Prospettive assistenziali, n. 141, gennaio-marzo 2003

 

 

Libri

 

 

 

LUIGI BETTAZZI, La Chiesa dei poveri nel Concilio e oggi, Pier Giorgio Pazzini Editore, Villa Verrucchio (Rn), 2001, pag. 77, euro 10,32

Mons. Luigi Bettazzi, già Vescovo di Ivrea (To), ricorda che, nel presentare al Concilio Ecumenico Vaticano II i motivi teologici della Chiesa dei poveri, il Cardinale Lercaro aveva ricordato che la questione emergeva in un’epoca «in cui lo spirito degli uomini sollecita e scruta con interrogativi angosciati, quasi drammatici, il mistero della povertà e le condizioni dei poveri, di ogni individuo, ma anche dei popoli che vivono nella miseria e ciononostante prendono coscienza per la prima volta dei loro diritti; un’epoca in cui la povertà dei più (due terzi del genere umano) è oltraggiata dalle immense ricchezze di una minoranza, in cui la povertà ispira alle masse un orrore ogni giorno più grande». A sua volta Mons. Aucel, Vescovo ausiliare di Lione, aveva sostenuto che «in molti paesi cristiani la Chiesa appare ai poveri come una straniera o addirittura come un’avversaria, perché ricca e potente e alleata dei ricchi e dei potenti».

Premesso che «il sacerdote, come e più di ogni cristiano, è chiamato a testimoniare la novità della vita cristiana attraverso la sua vita prima ancora che attraverso la sua parola» e che «senza povertà si diviene solidali con il “mondo” della ricchezza, ma anche della prepotenza, dell’ingiustizia e dell’egoismo», Mons. Bettazzi sostiene che «forse i nostri stessi Giubilei hanno avuto una accentuazione spettacolare e una caratteristica “borghese”, con inviti a tutte le categorie salvo quelle più emarginate», per cui la Chiesa «che è “per” i poveri, ma non è ancora “dei poveri” (…) trova normale, ad esempio, che il Papa presieda al Giubileo dei militari, ma non trova strano che non abbia istituito un Giubileo degli obiettori di coscienza».

L’ex Vescovo di Ivrea riconosce che quando le classi più agiate  hanno tutelato «i propri privilegi ergendosi a difesa della Chiesa» è anche successo che «le Chiese si sono così trovate alleate delle dittature militari più opportunistiche e più dure, e sono state indotte al silenzio di fronte a ferocie sistematiche operate contro gli avversari e giustificate dal definirli sovversivi e atei. In America  Latina», precisa Mons. Bettazzi, «solo molto tardi episcopati nazionali han riconosciuto di aver taciuto, chiedendo perdono alle loro popolazioni».

L’Autore definisce giustamente la povertà come una condizione che «indica privazione o limitazione di quanto potrebbe assicurare tranquillità o serenità di vita per la garanzia dell’oggi e del domani immediato», ricorda la Centesimus annus di Giovanni Paolo II che «ha richiamato la “destinazione universale dei beni”», puntualizzando che «la terra è fatta per tutti gli uomini, e le proprietà – delle singole persone e delle stesse singole nazioni – è ad essi subordinata, cosicché il diritto alla vita prevale sul diritto di proprietà».

Nelle conclusioni del saggio, Mons. Bettazzi sostiene che «la “Chiesa dei poveri” è la Chiesa che rinuncia a sicurezze e privilegi per preoccuparsi dell’uomo, di ogni essere umano» e cita le lettera apostolica Nove millennio ineunte in cui Papa Giovanni Paolo II invita a «passare dalla “Chiesa per i poveri” alla “Chiesa dei poveri”» facendo in modo che «i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana, come “a casa loro”».

