Prospettive assistenziali, n. 140, ottobre-dicembre 2002
iniziata
la discussione parlamentare
sugli
anziani non autosufficienti: in pericolo
l’attuale
loro diritto alle cure sanitarie
Alla Camera dei Deputati è iniziata la discussione
sulla proposta di legge n. 2166 “Istituzione di un sistema di protezione
sociale e di cura per le persone anziane non autosufficienti” presentata
dall’on. Battaglia, di cui, nell’editoriale dello scorso numero abbiamo
pubblicato il relativo testo (relazione e articolato), nonché un nostro
commento.
In particolare, avevamo rilevato che, per affrontare
correttamente il problema degli anziani non autosufficienti, il legislatore
dovrebbe tenere presente che:
a) salvo casi del tutto eccezionali, gli anziani non
autosufficienti sono soggetti colpiti da malattie invalidanti e molto spesso da
pluripatologie;
b) una percentuale consistente (circa il 30%) dei
suddetti soggetti ricoverati presso Rsa - residenze sanitarie assistenziali o
strutture similari è anche affetto da infermità acute;
c) le leggi vigenti da quasi 50 anni (n. 841/1953,
692/1955, 132/1968, 386/1974, 180 e 833/1978) impongono al Servizio sanitario
nazionale di curare gratuitamente e senza limiti di durata tutti i malati, siano essi acuti o cronici,
giovani o anziani, autosufficienti o non autosufficienti, guaribili o
inguaribili. Se le esigenze del malato lo richiedono, le cure devono essere
fornite anche presso ospedali e case di cura private convenzionate;
d) quale contropartita del riconoscimento a favore dei
pensionati del settore privato (1) e dei loro congiunti conviventi di qualsiasi
età del diritto alle cure sanitarie e gratuite e senza limiti di durata, il
Parlamento con la citata legge n. 692/1955 aveva imposto ai datori di lavoro ed
ai lavoratori un aumento dei contributi relativi all’assicurazione obbligatoria
concernente le pensioni e l’assistenza malattia ai pensionati. Detto aumento
non è stato mai abrogato o ridotto;
e) il diritto esigibile alle cure sanitarie per i
soggetti colpiti da patologie invalidanti è stato confermato dalla sentenza
della Corte Suprema di Cassazione n. 10150/1996;
f) nel caso in cui fossero insufficienti le risorse
attualmente occorrenti per fornire le cure sanitarie a tutti i malati, esse
dovrebbero essere reperite senza emarginare i più deboli e cioè gli anziani
cronici non autosufficienti (2);
g) mezzi economici rilevanti possono essere raccolti
stabilendo che «nei casi di degenza
presso ospedali, case di cura private convenzionate, Rsa, ecc., trascorso un
periodo di 30-60 giorni, i malati sono tenuti a versare una parte dei loro
redditi pensionistici, tenendo in ogni caso conto dei loro obblighi familiari
(mantenimento del coniuge e dei figli, ecc.) e sociali (pagamento di affitti,
di mutui, ecc.)».
Fuorvianti le motivazioni
della
proposta di legge n. 2166
L’on. Battaglia ha motivato la presentazione della
proposta di legge n. 2166, sostenendo che non è più accettabile che «la dimensione dei bisogni delle persone
anziane non autosufficienti (…) venga lasciata prevalentemente a carico di quel
milione di famiglie italiane che quotidianamente affrontano complessi problemi
legati alla presenza di una persona anziana non autosufficiente» (3).
Questa tesi è fuorviante in quanto omette,
volutamente, di citare la causa prima di tale situazione. Come ripetiamo da
anni, le gravissime condizioni degli anziani non autosufficienti e dei loro
congiunti sono la conseguenza diretta della violazione delle leggi vigenti da
parte dei Ministri della sanità (quello
attuale ed i suoi predecessori), delle Regioni e delle Asl.
