione specialità
medicinali scadute di validità. A seguito delle gravi carenze assistenziali
accertate nel corso dell’attività ispettiva, il direttore generale dell’Asl
territorialmente competente ha sospeso l’autorizzazione al funzionamento della
struttura per un periodo di 6 mesi con il contestuale trasferimento degli ospiti
in altre case di riposo autorizzate».
- «Il Nas di
Ragusa, in quella provincia, ha segnalato alla competente Autorità giudiziaria
e sanitaria il titolare di una struttura privata autorizzata all’esercizio come
“casa protetta” presso la quale è stata accertata la presenza di 14 anziani non
autosufficienti con menomazioni mentali ed in pessime condizioni igieniche, e
peraltro non assistiti da personale medico o paramedico. L’Autorità giudiziaria
ha disposto l’immediato sequestro della casa protetta con il conseguente
trasferimento degli ospiti presso idonee strutture. Interessati il Sindaco e la
locale Asl per i provvedimenti sanitari-assistenziali del caso».
Alcune
considerazioni
Alla luce delle gravi notizie sopra esposte ci sembra
importante fare alcune considerazioni di carattere generale. Precisiamo che non
intendiamo commentare singoli casi anche perché sono in corso indagini
dell’Autorità giudiziaria che ha aperto diversi procedimenti penali. Vogliamo,
invece, evidenziare gli aspetti del fenomeno che si delinea in base ai due
comunicati stampa dei Nas.
Osserviamo che ricorrono infrazioni penali e
amministrative nella gestione di strutture ricettive per anziani e sono
frequenti illeciti relativi all’attivazione di ricoveri abusivi privi delle
autorizzazioni prescritte dalla legge.
Si configurano situazioni di pericolo per la salute di
ricoverati con esigenze di assistenza e cura, e ciò in riferimento a fatti
quali: detenzione di medicine scadute di validità destinate alla
somministrazione agli ospiti, detenzione di alimenti in cattivo stato di
conservazione destinati ai ricoverati, personale che esercita abusivamente la
professione infermieristica, locali in precarie condizioni igienico-sanitarie,
personale addetto alla manipolazione degli alimenti privo del libretto di
idoneità sanitaria.
Gli anzidetti illeciti ricorrono soprattutto in
strutture abusive. Ma anche in strutture di assistenza autorizzate dalle
autorità competenti, circostanza questa che suscita stupore perché si tratta di
strutture soggette a controlli degli enti pubblici locali e regionali che
evidentemente non hanno accertato ciò che è stato poi scoperto dai carabinieri
nel corso delle ispezioni.
La situazione appare particolarmente grave nelle
strutture abusive ove anziani malati non autosufficienti sono stati trovati dai
carabinieri in stato di abbandono per mancanza delle necessarie attenzioni di
cura medico-infermieristica.
In riferimento a questa emergenza ci sembra importante
fare alcune osservazioni. L’aspetto relativo alla condizione di non
autosufficienza delle vittime suscita, innanzitutto, un interrogativo. Perché
anziani malati non autosufficienti al giorno d’oggi vengono ricoverati in
strutture prive di autorizzazione al funzionamento? Noi crediamo che la
discriminazione contro gli anziani malati cronici non autosufficienti, piaga
sociale di cui Prospettive assistenziali
parla ripetutamente da molti anni, rappresenti un contesto favorevole allo
sviluppo dell’abusivismo delle strutture di ricovero come quelle scoperte dai
Nas.
Per chiarire questo assunto, ricordiamo qui di seguito
gli aspetti salienti di detta discriminazione. E’ in atto da molti anni una
prassi diffusa, in contrasto con le leggi vigenti sul diritto alla salute, che
nega una continuità di cura negli ospedali e nelle altre strutture sanitarie
agli anziani affetti da patologie cronico-degenerative
e incapaci di provvedere autonomamente a loro stessi. Per i familiari che non
sono in grado di garantire cure e assistenza continuativa a casa cresce il
disagio in mancanza di una adeguata rete di servizi e interventi pubblici
diretti a favorire l’ospedalizzazione a domicilio come effettiva alternativa a
ripetuti ricoveri in ospedale.
