Notiziario dell’Unione per la
tutela degli insufficienti mentali
SOGGETTI CON HANDICAP
INTELLETTIVO GRAVE: ORIENTAMENTO AL TERMINE DELLA SCUOLA DELL’OBBLIGO
Le lotte hanno ottenuto alcuni risultati
Dagli anni settanta/ottanta in poi, le azioni portate avanti dai gruppi di
volontariato e dalle famiglie più attente ai bisogni degli handicappati
intellettivi hanno fatto sì che si sviluppasse una maggiore attenzione che nel
passato ai problemi dell’handicap in generale.
Il loro impegno ha fruttato
conquiste e miglioramenti non indifferenti. Ad esempio a Torino si sono
ottenuti:
– inserimenti negli asili nido,
scuole materne, elementari, medie e superiori con personale di sostegno;
– la realizzazione di centri
diurni distribuiti nelle singole circoscrizioni della città ed aperti 5 giorni
alla settimana per 40 ore;
– assunzioni in posti di lavoro
pubblici e privati di oltre 500 giovani con handicap intellettivo e di circa 50
con handicap fisico e limitata autonomia;
– l’apertura di comunità alloggio
che ha evitato l’isitituzionalizzazione fuori provincia
quando non anche fuori regione e,
in certi casi, favorito il rientro di coloro che erano stati ricoverati in
istituti situati fuori dalla città di Torino.
Molti problemi restano aperti
Purtroppo però tutto ciò non è
bastato. Infatti a tutt’oggi non vi sono diritti esigibili certi dopo l’obbligo
scolastico/formativo. Anzi, ci sono molti segnali di regressione. I più gravi
finiscono nella lista di attesa per un posto al centro diurno, i meno gravi non
hanno certezze per l’inserimento nei corsi di formazione al lavoro e meno che
mai in posti di lavoro. Per coloro che hanno genitori (se li hanno ancora)
anziani, spesso anche malati, non sempre c’è la disponibilità in comunità
alloggio. Per contrastare questa tendenza a tornare indietro, anzi per cercare
di migliorare l’attuale situazione è assolutamente indispensabile che vi siano
persone che seguano da vicino l’operato degli enti (comuni, consorzi
di comuni, Asl, comunità montane) preposti a risolvere
questi problemi esercitando di continuo le necessarie pressioni.
Il ruolo dei genitori
L’appello che oggi portiamo ai
genitori di ragazzi che frequentano ancora la scuola è quello di invitarli a
mettersi in contatto con altri genitori e soprattutto a non agire da soli ma
appoggiandosi alle associazioni di tutela dei diritti.
Oggi lo stesso appello è rivolto
a voi operatori della scuola, perché è indispensabile il vostro aiuto per
raggiungere le famiglie e sostenerle nella ricerca dei servizi e delle
opportunità che potranno trovare dopo la scuola dell’obbligo.
È necessario che i genitori,
soprattutto quelli degli allievi in situazione di gravità che non potranno mai
andare a lavorare, siano aiutati ad accettare la realtà dei limiti oggettivi
dei propri figli, perché si rivolgano per tempo ai servizi sociali ed alle
associazioni che possono sorreggerli ed aiutarli nelle loro legittime
richieste. A diciotto anni è troppo tardi! Quando la famiglia si rivolge ai
servizi sociali si trova sempre davanti una lista d’attesa e ne passa di tempo
prima che abbia una risposta, perchè non ci sono diritti esigibili.
Mentre i genitori di un bambino
handicappato che compie 6 anni si recano ad una scuola e sanno con certezza
che, fatta l’iscrizione, lui avrà diritto a frequentare la sua classe, così non
è per il centro diurno. D’altra parte, siamo tutti consapevoli che non si può
parcheggiare all’infinito nelle scuole superiori un handicappato intellettivo
in situazione di gravità. Per questo è importante che gli insegnanti
riconoscano la valenza assistenziale che ha il centro diurno. Poiché, spesso è
presentato alle famiglie come un ghetto, viene rifiutato. Il centro diurno
invece è un luogo dove personale specializzato viene preposto ad assicurare
attività ed iniziative adatte ai nostri figli; le attività non si svolgono
esclusivamente all’interno del centro ma sono anche all’esterno. È un luogo
dove, se i genitori sono attivi ed attenti, si può accedere e controllare cosa
fanno i loro figli e le condizioni in cui sono tenuti.
La qualità - come per la stessa
integrazione a scuola - dipende dal personale e dalle famiglie.
Soprattutto in base alla nostra
esperienza, possiamo a ragione sostenere che, dove i centri diurni non ci sono
o sono insufficienti, gli handicappati ricadono interamente sull’organizzazione
familiare e, quando questa non è più in grado di sostenerne l’onere, finiscono
molto prima in strutture residenziali.