Che si tratti di mancato rispetto delle disposizioni
che assicurano a tutti i malati il diritto alle cure gratuite e senza limiti di
durata, risulta evidente anche dal fatto che le dimissioni ospedaliere dei
vecchi malati cronici e dei soggetti colpiti dal morbo di Alzheimer vengono
sempre, senza alcuna eccezione, bloccate con il semplice invio di due
raccomandate con ricevuta di ritorno al Direttore generale dell’Asl (o
dell’Azienda ospedaliera) e al Direttore sanitario della struttura in cui il
paziente è ricoverato (4).
L’altra motivazione strumentale, contenuta nella
relazione della proposta di legge n. 2166, riguarda il numero delle persone
attualmente considerate anziane e il probabile loro aumento percentuale
rispetto all’insieme della popolazione.
L’on. Battaglia sostiene che «oggi gli anziani con più di sessantacinque anni sono in Italia il
16,8% della popolazione e tale percentuale è destinata ad arrivare, secondo le
previsioni dei demografi, al 27% nel 2030; in termini assoluti si passerà dai
9,6 milioni di persone del 1996 ai 14,4 del 2030».
Sulla base di un vecchio trucco, il numero degli
anziani è gonfiato in misura ragguardevole dall’on. Battaglia (e dai mezzi di
informazione che, salvo casi del tutto eccezionali, ripetono acriticamente i
sopra riferiti dati statistici), allo scopo evidente di far apparire come
estremamente difficoltose, soprattutto sotto il profilo economico, le risposte
che le istituzioni da quasi mezzo secolo devono fornire e non forniscono (5).
È invece arcinoto che fino ai 75-80 anni le persone
non presentano problematiche sanitarie sostanzialmente diverse dai soggetti di
età inferiore (6).
Inoltre, è assurdo comparare, come spesso avviene, la
situazione degli ultrasessantacinquenni di oggi con quelli di pari età vissuti
negli scorsi decenni.
Se intendeva fornire informazioni valide, l’on.
Battaglia avrebbe dovuto mettere in risalto che, insieme all’innalzamento della
vita media, negli ultimi decenni si è verificato uno sviluppo notevole dei
livelli relativi all’autonomia personale (7).
Dunque, non è assolutamente corretto affermare che gli
anziani veri sono il 16,8% della popolazione com’è scritto nella relazione
della proposta di legge n. 2166 e che
essi raggiungeranno il 27% nel 2030 (8).
Tenuto conto delle esperienze delle Uvg (Unità
valutative geriatriche), i dati da prendere in considerazione sono, a nostro
avviso, quelli relativi agli ultraottantenni che rappresentano attualmente il
4% della popolazione e che nel 2021 raggiungeranno (così segnalano alcuni
esperti) la percentuale del 7%.
Anche nei confronti dei suddetti anziani, resta aperta
la questione degli ulteriori livelli di autonomia che potrebbero acquisire nei
prossimi anni, con la possibile riduzione, rispetto alla realtà attuale, della
percentuale dei soggetti non autosufficienti.
La posizione dell’on. Battaglia sugli anziani non
autosufficienti (negazione della loro condizione di malati e dei relativi
obblighi del Servizio sanitario nazionale, uso strumentale dei dati statistici
sull’invecchiamento, proposta di istituzione di una assicurazione obbligatoria,
ecc.) sono state, purtroppo, fatte proprie dagli altri Parlamentari Ds (gli on.
Katia Zanotti, Marida Bolognesi, Luigi Giacco e Grazia Labate) intervenuti nel
corso dell’esame della proposta di legge n. 2166 che si svolge presso la
Commissione Affari sociali della Camera dei Deputati.
La presentazione di altre proposte di legge
sull’argomento è stata preannunciata dagli on. Giovanni Mario Salvino Burtone
della Margherita e Domenico Di Virgilio di Forza Italia.
Vi sono, dunque, ancora ampie possibilità di
intervento da parte delle organizzazioni e persone che intendono difendere i
diritti dei vecchi malati cronici non autosufficienti.