Di conseguenza si verifica un incremento delle domande
di ricovero di anziani malati non autosufficienti in strutture di assistenza
come le case di riposo. È in questo contesto che trova spazi di espansione il
fenomeno delle strutture abusive per il ricovero a pagamento di anziani non
autosufficienti.
Le ricorrenti situazioni di abbandono di anziani
malati non autosufficienti ricoverati in strutture prive di autorizzazione al
funzionamento ci portano a prendere in considerazione il comportamento delle
persone che le aprono e le gestiscono senza le prescritte autorizzazioni delle
autorità sanitarie e amministrative. Questo comportamento denota indifferenza
per le leggi che prevedono controlli pubblici diretti ad assicurare il rispetto
di requisiti per una regolare apertura di dette strutture e per la tutela
pubblica degli anziani che ospitano. Si delinea quindi un atteggiamento che
diventa particolarmente pericoloso nei casi in cui i gestori abusivi ospitano
nelle loro strutture anziani malati non autosufficienti soli, senza cioè una
persona che li curi e li assista, offrendo una generica assistenza o solamente
vitto e alloggio.
Detti gestori abusivi avendo in custodia persone non
autosufficienti hanno il dovere di fornire l’assistenza necessaria. Se non lo
fanno, dimostrano una grave noncuranza. Se poi reagiscono con fastidio ai
continui bisogni di aiuto degli ospiti considerandoli un “peso” per la loro
totale incapacità di provvedere autonomamente ai normali atti della vita
quotidiana la situazione diventa drammatica. Pensiamo, ad esempio, al caso in
cui malati non autosufficienti durante una permanenza prolungata in strutture
abusive oltre a non ricevere le necessarie prestazioni di assistenza e cura,
vengono per giunta rinchiusi o legati ai letti, insultati, derisi e addirittura
picchiati. Prospettiva da prendere in seria considerazione viste le tragiche
notizie di cronaca, anche recenti, pubblicate dalla stampa nazionale su
maltrattamenti in strutture di ricovero definite, secondo una significativa
consuetudine giornalistica, “ospizi lager” (5).
La legge
dovrebbe punire la gestione
delle
strutture abusive
Considerato il pericolo criminale connesso
all’abusivismo di strutture per persone non autosufficienti, appare importante
che la legge penale punisca come reato l’apertura e gestione delle strutture
prive delle necessarie autorizzazioni al funzionamento. Ma al riguardo non è
prevista una norma incriminatrice specifica.
Nel 1994 il legislatore ha abrogato, per giunta,
l’articolo 665 del codice penale che prevedeva il reato relativo all’apertura
di “Agenzie di affari ed esercizi pubblici non autorizzati o vietati” e puniva
con la pena dell’arresto fino a sei mesi o dell’ammenda fino un milione di lire
chi «per mercede alloggia persone o le
riceve in convitto o in cura» «senza la licenza dell’Autorità, o senza la
preventiva di
Il legislatore, inoltre, ha deciso di depenalizzare
l’esercizio abusivo di «alberghi,
locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi» di cui
all’articolo 86 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (7) e ha
previsto che detto abusivismo è un illecito amministrativo sottoposto alla
sanzione del pagamento di una somma da 1 milione a 6 milioni di lire (da 516 a
3.099 Euro) (8).
Osserviamo che il primo comunicato stampa dei Nas fa
riferimento proprio a quest’ultima infrazione di natura amministrativa
relativamente alla «attivazione di case di riposo senza la prescritta
autorizzazione» intendendo evidentemente equiparare dette strutture abusive ad
“alberghi” o “pensioni” non autorizzati.
Rileviamo altresì che i Nas segnalano il reato
previsto dall’articolo 193 del testo unico delle leggi sanitarie (9) nei casi
di «attivazione di case di riposo per
anziani non autosufficienti prive di autorizzazione».
Al riguardo osserviamo che mancano disposizioni penali
espresse contro l’abusivismo di strutture destinate a fornire generica
assistenza o solamente vitto e alloggio a persone non autosufficienti. Dette
strutture, infatti, non rientrano fra quelle indicate nell’articolo 193 del Tullss che prevede il reato relativo alla apertura e all’esercizio
senza speciale autorizzazione del prefetto di «ambulatori, case o istituti di cura medico-chirurgica
o di assistenza ostetrica, gabinetti di analisi per il pubblico a scopo di
accertamento diagnostico, case o pensioni per gestanti».
