Prospettive assistenziali, n. 141, gennaio-marzo 2003

 

 

COME DIFENDERE IL DIRITTO DEGLI ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI ALLE CURE SANITARIE: UN UTILE manualetto

 

 

Il Csa di Ivrea, Coordinamento sanità e assistenza tra i movimenti di base, ha redatto un ma­nualetto allo scopo di diffondere alla popolazione eporediese la conoscenza dei diritti dei cittadini malati cronici non autosufficienti alle prese con il Servizio sanitario nazionale. Lo riportiamo integralmente anche per invitare altre organizzazioni di volontariato a riprodurre tale iniziativa, avvalendosi magari del sostegno di un centro di servizi per il volontariato o chiedendo un contributo all’ente pubblico locale o promuovendone la realizzazione da parte dell’ente stesso.

 

 

Perché e per chi questo manualetto

Sono numerosi i casi di persone affette da malattie croniche o invalidanti che incontrano varie difficoltà per farsi curare dal Servizio sanitario nazionale. L’ospedale funziona – e in genere anche bene – fin quando si tratta di affrontare le fasi acute della malattia; ma se dopo questa fase si rende necessario un lungo periodo di riabilitazione o addirittura un ricovero a tempo indeterminato, allora il malato che per qualche motivo non può essere portato e curato a casa rischia di trovarsi in seria difficoltà.

Spesso la cura e l’assistenza di un malato lungodegente o cronico mette in crisi l’organizzazione della vita familiare e ha pesanti conseguenze sul piano economico. Una relazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1999 ha segnalato che oltre 2 milioni di famiglie italiane sono cadute sotto la soglia minima di povertà per aver dovuto sostenere costi relativi alla cura di malati cronici non autosufficienti o handicappati gravi.

Di fronte alla minaccia della malattia di un familiare e alla inderogabile necessità di cure, l’ostacolo rappresentato da certe procedure della Sanità induce molti a rinunciare al servizio pubblico e a ricorrere al ricovero in cliniche o case di riposo private; ma qui  i costi sono molto elevati.

 Nel dicembre 2002 la retta media per il ricovero in una Rsa - Residenza sanitaria assistenziale, nella Provincia di Torino, era di circa 2000-2500 euro al mese. Chi non è in grado di sostenere questi costi o ha esaurito i propri risparmi rischia di finire nel circuito delle pensioni abusive dove non mancano  i casi – periodicamente testimoniati dalle denunce dei NAS – di maltrattamenti e violazioni delle norme vigenti. Ciò si verifica anche perché molti cittadini non conoscono quali sono i loro effettivi diritti in tema di cure sanitarie. Inoltre, il ricorso alle strutture pubbliche in certi casi è scoraggiato anche dalle indicazioni non sempre corrette degli operatori sanitari che, facendo riferimento alla prassi e alle consuetudini, talvolta ignorano o male interpretano le norme vigenti.

Con questo piccolo vademecum il Csa di Ivrea riassume le principali norme su cui si fonda il diritto alle cure sanitarie, con particolare riferimento alle situazioni di chi necessita di cure prolungate nel tempo.

Nell’ultima pagina sono anche indicate le associazioni di volontariato a cui chiunque, ritenendo di vedere violato un proprio diritto alle cure sanitarie, può rivolgersi per ottenere consulenza e assistenza gratuita.

 

Sanità e assistenza: lo sapevate che…

I diritti alle cure sanitarie e all’assistenza hanno il loro fondamento nella Costituzione che afferma: «La Repubblica tutela la salute come fonda­mentale diritto dell’individuo e interesse della collettività» (art. 32); «Ogni individuo inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale» (art. 38).

Purtroppo, le leggi e i decreti emanati per tradurre in norme concrete i principi della Costituzione non sempre sono chiari e concordano tra loro. Vale il principio che le leggi nazionali prevalgono sulle regionali e che le leggi prevalgono sui decreti amministrativi.