I pareri
inaccettabili di alcuni esperti
La negazione del vigente diritto degli anziani cronici
non autosufficienti alle cure sanitarie gratuite e senza limiti di durata
continua ad avere, come abbiamo segnalato da anni e nell’editoriale dello
scorso numero di Prospettive
assistenziali, il sostegno dei Sindacati dei pensionati Cgil, Cisl e Uil.
Incredibile, ma vero.
Sono anche intervenuti alcuni esperti. Ricordiamo, in
particolare, gli Autori del numero 4, ottobre-dicembre 2001 di Assistenza sociale, rivista
dell’Inca-Cgil e del volume “Le politiche per gli anziani non autosufficienti -
Analisi e proposte”, Franco Angeli Editore, curato da Cristiano Gori.
Il fatto
stupefacente ed estremamente inquietante è che tutti gli esperti che hanno
collaborato alla stesura delle due sopraccitate pubblicazioni (medici, economisti,
ricercatori, psicologi, funzionari di enti pubblici, sindacalisti, ecc.) non
hanno mai fondato le loro considerazioni sul vigente diritto esigibile, sancito
dal Parlamento, degli anziani cronici non autosufficienti alle cure sanitarie
gratuite e senza limiti di durata. Di conseguenza, la situazione dei vecchi
privi di autonomia viene presentata con connotazioni totalmente diverse
rispetto alla realtà dei fatti. In particolare, non tenendo conto che le leggi
vigenti garantiscono il diritto esigibile alle cure sanitarie gratuite e senza
limiti di durata, tutti gli Autori considerano che attualmente gli oneri
relativi alle cure degli anziani cronici non autosufficienti siano
obbligatoriamente a totale carico dei soggetti interessati e delle loro famiglie.
Ad esempio, l’economista Luca Beltrametti
nell’articolo “Le politiche di assistenza alle persone non autosufficienti” (9)
parte dalla considerazione che sono emersi «nuovi
bisogni in materia di assistenza alle persone anziane», omettendo di
segnalare che la questione è stata affrontata con le già citate leggi n.
841/1953 e n. 692/1955 e che, con le successive disposizioni contenute nelle
leggi n. 132/1968 e n. 833/1978 gli anziani cronici non autosufficienti hanno -
lo ripetiamo - gli stessi diritti esigibili dei malati acuti, com’è confermato
anche dalla sentenza della Corte Suprema di Cassazione n. 10150/1996.
Le leggi ci
sono, ma non sono applicate
A nostro avviso, non è vero che recentemente siano
emersi nuovi bisogni degli anziani malati cronici non autosufficienti. Ieri,
oggi e domani essi hanno sempre avuto e avranno le medesime esigenze: di essere
curati adeguatamente, di ricevere trattamenti che limitino in tutta la misura
del possibile il dolore e il decadimento psico-fisico, di essere considerate
persone aventi diritti e di non essere trattati come oggetti (10).
Ovviamente, i metodi di intervento cambiano e devono
quindi essere adeguati, nel rispetto delle necessità e dei diritti dei soggetti
interessati, ai mutamenti sociali ed allo sviluppo delle tecnologie.
Se si rispettano veramente le esigenze ed i diritti
delle persone malate (giovani, adulti o vecchi che siano), non si possono
certamente ignorare - e quindi cancellare - le positive conquiste realizzate.
Contrariamente a quanto emerge dai due sopra indicati
volumi, la vigente normativa è pienamente valida e non necessita di alcuna
modifica, ad esclusione di tre integrazioni: una rivolta a definire la quota a
carico dei percettori di pensione ricoverati presso Rsa, la seconda riguardante
l’istituzione obbligatoria presso ogni Asl di almeno un centro sanitario diurno
per i malati di Alzheimer e l’altra diretta a sancire la priorità delle cure
domiciliari e la loro esigibilità da parte dei cittadini. Al riguardo, in
questo numero riportiamo una bozza elaborata dal Csa.
