Prospettive assistenziali, n. 142, aprile-giugno
2003
Specchio nero
TROPPO DOLORE INUTILE IN CORSIA
Secondo
i dati diffusi al convegno “Il dolore inutile” svoltosi a Dogliani (Cn) il 22
maggio 2002 «nove ricoverati in strutture
sanitarie su dieci soffrono, ma solo uno su tre riceve cure adeguate per contrastare
il dolore. L’80 per cento dei pazienti parla di “una sofferenza ai limiti della
sopportazione”, ma non è curato adeguatamente: così ogni anno, centomila
persone colpite da un tumore muoiono soffrendo».
Ovviamente,
occorre che la lotta contro il dolore sia estesa a tutte le patologie.
Nel
corso del convegno, Sergio Zavoli ha giustamente sostenuto che «non lenire il dolore è una violenza» ed
ha ricordato che «quasi il 100 per cento
dei malati che chiede l’eutanasia lo fa perché spinto da dolori spaventosi, e
il 65 per cento perché teme che la sofferenza ricompaia o possa aumentare».
SOGGETTO CON HANDICAP
INTELLETTIVO GRAVE IN CARCERE PER AVER “RUBATO” TRE PALLONI
È mai
possibile che un cittadino con un grave handicap di tipo intellettivo, sia
stato arrestato a causa di un “furto” di tre palloni da calcio?
È ciò
che è avvenuto ad un ragazzo di Frosinone di 19 anni che, secondo quanto
riportato da La Stampa del 29 gennaio
2003, è assolutamente incapace di provvedere a se stesso e necessita della
presenza continua di un accompagnatore, non essendo neanche in grado di
distinguere i segnali che il fisico comunica per espletare le proprie
necessità. Nonostante ciò, è stato rinchiuso nella casa circondariale di
Frosinone per quattro giorni in attesa dell’udienza di convalida.
Su
questa vicenda l’Associazione tutori volontari di Torino ha tenuto a ricordare
attraverso la rubrica Lettere al quotidiano de La Stampa che, al di là del discutibile atteggiamento della forze
dell’ordine, il codice civile sancisce l’obbligo dell’interdizione di chi, al
raggiungimento dei 18 anni, non è assolutamente e definitivamente in grado di
provvedere a se stesso. Dopo tale dichiarazione, che attesta solo uno stato di
fatto (non aggiunge o toglie nulla a chi è già incapace), è nominato un tutore:
gli atti compiuti dall’interdetto possono quindi essere annullati semplicemente
su istanza del tutore. Crediamo che sia utile informare sull’importanza di
questo ufficio di tutela. Si potrebbero evitare così anche le conseguenze del
fatto di cronaca segnalato.
ANCORA VIOLENZE AD ANZIANI ISTITUZIONALIZZATI
Roma - «Anziani e disabili picchiati in una casa di riposo di Ostia. Denunciate
E.D.M., 76 anni ed E.L., 53, le due donne gestivano la casa, risultata abusiva
e priva di qualsiasi autorizzazione. L’indagine è scattata quando un non
vedente di 59 anni ha riportato una prognosi di 40 giorni per trauma cranico e
schiacciamento delle costole» (Avvenire, 20 febbraio 2003)
Biella - «Due esponenti del consiglio di amministrazione e tre dipendenti della casa
di riposo di S. in provincia di Biella sono stati denunciati dai carabinieri di
Mongrando, dai militari del Nas e dai funzionari dell’Ispettorato del lavoro di
Biella per maltrattamento nei confronti degli anziani ed esercizio arbitrario
della professione medica. Le indagini sarebbero partite da una circostanziata
segnalazione su alcuni presunti episodi di maltrattamento fatta ai carabinieri
dai sindacalisti e da alcuni parenti di ospiti della casa di riposo. In base ad
altri elementi raccolti durante il lavoro d’indagine, l’altro giorno i
carabinieri del Nas, con i colleghi di Mongrando e i funzionari
dell’Ispettorato del lavoro, hanno fatto irruzione nella casa di riposo, dove
avrebbero ottenuto riscontri delle numerose lamentele. Da qui le denunce». (Il Giornale, 11 aprile 2003).