Alla luce dei rilievi esposti, è sconcertante che il
legislatore non abbia ancora approvato norme penali che stabiliscano
espressamente il divieto di aprire pensioni abusive per persone non
autosufficienti, pene per i contravventori e il sequestro delle strutture in considerazione
del pericolo di reati più gravi. La misura del sequestro, in particolare,
consentirebbe di evitare che ricoveri abusivi per anziani non autosufficienti
rimangano aperti anche dopo essere stati scoperti con il rischio di danni
ulteriori per la salute dei ricoverati. Al riguardo osserviamo che i comunicati
stampa dei Nas segnalano infrazioni penali ricorrenti nei casi di strutture
abusive che continuano ad operare in violazione dell’ordinanza di chiusura
emessa dal sindaco (10).
Situazioni
di grave pericolo
Per quanto riguarda gli altri illeciti segnalati dai
Nas, prendiamo ora in considerazione quelli che delineano situazioni di
pericolo per anziani ricoverati con esigenze di assistenza e cura, e cioè:
abbandono di persone incapaci (reato previsto dall’articolo 591 del codice
penale (11), detenzione di alimenti in cattivo stato di conservazione (reato di
cui all’articolo 5 della legge 283/1962 (12), detenzione di specialità
medicinali scadute di validità (reato previsto dall’articolo 443 del codice
penale (13), esercizio abusivo della professione infermieristica (reato di cui
all’articolo 348 del codice penale (14), locali destinati alla manipolazione ed
alla cottura di alimenti in precarie condizioni igienico-sanitarie
(infrazione di natura amministrativa a norma degli articoli 28-29 del Dpr 327/1980 (15). Tutti fatti che aprono la strada a
indagini di approfondimento dell’autorità giudiziaria.
Al riguardo sorgono numerosi interrogativi: vi sono
state omissioni di assistenza e cura nei confronti di malati non
autosufficienti? È stato dato cibo avariato agli ospiti? Sono state
somministrate medicine scadute di validità per la cura di malati? Sono stati
commessi errori nella esecuzione di prestazioni infermieristiche rese da
persone non abilitate all’esercizio della professione infermieristica?
Una risposta affermativa a questi ed altri
interrogativi porterebbe a verificare se gli anzidetti fatti abbiano causato
danni alla salute dei ricoverati e se siano ravvisabili anche reati più gravi
di quelli segnalati dai Nas.
Rileviamo che l’emergenza criminale si evidenzia
soprattutto in riferimento alla segnalazione fatta dai Nas di un reato
ricorrente: il delitto di abbandono di persone incapaci previsto e punito
dall’articolo 591 del codice penale. Per l’anzidetto reato precisiamo che è
responsabile chiunque avendo in custodia o in cura un soggetto incapace di
provvedere autonomamente a se stesso, lo lascia consapevolmente in una
situazione di pericolo, anche solo potenziale, per la sua incolumità personale.
La
Corte di Cassazione in riferimento alla condanna di responsabili per abbandono
di anziani non autosufficienti ricoverati in strutture di assistenza ha fornito
alcuni chiarimenti che consentono di spiegare il significato penale di
“abbandono” (16).
Osserviamo, in particolare, che la Suprema Corte
ritiene che questo reato possa sussistere in relazione a singoli episodi di
pericolo. Una sentenza, ad esempio, ha considerato pericoloso per i ricoverati
l’improvviso allontanamento di tutte le assistenti di una casa di riposo. In
detto caso la sentenza precisa che era irrilevante la presenza di inservienti
nella struttura di assistenza perché si trattava di personale inidoneo
qualitativamente e quantitativamente alla necessaria assistenza infermieristico-sanitaria. Così come era irrilevante che i
ricoverati non avessero subito alcun danno, perché per la sussistenza del reato
di abbandono è sufficiente che ricorra un pericolo (17).