Gli Autori dei due volumi in precedenza menzionati,
fanno sempre riferimento all’assistenza mentre - com’è noto - per le persone
malate occorre rapportarsi all’art. 32 della Costituzione riguardante la tutela
della salute e non al primo comma dell’art. 38 della Costituzione stessa
concernente gli inabili al lavoro privi di mezzi economici per
Se il Servizio sanitario nazionale fornisse le cure,
come è previsto dalle leggi, le problematiche relative agli anziani non autosufficienti
e ai dementi senili, comprese quelle economiche a carico degli interessati e
dei loro congiunti, sarebbero quasi del tutto risolte.
Infatti, come segnaliamo nell’editoriale di questo
numero, i bisogni aggiuntivi riguardanti le attività socio-assistenziali sono
di entità estremamente ridotte.
In merito all’articolo “Contrattazione e qualità dei
servizi. L’imprescindibile ruolo dei Sindacati nella formazione dei mercati
sociali di cura” prendiamo atto che l’autrice,
Elisabetta Leone, segretaria nazionale
per le politiche sanitarie e sociali della Cgil, finalmente riconosce che le
persone non autosufficienti sono in gran parte costituite da «anziani malati».
A questo proposito non possiamo certo tacere, a causa
delle nefaste conseguenze subite da milioni di anziani e loro congiunti, sul
fatto che nella nota inviata al Csa in data 29 settembre 1997 dalla Cgil
nazionale, la suddetta aveva collocato nell’ambito dell’assistenza sociale gli
aspetti della non autosufficienza, segnalando che essi erano «connessi al deterioramento psico-fisico
dovuto all’età» (11).
Nella replica inviata il 9 ottobre 1997 alla Leone, i
rappresentanti del Csa scrivevano: «Osserviamo
sbigottiti che per la Cgil il cancro, la demenza, le cardiopatie, il diabete e
le altre patologie non sono da considerarsi malattie per gli anziani, ma
“aspetti della non autosufficienza connessi al deterioramento psico-fisico
dovuto all’età”» (12).
Non avendo i Sindacati Cgil, Cisl e Uil riconosciuto
che gli anziani malati cronici non
autosufficienti devono essere considerati malati,
finora i suddetti soggetti non solo sono stati espulsi, spesso brutalmente,
dagli ospedali, ma i Sindacati, l’on. Battaglia e alcuni esperti vorrebbero
addirittura che la proposta di legge n. 2166 venisse approvata nonostante che
in questo modo si cancellerebbe l’attuale diritto esigibile alle cure sanitarie
gratuite e senza limiti di durata, il cui rispetto viene rivendicato da un
sempre maggior numero di anziani, di loro congiunti e di organizzazioni che
operano per la tutela delle loro esigenze (13).
Alcune considerazioni sui doveri
degli
operatori
Ci sembra ovvio sostenere la necessità che gli
operatori, in qualunque settore prestino la loro attività e, a maggior ragione,
gli esperti, qualsiasi sia la disciplina scelta, siano tenuti a fornire le loro
prestazioni e le relative informazioni assumendo come riferimento essenziale e
prioritario le leggi che tutti i cittadini devono rispettare, loro per primi.
La presa in considerazione dei diritti acquisiti è, a
nostro avviso, la base imprescindibile per l’effettivo riconoscimento delle
esigenze e della dignità delle persone, in particolare di quelle in difficoltà.
A questo proposito, non possiamo non evidenziare che
nei due volumi citati non c’è alcun intervento di giuristi: ne deriva che la
questione dei diritti è totalmente ignorata.
Riteniamo, altresì, che i docenti, in particolare
quelli universitari, dovrebbero far conoscere ai loro allievi i diritti
fondamentali dei loro futuri utenti.
Ciò vale, naturalmente, non solo per la sanità, ma per
tutti i settori di interesse collettivo: istruzione, previdenza, casa,
trasporti, ecc.