Quando si parla di norme vigenti e diritti riconosciuti per legge, attenti a non confondere “sanità” e “assistenza”.

Le cure sanitarie sono un diritto per tutti, garantito dal Servizio sanitario nazionale attraverso le Regioni e le Asl-Aziende sanitarie locali (nel Canavese la Asl n. 9).

Invece l’assistenza, che è compito dei Comuni (a Ivrea e nell’area dell’ex Ussl 40 svolto dal Consorzio In.Re.Te.), è un diritto che spetta solo a pochi: gli inabili che non hanno i mezzi per vivere.

 

Chi e per quanto tempo ha diritto alle cure sanitarie?

Tutti i malati hanno diritto di essere curati gratuitamente, salvo pagamento dei ticket, dalle strutture sanitarie pubbliche (cioè medici, ambulatori, ospedali e altre strutture dell’Asl 9) o da case di cura private convenzionate, senza limiti di età, tipo di malattia, durata delle cure.

Questo diritto spetta, quindi, anche agli anziani malati cronici non autosufficienti, alle persone colpite da malattie inguaribili o invalidanti, da malattie psichiatriche, dal morbo di Alzheimer, ecc.

A quali condizioni posso accettare di essere dimesso da un ospedale?

Nessun malato che necessita ancora di cure sanitarie può essere dimesso dall’ospedale dove è ricoverato salvo che gli sia stata garantita la continuità delle cure in uno di questi modi:

– a domicilio, se l’interessato è d’accordo e se i familiari o terze persone volontariamente si assumono l’impegno di proseguire le cure a casa, fermo restando il supporto di personale qualificato a carico della Sanità pubblica;

– presso altre strutture sanitarie (altri reparti dell’ospedale o case di cura convenzionate), dove il malato venga trasferito a cura e spese dell’Asl, anche se la destinazione è una casa di cura privata convenzionata. In tutte queste strutture la degenza deve essere gratuita.

 

Che rischi corro se accetto le dimissioni dall’ospedale quando ho ancora bisogno di cure?

Prima di accettare le dimissioni, soprattutto nel caso di malattie croniche o invalidanti, è bene valutare con molta attenzione le conseguenze derivanti dalle proprie decisioni e dalle proposte formulate dalla struttura ospedaliera.

Infatti, il malato cronico o lungodegente che accetta le dimissioni dall’ospedale esce dalla tutela completa e continuativa del Servizio sanitario nazionale.

In questo caso non gli restano che le seguenti possibilità:

– rientrare a casa propria, facendo affidamento sulle cure di qualche familiare e del medico di base;

– richiedere la visita di una speciale commissione (la Uvg - Unità valutativa geriatrica) per ottenere le cure domiciliari o il ricovero in una Rsa o in una Raf, come descritto più avanti. Dopo la visita, la commissione inserisce il malato in una lista d’attesa che solitamente si prolunga per parecchi mesi;

– trasferirsi privatamente in una Rsa o Raf, dove i costi mensili sono dell’ordine dei 2000-2500 euro.

 

Posso oppormi alle dimissioni dall’ospedale?

Chi ha necessità di continuare le cure e non può essere curato a casa può opporsi alle dimissioni o al trasferimento in altra struttura che appaia chiaramente inadeguata.

Se l’ospedale o la casa di cura convenzionata insiste, ci si può opporre inviando ai responsabili sanitari una lettera raccomandata, seguendo il modello predisposto dal Csa di Ivrea sulla base dell’esperienza ventennale del Csa - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti di Torino.

 

Quanto posso restare nella casa di cura dove l’ospedale mi ha trasferito?

Spesso, ai malati lungodegenti o bisognosi di terapie di riabilitazione trasferiti in case di cura convenzionate, viene detto che la permanenza in queste strutture può durare al massimo 60 giorni.