Altre sentenze, invece, riguardano casi di abbandono
dipendenti da una serie di comportamenti che denotano grave trascuratezza nella
gestione di strutture di ricovero. Citiamo, ad esempio, una sentenza della
Corte di Cassazione che ha confermato la condanna di una coppia di coniugi
amministratori di varie case di riposo ove «i
ricoverati, quasi tutti abbisognevoli di cure mediche
e paramediche, erano affidati a personale assolutamente inadeguato,
perché costituito da generici inservienti che svolgevano anche attività
tecniche senza alcun titolo specifico, ridotto durante la notte ad una sola
unità mentre l’assistenza medica era solo occasionale, saltuaria e superficiale
per non dire inesistente (tanto che nessuno si era accorto che alcuni dei
pazienti erano portatori di catetere in permanenza), esponendo i ricoverati a
pericolo per la loro incolumità» evidenziata da alcuni tragici incidenti,
come la morte di tre ricoverati (18).
In questo caso osserviamo che l’abbandono si è
protratto nel tempo con modalità che fanno pensare non solamente ad un pericolo
ma anche ad un peggioramento delle condizioni di salute delle vittime. Aspetti
che ci sembra importante evidenziare perché situazioni in cui i ricoverati
subiscono danni alla salute in conseguenza di abituali omissioni di assistenza
e cura, portano l’autorità giudiziaria a verificare se sia ravvisabile, in
alternativa al delitto di abbandono di persone incapaci, il delitto di
maltrattamenti a norma dell’articolo 572 del codice penale (19). Questo
articolo è intitolato “Maltrattamenti in
famiglia o verso fanciulli” (20) e, nonostante il titolo fuorviante, si
applica anche ai casi di maltrattamenti contro assistiti in strutture di
ricovero.
Rileviamo che il delitto di maltrattamenti è più grave
del delitto di abbandono di persone incapaci. La responsabilità per
maltrattamenti è ascrivibile alla persona che tiene una condotta abitualmente
vessatoria costituita da una pluralità di comportamenti vessatori nei confronti
di un familiare o di un minore di 14 anni ovvero contro una «persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di
educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una
professione o di un’arte». Al riguardo si rileva che detti comportamenti
causano sofferenze che determinano danni alla salute delle vittime.
Osserviamo che la legge parla di “maltrattamenti” senza specificare i relativi fatti e quindi lascia all’autorità giudiziaria il compito di valutare il carattere vessatorio insito nell’insieme degli episodi che costituiscono ogni singolo caso (21).
Le forme di manifestazione del reato possono essere
diverse, ad esempio: atti di violenza fisica, minacce, parole e gesti di
disprezzo o di scherno, fatti che causano spavento (22).
I maltrattamenti possono manifestarsi anche attraverso
abituali “comportamenti omissivi”, ad
esempio per responsabilità di persona che, in violazione di doveri inerenti al
proprio ufficio o funzione, non fornisce le necessarie prestazioni di
assistenza ad un soggetto incapace di provvedere autonomamente a se stesso
provocando un peggioramento delle sue condizioni di salute (23).
In riferimento a casi giudiziari su maltrattamenti
avvenuti in strutture di assistenza, ci sembra importante osservare che alcune
sentenze si sono occupate di situazioni in cui è stato accertato che ricoverati
malati non autosufficienti venivano legati ai letti, picchiati, molestati
sessualmente, minacciati, insultati, privati delle necessarie prestazioni di
assistenza e cura (24). In casi come questi la peculiare gravità dei fatti fa
apparire insufficiente una condanna per il solo delitto di maltrattamenti. Ciò
spiega come mai l’autorità giudiziaria che si occupa di casi simili valuta se i
responsabili del delitto di maltrattamenti siano responsabili anche per altri
delitti come lesioni personali volontarie, sequestro di persona e violenza sessuale.
Conclusioni
Ritornando ai comunicati stampa sulle ispezioni dei
Nas in strutture ricettive per anziani, osserviamo che la segnalazione di
situazioni di abbandono di anziani non autosufficienti richiede un
approfondimento di indagini per accertare come sono stati trattati detti
anziani nel corso della loro permanenza presso le strutture ispezionate. I Nas,
del resto, hanno rilevato fatti illeciti che presumibilmente persistevano già
da tempo e ciò spinge a verificare se i ricoverati abbiano subito danni in
conseguenza di durevoli carenze assistenziali e di cura.
Ricordiamo, inoltre, che le infrazioni penali e
amministrative segnalate nei comunicati stampa sono state riscontrate oltre che
in ricoveri abusivi anche in strutture di assistenza autorizzate e sottoposte a
controlli degli enti pubblici locali e
regionali. Al riguardo sorge spontaneo un interrogativo: gli anzidetti enti
hanno effettuato controlli nell’arco di tempo in cui sono perdurati gli
illeciti scoperti dai Nas presso strutture di assistenza autorizzate?
