Prospettive assistenziali, n. 140, ottobre-dicembre 2002
Specchio nero
SEVIZIE INFLITTE AI BAMBINI RICOVERATI IN UN ISTITUTO
DELLA PROVINCIA DI LECCE
“Il Giornale”
del 17 ottobre 2002 riferisce che «il centro di accoglienza era un centro di
torture, dove l’orrore era coperto da una cappa di silenzio e omertà: quelle
quattro mura che dovevano ridare una speranza erano invece un lager per bambini
e ragazzini, dove tante storie diverse finivano inesorabilmente in un unico,
drammatico destino segnato da violenze, pestaggi, maltrattamenti.
«Alla fine, i
titolari dell’istituto, sito nella Provincia di Lecce, sono stati arrestati dai
carabinieri: sono padre, madre e figlia, quelli che gestivano una struttura
dalla facciata rassicurante dove venivano ospitati bambini e ragazzini tra i 12
e 15 anni, approdati laggiù su disposizione del Tribunale per i minorenni di
Lecce. Ma nessuno sapeva cosa ci fosse oltre la porta del centro: lo hanno
scoperto i carabinieri al termine delle indagini scattate dopo la denuncia di un’assistente
sociale, che ha raccontato tutto.
«La donna ha
detto di aver subito violenza sessuale e ha parlato delle violenze subite dai
bambini, ha spiegato come andavano le cose in quella specie di prigione dove
l’orrore rimbalzava sul muro di gomma dell’omertà.
La denuncia della donna ha dato la spinta decisiva all’inchiesta.
«E così i
racconti che spiegavano l’orrore si sono accavallati, sono arrivate altre
denunce. Il Giudice per le indagini preliminari ha emesso le ordinanze di
custodia cautelare ed i militari hanno eseguito gli arresti: solo allora è
finito l’incubo per quei bambini e quei ragazzini lasciati a lungo senza cibo e
senza acqua, maltrattati, picchiati, violentati e seviziati».
Da parte nostra, oltre l’ovvia richiesta di condanna
dei responsabili delle violenze e di coloro che non hanno esercitato i
controlli, insistiamo ancora una volta sulla necessità del superamento degli
istituti di ricovero per l’infanzia, sull’urgenza degli interventi alternativi
al ricovero e sull’esigenza dell’inserimento delle comunità alloggio (non
accorpate fra di loro) nel vivo del contesto abitativo di modo che i fanciulli
possano frequentare i servizi del territorio e avere rapporti continui con gli
abitanti della zona.
Inoltre, la collocazione della comunità alloggio,
avente al massimo 10 posti, in una normale casa di abitazione, determina di
fatto, un controllo da parte dei vicini, controllo che è certamente molto più
efficace della vigilanza spettante ai Comuni e alle Asl, che è esercitata solo
saltuariamente e spesso anche in modo inadeguato.
Infine, per la millesima volta, ricordiamo l’esigenza
di una preventiva valutazione della personalità di tutti coloro che operano in
strutture in cui sono ricoverate persone incapaci di autodifendersi (1) al fine
di evitare che pedofili, sadici e altri violentatori possano venire in contatto
con l’infanzia indifesa.
INAUDITA VIOLENZA DI DUE INFERMIERI NEI CONFRONTI DI
UNA MALATA DI ALZHEIMER
Due infermieri, in servizio presso una casa di cura
privata convenzionata con la Regione Piemonte, hanno patteggiato la condanna a
sette mesi di reclusione per aver fotografato una donna di 76 anni malata di
Alzheimer tenendola con i piedi «sospesi
a mezz’aria col corpo capovolto e il capo rivolto a terra». Come risulta
dall’articolo firmato da Alberto Custodero, apparso su La Repubblica del 6 ottobre 2002, un infermiere «aveva scattato la foto, il secondo si era
fatto ritrarre accanto all’anziana seminuda (aveva solo la vestaglia), tenuta
per i piedi a mo’ di trofeo». Farneticante il tentativo di giustificare la
brutalità commessa. «Abbiamo fotografato
quella donna sofferente di Alzheimer - ha dichiarato spontaneamente uno dei due
operatori - perché è una delle pazienti con cui abbiamo più familiarità».