Naturalmente, se le disposizioni in vigore sono
ritenute sbagliate dagli addetti del settore, è giusto che essi, come qualsiasi
altro cittadino, assumano tutte le iniziative ritenute necessarie, affinché la
legge venga modificata, fermo restando che deve essere applicata fino a quando
è in vigore.
Precisiamo, altresì, di avere sempre ritenuto valida
l’obiezione di coscienza da parte di coloro i cui principi etici contrastano
con lo svolgimento di determinate attività.
Una presa in carico effettiva degli utenti da parte
del personale addetto comporta, a nostro avviso, la denuncia delle situazioni
lesive delle loro esigenze e dei loro diritti.
Ad esempio, le organizzazioni dei medici, degli
infermieri e dell’altro personale del Servizio sanitario nazionale, dovrebbero
prendere posizione, anche al fine della difesa della loro professionalità,
contro l’interruzione della continuità terapeutica che si verifica a seguito
delle dimissioni da ospedali o da altre strutture sanitarie di soggetti che
necessitano ancora di cure sanitarie.
Non abbiamo mai sostenuto che non si debba prestare la
propria attività nelle strutture in cui si verificano violazioni dei diritti
fondamentali delle persone. Riteniamo, però, che gli operatori abbiano il
dovere etico e professionale di prendere posizione nelle sedi possibili; sul
lavoro nei limiti consentiti e nelle organizzazioni di appartenenza (partiti,
sindacati, istituzioni civili e religiose, ecc.). Inoltre, essi possono
intervenire, se del caso anche in modo anonimo, nei confronti dei mezzi di
informazione, nonché in occasione di convegni e nella stesura di relazioni
tecniche.
Non dovrebbe, in ogni caso, venir meno da parte degli operatori il dovere di fornire sempre informazioni corrette.
È, altresì, un fondamentale interesse degli attuali
operatori il rispetto dei diritti, anche perché essi rischiano, come tutti gli
altri cittadini, di diventare non solo utenti dei servizi in cui attualmente
lavorano, ma anche soggetti incapaci, a causa della non autosufficienza, di
tutelare autonomamente le proprie esigenze.
Se gli operatori fossero intervenuti a tutela della
loro professionalità (che anche in questo caso coincideva con le esigenze degli
utenti), il nefasto decreto Craxi dell’8 agosto 1985 non avrebbe segnato
l’avvio dell’esclusione degli anziani malati cronici non autosufficienti dalla
piena competenza del Servizio sanitario nazionale.
Finora, estremamente rare sono state anche le prese di
posizione del personale dei servizi e degli esperti nei confronti dei decreti
amministrativi del 14 febbraio 2001 (che prevede l’espulsione dalla piena
competenza del Servizio sanitario nazionale degli ultradiciottenni colpiti da
malattie invalidanti e da non autosufficienza) e 29 novembre 2001 sui Lea -
Livelli essenziali di assistenza.
(1) Con la legge
n. 841/1953 le cure sanitarie, comprese quelle ospedaliere, erano state estese
ai pensionati statali ed ai titolari di pensione di invalidità e vecchiaia,
nonché ai loro congiunti conviventi. Il Parlamento aveva provveduto agli oneri
relativi anche mediante l’aumento dei contributi a carico dei lavoratori del
settore pubblico e dei pensionati.
(2) Concordiamo,
come abbiamo scritto nell’editoriale dello scorso numero, con la proposta,
contenuta nel manifesto dell’Ulivo sulla salute presentato a Roma il 15 luglio
2002, di elevare il finanziamento del Servizio sanitario nazionale dall’attuale
5,6% al 7%, a condizione che detto incremento sia rivolto a tutti i malati.
(3) A
dimostrazione della superficialità con cui viene trattato il problema delle
persone non autosufficienti, segnaliamo che, mentre l’on. Battaglia sostiene
che le famiglie coinvolte sono 1 milione, la Presidenza del Consiglio dei
Ministri, Ufficio del Ministro per la solidarietà sociale, ha indicato
nell’ottobre 2000 che erano 2 milioni le famiglie scese nel 1999 sotto la
soglia della povertà a causa delle spese sostenute per la cura degli stessi
soggetti.