Roma - «chi ci lavora dice che è una
clinica geriatrica di lunga degenza, privata, specializzata in casi di demenza
senile. Secondo i dirigenti dell’ufficio tecnico del comune di Roma, sedicesimo
municipio, si tratta di stabile ad uso privato in cui si tiene un’attività
sanitaria abusiva. Ma il centro di via P. non è (solo) né l’una né l’altra
cosa, visto che le ispezioni dell’Azienda sanitaria locale, sistematicamente
bloccate, hanno portato a due diverse ordinanze di chiusura, una firmata
dall’ex sindaco di Roma Francesco Rutelli, l’altra, dell’agosto di quest’anno,
da Walter Veltroni, e quelle fatte dai carabinieri del nucleo
antisofisticazioni (Nas) hanno avuto come risultato quello di avviare un nuovo
procedimento penale, ora in fase istruttoria, per il presunto utilizzo di
farmaci scaduti.
Le accuse a carico della clinica formulate dalla
Asl sono pesanti: il personale è scarso e non qualificato, cioè non è composto
da infermieri professionisti ma di “personale formato internamente”, senza
alcun titolo, non ci sono uscite di sicurezza.
L’unico spazio in cui possono prendere aria i
degenti di questa clinica, che occupa la metà di una palazzina bianca e grigia
dall’aspetto comune, per Monteverde Vecchio, è una specie di piccolo balcone
(…) i vicini raccontano di urla nel cuore della notte, di rifiuti speciali
ammonticchiati in un angolo del cortile interno, vicino alle finestre di
qualcuno di loro, e poi smaltiti come comune immondizia.
(…) «Questa storia va avanti dal 1996 – dice A.
B., responsabile dell’Unità operativa strutture sanitarie del servizio igiene
pubblica – e ancora non ne siamo venuti a capo. Non ci fanno visitare i loro
pazienti, non ci permettono di metterci in contatto con i loro familiari. In
queste condizioni il nostro lavoro si fa più lungo e difficile». Senza contare
che l’abuso paga, visto che Carotenuto riferisce che la U.A. ha aperto altri
due centri, uno a Pomezia e l’altro, forse, a Genova. Abusivi» (Il Manifesto, 6 marzo 2003).
Napoli - Come risulta da una
inchiesta riportata su “Avvenire” del 20 aprile 2003, i carabinieri dei Nas di
Napoli hanno sequestrato le case di riposo “Villa delle rose” e la sua gemella
“Villa del sole” ed «il titolare è stato
denunciato con l’accusa di fornire ai sessanta ospiti assistenza geriatrica e
neurologica senza i requisiti richiesti dalla legge». Infatti, «le strutture sono risultate inadeguate, per
motivi di tipo tecnico e organizzativo, ad ospitare anziani non autosufficienti
e inoltre il personale medico ed infermieristico mancava dei titoli necessari
per l’assistenza specialistica».
Nello
stesso articolo viene segnalato che «negli
ultimi 18 mesi, più o meno dal rogo della casa di cura di San Gregorio Magno
dove morirono diciannove ospiti (1),
sono state quasi venti le case di riposo sequestrate dai carabinieri dei Nas in
provincia di Napoli e di Caserta, nelle quali si assiste ad un proliferare di
queste strutture prive di autorizzazioni e di adeguati standard assistenziali».
Mentre
apprezziamo l’intervento dei Nas, non possiamo fare a meno di chiedere alla
Regione Campania e alle relative Asl che cosa hanno fatto e intendono fare per
evitare situazioni così lesive della dignità delle persone.
TUTTI ASSOLTI PER L’OSPIZIO
DEGLI ORRORI
Con
questo titolo, Paola Zanolli, sul quotidiano Torino Cronaca del 29 gennaio 2003 riferisce quanto segue: «A cucinare i pasti per gli anziani degenti
della struttura era un malato terminale di Aids, oggi deceduto. Mentre ad
occuparsi della lavanderia c’era “Dolly”, un travestito che quando aveva finito
di lavare e stirare i panni degli ospiti della comunità si toglieva il camice
da infermiere e indossava reggicalze e minigonna per recarsi sul marciapiede a
due passi dal nuovo Palazzo di giustizia, dove svolgeva il suo secondo e ben
più remunerativo lavoro. E intanto, all’interno dell’ospizio, si consumavano
una miriade di episodi di maltrattamenti, violenze, circonvenzioni e
addirittura omicidi ai danni dei ricoverati.