Dal resoconto di Alberto Custodero, si apprende che «le foto sono state scattate verso le cinque
di mattina. Per tenere la signora C. per i piedi, non ho avuto alcun aiuto da
P. La donna non ha urlato e non si è lamentata per essere stata tenuta in
quella posizione per pochi attimi. Non le abbiamo chiesto l’autorizzazione
perché non è in grado di comprendere quello che le si dice».
L’infermiere non si vergogna nemmeno di dichiarare che
«non era mia intenzione fare del male o
umiliare la signora, che è trattata e curata molto bene. Il risultato delle
foto in cui prendo per i piedi la signora C. (la mancata distensione delle
gambe), è causato dalla patologia di cui soffre che provoca l’irrigidimento
degli arti inferiori» e di precisare che «ho scelto come soggetto lei perché si tratta di persona ben voluta e
legata al ricordo di quando la mia ragazza lavorava lì e l’accudiva. Nella foto
sono sorridente, ma non avevo intenzione di umiliare l’anziana paziente».
I due infermieri sono stati licenziati dalla casa di
cura, ma probabilmente lavorano in un’altra struttura.
Non basta sperare, a nostro avviso, di non essere mai
fra i loro pazienti.
UN
FENOMENO DILAGANTE NEGLI USA:
I
POVERI UTILIZZANO SEMPRE PIù
LE MEDICINE PER GLI ANIMALI
«Le medicine
non costano poco in farmacia, le visite specialistiche sono assai care e avere
una ricetta significa dover pagare mentre circa quaranta milioni di americani
non sono in grado di versare quanto serve per essere coperti dall’assistenza
sanitaria. Sono queste le premesse di un fenomeno venuto alla luce da alcune
settimane e oggetto di pubblico clamore: l’acquisto da parte di uomini e donne
malati e poco abbienti di medicinali per animali domestici».
Con questa premessa La Stampa dell’8 agosto 2002 riferisce in merito ad un fenomeno che
sta dilagando negli Stati Uniti.
Precisa il giornale torinese che «tutto è iniziato a metà luglio con una lettera al direttore del “New
England Journal of Medicine”, e da allora conferme sono arrivate a pioggia dai
più lontani angoli del paese, quasi sempre da quartieri e aeree ad alta densità
di poveri o disoccupati».
In particolare viene segnalato che sono oltre una
decina gli antibiotici che possono essere usati dagli esseri umani.
Molto preoccupanti sono le conseguenze dell’uso da
parte delle persone dei medicinali per animali domestici perché, come ha
ammesso allarmato al “Los Angeles Times” Don Klingborg, direttore della UC
Davis School di Medicina veterinaria, «aumenta
la resistenza dell’organismo agli antibiotici nelle persone che tentano di
curarsi. Prendere medicine per pesci e cavalli si trasforma in un autentico
boomerang, perché la malattia viene solo attutita, non sconfitta, mentre il
corpo umano aumenta la resistenza agli antibiotici, cioè alla cura».
Ad esempio l’anti-infiammatorio Etodolac, necessario
per curare le osteoartriti dell’uomo, è in commercio nel prodotto per cani
EtoGesic; l’Omeprazole, usato per trattare problemi gastrici degli esseri umani
nel medicinale Prilosec, si può acquistare più facilmente chiedendo ad un
negozio di veterinaria il Gastrogard per cavalli.
LO SPI-CGIL SCOPRE CHE LA LEGGE QUADRO SUI SERVIZI
SOCIALI N. 328/2000 NON VIENE APPLICATA
Ci voleva ben poco a capire che è estremamente
problematico applicare una legge quadro che non prevede nessun diritto per i
cittadini e, quindi, non stabilisce alcun obbligo concreto per le Regioni, i
Comuni e le Province.