 

 

AA. VV. Sussidiarietà - Pensiero sociale della Chiesa e riforma dello Stato, Editrice Monti, Saronno (Va), 2000, pag. 107, euro 7,75

Il volume raccoglie gli atti del convegno, svoltosi in una data e in un luogo non precisati, organizzato dalla Presidenza nazionale delle Acli e dall’Associazione Pavan di Povegliano, Treviso, allo scopo di ricordare l’opera del Cardinale Pietro Pavan (1903-1994) che è stato uno dei più significativi studiosi della sussidiarietà.

La prima parte del libro, che reca il titolo “Il principio di sussidiarietà nel pensiero del Cardinale Pavan e nella dottrina sociale della Chiesa” raccoglie le relazioni di Mons. F. Charrier, del Card. J. Ratzinger, di G. Manzone, di Mons. D. Martin e di Lorenzo Ornaghi. Nella seconda parte “La sussidiarietà come nuova architettura dello Stato” sono riportati gli interventi di L. Bobba, L. Violante, A. Fazio e G. De Rita. È inoltre inserito il testo del Cardinale Pavan “La sussidiarietà come principio della struttura sociale”.

 

 

FEDERAZIONE PENSIONATI CISL DI MODENA, Gli anziani nella rete - Indagine sulle relazioni sociali e i bisogni socio-sanitari degli ultrasettantacinquenni in Provincia di Modena, Edizioni Lavoro, Roma, 2001, pag. 106, euro 10,33

Finalmente non sono state prese a riferimento le età di 60-65 anni, scelta che ha solamente o prioritariamente lo scopo di ingigantire sul piano numerico le problematiche degli anziani.

Di notevole importanza l’affermazione di Giuseppe Acocella secondo cui «la condizione anziana presenta aspetti di straordinaria varietà e modificabilità, sia nel senso che aumenta la percezione che essa è una stagione della vita e non una condizione di vita separata e fissa nei suoi caratteri specifici, sia nel senso che essa rileva gradi di differenziazione e di trasformazione continua assai rilevanti». Dunque, viene riconosciuto che gli anziani sono cittadini come tutti gli altri, aventi gli stessi diritti e doveri. Da questa constatazione si dovrebbe dedurre che sono negative tutte le iniziative rivolte a isolare gli anziani ultrasettantacinquenni (dalle strutture sanitarie e assistenziali ai centri di incontro, dalle abitazioni ai soggiorni di vacanza, ecc.) mentre, al contrario, dovrebbero essere favorite tutte le attività dirette all’insieme della popolazione.

Non condivisibili sono, invece, le valutazioni dei ricercatori in materia di anziani malati cronici non autosufficienti e di dimissioni ospedaliere. Infatti, nonostante che ben «il 38,6% dei soggetti che hanno subito un ricovero afferma di aver avuto difficoltà al momento delle dimissioni ospedaliere», il problema non è stato approfondito dai ricercatori per quanto concerne l’ammissibilità delle suddette dimissioni, tenuto conto che anche gli anziani colpiti da malattie invalidanti e da non autosufficienza hanno diritto al ricovero gratuito e senza limiti di durata presso strutture sanitarie.

 

 

MARINA GALATI, RITA BARBUTO, Percorsi per abilità competenti per persone disabili che imparano a lavorare ed a prendere la vita nelle loro mani, Quaderni della Comunità Progetto  Sud, Lamezia Terme, 2000, pag. 192, s.i.p.

Le Autrici illustrano i modelli di intervento adottati dall’Agenzia “Lavoro su misura” della Comunità Progetto Sud per accrescere le attitudini e le competenze delle persone con handicap e cioè le tecniche di rafforzamento personale e aumento dell’autostima realizzate attraverso interventi psicologici, con strategie di rete e con consulenze alla pari da parte di altre persone disabili che hanno già vissuto le medesime esperienze.

Un capitolo è dedicato alla necessità di orientamento e formazione. Non è detto però quale tipo di formazione abbiano in mente le Autrici e quali siano le sedi e gli enti deputati a fornirla.