In caso di risposta negativa dovremo constatare che si
tratta di una mancanza grave, soprattutto se risultasse che controlli più
frequenti ed accurati di quelli previsti avrebbero potuto evitare prolungate
sofferenze ad anziani vittime di abbandono o maltrattamenti. Detta evenienza,
peraltro, evidenzierebbe che la discrezionalità degli enti locali e regionali
nella determinazione dei tempi e modalità relativi ai controlli non fornisce
sufficienti garanzie ai ricoverati. Di fronte a questa emergenza noi crediamo
che il legislatore dovrebbe intervenire al più presto per imporre, anche con
disposizioni penali, precisi doveri di vigilanza in modo da assicurare una
maggiore tutela pubblica ai ricoverati presso tutte le strutture di assistenza
autorizzate e operanti nel territorio nazionale.
Nel caso, invece, di risposta affermativa
all’anzidetto quesito sarà importante valutare come sono stati eseguiti i
controlli e verificare se siano state commesse violazioni dei doveri d’ufficio
da parte di soggetti responsabili della vigilanza. Pensiamo, ad esempio, a
ipotesi in cui pubblici ufficiali incaricati dei controlli abbiano attestato il
falso (25) e omesso di denunciare reati di cui abbiano avuto notizia
nell’esercizio delle loro funzioni (26).
Confidiamo, pertanto, che l’autorità giudiziaria
faccia piena luce su tutti i fatti penalmente rilevanti, compresi quelli che
potrebbero aver causato nel corso del tempo un peggioramento delle condizioni
di salute dei ricoverati, e punisca i colpevoli dei reati che sono stati
commessi.
Occorre, infine, rilevare che le decisioni
dell’autorità giudiziaria non consentono di contrastare all’origine il fenomeno
dell’abbandono di anziani non autosufficienti ricoverati in strutture
gravemente inadeguate alle loro esigenze. Perché ciò avvenga è necessario che
il Parlamento, il Governo, le Regioni e gli Enti locali, nell’ambito delle
rispettive competenze, prendano provvedimenti concreti per prevenire ricoveri
emarginanti e il contestuale pericolo di reati contro gli anziani più deboli e
indifesi.
(1) Cfr.
Comunicato stampa dei Nas sui controlli eseguiti in campo nazionale alle
strutture ricettive per anziani, Prospettive
assistenziali, n. 136, ottobre-dicembre 2001, p. 38
(2) Il comunicato stampa del
Comando Carabinieri per la sanità precisa che le 345 strutture con irregolarità
penali e/o amministrative sono distribuite per Regione come segue: 1 in Valle
d’Aosta (su 33 strutture ispezionate); 8 in Piemonte (su 53 strutture
ispezionate); 54 in Lombardia (su 124 strutture ispezionate); 1 in Trentino
Alto Adige (su 33 strutture ispezionate); 3 in Friuli Venezia Giulia (su 14
strutture ispezionate); 10 in Veneto (su 49 strutture ispezionate); 5 in
Liguria (su 41 strutture ispezionate); 3 in Emilia Romagna (su 99 strutture
ispezionate); 4 in Toscana (su 24 strutture ispezionate); 7 in Umbria (su 30
strutture ispezionate); 1 nella Regione Marche (su 23 strutture ispezionate);
57 in Lazio (su 116 strutture ispezionate); 6 in Sardegna (su 60 strutture
ispezionate); 16 in Abruzzo (su 64 strutture ispezionate); 35 in Campania (su
87 strutture ispezionate); 2 in Molise (su 20 strutture ispezionate); 19 in
Puglia (su 50 strutture ispezionate); 9 in Basilicata (su 20 strutture
ispezionate); 37 in Calabria (su 73 strutture ispezionate), 67 in Sicilia (su
209 strutture ispezionate).
(3) Il comunicato stampa precisa che delle 81
strutture ricettive per le quali è stata inoltrata proposta di chiusura 3 si
trovano in Lombardia, 1 in Liguria, 39
in Lazio, 6 in Abruzzo, 14 in Campania e 18 in Sicilia.
(4) Cfr.
