Prospettive assistenziali, n. 140, ottobre-dicembre 2002
Notizie
Aumentato in misura notevole
il finanziamento del servizio
sanitario inglese
Il Governo inglese ha deciso di aumentare
le tasse per incrementare di 40 miliardi di sterline (60 miliardi di euro) il
finanziamento del National Health Service
nei prossimi cinque anni, in modo da portare la spesa sanitaria dal 7,7%
attuale al 9,4% del Pil nel 2008.
(da Organizzazione
sanitaria, n. 3/4, 2001)
I
PARENTI DEI MALATI DI ALZHEIMER
SI
SENTONO ABBANDONATI
DAL
SERVIZIO SANITARIO
Sull’inserto “Salute e benessere” de La Stampa del 12 ottobre 2002 viene
riportato quanto segue: «Chi si occupa
del malato di Alzheimer si sente solo. È questo il risultato di una recente
indagine che ha coinvolto più di 700 caregivers (“chi si prende cura”) di
soggetti con Alzheimer in cinque Paesi: Francia, Italia, Spagna, Australia e
Regno Unito. Lo studio, realizzato con il contributo di Pfizer, si è posto
l’obiettivo di certificare il livello di soddisfazione rispetto a diagnosi e
trattamento, ma soprattutto l’impatto che la malattia ha su chi si occupa di un
malato di Alzheimer. La metà degli intervistati ha di
GRAVI PERICOLI DEL
FEDERALISMO
IN MATERIA SANITARIA
Sull’inserto “Salute” de La
Repubblica del 4 luglio 2002, Guglielmo Pepe lancia un motivato allarme
osservando che «il Federalismo, invece di
garantire un’assistenza uniforme e solidale, sta mettendo le basi per dividere
l’Italia in tanti piccoli staterelli (considerati feudi da qualche rampante
“governatore”). Vediamo il Servizio sanitario nazionale ridotto a 21
sottosistemi, uno diverso dall’altro, che mettono in forte dubbio il rispetto
dell’articolo 32 della Costituzione (il diritto alla salute per tutti),
l’eguaglianza fra i cittadini, la garanzia di avere una sanità efficiente e
funzionale a prescindere dal luogo di residenza.
«Prima della
riforma istituzionale i rischi che un abitante dell’Emilia avesse a
disposizione cure e strutture di migliore qualità rispetto a quelle di un
siciliano erano evidenti. Ma strada facendo le differenze possono diventare
incolmabili. Anche perché nelle regioni dove si è amministrato (e si
amministra) male, arrivano i ticket, i tagli dei servizi e delle prestazioni,
la riduzione dei farmaci gratuiti…».
Secondo l’Autore fra le cause c’è «sicuramente l’assenza di una “barra” che centralmente governi il
cambiamento, evitando i pericoli della frantumazione. In sostanza la rinuncia
del Ministero a governare la salute pubblica, se da una parte scarica onori e
oneri sulle Regioni, dall’altra accentua le preesistenti iniquità di fondo».
DOCUMENTO
SUL VOLONTARIATO DELLA
CONFERENZA
EPISCOPALE LOMBARDA
Nel marzo 2002 la Conferenza episcopale lombarda ha
discusso e approvato un documento sul volontariato in cui, fra l’altro, viene
affermato quanto segue: «La capacità del volontariato di osservare i
bisogni, di ascoltare la domanda, di essere presente capillarmente sul
territorio e nelle comunità locali, di costruire e innescare relazioni
interpersonali, di portare all’evidenza bisogni
e risposte concrete, di sostenere i diritti, d’interloquire con i
soggetti sociali e le istituzioni, rende evidente come il volontariato possa
aumentare la coesione sociale, contribuire alla costruzione di uno “spontaneo
patto sociale” locale, creare le precondizioni per la costruzione di un
discorso “politico” che parta da un universo di valori condivisi e non solo
dell’esplosione degli interessi individuali, di gruppo, di categoria.
«Il
volontariato è uno dei soggetti del welfare, accanto al terzo settore, che ha
proprie specificità e differenze rispetto agli altri attori presenti nel
sociale (cooperative sociali, associazioni di promozione sociale, fondazioni,
enti morali, enti religiosi/ecclesiali). Nel rapporto con il terzo settore il
volontariato deve salvaguardare e valorizzare il proprio apporto d’originalità,
che offre al mondo dei servizi sociali strumenti per un’evoluzione e una forza
d’innovazione e creatività fondamentali.
In questo senso si può affermare che se il terzo settore perdesse il
volontariato o lo diluisse in una concezione riduzionistica, perderebbe l’anima
stessa che lo aiuta a essere segno di cambiamento e di ricchezza valoriale.