La seconda parte del volume è dedicata ad un esame della legge 68/1999. Vengono sottolineate le novità rispetto alla precedente legge 482/1968 ed in particolare l’introduzione della valutazione della capacità lavorativa piuttosto che della percentuale d’invalidità.

L’appendice illustra una serie di strumenti per la costruzione del bilancio di competenza utilizzato dall’Agenzia “Lavoro su misura”: scheda biografica, curriculum formativo, elenco lavori fatti, eventuale lavoro attuale, obiettivi, tecnica di ricerca del lavoro, come affrontare un colloquio, ecc.

L’Agenzia “Lavoro su misura” è un servizio realizzato in Calabria nell’ambito del progetto europeo multiregionale “Selfprop” della Comunità Progetto Sud in rete con il Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza), titolare del progetto nazionale.

Il volume è scorrevole, di facile lettura e contiene utili informazioni; peccato che l’analisi della legge 68/1999 sia del tutto acritica. Il giudizio complessivo sulla legge, espresso nell’introduzione, pecca di eccessivo ottimismo: non si può essere d’accordo con l’affermazione secondo cui «la legge stravolge completamente la visione dell’handicap, muovendo dall’assistenzialismo alla vita indipendente e autonoma». È vero che non si deve mai perdere la speranza, ma non si deve neppure coltivare l’illusione che l’attuale normativa, così com’è, possa permettere l’avvio al lavoro di molti soggetti in situazione di grave handicap. I dati dimostrano che le assunzioni sono aumentate, ma ben poche persone con grave handicap hanno trovato lavoro.

Anche se ciò non è detto espressamente, i destinatari del volume sono solo i disabili fisici in grado di essere protagonisti in prima persona. Di soggetti con handicap intellettivo e del loro diritto al lavoro non si parla minimamente.

Fatta chiarezza su questo punto, subentra un’altra osservazione: affrontando il volume le problematiche relative alle persone in grado di prendere in mano la propria vita, perché tanti interventi e tante strategie? Questi soggetti, infatti, possono seguire i percorsi scolastici e formativi comuni a tutti i giovani, fruendo, se ne hanno la necessità, dei supporti psicologici a disposizione di tutti.

Notiamo, infine, come le Autrici usino talvolta il termine “svantaggiati” per definire le persone con handicap. Lo svantaggio è indice di una situazione sociale o personale disagiata che non incide sulla condizione fisica o intellettiva della persona e necessita per essere superata di interventi differenti da quelli utilizzati per l’handicap.

 

 

CARLA COSTANZI, ANTIDA GAZZOLA (a cura di), A casa propria - Le condizioni abitative degli anziani nel centro storico di Genova, Franco Angeli Editore, Milano, 2001, pag. 155, senza indicazione di prezzo

Poiché molto numerosi sono gli anziani che vivono nel centro storico di Genova, la civica amministrazione ha commissionato una indagine che si è articolata in tre ambiti di rilevazione: l’adeguatezza dell’alloggio alle specifiche esigenze dei vecchi; le condizioni sotto il profilo della funzionalità dell’edificio in cui l’alloggio è situato; le caratteristiche dell’ambiente circostante con particolare riguardo alla mobilità, sicurezza, socialità, accesso ai servizi e quanto può contribuire ad una permanenza accettabile degli abitanti nel loro habitat.

La ricerca ha evidenziato  condizioni abitative altamente problematiche sia sotto il profilo igienico-sanitario che strutturale. Come afferma Bruno Gabrielli, architetto, «la gravità della situazione complessiva pone con urgenza alla civica amministrazione il tema della tutela della popolazione  residente che vive le più pesanti condizioni di rischio, sovente aggravato, peraltro, da uno stato di isolamento e abbandono a causa della debolezza sociale che connota le classi di età avanzata».

Tenuto conto che il Gabrielli è Assessore alla qualità urbana del Comune di Genova dal 1997, chiediamo: “Che cosa ha fatto fin’ora?”.

 

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