«Sono soltanto alcuni dei particolari venuti alla
luce dalle indagini sulla “Comunità Cerutti”, la struttura per anziani di
Rivoli, in via Roma, gestita dall’Ordine dei Servi dei Poveri, una
congregazione di frati laici assolutamente fasulla. Un’inchiesta avviata nel
1995 dal sostituto procuratore Donatella Masia ma che, rimasta sepolta in un
cassetto dell’ufficio del Giudice per le indagini preliminari, soltanto in
questi giorni è arrivata in Tribunale. Un processo che, a causa di tutti i
ritardi accumulati, si è concluso nel nulla: quando i principali imputati del
procedimento si sono ritrovati davanti ai giudici si è scoperto che i reati a
loro contestati erano ormai caduti in prescrizione. E a pagare il conto con la
giustizia, alla fine, è stata una persona che con tanti episodi sconcertanti
non c’entrava proprio nulla. Silvia Nai, infatti, dovrà scontare venti giorni
di reclusione, con la sospensione condizionale della pena per favoreggiamento:
amica di famiglia del dottor C.I.Z., uno dei principali imputati del
procedimento, aveva offerto collaborazione ai famigliari del medico affinché
lui, colpito da ordine di cattura e resosi latitante per mesi, potesse, tramite
la donna, tenere i contatti con moglie e figlia.
«le
indagini “sull’ospizio degli orrori” partirono da un esposto con cui i medici
del Pronto soccorso di rivoli
denunciavano le condizioni in cui era stata ricoverata una donna di 81 anni
proveniente dalla comunità Cerutti: gravi piaghe da decubito, malnutrizione,
ferite, infezioni da carenze igieniche, disidratazione. L’inchiesta della
magistratura per “abbandono di persone incapaci” partì immediatamente. Ma dopo
i primi accertamenti i reati ipotizzati si aggravarono notevolmente e vennero
emessi otto provvedimenti di custodia cautelare in carcere. Nei guai, con il
presidente dell’ospizio R.C., finirono anche infermieri e personale di
servizio, oltre al dottor Z., medico di base di 9 pazienti sui 12 ricoverati,
responsabile di non aver mai segnalato all’autorità giudiziaria gli orrori che
si erano consumati nella struttura, rendendosi così complice di tante
malefatte.
«sconcertante
lo spaccato che emerge dall’inchiesta. Non solo agli anziani venivano serviti
cibi avariati, pasta con farfalline. Alcuni ospiti sarebbero anche stati
seviziati, altri addirittura uccisi. Raccontò infatti un infermiere, anch’egli
fasullo, nel corso delle indagini: “C’era un’anziana che credeva di essere in
guerra, sotto i bombardamenti, e gridava. Io mi ero appena bucato d’eroina, ho
partecipato alle sue allucinazioni e per proteggerla le ho messo un cuscino
sulla faccia e l’ho premuto fino a soffocarla”. E quello non fu l’unico decesso
sospetto a verificarsi nell’ospizio lager. Senza contare che tutti gli ospiti,
per essere ricoverati nella struttura, dovevano donare tutti i loro beni
all’inesistente Ordine dei Servi dei Poveri».
LAURA, ANNI 22, MORTA DI FAME
A
Lanusei, in provincia di Nuoro, in un casolare di campagna, Laura è stata
trovata senza vita, distesa su un prato dove pascolava qualche capra.
È
deceduta di fame e di stenti non in un Paese del terzo mondo, ma a casa nostra:
denutrita e malata. Nessuno si è preoccupato della sua salute: nessun medico,
nessun assistente sociale, nessuno della sua famiglia, nessuno degli
amministratori comunali e nessuno dei vicini di casa.
Disastrosa
era la situazione della famiglia di Laura che, dopo la morte del padre avvenuta
quando aveva 12 anni, era composta dalla madre, dai nonni e dallo zio: tutti
con gravissimi problemi di salute mentale, anch’essi bisognosi d’aiuto e
abbandonati nell’indifferenza.
(1) Cfr.
“Malati psichici bruciati vivi”, Prospettive
assistenziali, n. 138, 2002.
www.fondazionepromozionesociale.it