«Nel
rapporto con le istituzioni, il volontariato deve poter svolgere adeguatamente e
propulsivamente il ruolo di collaboratore nella lettura dei bisogni,
nell’individuazione delle priorità,
nella programmazione delle politiche di cittadinanza, nelle progettazione dei
servizi, nella verifica della qualità e del raggiungimento degli obiettivi,
denunciando anche carenze e sprechi. Questo compito di sussidiarietà
orizzontale realmente partecipativa ha bisogno, oltre a leggi che lo
riconoscano, anche di percorsi di consapevolizzazione, di formazione e
d’accompagnamento che aiutino il volontariato stesso a esserne attore
significativo».
PROFESSIONISTA
CONDANNATO PER
AVER
VIOLATO LE NORME SULLE BARRIERE
ARCHITETTONICHE
Con la sentenza 32773 del 3 settembre 2001, la Corte
Suprema di Cassazione ha respinto il ricorso presentato da G.P.R., condannato
dal Tribunale di Verbania il 25 febbraio 2000 alla pena di 20 milioni di lire e
alla sospensione per la durata di tre mesi dall’albo degli architetti ed al
risarcimento dei danni morali a favore delle costituite parti civili.
L’arch. G.P.R. era stato ritenuto colpevole del reato
di cui all’articolo 24 della legge 5 febbraio 1992 n. 104 (1) perché, come era
stato accertato a Verbania in data 28 febbraio 1999, quale direttore dei lavori
finalizzati alla realizzazione di due sale cinematografiche non osservava le
disposizioni dirette all’eliminazione delle barriere architettoniche omettendo
in particolare la realizzazione di un ascensore per il raggiungimento della
sala cinematografica posta al primo piano.
Gli aiuti non bastano
ai popoli senza speranza
Riportiamo la prima parte dell’articolo di Aung San
Sou Kyi, Premio Nobel per la pace, pubblicato su La Repubblica del 24 luglio 2002:
«Il rispetto
della dignità umana richiede un impegno che porti alla creazione di condizioni
in cui gli individui possano sviluppare un senso di autostima e sicurezza. La
vera dignità è accompagnata dalla certezza della propria capacità di risposta
alla sfida intrinseca all’esistenza umana. Tale certezza difficilmente potrà
essere garantita alle persone costrette a
LA
POVERTÀ NON È NÉ DI DESTRA
NÉ
DI SINISTRA
Con questo titolo il quotidiano Avvenire del 18 luglio 2002 ha pubblicato un interessante articolo
di
L’Autore, dopo aver rilevato che «da poco più di vent’anni anche in Italia viene misurata la diffusione
della povertà fra le famiglie», contesta che «anno dopo anno le statistiche danno, grosso modo, gli stessi
risultati» nonostante che «in vent’anni il benessere è continuamente
aumentato nel nostro paese».
Premesso che attualmente «i poveri non sono più i mendicanti, i disgraziati, i menomati
descritti nei romanzi dell’Ottocento»; si tratta invece di «7.828.000 persone che vivono in mezzo a
noi, come noi, nella casa accanto. Sono quelli che, nella corsa verso il
benessere, sono rimasti indietro».
Il professor Sarpellon ci invita tutti a riflettere e
ad agire. Occorre partire dalla considerazione che «la drammaticità della povertà sta proprio nella sua normalità». Di
conseguenza «questa constatazione
dovrebbe far paura alla classe media che, se avesse coscienza del rischio al
quale è esposta, non si acconteterebbe di soccorrere in qualche modo i poveri
(aumentando, per esempio, le pensioni minime), ma si preoccuperebbe invece di
affrontare le cause della povertà».
L’Autore è molto pessimista che ciò si possa
realizzare in quanto sarebbe «la
ricchezza di alcuni che crea la povertà di altri».
Noi siamo più ottimisti, ritenendo, sulla base delle
nostre esperienze, che le azioni di promozione dei diritti delle persone più
deboli abbiano conseguito risultati positivi consentendo a migliaia di persone
di superare le loro difficoltà e la loro condizione di povertà.
Tuttavia, è evidente l’esigenza di un consistente
sviluppo, il più unitario possibile, delle iniziative rivolte alla tutela dei
diritti della fascia più bisognosa della popolazione.
(1) Il 7° comma dell’art. 24
della legge 104/1992 è così redatto: «Tutte
le opere realizzate negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico in
difformità dalle disposizioni vigenti in materia di accessibilità e di
eliminazione delle barriere architettoniche, nelle quali le difformità siano
tali da rendere impossibile l’utilizzazione dell’opera da parte delle persone
handicappate, sono di