Libri
LUIGI
BETTAZZI, La Chiesa dei poveri nel
Concilio e oggi, Pier Giorgio Pazzini Editore, Villa Verrucchio (Rn), 2001,
pag. 77, euro 10,32
Mons.
Luigi Bettazzi, già Vescovo di Ivrea (To), ricorda che, nel presentare al
Concilio Ecumenico Vaticano II i motivi teologici della Chiesa dei poveri, il
Cardinale Lercaro aveva ricordato che la questione emergeva in un’epoca «in cui lo spirito degli uomini sollecita e
scruta con interrogativi angosciati, quasi drammatici, il mistero della povertà
e le condizioni dei poveri, di ogni individuo, ma anche dei popoli che vivono
nella miseria e ciononostante prendono coscienza per la prima volta dei loro
diritti; un’epoca in cui la povertà dei più (due terzi del genere umano) è
oltraggiata dalle immense ricchezze di una minoranza, in cui la povertà ispira
alle masse un orrore ogni giorno più grande». A sua volta Mons. Aucel,
Vescovo ausiliare di Lione, aveva sostenuto che «in molti paesi cristiani la Chiesa appare ai poveri come una straniera
o addirittura come un’avversaria, perché ricca e potente e alleata dei ricchi e
dei potenti».
Premesso
che «il sacerdote, come e più di ogni
cristiano, è chiamato a testimoniare la novità della vita cristiana attraverso
la sua vita prima ancora che attraverso la sua parola» e che «senza povertà si diviene solidali con il
“mondo” della ricchezza, ma anche della prepotenza, dell’ingiustizia e
dell’egoismo», Mons. Bettazzi sostiene che «forse i nostri stessi Giubilei hanno avuto una accentuazione
spettacolare e una caratteristica “borghese”, con inviti a tutte le categorie
salvo quelle più emarginate», per cui la Chiesa «che è “per” i poveri, ma non è ancora “dei poveri” (…) trova normale,
ad esempio, che il Papa presieda al Giubileo dei militari, ma non trova strano
che non abbia istituito un Giubileo degli obiettori di coscienza».
L’ex
Vescovo di Ivrea riconosce che quando le classi più agiate hanno tutelato «i propri privilegi ergendosi a difesa della Chiesa» è anche
successo che «le Chiese si sono così
trovate alleate delle dittature militari più opportunistiche e più dure, e sono
state indotte al silenzio di fronte a ferocie sistematiche operate contro gli
avversari e giustificate dal definirli sovversivi e atei. In America Latina», precisa Mons. Bettazzi, «solo molto tardi episcopati nazionali han
riconosciuto di aver taciuto, chiedendo perdono alle loro popolazioni».
L’Autore
definisce giustamente la povertà come una condizione che «indica privazione o limitazione di quanto potrebbe assicurare
tranquillità o serenità di vita per la garanzia dell’oggi e del domani
immediato», ricorda la Centesimus
annus di Giovanni Paolo II che «ha
richiamato la “destinazione universale dei beni”», puntualizzando che «la terra è fatta per tutti gli uomini, e le
proprietà – delle singole persone e delle stesse singole nazioni – è ad essi
subordinata, cosicché il diritto alla vita prevale sul diritto di proprietà».
Nelle
conclusioni del saggio, Mons. Bettazzi sostiene che «la “Chiesa dei poveri” è la Chiesa che rinuncia a sicurezze e
privilegi per preoccuparsi dell’uomo, di ogni essere umano» e cita le
lettera apostolica Nove millennio ineunte in cui Papa Giovanni Paolo II
invita a «passare dalla “Chiesa per i
poveri” alla “Chiesa dei poveri”» facendo in modo che «i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana, come “a casa loro”».