“Secondo comunicato stampa dei Nas sulle strutture ricettive per anziani: nuove
gravi infrazioni penali e amministrative”, Prospettive
assistenziali, n. 139, 2002.
(5) Nel dicembre del 2001, ad esempio,
telegiornali e stampa nazionale hanno diffuso la notizia che i carabinieri
avevano scoperto un “ospizio-lager” con almeno quaranta degenti, malati di
mente e anziani malati non autosufficienti. Il quotidiano La Repubblica del 20 dicembre 2001 riferisce che i carabinieri
hanno arrestato l’amministratore di detta struttura e due infermieri accusati
di sequestro di persona, abbandono di incapaci e maltrattamenti.
(6) L’articolo 665 del codice
penale (Agenzie di affari ed esercizi
pubblici non autorizzati o vietati) disponeva quanto segue: «Chiunque, senza la licenza dell’autorità, o
senza la preventiva di
«Se la licenza è stata negata, revocata o sospesa, le pene dell’arresto
o dell’ammenda si applicano congiuntamente.
«Qualora, ottenuta la licenza, non si osservino le altre prescrizioni
della legge o della Autorità, la pena è dell’arresto fino a tre mesi o
dell’ammenda fino a lire seicentomila».
L’abrogazione di questo
articolo è stata disposta in base all’articolo 13 del decreto legislativo 13
luglio 1994, n. 480.
(7) L’art. 86 del Tullps approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773,
e successive modificazioni, stabilisce quanto segue: «Non possono esercitarsi, senza licenza del questore, alberghi, compresi
quelli diurni, locande, pensioni, trattorie, osterie, caffè o altri esercizi in
cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori od altre bevande
anche non alcoliche, né sale pubbliche per bigliardi o per altri giuochi leciti
o stabilimenti di bagni, esercizi di rimessa di autoveicoli o di vetture, ovvero
locali di stallaggio o simili.
«La licenza è necessaria anche per lo spaccio al minuto o il consumo di
vino, di birra o di qualsiasi bevanda alcolica presso enti collettivi o circoli
privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai
soli soci».
Questo illecito era un reato
ed è stato depenalizzato dall’articolo 3 del decreto legislativo 13 luglio 1994
n. 480 che stabilisce la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da
un milione a sei milioni di lire (da 516 a 3.099 Euro). L’articolo 17 ter del Tullps inserito dall’art.
3 del decreto legislativo 480/1994, prevede che per le violazioni indicate nei
commi uno e due dell’art. 17 bis e dall’art. 221 bis, fra cui la violazione
prevista dall’articolo 86, l’autorità competente al rilascio
dell’autorizzazione o il questore (qualora il fatto non concerna attività
soggette ad autorizzazione), entro cinque giorni dalla comunicazione del
pubblico ufficiale che ha accertato la violazione, ordina con provvedimento
motivato, la cessazione dell’attività condotta in difetto di autorizzazione
ovvero, in caso di violazione delle prescrizioni, la sospensione dell’attività
autorizzata per il tempo occorrente ad uniformarsi alle prescrizioni violate e
comunque per un periodo non inferiore a 24 ore e non superiore a tre mesi.
L’ordine di sospensione relativo ad attività ricettive comunque esercitate è
disposto trascorsi 30 giorni dalla contestazione della violazione, fermo
restando quanto previsto per l’ordine di immediata cessazione dell’attività non
autorizzata quando ricorrono le circostanze previste dalla legge e salvo che la
violazione riguardi prescrizioni a tutela della pubblica incolumità o
dell’igiene.
(8) L’art. 51 del decreto
legislativo 24 giugno 1998, n. 213 prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2002
ogni sanzione penale o amministrativa espressa in lire nelle vigenti
disposizioni normative è tradotta in Euro secondo il tasso di conversione
irrevocabilmente fissato ai sensi del trattato. Se l’operazione di conversione
produce un risultato espresso anche con decimali, la cifra è arrotondata
eliminando i decimali.
(9) L’art. 193 del regio
decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Testo
unico delle leggi sanitarie) sancisce: «Nessuno
può aprire o mantenere in esercizio ambulatori, case o istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza ostetrica, gabinetti di
analisi per il pubblico a scopo di accertamento diagnostico, case o pensioni
per gestanti, senza speciale autorizzazione del prefetto il quale la concede
dopo aver sentito il parere del consiglio provinciale di sanità.
