Prospettive assistenziali, n. 141, gennaio-marzo
2003
approvata la carta dei
diritti del cittadino nel servizio sanitario piemontese
Redatta dalle sedi piemontesi di Cittadinanza attiva e del Tribunale per i
diritti del malato, la Carta dei diritti del cittadino nel Servizio sanitario
piemontese è stata approvata nel corso di una manifestazione che si è svolta a
Torino il 14 giugno 2002.
Al documento, che riportiamo integralmente, ha aderito il Csa -
Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base di Torino, con
l’impegno di continuare nella difesa del diritto alle cure sanitarie della
fascia più debole della popolazione, in particolare dei soggetti con handicap,
degli anziani cronici non autosufficienti e dei malati di Alzheimer, e con la
speranza del coinvolgimento attivo dei promotori della Carta e di altre forze
sociali.
La Carta dei diritti del cittadino precisa le linee guida (diritto
all’informazione, alle prestazioni, alla qualità, ecc.) che dovrebbero essere
rispettate dal Servizio sanitario piemontese (analoghe considerazioni valgono,
a nostro avviso, per le altre Regioni).
I gruppi di base, quindi, dovrebbero verificarne la corretta attuazione da
parte degli amministratori della Regione Piemonte e delle Asl, nonché degli
operatori, intervenendo tutte le volte che alle suddette linee non viene
assicurato adempimento adeguato alle esigenze del cittadino malato.
TESTO DELLA CARTA DEL CITTADINO NEL SERVIZIO SANITARIO IN
PIEMONTE
1. Diritto al tempo
Ogni cittadino ha diritto a vedere rispettato il suo tempo al pari di
quello della burocrazia e degli operatori.
I ritmi della organizzazione dei
servizi sanitari sembrano valere molto di più di quelli dei cittadini e
costituiscono troppo spesso un ostacolo all’esercizio del diritto alla salute.
I cittadini reclamando questo
diritto, intendono rientrare in possesso del loro tempo, non accettando più di
perdere ore di lavoro, denaro, impegni familiari, riposo e spazi di svago per
fare le file, per ripetere esami e pratiche burocratiche, per aspettare il
ricovero, la visita o la consegna della documentazione, per ritornare più volte
sempre per la stessa cosa.
Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione ed alle
Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano
servizi, di:
* rendere più
adeguati i centri unici di prenotazione che diano in tempo reale le
disponibilità di tutti i servizi dell’Azienda sanitaria;
* istituire un
servizio di informazione e prenotazione telefonica presso ogni presidio della
Azienda sanitaria; procedere al ricovero, completando successivamente le
pratiche di accettazione;
* ampliare il
servizio di prenotazione presso i medici di medicina generale, le farmacie, e i Comuni dove è possibile;
* garantire un
servizio di triage adeguato nei Dea - Dipartimenti di emergenza e accettazione
e nei pronto soccorsi;
* organizzare, nel
caso di interventi chirurgici programmati, lo svolgimento degli esami necessari
in regime ambulatoriale;
* consentire per
alcuni servizi (radiologia, laboratorio di analisi, ecc.) lo svolgimento di
esami senza prenotazione in fasce orarie predeterminate;
* garantire tempi di attesa per
le prestazioni diagnostiche e specialistiche ridotti e comunque adeguati a
rispondere alle esigenze di salute della popolazione, superando una situazione
attualmente insopportabile ed a volte scandalosa.
Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:
* far aspettare
anche una intera mattinata il paziente che deve essere ricoverato;
* obbligare a più
file per ottenere una sola prestazione, sia essa una visita, la consegna di un
referto, l’acquisizione di una autorizzazione, il rilascio od il rinnovo del
libretto sanitario o l’assegnazione di medicinali e presidi;
* consentire la
prenotazione solo presso gli sportelli dell’Asl;
* tenere aperti per
poche ore al giorno uffici ed ambulatori;
* organizzare l’accesso alle
visite ambulatoriali ed alle attività diagnostiche senza sistemi di
prenotazione oraria, obbligando i cittadini ad iniziare le file all’alba senza
le garanzie di poter effettivamente ottenere la prestazione.
Per noi cittadini il diritto al tempo significa infine:
* diritto di essere
rimborsati con un bonus, da addebitare all’operatore responsabile, se la
Azienda sanitaria non effettua la prestazione nel giorno indicato e con le
modalità previste;
* diritto di essere
avvisati telefonicamente in caso di spostamento della visita o del ricovero;
* diritto di accedere liberamente
alla struttura che è in grado di effettuare la prestazione in tempo minore.
2. Diritto all’informazione
Ogni cittadino ha diritto a ricevere tutte le informazioni e la
documentazione di cui necessita, nonché ad entrare in possesso di tutti gli
atti utili a certificare in modo completo le sue condizioni di salute.
I cittadini piemontesi non sono
adeguatamente informati e spesso devono attendere troppo per entrare in
possesso della loro cartella clinica ed a volte la trovano incompleta o
incomprensibile, il che li priva sia della possibilità di tutelare
adeguatamente la propria salute, sia di curare i propri interessi in sede
legale.
Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle
Aziende sanitarie nonché a tutti i soggetti pubblici e privati, che erogano
servizi, di:
* istituire in modo
più capillare, uffici di relazioni con il pubblico capaci di fornire tutte le informazioni
necessarie;
* attivare punti di
informazione per i cittadini anche presso le strutture private, quali le
farmacie, i laboratori di analisi, le case di cura;
* curare,
avvalendosi della collaborazione delle organizzazioni dei cittadini, dei soggetti
privati e degli operatori convenzionati (medici di medicina generale e
farmacisti) la diffusione tramite opuscoli, fascicoli nei giornali, inserti di
informazioni puntuali e tempestive circa le leggi che tutelano i diritti dei
cittadini nel servizio sanitario nazionale;
* promuovere l’uso
di strumenti informativi innovativi;
* assicurare la
completa leggibilità di tutte le parti della cartella clinica, delle
impegnative e delle prescrizioni in tutte le Aziende sanitarie;
* rilasciare la
cartella clinica al paziente dopo non oltre 10 giorni e non oltre le 24 ore per
i casi urgenti;
* realizzare le
carta sanitaria informatica;
* realizzare la cartella clinica
ed infermieristica sia a livello ambulatoriale
che di medicina generale.
Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:
* l’assenza in un
servizio di luoghi, servizi, strumenti adibiti a fornire informazioni;
* l’omissione, in
particolar modo da parte delle strutture private, di informazioni relative alle
tariffe ed ai costi aggiuntivi delle prestazioni;
* la compilazione
incompleta, non chiara, non aggiornata momento per momento, della cartella
clinica da parte dei medici;
* le cattive ed antiquate forme di
conservazione e di archiviazione delle cartelle cliniche, che provocano
frequenti smarrimenti;
* la mancanza di
disponibilità a stilare le certificazioni richieste;
* l’abitudine di
ostacolare la consegna di vetrini e lastre per consulti ed ulteriori
accertamenti in altre strutture o anche nella stessa struttura;
* la mancanza o l’incompletezza
della cartella infermieristica.
Per noi cittadini il diritto all’informazione ed alla documentazione
sanitaria significa infine:
* diritto di
ricevere la cartella clinica perfettamente compilata, anche per quanto riguarda
trasfusioni, somministrazioni di emoderivati e vaccinazioni obbligatorie con
allegati tutti i referti degli esami effettuati e, se richiesti, anche le
radiografie, le ecografie, ecc.;
* diritto di
ricevere in visione tutta la documentazione sanitaria prevista dalle leggi per
le certificazioni;
* diritto di acquisire comunque, in caso di
dimissioni, una relazione medica (con diagnosi, terapia, prescrizioni di
ulteriori esami diagnostici, ecc.) che permetta la continuità delle cure da
parte di altri professionisti ed una breve relazione infermieristica che
consenta la continuità assistenziale da parte degli infermieri territoriali
rispetto ad obiettivi e/o modalità operative innovativi;
* diritto di conoscere
anticipatamente le tariffe delle prestazioni a pagamento, intra moenia e
private.
3. Diritto alla sicurezza
Chiunque si trovi in una situazione di rischio per la salute ha diritto ad
ottenere tutte le prestazioni necessarie alla sua condizione ed ha altresì
diritto a non subire ulteriori danni causati dal cattivo funzionamento delle
strutture e dei servizi.
La sicurezza non è un lusso, ma
un dovere prioritario del servizio sanitario nei confronti dei cittadini. I
cittadini rivolgendosi ai servizi sanitari chiedono di essere curati, non
subendo il rischio di ulteriori infermità e malattie evitabili.
Oggi sono ancora in troppi a
perdere la vita ed a subire danni irreversibili per la disorganizzazione e le
carenze del servizio sanitario. Non è altresì concepibile che la prevenzione
delle malattie sia abbandonata alla volontà ed alle possibilità economiche di
ogni singolo cittadino.
Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle
Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti pubblici e privati che erogano
servizi, di:
* migliorare il
servizio di emergenza sanitaria 118 e dei dipartimenti di emergenza, curando
inoltre il collegamento per via telematica tra centrale operativa, ambulanze e
rete di pronto soccorso di I° e II° livello e stabilire un corretto rapporto
tra il numero dei posti letto per emergenze-urgenze (rianimazione, rianimazione
neo-natale, unità coronariche, terapia intensiva) e abitanti in relazione alle
specificità territoriali;
* realizzare,
adeguare, collegare le unità spinali per l’assistenza a lesionati al midollo
spinale e autorizzare le cure presso altre strutture anche all’estero;
* favorire tutti gli
strumenti offerti dalla telemedicina, quali il telesoccorso, il cardiotelefono,
il teleconsulto, ecc. per garantire su tutto il territorio regionale la
possibilità ai cittadini di ottenere il miglior servizio possibile;
* aumentare secondo
quanto previsto dalle norme vigenti il numero dei posti letto di riabilitazione
ed i servizi riabilitativi ambulatoriali e domiciliari;
* riadeguare nel più
breve tempo possibile il personale di assistenza infermieristica, personale Ota
e Osa nei reparti in base alla verifica dei carichi di lavoro, soprattutto in
considerazione delle situazioni ormai diffuse di alto rischio per l’assistenza,
attraverso le scelte dei provvedimenti più adeguati ed in accordo con i Collegi
infermieri e le Organizzazioni sindacali;
* promuovere le
istituzioni della cartella infermieristica, quale strumento utile per
migliorare il controllo sulla somministrazione delle terapie ed in generale
sull’assistenza del malato;
* vigilare sul
rigoroso rispetto di tutte le norme volte al controllo ed alla riduzione delle
infezioni ospedaliere;
* promuovere
attività di farmacovigilanza e la diffusione di informazioni sul corretto
impiego dei farmaci da parte anche delle farmacie;
* effettuare la
ripetizione di esami clinici e radiologici solo sulla base di effettiva
necessità onde limitare gli effetti delle radiazioni ionizzanti e gli sprechi;
* garantire la gestione corretta
dei rifiuti tossici nocivi ospedalieri.
Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:
* l’invio di
ambulanze senza attrezzature adeguate alle necessità del caso;
* la ricerca
improvvisata e senza coordinamento dei posti letto per malati in imminente
pericolo di vita con relativi rifiuti, ritardi che possono costituire un
rischio ulteriore per un paziente critico;
* la presenza di
liste di attesa per operazioni chirurgiche o per esami diagnostici di alta
specialità incompatibili con la sopravvivenza e comunque dannose per lo stato
di salute;
* le carenze di
funzionamento del servizio di guardia medica;
* la chiusura
indiscriminata di servizi sanitari (ambulatori, reparti con annesso pronto
soccorso, ecc.) e il mancato rafforzamento in determinati periodi dell’anno;
* la difficoltà di
reperire il medico di medicina generale e di ricevere le visite a domicilio in
caso di necessità;
* la riduzione
dell’Adi e la mancata attivazione di tutte le figure professionali e
l’integrazione con il sociale;
* la mancanza di
servizi psichiatrici domiciliari;
* la carenza del
servizio di pediatria di libera scelta al di fuori dei centri urbani;
* la lentezza delle
autorizzazioni per i farmaci innovativi, non giustificata da motivi di
sperimentazione.