Laddove i centri diurni esistono
e funzionano a tempo pieno i ricoveri assistenziali sono minori e avvengono
quasi sempre in età avanzata.
Quindi riteniamo importante
aiutare le famiglie ad orientarsi verso i servizi esistenti, senza illusioni,
per non avere poi delle frustrazioni.
Il lavoro importante degli
insegnanti e tutto il processo dell’integrazione scolastica ha un senso se si
garantisce, anche ai soggetti più gravi, la possibilità di restare il più a
lungo possibile in famiglia. Oggi è il centro diurno assistenziale che può
assicurare questo obiettivo, perché permette ai genitori di continuare una vita
normale.
Discutibili
le norme della legge finanziaria sui soggetti con sindrome di down
Sono frequenti i commenti
all’art. 94, comma 3, della legge 289/2002 (legge finanziaria 2003) che
stabilisce l’automatismo della dichiarazione di handicappati in situazione di gravità,
come previsto dall’art. 3 della legge 104/1992, per le persone con sindrome di
Down con la semplice presentazione del cariotipo (esame che descrive l’assetto
cromosomico di una persona) e li esenta, quindi, da ulteriori successive visite
e controlli. L’automaticità, però, e aggiungiamo noi per fortuna, non riguarda
il riconoscimento dell’invalidità, per la quale la situazione rimane quella già
esistente.
In altre parole, la persona con
sindrome di Down continuerà, quando vi sono residue capacità lavorative, a
poter essere inserita al lavoro anche in presenza del riconoscimento di
handicap grave.
È anche vero che, quando un
individuo viene dichiarato handicappato grave, ancorché non definito invalido
al 100%, la via dell’inserimento lavorativo è più difficoltosa.
Riteniamo, inoltre, che la
giustificazione del provvedimento non sia condivisibile, in quanto motivata
dalla necessità di prevenire «la grave
riduzione di autonomia di tali soggetti nella gestione delle necessità della
vita quotidiana e i danni conseguenti».
Il che non è del tutto vero.
Infatti, sono molte le persone con sindrome di Down che opportunamente
stimolati e indirizzate sono inseribili al lavoro come, peraltro, è dimostrato
da numerose esperienze attuate. In ogni caso il riconoscimento automatico ex
legge 104/1992, art. 3, può essere utile ai fini dell’utilizzo dei permessi
lavorativi previsti dall’art. 33 della medesima legge e/o delle agevolazioni
fiscali.
Non si comprende, però, perché
tale provvedimento sia stato preso solo per le persone con sindrome di Down.
Esistono, purtroppo, altre malattie invalidanti, altrettanto comprovabili, che
comportano una situazione di handicap grave che non sono state tenute in nessun
conto (ad esempio: distrofia muscolare, sclerosi, lesione spinale).
Interdizione
di minorenni con handicap intellettivo grave
I genitori di minori con handicap
intellettivo grave possono avviare la procedura di interdizione tra il 17° ed
il 18° anno di età.
Attivare la procedura in tale
periodo consente di:
a) evitare che al compimento del
18° anno di età, allorquando il soggetto acquista capacità giuridica, non ci
sia nessuno che possa operare legalmente e con pieni poteri per suo conto;
b) abbreviare i tempi necessari
dal momento della segnalazione alla nomina del tutore;
c) non sostenere spese legali
(non occorre l’assistenza di un avvocato).
Per attivare la procedura è
necessario presentare un ricorso alla Procura del Tribunale per i minorenni
competente per territorio.
Presso il Tribunale per i
minorenni di Torino, Corso Unione Sovietica 325 - 10134 Torino (anche presso
altri Tribunali esiste analoga sezione) l’interessato (il genitore) si deve
presentare presso l’Ufficio rapporti con il pubblico (Urp) dove espone il caso
al funzionario di Polizia giudiziaria il quale provvede ad indirizzarlo al
magistrato incaricato.
Nel caso invece che l’interessato
si rivolga all’Utim sarà consigliato ed assistito nella preparazione dei
documenti necessari e nella compilazione del ricorso che dovrà poi essere
consegnato al suddetto indirizzo. La procedura seguirà il normale corso
previsto per tutte le interdizioni ed è prevista un’udienza presso il giudice
ove occorrerà la presenza dei genitori e dell’interdicendo.
Per qualsiasi ulteriore
informazione telefonare al n. 011.88.94.84 al martedì, giovedì e venerdì dalle
ore 10.00 alle ore 12.00.
www.fondazionepromozionesociale.it