«L’autorizzazione predetta è concessa dopo che sia stata assicurata
l’osservanza delle prescrizioni stabilite nella legge di pubblica sicurezza per
l’apertura di locali ove si dà alloggio per mercede.
«Il contravventore alla presente disposizione ed alle prescrizioni che
il prefetto ritenga di imporre nell’atto di autorizzazione, è punito con
l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da lire 1.000.000 a 2.000.00.
«Il prefetto, indipendentemente dal procedimento penale, ordina la
chiusura degli ambulatori o case o istituti di cura medico-chirurgica
o di assistenza ostetrica ovvero delle case o pensioni per gestanti aperte o
esercitate senza l’autorizzazione indicata nel presente articolo. Il prefetto
può, altresì, ordinare la chiusura di quelli fra i detti istituti nei quali
fossero constatate violazioni delle prescrizioni contenute nell’atto di
autorizzazione od altre irregolarità. In tale caso, la durata della chiusura
non può essere superiore a tre mesi. Il provvedimento del prefetto è
definitivo».
(10) L’art. 650 del codice
penale (Inosservanza dei provvedimenti
dell’Autorità) è così redatto: «Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per
ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è
punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a
tre mesi o con l’ammenda fino a lire quattrocentomila».
(11) L’art. 591 del codice
penale (Abbandono di persone minori o incapaci) stabilisce
quanto segue: «Chiunque abbandona una
persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per
malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a
se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione
da sei mesi a cinque anni.
«Alla stessa pena soggiace chi abbandona all’estero un cittadino
italiano minore degli anni diciotto, a lui affidato nel territorio dello Stato
per ragioni di lavoro.
«La pena è della reclusione da uno a sei anni se dal fatto deriva una
lesione personale, ed è da tre a otto anni se ne deriva la morte.
«Le pene sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore, dal
figlio, dal tutore o dal coniuge, ovvero dall’adottante o dall’adottato».
(12) L’art. 5 della legge 30
aprile 1962, n. 283 (Disciplina igienica della produzione e della vendita delle
sostanze alimentari e delle bevande) è così redatto: «È vietato impiegare nella
preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o
somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il
consumo, sostanze alimentari:
a) private anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolate a
sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la
composizione naturale, salvo quanto disposto da leggi o regolamenti speciali;
b) in cattivo stato di conservazione;
c) con cariche microbiche superiori ai limiti che saranno stabiliti dal
regolamento di esecuzione o da ordinanze ministeriali;
d) insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque
nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un
preesistente stato di alterazione;
e) lettera soppressa dall’art. 3 della legge 26 febbraio 1963, n. 441;
f) colorate artificialmente quando la colorazione artificiale non sia
autorizzata o, nel caso che sia autorizzata, senza l’osservanza delle norme
prescritte e senza l’indicazione, a caratteri chiari e ben leggibili, della
colorazione stessa.
Questa indicazione, se non espressamente prescritta da norme speciali,
potrà essere omessa quando la colorazione è effettuata mediante caramello,
infuso di truciolo di quercia, emocianina od altri
colori naturali consentiti;
g) con aggiunta di additivi chimici di qualsiasi natura non autorizzati
con decreto del Ministro per la sanità o, nel caso che siano stati autorizzati,
senza la osservanza delle norme prescritte per il loro impiego. I decreti di
autorizzazione sono soggetti a revisioni annuali;
h) che contengano residui di prodotti, usati in agricoltura per la protezione
delle piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate, tossici per
l’uomo. Il Ministro della sanità con propria ordinanza, stabilisce per ciascun
prodotto, autorizzato all’impiego per tali scopi, i limiti di tolleranza e
l’intervento minimo che deve intercorrere tra l’ultimo trattamento e la
raccolta e, per le sostanze alimentari immagazzinate, tra l’ultimo trattamento
e l’immissione del consumo».
(13) L’art. 443 del codice
penale (Commercio o somministrazione di
medicinali guasti) prevede quanto segue: «Chiunque detiene per il
commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti è
punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a
lire duecentomila».
(14) L’art. 48 del codice
penale (Abusivo esercizio di una
professione) dispone: «Chiunque
abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale
abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la
multa da lire duecentomila a un milione».