Per noi cittadini il diritto alla sicurezza significa infine:
* diritto di
accedere a trattamenti terapeutici che, a parità di efficacia, abbiano una
minore invasività;
* diritto alla
prevenzione per tutto il periodo della propria vita, con particolare
riferimento alla prevenzione primaria, alla prevenzione e alla diagnosi precoce
di patologie ad alta morbilità e mortalità con forte impatto sociale, quali i
tumori, le malattie cardiovascolari, le epatiti, Aids, Mts (malattie trasmesse
sessualmente), ecc.;
* diritto dei malati
cronici all’accesso gratuito ai farmaci di documentata necessità, anche se non
ancora in commercio in Italia;
* diritto a
trasfusioni di sangue sicure;
* diritto a strutture di ricovero
e cura che garantiscano la massima sicurezza ambientale e professionale.
4. Diritto alla protezione
Il servizio sanitario ha il dovere di proteggere in maniera particolare
ogni essere umano che, a causa del suo stato di salute, si trova in una
condizione momentanea o permanente di debolezza non facendogli mancare per
nes-sun motivo e in alcun momento l’assistenza di cui ha
bisogno.
Se una società democratica si
misura anche dalla sua capacità di sostenere i deboli, non può essere accettato
che nella Regione Piemonte si limitino, come sta accadendo, le prestazioni
dovute a categorie come gli anziani non autosufficienti, i malati cronici, i
disabili, i non abbienti e i carcerati.
Nessuno deve essere lasciato
solo, né essere escluso dall’esercizio del diritto alla salute. Risparmiare
significa organizzare un sistema più razionale e più sicuro e non lesinare le
cure a chi ne ha bisogno.
Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle
Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano
servizi, di:
* garantire presidi
sanitari consultando i malati cronici che ne fanno uso;
* curare e sostenere
in maniera completa il malato cronico, anche per le complicanze che la malattia
comporta;
* verificare
l’utilizzo, in tutte le strutture dei
protocolli per la prevenzione e la cura delle piaghe da decubito, così
come l’attuazione di linee guida per la cura e la riabilitazione degli anziani
che subiscono la frattura del femore;
* adeguare le
strutture deputate all’assistenza dei pazienti affetti da Aids al fine di
garantire una continuità assistenziale articolata in interventi di assistenza
domiciliare integrata, prestazioni ambulatoriali e di day hospital e ricoveri ospedalieri;
* garantire agli
anziani non autosufficienti o parzialmente autosufficienti e a quelli con
pluripatologie ad alto rischio di perdita dell’autosufficienza e in età
avanzata l’accesso alle opzioni assistenziali per loro più opportune tra
ospedalizzazione domiciliare, assistenza domiciliare integrata, day hospital geriatrico, centro diurno
integrato, istituti di riabilitazione, residenza sanitaria assistenziale;
* applicare ai
disabili le medesime garanzie previste per gli anziani;
* garantire
assistenza certa e continuativa ai malati psichici onde evitare fenomeni di
abbandono;
* assicurare ai
malati mentali una rete articolata di servizi (centro di salute mentale, servizio
psichiatrico di diagnosi e cura, strutture semi-residenziali, strutture
residenziali, case famiglia) secondo gli standard previsti con orari e modalità
idonei a fronteggiare anche le situazioni in cui vi è necessità di intervenire
tempestivamente e con percorsi privilegiati nei pronto soccorsi.
Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:
* rifiutare il
ricovero ad anziani malati;
* fare attendere
troppo per richieste di invalidità civile e di indennità di accompagnamento;
* acquistare ausili
e presidi sanitari non idonei alle necessità;
* dimettere
precocemente anziani o persone non autosufficienti senza offrire garanzie
relative alla continuità assistenziale a domicilio;
* limitare le
possibilità di assistenza e cura ai carcerati malati;
* eliminare i trasporti gratuiti
per i malati oncologici, dializzati, ecc. che ne hanno necessità.
Per noi cittadini il diritto alla protezione significa concretamente:
* diritto di
usufruire di una pluralità di servizi territoriali, domiciliari e residenziali
e di non essere costretti a scegliere, come unica alternativa all’abbandono, il
ricovero ospedaliero;
* diritto di
usufruire durante il ricovero ospedaliero di tutte le attrezzature e le
apparecchiature necessarie per la propria particolare condizione (materassi
antidecubito, carrozzelle, ecc.);
* diritto, se
carcerato, ad essere curato senza ritardi e senza restrizioni, dettati dallo
stato di detenzione, e con la facoltà di avvalersi dell’assistenza di un centro
per i diritti del malato;
* diritto dei malati
di mente e dei disabili psichici di ricevere cure adeguate per ogni altra
patologia di cui siano affetti, anche mediante il ricovero nel reparto di
competenza;
* diritto di essere
assistito da personale qualificato, in caso di inabilità temporanee o
permanenti, nel corso di azioni quali il mangiare, il camminare, il lavarsi, il
muoversi a letto senza obbligo di dover ricorrere a prestazioni a pagamento,
sotto forma di badanze o assistenze private;
* diritto di accesso per i
tossicodipendenti ad un percorso
terapeutico soggettivo.
5. Diritto alla certezza
Ogni cittadino ha diritto ad avere dal servizio sanitario la certezza del
trattamento nel tempo e nello spazio a prescindere dal soggetto erogatore e a
non essere vittima degli effetti dei conflitti professionali e organizzativi,
di cambiamenti repentini delle norme, della discrezionalità
nell’interpretazione delle leggi e delle circolari, di differenze di
trattamento a seconda della collocazione geografica.
Non è possibile che un cittadino
viva una situazione di costante incertezza circa i propri diritti nell’ambito
delle prestazioni sanitarie. Tale incertezza riguarda l’uso e la gratuità dei
farmaci e delle prestazioni specialistiche, le modalità per effettuare gli
esami diagnostici, la modifica costante delle procedure per le autorizzazioni,
le variazioni dei prezzi in vigore per i farmaci a pagamento,
l’indeterminatezza degli obblighi degli operatori sanitari.
Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle Aziende
sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano servizi,
di:
* far precedere
l’entrata in vigore di nuovi provvedimenti quali ad esempio piano
socio-sanitario, linee-guida, ecc. da una seria progettazione,
dall’informazione e la consultazione preventiva dei cittadini (come previsto
dalle normative vigenti), dalla formazione degli operatori che dovranno
attuarle;
* porre sotto
monitoraggio il processo di attuazione delle normative, al fine di garantire
l’uniformità del trattamento per quanto riguarda in particolare l’assistenza,
le prestazioni dovute ai malati cronici, le modalità di utilizzo del medico di
medicina generale e del pediatra di libera scelta, le modalità di accesso ai
servizi pubblici e privati;
* produrre
linee-guida che vincolino le Aziende sanitarie, gli operatori e i diversi
erogatori del servizio ad adottare comportamenti chiari, limitando al massimo
la discrezionalità del singolo;
* stilare in tempo
utile i bilanci e rendere noti tempestivamente i consuntivi dell’azienda
sanitaria;
* portare a
conoscenza degli utenti le effettive competenze degli operatori cui si
rivolgono, al fine di limitare gli arbitrii e di denunciare le mancanze;
* applicare i sistemi di sanzione
per coloro che non attuano le normativa, che limitano arbitrariamente i diritti
dei cittadini e che modificano da un giorno all’altro, a danno degli utenti, le
modalità di erogazione dei servizi.
Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:
* far entrare in
vigore, da un giorno all’altro, senza adeguata preparazione, norme e circolari
che modifichino le modalità di erogazione di un servizio;
* emanare leggi,
decreti e circolari che diano spazio ad ambiguità e quindi siano fonte di
conflitti interpretativi tra aziende e operatori sanitari, tra servizio
pubblico e soggetti privati, tra Aziende e Regioni, tra le diverse categorie
professionali, a danno dei cittadini;
* non informare
costantemente gli uffici, i servizi e gli operatori coinvolti dalle modifiche
normative;
* occultare, talora
anche sistematicamente, i possibili vantaggi di cui un cittadino può usufruire
grazie alle normative vigenti;
* interrompere o
limitare o accorpare improvvisamente
servizi, senza informazione, confronto e senza preavviso;
* non garantire al cittadino
uniformità di diritti su tutto il territorio regionale.
Per noi cittadini il diritto alla certezza significa infine:
* diritto di
reclamare presso l’Azienda sanitaria o di ricorrere alla magistratura in casi
di mancata e intempestiva attuazione dei provvedimenti a suo favore;
* diritto di essere
consultati, ai sensi dell’art. 12 della legge n. 229/1999, in occasione di
modifiche normative e regolamentari che incidano sulla erogazione dei servizi;
* diritto al preavviso di almeno
un mese dall’entrata in vigore di leggi e provvedimenti che riguardano
l’assistenza farmaceutica, protesica, le procedure di accesso ai servizi.
6. Diritto alla fiducia
Ogni cittadino ha diritto a vedersi trattato come soggetto degno di fiducia
e non come un possibile evasore o un sospetto bugiardo.
È impossibile ottenere fiducia
senza dare fiducia.
La mancanza di fiducia è fonte di
sprechi e di cattiva qualità, e, soprattutto, obbliga il cittadino a dimostrare
continuamente la sua condizione per poter accedere alle prestazioni a cui
avrebbe diritto. Un diabetico è un diabetico per tutta la vita, così come è
difficile che un paraplegico non abbia più bisogno di una carrozzella; un non
abbiente anziano non cambia di colpo la sua condizione. Molto spesso, invece,
per combattere gli abusi compiuti da alcune categorie di utenti con la
connivenza degli stessi addetti ai servizi, si rende impossibile la vita anche
ai cittadini ossequiosi delle leggi, che sono la maggioranza. Lo Stato, le
Regioni e le Aziende sanitarie devono mettere al centro del servizio il
cittadino, devono dargli credito, accordandogli lo status di un soggetto
responsabile e interessato al buon funzionamento del Servizio sanitario.
Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle
Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano
servizi, di:
* ridurre al minimo
le procedure burocratiche per l’accertamento della cronicità e della
invalidità, basandosi sulle evidenze cliniche e sulle autocertificazioni e
attivando sistemi di controllo a campione;
* individuare
parametri prestabiliti per il riconoscimento della invalidità, che impediscano
il verificarsi di situazioni di discrezionalità e la sottovalutazione della
condizione effettiva del cittadino.
Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:
* obbligare il
cittadino, in caso di accertata cronicità, ad espletare più di una volta l’anno
pratiche burocratiche per la certificazione del suo stato;
* far ripetere
due/tre volte l’anno visite e analisi cliniche a chi ha bisogno di presidi
medico-chirurgici;
* pretendere gli
stessi accertamenti periodici da chi è affetto da malattie croniche
irreversibili;
* ripetere nella
struttura ospedaliera gli esami clinici già effettuati altrove senza
giustificato motivo;
* adottare comportamenti
contraddittori, o diversificati nelle diverse aree della Regione Piemonte.
Per noi cittadini il diritto alla fiducia significa infine:
* diritto di partecipare
all’anamnesi, in pronto soccorso e in occasione di visite e ricoveri,
attraverso la trasmissione delle proprie informazioni.
7. Diritto alla qualità
Ogni cittadino ha diritto di trovare nei servizi sanitari operatori e
strutture orientati verso un unico obiettivo: farlo guarire e migliorare
comunque il suo stato di salute.
Qualità significa soprattutto
trovare servizi deputati a offrire il miglior trattamento possibile, e garanzie
della continuità assistenziale. Come cittadini pretendiamo che medici e
infermieri lavorino insieme rispettandosi a vicenda; che ogni servizio
comunichi con l’altro accompagnando il percorso del paziente; che il medico
ospedaliero collabori con il medico di medicina generale, che i medici non
privilegino l’attività privatistica (anche intra-moenia) sacrificando le
prestazioni a svantaggio di chi non può pagare; che siano previsti servizi di
accoglienza e di informazione; che sia ridotto al minimo il carico burocratico
per l’utente; che non siano abbandonati al caso i tempi di degenza o le attese
per gli interventi; che sia prevista la verifica della qualità su tutti gli
aspetti del servizio, da realizzare con la partecipazione delle organizzazioni
dei cittadini.
Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle
Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano
servizi, di:
* realizzare le
conferenze annuali dei servizi, a cui
possano accedere anche i cittadini, ma che non abbiano il carattere di pura
formalità e cattura di immagine;
* favorire una
organizzazione delle attività non orientata per obiettivi e per adempimenti;
* adottare il
sistema delle dimissioni protette e della presa in carico del paziente sulla
base di accordi tra medici specialisti ospedalieri e medici di medicina
generale;
* attivare programmi
integrati di gestione dei servizi, che valorizzino tutti i servizi sanitari e
socio-assistenziali, pubblici e privati, accreditati per facilitare l’accesso;
* realizzare
programmi di informatizzazione “intelligente”, che colleghino tutte le
strutture e tutti i servizi e che registrino passo passo il percorso del
cittadino nella sanità;
* utilizzare le
apparecchiature sanitarie degli ospedali in maniera continua e razionale, sia
per i ricoverati, che per gli utenti esterni;
* promuovere forme
di controllo della qualità attraverso l’audit
civico;
* adottare sistemi di
monitoraggio e di controllo sistematico della qualità dei servizi, avvalendosi
della partecipazione delle organizzazioni di tutela dei diritti dei cittadini
andando ad approfondire tutti gli aspetti della qualità ed evitando le pure
operazioni di “immagine” che non migliorano i servizi.
Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:
* la riduzione
drastica dell’attività ospedaliera e ambulatoriale dalle 13 in poi e nei giorni
di sabato e domenica e durante il periodo estivo;
* la conflittualità
tra primario e primario, tra primari ed altro personale medico, tra personale
medico e infermieri, tra reparti, ambulatori e amministrazione, tra medici di
medicina generale e farmacisti e tra questi ultimi e le strutture pubbliche di
prevenzione e di farmaco vigilanza;
* l’assenza di programmazione, di
progettazione e di controllo per quanto riguarda la gestione dei servizi, del
magazzino, l’acquisto di beni e servizi, la manutenzione delle apparecchiature
e delle strutture.
Per noi cittadini il diritto alla qualità significa infine:
* diritto alla
continuità assistenziale, dentro e fuori l’ospedale;
* diritto di
partecipare, nel ruolo di monitori dei servizi, alla verifica della loro
qualità;
* diritto di essere
accolti nei servizi da personale preparato, disposto ad ascoltare le proprie
esigenze e perfettamente informato;
* diritto di essere
visitati domiciliarmente dal medico di medicina generale o dal pediatra, di
poterli reperire ogni volta se ne abbia bisogno e di non dover pagare
prestazioni dovute;
* diritto di usufruire di servizi
nei quali sia garantita la circolazione delle informazioni tra il personale, la
trasmissione “automatica” della documentazione sanitaria e il collegamento con
i precedenti luoghi di cura nel pieno rispetto del diritto alla privacy.
8. Diritto alla differenza
Ognuno ha diritto a vedere riconosciuta la sua specificità derivante
dall’età, dal sesso, dalla nazionalità, dalla condizione di salute, dalla
cultura e dalla religione e a ricevere di conseguenza trattamenti differenziati
a seconda delle diverse esigenze.
Generalmente un bambino, un
anziano, un disabile, o uno straniero devono cercare di adattarsi agli standard
già previsti nei servizi, senza che ci sia una particolare attenzione per la
differenza della loro condizione. Diritto alla differenza vuol dire che le
strutture sanitarie sono tenute ad adattarsi alle sue esigenze.
Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle
Aziende sanitarie, nonché a tutti ì soggetti, pubblici e privati, che erogano
servizi, di:
* curare che,
nell’ambito del sistema sanitario, si abbia una particolare attenzione ad
assistere tutti coloro che, per motivi di età, lingua, di particolari
condizioni di handicap, condizioni economiche disagiate hanno difficoltà ad
accedere alle prestazioni erogate dai servizi sanitari;
* assicurare al
genitori del bambino ricoverato in qualsiasi struttura la possibilità di
assisterlo giorno e notte, predisponendo un apposito letto e permettendo loro
di usufruire, anche a pagamento, della mensa dell’ospedale;
* garantire la
presenza dei genitori a tutte le prestazioni, dal pronto soccorso, alle visite
ambulatoriali, ai prelievi, ecc.;
* garantire ai
bambini costretti a lunghi ricoveri, la possibilità di non interrompere la
formazione scolastica;
* garantire ai
bambini con malattie croniche, ambienti ospedalieri particolarmente
confortevoli che rendano meno penosi i loro frequenti ricoveri (televisore,
videoregistratore, videogiochi, ludoteche);
* prevedere, anche utilizzando la
collaborazione di mediatori culturali per gli immigrati, strumenti informativi,
di accoglienza e di facilitazione all’accesso alle prestazioni sanitarie per
gli extracomunitari.
Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:
* collocare i
servizi sanitari senza tener conto delle esigenze legate all’età e alle
difficoltà anche momentanee di deambulazione (barriere architettoniche,
ascensori insufficienti o rotti, ecc.);
* praticare o
tollerare comportamenti discriminatori
nei confronti degli immigrati;
* non assicurare ai
malati psichici ed ai tossicodipendenti l’accesso ai servizi, tramite la
riduzione degli orari a loro dedicati e l’abbandono nei normali reparti di
degenza;
* ostacolare la
presenza dei genitori nei reparti di degenza
pediatrica e non;
* situare i servizi per
l’interruzione volontaria della gravidanza accanto ai locali per le puerpere.
Per noi cittadini il diritto alla differenza significa infine:
* diritto del
bambino a un percorso sanitario, nel quale il ricovero sia considerato un
evento raro ed eccezionale;
* diritto del
cittadino straniero ad essere assistito dal Ssn nel rispetto, per quanto
possibile, della propria cultura e della propria religione;
* diritto del
cittadino straniero di non essere ostacolato, per motivi burocratici legati
alla mancanza di certificazioni sanitarie del paese di provenienza, nelle cure
sanitarie;
* diritto della
donna di vivere il parto come un evento naturale e non come una patologia, ma
di essere assistita e monitorata costantemente, affinché la scelta del “parto
naturale” non sia fonte di gravi conseguenze in caso di difficoltà impreviste.
9. Diritto alla normalità
Ogni cittadino ha diritto a curarsi senza alterare, oltre il necessario le
sue abitudini di vita.
I cittadini hanno
diritto di trovare i servizi di cui hanno necessità, salvo prestazioni
eccezionali, senza doversi spostare per lunghe distanze e in orari scomodi per
effettuare visite ed esami, per procurarsi farmaci e presidi sanitari, per
ritirare la documentazione.
Non pretendiamo l’ospedale sotto
casa, ma un ventaglio di opportunità di facile accesso in conformità con le
esigenze di salute di tutti i cittadini.
Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle
Aziende sanitarie, nonché a tutti i
soggetti, pubblici e privati, che erogano servizi, di:
* garantire che
l’accesso ai farmaci non sia ostacolata dalla residenza in zone disagiate o da
procedure burocratiche;
* predisporre la
possibilità, in collaborazione con i
servizi sociali, di consegna a domicilio agli assistiti di ricette per presidi
sanitari, di ausili per invalidi civili, dei referti degli esami effettuati, di
farmaci, anche da parte degli operatori convenzionati, nonché estendere
l’effettuazione di prelievi e delle visite per l’accertamento della invalidità
a domicilio;
* incrementare,
anziché ridurre, l’istituzione di day
hospital, di day surgery e di
servizi dall’Adi alla ospedalizzazione domiciliare come alternativa al
ricovero;
* facilitare l’accesso alla dialisi
e a day hospital oncologici, alle
terapie continuative, prevedendo servizi diffusi sul territorio, facilitazioni
nei trasporti, orari flessibili; realizzare i posti letto previsti nei centri
di riabilitazione e le residenze sanitarie assistenziali, tenendo conto delle
esigenze del territorio e della necessità di non allontanare gli anziani dai
propri luoghi di origine, eliminando e garantendo adeguati standard qualitativi
di assistenza.
Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:
* ridurre i posti
letto o chiudere gli ospedali, senza far crescere i servizi sanitari sul
territorio;
* “deportare” gli anziani ed i
malati psichici in case di cura di comuni lontani o addirittura in altre
province;
* vincolare il ritiro dei farmaci
e dei presidi sanitari per i malati cronici solo presso presidi pubblici, con orari di apertura
limitati e lontani dai luoghi di residenza;
* non garantire l’accesso alle
farmacie ed ai medici di altre province o regioni nelle zone di confine
(Liguria - Lombardia).
Per noi cittadini il diritto alla normalità significa infine:
* diritto di usufruire delle
farmacie, non solo come luoghi di dispensazione di farmaci, ma anche come
servizi territoriali integrativi.
10. Diritto alla famiglia
Ogni famiglia che si trova ad assistere un componente ha diritto di
ricevere dal servizio sanitario il sostegno materiale necessario.
Troppo spesso si dimentica il
contributo che le famiglie danno per supplire alle carenze del servizio
pubblico e per integrare con proprie risorse ciò che non viene assicurato dal
Servizio sanitario nazionale. Chiediamo che si riconosca alle famiglie, il
ruolo che già svolgono in ordine alla cura della salute e all’assistenza dei
più svantaggiati. Tale riconoscimento non deve significare una ulteriore delega
alla famiglia delle cure assistenziali, bensì portare all’individuazione di
forme credibili e non aleatorie di sostegno e di integrazione.
Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle
Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano
servizi, di:
* istituire protocolli
sull’assistenza domiciliare, al fine di definire standard di qualità che
garantiscano effettivo sostegno alle famiglie;
* procedere alle dimissioni del
paziente solo dopo aver concordato con le famiglie, con il medico di medicina
generale e dove necessario con il servizio sociale, un programma integrato di
assistenza per la prosecuzione delle cure domiciliari;
* garantire, anche attraverso la
collaborazione del volontariato e di organizzazioni no profìt, agevolazioni e
assistenza logistica per le famiglie dei ricoverati provenienti da lontano;
* prevedere il sostegno
finanziario e un sistema di agevolazioni fiscali e di servizi per le famiglie
che tengono in casa propri congiunti gravemente malati o con gravi minorazioni.
Sono quindi prassi
e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:
* negare il sostegno
assistenziale a casa, o limitarlo a un intervento sporadico e comunque non
risolutivo, rendendo di fatto necessario nel tempo l’impiego di infermieri
privati a pagamento;
* rendere difficile
l’accesso gratuito delle famiglie alla fornitura di strumenti e materiali per
la cura del paziente a causa delle attese e delle lunghe procedure
burocratiche;
* non prevedere un
adeguato sostegno psicologico per le famiglie colpite da gravi e problematiche
condizioni di un proprio congiunto;
* abbandonare le famiglie di
pazienti ricoverati in rianimazione o nelle terapie intensive dopo interventi
complessi a ore e ore di attesa, senza conforto, senza informazioni, senza
spazi per soggiornare e senza sostegno di alcun tipo.
Per noi cittadini il diritto alla famiglia significa infine:
* diritto della
famiglia ad essere supportata in modo adeguato;
* diritto del malato ad avere
vicina la propria famiglia.
11. Diritto alla decisione
Il cittadino ha diritto, sulla base delle informazioni in suo possesso e
fatte salve le prerogative dei medici, a mantenere una propria sfera di
decisionalità e di responsabilità in merito alla propria salute e alla propria
vita.
Il cittadino che si rivolge al
servizio sanitario è oggi un individuo più attento, che tende ad assumere un
ruolo sempre più attivo e consapevole circa la propria salute, avendo in mente
un obiettivo più ampio di quello della guarigione, vale a dire una condizione
più generale di benessere psichico e fisico. Non sempre però il servizio
sanitario considera il cittadino completamente “adulto”. Le decisioni che
attengono alla sua vita, al suo futuro, ma anche semplicemente alla cura
vengono prese da altri, in nome dell’urgenza, di un male interpretato sapere
professionale da condividere in pochi.
Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle
Aziende sanitarie, nonché a tutti i
soggetti, pubblici e privati, che erogano servizi, di:
* garantire,
all’interno degli ospedali, la definizione di orari determinati per il
colloquio dei medici con i pazienti e i loro familiari;
* organizzare le Consensus Conference, quale luogo per
definire sulla base di un confronto tra medici specialisti, medici di medicina
generale, organizzazioni dei cittadini e associazioni di malati, linee guida
per l’applicazione, nella cura di una stessa patologia, di quelle terapie che,
a parità di efficacia, garantiscano una migliore qualità di vita dei malati.
Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:
* fare firmare i
moduli di consenso in merito alle cure e ai rischi connessi senza comunque
informare il paziente, in maniera comprensibile e adeguata al suo livello
culturale, della diagnosi, della prognosi, delle prospettive terapeutiche e
delle loro conseguenze;
* visitare un
paziente senza ascoltare attentamente quanto da lui riferito circa la
sintomatologia accusata e senza fornirgli informazioni puntuali e comprensibili
circa il suo stato di salute;
* ricorrere in modo
sistematico alla coartazione della volontà del malato di mente;
* non informare i
pazienti circa l’esecuzione di trattamenti dolorosi;
* ostacolare l’opportunità di
libera scelta prevista dalla normativa per il medico di medicina generale, il
pediatra, lo specialista e per la struttura da utilizzare.