AA. VV. Sussidiarietà - Pensiero sociale della
Chiesa e riforma dello Stato, Editrice Monti, Saronno (Va), 2000, pag. 107,
euro 7,75
Il
volume raccoglie gli atti del convegno, svoltosi in una data e in un luogo non
precisati, organizzato dalla Presidenza nazionale delle Acli e
dall’Associazione Pavan di Povegliano, Treviso, allo scopo di ricordare l’opera
del Cardinale Pietro Pavan (1903-1994) che è stato uno dei più significativi
studiosi della sussidiarietà.
La prima
parte del libro, che reca il titolo “Il principio di sussidiarietà nel pensiero
del Cardinale Pavan e nella dottrina sociale della Chiesa” raccoglie le
relazioni di Mons. F. Charrier, del Card. J. Ratzinger, di G. Manzone, di Mons.
D. Martin e di Lorenzo Ornaghi. Nella seconda parte “La sussidiarietà come
nuova architettura dello Stato” sono riportati gli interventi di L. Bobba, L.
Violante, A. Fazio e G. De Rita. È inoltre inserito il testo del Cardinale
Pavan “La sussidiarietà come principio della struttura sociale”.
FEDERAZIONE
PENSIONATI CISL DI MODENA, Gli anziani
nella rete - Indagine sulle relazioni sociali e i bisogni socio-sanitari degli
ultrasettantacinquenni in Provincia di Modena, Edizioni Lavoro, Roma, 2001,
pag. 106, euro 10,33
Finalmente
non sono state prese a riferimento le età di 60-65 anni, scelta che ha
solamente o prioritariamente lo scopo di ingigantire sul piano numerico le
problematiche degli anziani.
Di
notevole importanza l’affermazione di Giuseppe Acocella secondo cui «la condizione anziana presenta aspetti di
straordinaria varietà e modificabilità, sia nel senso che aumenta la percezione
che essa è una stagione della vita e non una condizione di vita separata e
fissa nei suoi caratteri specifici, sia nel senso che essa rileva gradi di
differenziazione e di trasformazione continua assai rilevanti». Dunque,
viene riconosciuto che gli anziani sono cittadini come tutti gli altri, aventi
gli stessi diritti e doveri. Da questa constatazione si dovrebbe dedurre che
sono negative tutte le iniziative rivolte a isolare gli anziani
ultrasettantacinquenni (dalle strutture sanitarie e assistenziali ai centri di
incontro, dalle abitazioni ai soggiorni di vacanza, ecc.) mentre, al contrario,
dovrebbero essere favorite tutte le attività dirette all’insieme della
popolazione.
Non
condivisibili sono, invece, le valutazioni dei ricercatori in materia di
anziani malati cronici non autosufficienti e di dimissioni ospedaliere.
Infatti, nonostante che ben «il 38,6% dei
soggetti che hanno subito un ricovero afferma di aver avuto difficoltà al
momento delle dimissioni ospedaliere», il problema non è stato approfondito dai ricercatori per quanto concerne
l’ammissibilità delle suddette dimissioni, tenuto conto che anche gli anziani
colpiti da malattie invalidanti e da non autosufficienza hanno diritto al
ricovero gratuito e senza limiti di durata presso strutture sanitarie.
MARINA
GALATI, RITA BARBUTO, Percorsi per
abilità competenti per persone disabili che imparano a lavorare ed a prendere
la vita nelle loro mani, Quaderni
della Comunità Progetto Sud, Lamezia
Terme, 2000, pag. 192, s.i.p.
Le
Autrici illustrano i modelli di intervento adottati dall’Agenzia “Lavoro su
misura” della Comunità Progetto Sud per accrescere le attitudini e le
competenze delle persone con handicap e cioè le tecniche di rafforzamento
personale e aumento dell’autostima realizzate attraverso interventi
psicologici, con strategie di rete e con consulenze alla pari da parte di altre
persone disabili che hanno già vissuto le medesime esperienze.
Un
capitolo è dedicato alla necessità di orientamento e formazione. Non è detto
però quale tipo di formazione abbiano in mente le Autrici e quali siano le sedi
e gli enti deputati a fornirla.