(15) Dpr
26 marzo 1980, n. 327 (Regolamento di esecuzione della legge 30 aprile 1962, n.
283, e successive modificazioni, in materia di disciplina igienica della
produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande).
(16) Cfr. Elena Brugnone, Abbandono di anziani malati cronici non
autosufficienti e minacce contro i familiari: profili penali, Prospettive assistenziali, n. 124,
ottobre-dicembre 1998.
(17) Sentenza della Corte di Cassazione, Sez. V, 9 maggio 1986, Cassazione
penale, 1987, 1094.
(18) Sentenza della Corte di Cassazione, Sez. V, 22 novembre 1989 (dep. 20 marzo 1990) n. 1016, Cassazione penale, 1990, 1349, con nota
di Domenico Carcano.
(19) Sentenza della Corte di
Cassazione, sez. VI, 30 maggio 1990 (depositata il 16 gennaio 1991), Cosco, Cassazione penale 1992, 1505, n. 776;
sentenza della Corte di Cassazione, sez. VI, 17 ottobre 1994 (depositata il 19
novembre 1994), Fiorillo, Cassazione penale 1996, 511, n. 243, con
nota di Rocco Blaiotta “Maltrattamenti nelle
istituzioni assistenziali e dovere di solidarietà”.
(20) L’articolo 572 del
codice penale (Maltrattamenti in famiglia
o verso fanciulli) dispone: «Chiunque, fuori dei casi indicati
nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia, o un minore
degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui
affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o
per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da
uno a cinque anni.
«Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la
reclusione da quattro a otto anni; se ne deriva una lesione gravissima, la
reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da
dodici a venti anni».
(21) Cfr.
Elena Brugnone, Maltrattamenti di anziani cronici non
autosufficienti ricoverati in strutture di assistenza: rilievi penali, Prospettive assistenziali, n.134,
aprile-giugno 2001.
(22) Cfr.
Francesco Antolisei, Manuale di diritto penale -
parte speciale I, Giuffrè, XII edizione integrata ed aggiornata
a cura di L. Conti, p. 486.
(23) Sentenza della Corte di
Cassazione, sez. VI, 30 maggio 1990 (depositata il 16 gennaio 1991), Cosco, Cassazione penale 1992, 1505, n. 776;
sentenza della Corte di Cassazione, sez. VI, 17 ottobre 1994 (depositata il 19
novembre 1994), Fiorillo, Cassazione penale 1996, 511, n. 243, con
nota di Rocco Blaiotta “Maltrattamenti nelle
istituzioni assistenziali e dovere di solidarietà”.
(24) Citiamo, ad esempio, la
sentenza del Tribunale di Venezia, 24 novembre 1982, pubblicata da Prospettive
Assistenziali, che condannò sette infermieri della casa di riposo di Mestre per
maltrattamenti di anziani ricoverati, in gran parte malati non autosufficienti,
dopo aver accertato comportamenti di tipo vessatorio, violento e mortificante
tenuti abitualmente dai sette infermieri nell’arco di un anno: omissioni di
assistenza e cura, atti di violenza fisica come pugni e calci, minacce,
molestie sessuali, insulti, gesti e parole di scherno, comportamenti che
causavano a ricoverati spavento e angoscia.
(25) L’art. 479 del codice
penale (Falsità ideologica commessa dal
pubblico ufficiale in atti pubblici) così dispone: «Il pubblico ufficiale che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio
delle sue funzioni, attesta falsamente che un atto è stato da lui compiuto o è
avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute di
L’articolo 476 del codice
penale che prevede il delitto di falsità materiale commessa dal pubblico
ufficiale stabilisce la reclusione da uno a sei anni. Se la falsità concerne un
atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione
è da tre a dieci anni.
(26) L’art. 361 del codice penale (Omessa denuncia di reato da parte del
pubblico ufficiale) è redatto come segue: “«l pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all’Autorità
giudiziaria, o ad un’altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un
reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni, è
punito con la multa da lire sessantamila a un milione.
«La pena è della reclusione fino ad un anno, se il colpevole è un
ufficiale o un agente di polizia giudiziaria, che ha avuto comunque notizia di
un reato del quale doveva fare rapporto.
«Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto
punibile a querela della persona offesa».