Non è vero! Le cure gratuite devono durare per tutto il tempo richiesto dalla natura della malattia. Se al 55° giorno di degenza il malato necessita di ulteriori cure e non può rientrare a casa, la Direzione della casa di cura deve informarne l’Asl. Questa provvederà a prendersi a carico il malato o inserendolo in una propria struttura o facendosi carico dei costi per il prolungamento della degenza presso la casa di cura convenzionata.

 

Chi ha la responsabilità di trovarmi una sistemazione per proseguire le cure quando l’ospedale vuole dimettermi?

Spesso i medici dell’ospedale, dopo essere intervenuti per curare la fase acuta di una malattia o di un trauma,  invitano i parenti del malato cronico o con prospettive di lungodegenza a trovarsi una sistemazione presso qualche altra struttura sanitaria o non.

Attenzione! I parenti possono collaborare, ma la responsabilità di trovare la sistemazione più idonea per proseguire le cure è totalmente della Asl.

 

Cosa sono le Rsa? a chi servono?

Le Rsa (Residenze sanitarie assistenziali) sono strutture destinate al ricovero di anziani non autosufficienti, che spesso sono anche malati cronici o lungodegenti.

Nel territorio dell’Asl 9 sono attive tre Rsa, situate a Ivrea (Saudino), Caluso e Pont; a queste nel gennaio 2003 se ne è aggiunta una quarta, a Valperga.

Pur ospitando dei malati e pur dipendendo dall’Asl 9, le Rsa non hanno caratteristiche di strutture totalmente sanitarie (in altre aree del Piemonte la maggior parte delle Rsa appartiene a consorzi pubblici o a privati che operano nel settore puramente assistenziale): i ricoverati devono pagare una quota alberghiera, sono considerati “ospiti” e non “malati”; la presenza del personale medico e infermieristico è limitata e non sempre adeguata alle esigenze dei ricoverati, soprattutto al sabato e domenica.

 

Chi decide l’ingresso in una Rsa?

L’ingresso in una Rsa è deciso in base a una graduatoria risultante dalle valutazioni fatte dalla Uvg (Unità valutativa geriatrica), una commissione sanitaria che esamina i diversi casi proposti, ne valuta la natura, l’urgenza delle cure e verifica se il ricovero nella Rsa è compatibile con la gravità della malattia.

Questa commissione, che nel caso dell’Asl 9 ha sede presso il reparto di Geriatria all’ospedale di Castellamonte, prepara una graduatoria dei casi esaminati che tiene conto anche delle valutazioni socio-economiche fatte dai servizi socio-assistenziali.

Poiché le richieste sono molte e i posti letto pochi, la lista di attesa per entrare in una Rsa dell’Asl 9 è di circa 350 persone. A gennaio 2003 i posti letto disponibili sono in tutto 180 e quindi l’attesa in molti casi supera l’anno.

 

Se sono ricoverato in una Rsa devo pagare?

Proprio per la natura delle Rsa, che non sono una struttura tipicamente sanitaria, è previsto che il ricoverato paghi un contributo giornaliero (la cosiddetta quota alberghiera).

Indicativamente, nel 2002 nelle Rsa dell’Asl 9 queste quote variavano da 26 a 38 euro al giorno.

 

Se accetto di entrare in una Rsa i miei diritti sanitari corrono dei rischi?

Poiché di fatto i diritti sanitari dei malati ricoverati presso una Rsa non sempre sono riconosciuti allo stesso modo dei diritti di chi è ricoverato in un ospedale o in una casa di cura convenzionata, prima di accettare il trasferimento a una Rsa verificate con molta chiarezza con l’Asl o con l’ospedale i modi, il luogo, la durata e i costi del ricovero.

Alcune Asl di Torino hanno definito con le Rsa convenzionate precisi accordi in base ai quali prima del ricovero il malato riceve chiare informazioni scritte sui suoi diritti. Al momento l’Asl 9 non fornisce tali informazioni.

 

Se l’ospedale mi trasferisce a una Rsa devo essere dimesso? chi provvede al trasporto?