Per noi cittadini il diritto alla decisione significa infine:
* diritto di essere
informati in maniera comprensibile e adeguata al proprio livello culturale, della
diagnosi, della prognosi, delle prospettive terapeutiche e delle loro
conseguenze;
* diritto di non
subire alcun atto diagnostico o terapeutico senza avere dato in precedenza un
esplicito assenso;
* diritto del malato
di mente a una sfera decisionale, anche nell’ambito dei trattamenti delle
patologie psichiche;
* diritto di
scegliere nell’ambito del servizio pubblico, secondo la normativa vigente sulla
libera professione intramoenia, il medico e l’équipe di propria fiducia, senza
comunque l’obbligo di ricorrere alle attività privatistiche;
* diritto di
rifiutare l’accanimento terapeutico e le sperimentazioni non condivise;
* diritto di accesso alla terapia
del dolore.
12. Diritto al volontariato all’assistenza da parte dei soggetti no profit
e alla partecipazione
Ogni cittadino ha diritto a un servizio sanitario, sia esso erogato da
soggetti pubblici che da soggetti privati, nel quale sia favorita la presenza
del volontariato e delle attività no profit e sia garantita la partecipazione
degli utenti.
Un servizio
orientato alla qualità non può fare a meno dell’azione condotta dal
volontariato e dal mondo del no profit, soprattutto in settori particolarmente
difficili e onerosi come quello della cura e della riabilitazione dei soggetti
deboli, né può prescindere dalla partecipazione dei cittadini. Questo è un
discorso che riguarda tutti, sia il pubblico che il privato.
Ciò significa
imparare a governare un sistema in cui una pluralità di soggetti di varia
natura deve concorrere alla tutela dell’interesse generale alla salute. Analogamente,
gli erogatori di servizi privati non possono pensare che tutto si possa
regolare solo con la logica del profitto, senza dare niente in più ai
cittadini, senza promuovere attività che abbiano come unico fine una maggiore
attenzione alle esigenze dell’utente. Anche in questo caso, si richiede da
parte dei soggetti privati una maggiore apertura al volontariato, alle imprese
no profit e all’interlocuzione con i cittadini. Nel mondo variegato della
cittadinanza attiva, dove tanta gente è disposta ad “adottare” i servizi di
interesse collettivo, esistono esperienze che toccano ambiti quali il trasporto
dei malati, la riabilitazione dei disabili, l’assistenza agli anziani soli, la
tutela dei malati cronici, le comunità per tossicodipendenti e malati di Aids,
la cura dei malati terminali, le comunità terapeutiche per malati di mente,
l’autoaiuto per specifiche patologie, insieme con organizzazioni che si
occupano della tutela dei diritti. se è più chiaro comprendere il ruolo del
volontariato diffuso, spesso non si capisce che cosa significhi oggi la
partecipazione dei cittadini.
Ebbene, partecipazione vuol dire
avere voce in capitolo sulle decisioni, controllare i risultati, tutelare
quotidianamente gli interessi della collettività, accedere alla documentazione,
interloquire con i responsabili nazionali, regionali e di azienda su questioni
organizzative, di programmazione e di assegnazione di risorse, disporre di
spazi propri all’interno delle strutture, contribuire alla formazione del personale,
essere presenti e formulare proposte nelle sedi contrattuali e nelle
convenzioni.
Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle
Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano
servizi, di:
* stipulare
protocolli di intesa fra Aziende sanitarie e organizzazioni di tutela per la
realizzazione dei servizi di accoglienza, di informazione e di rapporti con il
pubblico, nonché nei controlli di qualità, da parte delle Aziende sanitarie e
dei soggetti privati;
* attivare un tavolo
di concertazione permanente con le organizzazioni di tutela per la definizione
di piani socio-sanitari, leggi, direttive regionali ed atti aziendali che
incidano sulla salute dei cittadini;
* utilizzare in modo
sistematico le informazioni raccolte dalle organizzazioni di tutela e dal
volontariato ai fini del miglioramento dei servizi;
* sostenere le
imprese no profit che offrono servizi socio-sanitari ed assistenziali
complementari, nonché le organizzazioni di tutela dei diritti e di
volontariato, attraverso l’offerta di spazi, di materiale, di copertura
assicurativa e di strutture;
* attivare sistemi di controllo,
di valorizzazione e di verifica della qualità delle attività svolte dal
volontariato diffuso e dai soggetti no profit.
Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:
* ostacolare
l’accesso ai servizi del volontariato diffuso e delle organizzazioni di tutela
dei diritti;
* ritardare il
rinnovo delle convenzioni, anche quando esse non prevedono oneri finanziari per
regioni e aziende sanitarie;
* non rispettare le norme che
regolano la consultazione delle
organizzazioni dei cittadini in occasione della definizione dei piani sanitari,
della composizione dei bilanci, del varo di norme e circolari.
Per noi cittadini il diritto al volontariato, all’assistenza da parte di
soggetti no profit e alla partecipazione significa infine:
* diritto di
interlocuzione con i funzionari pubblici e le istituzioni preposte in materia
di leggi e regolamenti sui servizi sanitari;
* diritto di
accedere alla documentazione e alle informazioni circa la gestione dei servizi,
sia nelle strutture pubbliche che in quelle private;
* diritto alla
libera circolazione nelle strutture sanitarie, pubbliche e private, fatte salve
esigenze di riservatezza;
* diritto di
svolgere attività formative nei confronti del personale sanitario;
* diritto del
personale sanitario a partecipare ad attività di volontariato e di tutela dei
diritti, senza ricevere pressioni e intimidazioni da parte dell’amministrazione
e dei superiori;
* diritto di negoziazione con le
organizzazione dei lavoratori e con le amministrazioni relativamente alle
modalità di svolgimento degli scioperi e alla contrattazione decentrata nel
comparto sanità.
13. Diritto al futuro
Ogni cittadino, anche se condannato dalla sua malattia, ha diritto a
trascorrere l’ultimo periodo della vita conservando la sua dignità, soffrendo
il meno possibile e ricevendo attenzione e assistenza.