(4) Ricordiamo
che la consulenza gratuita per la rivendicazione del diritto alle cure
sanitarie dei malati di Alzheimer e degli anziani cronici non autosufficienti è
fornita dal Csa - Comitato per le difesa dei diritti degli assistiti, Via
Artisti 36, 10124 Torino, tel. 011.812.44.69. Si riceve solamente per
appuntamento.
(5) Ci riferiamo
alle citate leggi n. 841/1953 e n. 692/1955.
(6) Per gli
individui di età superiore ai 60-65 anni un problema nettamente diverso
rispetto al resto della popolazione è, com’è noto, quello relativo alle
pensioni.
(7) Anche questo
aspetto, di primaria importanza anche ai fini della individuazione delle
esigenze, è totalmente ignorato dai mezzi di informazione.
(8) Numerosi
studi dimostrano che lo stato funzionale della popolazione anziana è in miglioramento.
Cfr. B. Maero e F. Fabris “Invecchiamento, malattia e disabilità”, Prospettive assistenziali, n. 138, 2002.
(9) Cfr. Assistenza sociale, n. 4,
ottobre-dicembre 2001. Analoghe argomentazioni sono state sostenute dal
Beltrametti nel capitolo “Il funzionamento dell’assistenza continuativa” del
citato volume “Le politiche per gli anziani non autosufficienti - Analisi e
proposte”, nonché nell’articolo “L’assistenza ai non autosufficienti” apparso
sul n. 4, aprile 1998 di Partecipazione, rivista
della Comunità di Capodarco di Fermo, di cui l’on. Battaglia è vice-presidente.
(10) Per tutti i
cittadini è di primaria importanza la prevenzione della cronicità e della non
autosufficienza. Purtroppo si tratta di una questione praticamente
“dimenticata”.
(11) Cfr. Cgil,
Cisl e Uil negano lo stato di malattia degli anziani cronici non
autosufficienti, Prospettive
assistenziali, n. 119,1997.
(12) Cfr. “Continua la
polemica con la Cgil sugli anziani cronici non autosufficienti”, Ibidem, n. 120, 1997. Alla citata lettera
inviata dal Csa il 9 ottobre 1997, Gloria Malaspina della Cgil ha replicato
affermando che nella loro nota del 29 settembre 1997 facevano “riferimento a due aspetti del bisogno di
assistenza riscontrabili nell’anziano:
1) quello della patologia, anche cronica o necessitante di lungodegenza
(3° paragrafo);
2) quello della non autosufficienza, a volte non derivante da patologia,
ma dalla decadenza fisica, che presenti sicuramente aspetti significativamente
di cronicità e di bisogno geriatrico, ma alla quale si risponde anche con
sostegni sociali non terapeutici, quali l’accompagno, alcune ore per sostegno
domestico e commissioni, compagnia e sostegno affettivo (gli anziani anche
soli) e così via”.
Nella
controreplica datata 3 novembre 1997, il Csa denunciava che “né nella riunione a Roma del 9 settembre
u.s., né nel relativo verbale (compreso il 3° paragrafo da Lei citato) c’è
traccia di un impegno della Cgil per l’attuazione della normativa vigente,
fatto che ci preoccupa enormemente in quanto non ci risulta esserci un solo
accordo fra le istituzioni (Regioni, Usl, Comuni) e Sindacato in cui sia stata
riconosciuta l’ovvia competenza del Servizio sanitario nazionale”.
Precisiamo che non abbiamo finora ricevuto notizie circa la stipula da parte di
Cgil, Cisl e Uil di accordi con le istituzioni in cui sia rivendicata
l’attuazione delle vigenti norme che garantiscono anche agli anziani non
autosufficienti il diritto alle cure sanitarie gratuite e senza limiti di
durata.
(13) Le nostre proposte sono
precisate nell’editoriale dello scorso numero.