Se avete accettato di andare in una Rsa, verificate che il trasferimento dall’ospedale avvenga sotto responsabilità e spese dell’Asl, direttamente dall’ospedale alla Rsa senza passaggi intermedi con permanenza a domicilio o in altre strutture non sanitarie. Eventualmente chiedete un impegno scritto dell’Asl circa tempi, luogo, durata e costi del ricovero.

 

Cosa sono le Raf?

Sempre nel caso di malati cronici o lungodegenti, talvolta l’ospedale propone il trasferimento a una Raf (Residenza assistenziale flessibile) o a una casa protetta o a una casa di riposo, magari in attesa che si liberi un posto presso una Rsa dell’Asl.

Attenzione! Le Raf sono strutture dell’assistenza; chi accetta il trasferimento esce dalle strutture sanitarie e gli verranno chiesti contributi giornalieri che possono variare dai 50 ai 100 euro al giorno (dai 3 ai 6 milioni al mese di vecchie lire), senza avere garanzie sulle cure sanitarie e sul successivo rientro in una struttura sanitaria.

 

Se sono malato posso oppormi al trasferimento in una Raf?

Ci si può sempre opporre al trasferimento in una Raf di un malato che necessita di cure sanitarie e che non può essere curato a domicilio, facendo valere il diritto a essere curati in una struttura della Sanità.

 

Nelle Rsa e nelle Raf convenzionate devo pagare il ticket sui farmaci?

In una Rsa pubblica (come quelle dell’Asl 9) le cure sanitarie devono essere fornite gratuitamente, come in ospedale.

Ai ricoverati in posti letto convenzionati delle strutture private (sia Rsa che Raf) dovrebbero essere forniti gratuitamente anche i farmaci, come stabilito da una delibera della Regione Piemonte.

Di fatto questa norma non è quasi mai rispettata e i ricoverati devono pagare il ticket.

 

Cosa devo fare se non posso pagare la quota giornaliera in una Rsa?

Per chi è ricoverato in una Rsa il pagamento della quota giornaliera può creare serie difficoltà economiche.

Normalmente il diritto ad avere delle agevolazioni viene stabilito applicando le complicate regole del cosiddetto redditometro, che tiene conto dei redditi e del patrimonio dell’interessato e della sua famiglia.

Per chi ha più di 65 anni ed è stato dichiarato non auto-sufficiente dalla Uvg, così come per gli handicappati gravi, il contributo richiesto deve fare riferimento ai soli redditi e beni del ricoverato e non ai redditi dei familiari.

In questo caso il malato contribuisce solo nel limiti del suo reddito personale (pensione ed eventuale assegno di accompagnamento) e del suo patrimonio (alloggi, terreni, ecc.), ferma restando la riconosciuta prassi di trattenere per se un importo per le spese personali di 70-100 euro al mese. Nessun contributo può essere chiesto dagli enti locali ai familiari.

 

Cosa posso fare se per errore ho preso impegni di pagamenti non dovuti con un ente pubblico?

A volte, pur di ottenere il ricovero, i familiari di un malato accettano di pagare dei contributi economici non dovuti (ad esempio, perché calcolati sulla base del reddito familiare e non del solo assistito handicappato grave o ultra-sessantacinquenne non autosufficiente).

Nel caso in cui siano stati sottoscritti indebiti impegni di pagamento a favore degli enti pubblici, gli interessati possono evitare di continuare a veRsare i contributi inviando un’adeguata lettera di disdetta a mezzo raccomandata, con la quale si chiede anche al Comune di residenza di provvedere all’integrazione della retta.

 

Ho un familiare ricoverato che ha bisogno di continua assistenza: mi chiedono di provvedere o di riportarmelo a casa. come mi comporto?

Talvolta le persone ricoverate in ospedale, in case di cura, nelle Rsa o Raf presentano condizioni mentali o di salute tali da richiedere un gravoso impegno di sorveglianza e assistenza. In questi casi può succedere che il personale minacci le dimissioni se i familiari non provvedono ad assicurare una presenza continuativa.