Gli anziani in gravi condizioni,
i malati terminali, i malati di Aids in fase di malattia avanzata, hanno
diritto al futuro.
Anche se tale futuro non può
essere caratterizzato dalla salute e se sarà sicuramente limitato nel tempo,
ciò non significa che esso debba essere segnato solo da sofferenza inutile, abbandono
e disperazione.
Il Servizio sanitario, con il
sostegno delle famiglie e delle organizzazioni di volontariato, ha il dovere di
farsi carico di questi soggetti, non solo attraverso una generica protezione
assistenziale, ma mettendo in campo tutti gli
strumenti idonei a consentire una esistenza e una morte serena.
Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle
Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano
servizi, di:
* prevedere per tali
malati non solo la cura, ma anche attenzioni particolari volte a preservare la
loro dignità (riservatezza, pulizia, cure estetiche, cura nell’abbigliamento);
* favorire in
ospedale la presenza di parenti, di amici e di personale volontario, nonché di
locali adibiti a luoghi di ritrovo e di svago;
* consentire per
tali soggetti la possibilità di uscire dal luogo di cura per alcune ore o per
alcuni giorni senza perdere il posto letto;
* promuovere l’uso
della terapia del dolore e delle cure domiciliari anche con l’aiuto delle
associazioni di volontariato;
* formare il
personale allo svolgimento di compiti di assistenza ai malati terminali;
* prevedere corsie
preferenziali in caso di ricovero urgente di un malato affidato alle cure
domiciliari;
* avviare la realizzazione
di strutture assistenziali
specializzate per i malati terminali e
creare le migliori condizioni possibili di assistenza alla persona
morente.
Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:
* ridurre l’assistenza
ospedaliera o addirittura dimettere i malati terminali, senza garantire una
dimissione protetta;
* affidare il malato ai familiari
senza garantire un supporto e senza fornire informazioni sulle modalità di
assistenza domiciliare;
* ostacolare la presenza di
familiari e di personale volontario accanto al malato in ospedale;
* interrompere le cure, anche
quando queste servono per alleviare il dolore.
Per noi cittadini
il diritto al futuro significa infine:
* diritto di non subire
l’accanimento diagnostico e terapeutico;
* diritto di non soffrire
inutilmente, in presenza di possibili terapie palliative;
* diritto di non essere
abbandonato al momento della morte;
* diritto ad avere corsie
preferenziali per le pratiche burocratiche, onde evitare che il loro
completamento arrivi quando non ce n’è più bisogno;
* diritto ad essere sempre
considerato una persona, e non solo una malattia, anche negli ultimi giorni
della propria vita;
* diritto di scegliere il luogo
(la casa, l’ospedale, l’hospice) dove
trascorrere le ultime fasi della propria vita.
14. Diritto alla riparazione dei torti
Ogni cittadino ha diritto, di fronte a una violazione subita, alla
riparazione del torto ricevuto in tempi brevi e in misura congrua.
È scandaloso che un cittadino che
abbia subìto danni a causa del comportamento degli operatori sanitari e della
cattiva qualità della struttura non sia risarcito entro un arco di tempo
accettabile e con una somma commisurata al torto subito.
È altresì inaccettabile che non
solo non si applichi alcuna sanzione cautelativa nei confronti degli operatori
indagati, ma che addirittura chi viene riconosciuto responsabile resti
tranquillamente al suo posto, con pericolo per la salute di altri possibili
pazienti.
Chi ha subito un torto vuole
soprattutto veder riconosciuto l’errore “perché ad altri non succeda ciò che è
successo a me”, come da anni usano ripetere coloro che si rivolgono al
Tribunale per i diritti del malato.
Come cittadini pretendiamo che la
lentezza della giustizia ordinaria non venga considerata un alibi dalle Aziende
sanitarie e che presso ogni azienda sanitaria si attivino sistemi di tutela del
cittadino.
Per una effettiva tutela di questo diritto chiediamo alla Regione, alle
Aziende sanitarie, nonché a tutti i soggetti, pubblici e privati, che erogano
servizi, di:
* procedere alla
creazione di un sistema di verifica e all’istituzione di una commissione
conciliativa, composta da responsabili della direzione, cittadini, operatori,
che si occupi di intervenire e di dirimere le controversie di minore entità;
* garantire la
prosecuzione dell’applicazione della legge n. 210/1992 a scadenza
indeterminata;
* dare vita, per i
casi più gravi, a una commissione extragiudiziale di azienda, che abbia come
obiettivi l’accertamento del danno, la sua quantificazione, nonché l’attivazione,
di concerto con il direttore generale dell’azienda, dei sistemi sanzionatori
nei confronti degli operatori o dei servizi coinvolti;
* non ostacolare la giustizia
ordinaria nei casi in cui sia necessario il ricorso alla magistratura.
Sono quindi prassi e comportamenti da rimuovere sempre e comunque:
* il perpetuarsi di
un atteggiamento omertoso da parte di non pochi operatori sanitari, nonché di
associazioni professionali, che crea grandi difficoltà nella raccolta di dati e
informazioni sui fatti avvenuti;
* la scarsa
disponibilità, spesso proprio a causa della citata omertà, dei medici legali a
redigere la perizia necessaria;
* l’onerosità delle
stesse perizie e dell’assistenza legale, a fronte della difficoltà di ricorrere
al gratuito patrocinio e all’inefficacia di tale istituto;
* il permanere di
tempi lunghissimi soprattutto per il processo civile;
* la discrezionalità con cui assicurazioni e
tribunali procedono al calcolo del danno alla persona, che crea situazioni di
incertezza per il cittadino e grandi difformità nella quantificazione del
danno;
* la analoga discrezionalità in
materia di riconoscimento del danno in caso di trasfusioni infette da parte
delle commissioni previste dalla legge n. 210/1992 e successive modificazioni.
Per noi cittadini il diritto alla riparazione dei torti significa infine:
* diritto di
ottenere giustizia tempestivamente, attraverso il riconoscimento del danno
subito;
* diritto alla
liquidazione del danno, senza attese dovute ai tempi burocratici;
* diritto di essere
informati dall’azienda sanitaria circa le procedure e le modalità di
composizione extragiudiziale;
* diritto di essere assistiti,
per tutto il corso del procedimento, dalle organizzazioni di tutela dei malati.
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