Ai cittadini importa un bel niente che vi siano norme
fondate sul “possono” (le Regioni, i Comuni e le Province “possono” istituire i
servizi); a loro volta le istituzioni vogliono, com’è ovvio, conservare la
massima discrezionalità per poter decidere di volta in volta come agire e a
favore di chi intervenire.
Purtroppo i Sindacati, Spi-Cgil compreso, hanno sempre
sostenuto che la legge n. 328/2000 di riforma dell’assistenza e dei servizi
sociali andava benissimo; anzi si sono vantati di aver ottenuto una
significativa conquista a favore dei più deboli.
Adesso, da una ricerca condotta dallo Spi-Cgil risulta
che «fino ad oggi, nessuna Regione ha
applicato in tutte le sue parti la legge quadro sull’assistenza».
Dunque, le Regioni che dovrebbero essere il motore dei
servizi, finora (sono trascorsi più di due anni) non hanno rispettato gli
importantissimi compiti ad esse assegnati dalla legge n. 328/2000.
La suddetta indagine dello Spi-Cgil evidenzia,
altresì, che le Regioni hanno assunto iniziative «in funzione dell’ottenimento di fondi aggiuntivi previsti a livello
nazionale, piuttosto che allo scopo di implementare un sistema organico di
norme di riordino dell’assistenza».
Nello stesso tempo, non è stata data attuazione
all’art. 24 della stessa 328/2000 in base al quale, entro il 27 maggio 2001, il
Governo era delegato ad emanare una norma avente valore di legge per riordinare
gli assegni e le pensioni concernenti gli invalidi civili, i ciechi ed i
sordomuti.
Siamo, dunque, ben lontani dalle affermazioni trionfalistiche
del settimanale Vita che nella “Guida
essenziale alla legge quadro sull’assistenza” asseriva (11 maggio 2001) che la
legge n. 328/2000 «cambia il profilo del
welfare italiano. Esso non sarà più soltanto previdenza e sanità, ma sarà anche
il welfare delle famiglie e della inclusione dei bambini, delle persone
disabili, degli immigrati regolari, dei giovani», aggiungendo che «questa legge fonda finalmente il comparto
delle politiche sociali nel nostro Paese, conferendo ad esse dignità e
autorevolezza; aumenta e qualifica la spesa sociale; realizza la rete integrata
dei servizi alla persona, rappresentando così un volano per l’occupazione;
valorizza le professioni sociali, il volontariato e il non profit».
Su Vita del
30.3.2000, il piano nazionale sui servizi sociali, anch’esso pieno zeppo di
“possono”, era stato addirittura definito “Piano del benessere”.
Ancora una volta risulta evidente che con le disposizioni fondate sui “possono”, si fabbricano solamente scatole vuote, magari presentate come realizzazioni meravigliose, ma ovviamente prive di contenuti operativi.
BAMBINE RUSSE IN VENDITA SU INTERNET
Bambine da ordinare su catalogo e da ricevere a casa
come fossero un pacco regalo. È l’ultima orribile scoperta dei tecnici del
“Telefono Arcobaleno” di Don Fortunato Di Noto, il prete di Avola che ha fatto
della lotta alla pedopornografia una missione.
La scoperta è stata fatta nei giorni scorsi: il sito
Internet offre bambini russe con tanto di listino prezzi e indica le
caratteristiche dell’organizzazione, che opera già da tre anni, produce e vende
film a contenuto pedopornografico in oltre trenta Paesi e «favorisce l’adozione di bambine russe principalmente in Italia, Francia,
Svizzera, Germania e Finlandia, assicurando la massima riservatezza».
Sempre ieri sono stati individuati una
cinquantina di siti Internet in lingua araba che pubblicizzano attività
pedofile.
(da La Stampa del 10 ottobre 2002)ù
(1) Una proposta concreta è
avanzata nel volume di M. G. Breda e F. Santanera, Handicap: oltre la legge quadro - Riflessioni e proposte, Utet
Libreria, Torino.