La
seconda parte del volume è dedicata ad un esame della legge 68/1999. Vengono
sottolineate le novità rispetto alla precedente legge 482/1968 ed in
particolare l’introduzione della valutazione della capacità lavorativa
piuttosto che della percentuale d’invalidità.
L’appendice
illustra una serie di strumenti per la costruzione del bilancio di competenza
utilizzato dall’Agenzia “Lavoro su misura”: scheda biografica, curriculum
formativo, elenco lavori fatti, eventuale lavoro attuale, obiettivi, tecnica di
ricerca del lavoro, come affrontare un colloquio, ecc.
L’Agenzia
“Lavoro su misura” è un servizio realizzato in Calabria nell’ambito del
progetto europeo multiregionale “Selfprop” della Comunità Progetto Sud in rete
con il Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza), titolare del
progetto nazionale.
Il volume
è scorrevole, di facile lettura e contiene utili informazioni; peccato che
l’analisi della legge 68/1999 sia del tutto acritica. Il giudizio complessivo
sulla legge, espresso nell’introduzione, pecca di eccessivo ottimismo: non si
può essere d’accordo con l’affermazione secondo cui «la legge stravolge completamente la visione dell’handicap, muovendo
dall’assistenzialismo alla vita indipendente e autonoma». È vero che non si
deve mai perdere la speranza, ma non si deve neppure coltivare l’illusione che
l’attuale normativa, così com’è, possa permettere l’avvio al lavoro di molti
soggetti in situazione di grave handicap. I dati dimostrano che le assunzioni
sono aumentate, ma ben poche persone con grave handicap hanno trovato lavoro.
Anche se
ciò non è detto espressamente, i destinatari del volume sono solo i disabili
fisici in grado di essere protagonisti in prima persona. Di soggetti con
handicap intellettivo e del loro diritto al lavoro non si parla minimamente.
Fatta
chiarezza su questo punto, subentra un’altra osservazione: affrontando il
volume le problematiche relative alle persone in grado di prendere in mano la
propria vita, perché tanti interventi e tante strategie? Questi soggetti,
infatti, possono seguire i percorsi scolastici e formativi comuni a tutti i
giovani, fruendo, se ne hanno la necessità, dei supporti psicologici a
disposizione di tutti.
Notiamo,
infine, come le Autrici usino talvolta il termine “svantaggiati” per definire
le persone con handicap. Lo svantaggio è indice di una situazione sociale o
personale disagiata che non incide sulla condizione fisica o intellettiva della
persona e necessita per essere superata di interventi differenti da quelli
utilizzati per l’handicap.
CARLA COSTANZI, ANTIDA GAZZOLA (a cura
di), A casa propria - Le condizioni
abitative degli anziani nel centro storico di Genova, Franco Angeli
Editore, Milano, 2001, pag. 155, senza indicazione di prezzo
Poiché
molto numerosi sono gli anziani che vivono nel centro storico di Genova, la
civica amministrazione ha commissionato una indagine che si è articolata in tre
ambiti di rilevazione: l’adeguatezza dell’alloggio alle specifiche esigenze dei
vecchi; le condizioni sotto il profilo della funzionalità dell’edificio in cui
l’alloggio è situato; le caratteristiche dell’ambiente circostante con
particolare riguardo alla mobilità, sicurezza, socialità, accesso ai servizi e
quanto può contribuire ad una permanenza accettabile degli abitanti nel loro
habitat.
La
ricerca ha evidenziato condizioni
abitative altamente problematiche sia sotto il profilo igienico-sanitario che
strutturale. Come afferma Bruno Gabrielli, architetto, «la gravità della situazione complessiva pone con urgenza alla civica
amministrazione il tema della tutela della popolazione residente che vive le più pesanti condizioni
di rischio, sovente aggravato, peraltro, da uno stato di isolamento e abbandono
a causa della debolezza sociale che connota le classi di età avanzata».
Tenuto
conto che il Gabrielli è Assessore alla qualità urbana del Comune di Genova dal
1997, chiediamo: “Che cosa ha fatto fin’ora?”.
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