Sono minacce inaccettabili. I parenti non sono tenuti a svolgere quelle funzioni (“tutte le necessarie prestazioni mediche, infermieristiche, riabilitative, assistenziali e alberghiere”) che sono tipicamente di pertinenza del personale della casa di cura o Rsa o Raf.

Bisogna però comprendere le condizioni di lavoro del personale infermieristico: pertanto, la collaborazione volontaria dei parenti, che può contribuire a migliorare sensibilmente la cura e le condizioni di vita del malato, è altamente auspicabile soprattutto nei casi di persone non più in grado di provvedere alle proprie più elementari esigenze.

 

Se ritengo che il mio diritto alle cure sanitarie sia violato cosa posso fare?

Il malato, soprattutto se ricoverato, se anziano, se portatore di malattie invalidanti, si trova sempre in una posizione di debolezza di fronte ai medici e infermieri che lo curano. Ma questo non giustifica che si debbano accettare passivamente evidenti violazioni dei propri diritti, tanto più che queste violazioni a volte derivano semplicemente dalla non conoscenza delle norme vigenti da parte del personale sanitario, che spesso si affida alla prassi (“si è sempre fatto così”).

Chi reclama formalmente il rispetto di un proprio diritto rende un servizio oltre che a se stesso, anche ad altri che si trovano in una situazione simile.

 

A chi posso rivolgermi per un consiglio e un aiuto gratuito?

Il Csa di Ivrea e il Tribunale per i Diritti del Malato offrono in modo discreto, nel rispetto del diritto alla privacy, assistenza gratuita ai cittadini per verificare eventuali violazioni dei diritti sanitari, per predisporre eventuali lettere di opposizione a dimissioni indebite o trasferimenti in strutture inadeguate, per revocare pagamenti di rette non dovute a enti pubblici, ecc.

Maggiori informazioni e indicazioni relative agli aspetti illustrati in questo documento sono disponibili presso:

• Csa di Ivrea, Piazza Castello, 4 - 10015 Ivrea; e-mail: csaivrea@localport.it (1);

• Tribunale per i Diritti del Malato, Via del Paione - 10015 Ivrea - tel. 0125.41.43.98 (martedì e mercoledì, ore 15.00-17.00);

• Csa di Torino, Via Artisti, 36 - 10124 Torino - tel. 011.812.44.69 (lunedì-venerdì, ore 8.30-12.30; 16.00-18.00).

 

 

(1) Il Csa di Ivrea (Coordinamento Sanità e Assistenza tra i movimenti di base) riunisce associazioni e cooperative, di diversa ispirazione, che nell’area eporediese svolgono attività di promozione, di assistenza e di solidarietà nei settori sociali, sanitari e assistenziali. Il Csa funge da polo di aggregazione, punto di incontro, di dibattito e di scambio di informazioni tra gli organismi aderenti. Opera in contatto con il Csa di Torino e ne condivide l’impegno per la tutela dei diritti delle fasce più deboli della popolazione. I soci agiscono in piena autonomia, avendo come fattore unificante della loro attività la comune volontà di operare a vantaggio delle persone maggiormente in difficoltà. Fanno parte del Csa di Ivrea: Aias - Associazione italiana assistenza agli spastici; Associazione casainsieme; Associazione comunità casa dell’ospitalità; Associazione comunità alloggio; Acf - Associazione per la consulenza familiare; Associazione per la lotta contro le malattie mentali; Associazione l’orizzonte; Avulss - Associazione volontariato nelle unità locali servizi socio-sanitari; Cooperativa Pentagramma; Cooperativa Praie; Cooperativa S. Michele; Gr.a.m.a – Gruppi di auto mutuo aiuto; Società di S. Vincenzo de’ Paoli; Tribunale per i diritti del malato.

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it