Prospettive assistenziali, n. 142, aprile-giugno
2003
Editoriale
una petizione popolare per ottenere dalle istituzioni
pubbliche il rispetto delle leggi vigenti in materia di contribuzioni
economiche
è assai singolare che gruppi di
volontariato, associazioni di tutela dei soggetti deboli e singoli cittadini
promuovano una raccolta di firme non per richiedere cambiamenti nella
legislazione o nell’organizzazione dei servizi, ma “solamente” per ottenere
dalle istituzioni pubbliche l’applicazione di leggi vigenti.
La materia in esame è, ancora una volta, la questione delle contribuzioni
economiche che gli enti pubblici pretendono illegittimamente dai congiunti di
assistiti maggiorenni, in particolare dai parenti di soggetti con handicap
grave e di ultrasessantacinquenni non autosufficienti.
Le istanze contenute nella petizione, riportata integralmente alle pagine 3
e 4 di questo numero, sono rivolte anche alle forze politiche che erano al
Governo quando il Governo stesso, in base ad una legge delega del Parlamento,
aveva varato il decreto legislativo 130/2000 che reca le firme di Amato,
Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché dei Ministri Del Turco (Finanze),
Salvi (Lavoro e Previdenza sociale), Visco (Tesoro e Bilancio), Turco
(Solidarietà sociale), Bianco (Interno) e Veronesi (Sanità).
Al
riguardo, ricordiamo nuovamente che detto decreto legislativo, che ha
profondamente modificato in senso positivo il precedente decreto legislativo n.
109/1998, stabilisce all’articolo 2 che i contributi economici non possono per
nessun motivo essere richiesti dagli enti pubblici ai parenti non conviventi. A
sua volta, il comma 2 ter dell’articolo 3 dello stesso decreto legislativo
130/2000 sancisce che detti contributi non possono essere imposti nemmeno ai
congiunti conviventi dei soggetti con handicap grave e degli ultrasessantacinquenni
non autosufficienti, in quanto si deve far riferimento esclusivamente alla «situazione economica del solo assistito».
Segnaliamo
che una consistente parte dei Comuni (ad esempio Milano, Napoli, Torino e tutti
gli enti locali della Basilicata) e numerosi Consorzi (in particolare quelli
della prima e seconda cintura torinese) hanno attuato correttamente le norme in
vigore, anche se, com’è successo per il capoluogo del Piemonte, il rispetto
della legge è stato ottenuto solo dopo le molteplici iniziative promosse dal
Csa, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base: volantinaggi,
presidi, cortei, interrogazioni, interpellanze, ecc. (1).
Un nuovo modo di governare?
L’espulsione sempre più massiccia dalla competenza del Servizio sanitario
nazionale degli anziani cronici non autosufficienti, dei malati di Alzheimer e
dei soggetti colpiti da demenza senile costituisce, come abbiamo più volte
rilevato su questa rivista, una inconfutabile violazione delle leggi e il
disprezzo delle esigenze di coloro che, essendo gravemente infermi, non sono
in grado di difendersi.
per quanto riguarda le persone
maggiorenni con handicap così grave da determinare condizioni di limitata o
nulla autonomia, non va dimenticato che gli articoli 154 e 155 del regio
decreto 773/1931 imponevano e impongono ai Comuni di provvedere alla loro
assistenza, nei casi in cui non intervengano – com’è loro
diritto – i parenti, compresi quelli in grado di fornire gli alimenti (2).
Alle suddette gravissime infrazioni delle norme etiche e giuridiche da
parte degli enti pubblici, si aggiunge il mancato rispetto delle disposizioni
che, come risulta anche dal testo della petizione e del relativo allegato, sono
chiarissime e non suscettibili di interpretazioni che ne consentano la
disapplicazione.
Evidentemente
le forze politiche – tutte coinvolte, anche se in diversa misura, nella
inosservanza delle disposizioni in vigore per quanto riguarda le situazioni
sopra indicate – rifiutano nei fatti di considerare le persone incapaci di autodifendersi
come dei veri cittadini aventi diritto ai servizi previsti dalle leggi, e,
pertanto, ritengono corretto scaricare sui congiunti responsabilità ed oneri
economici non solo non previsti da nessuna norma, ma espressamente vietati (3).
Responsabilità economiche dei parenti: sì e no
Come viene rilevato nel testo della petizione, finora nessuno, proprio
nessuno, ha sollevato obiezioni circa la totale assenza di richieste economiche
ai parenti, inclusi quelli tenuti agli alimenti, per le prestazioni elencate
nella petizione in oggetto; prestazioni che hanno tutte una finalità
assistenziale, comprese quelle non erogate dai servizi sociali (4).
A nostro avviso, per gli interventi di cui sopra i congiunti non vengono
giustamente coinvolti – e non devono esserlo anche per i servizi gestiti dal
settore assistenziale come è stabilito dalle leggi vigenti – in quanto gli enti
pubblici hanno il compito non solo di rispettare ma altresì di incentivare la
massima autonomia possibile dei nuclei familiari e delle singole persone in
difficoltà.
Ovviamente,
com’è previsto da decenni dall’attuale normativa, spetta alle persone prive di
mezzi valutare se e quando richiedere gli alimenti ai propri congiunti, anche
in relazione alle possibili ritorsioni, ad esempio il divieto ai nonni
richiedenti gli alimenti di continuare a poter incontrare i nipotini.
In ogni caso non si deve dimenticare che, per ottenere la corresponsione
degli alimenti, possono trascorrere anche molti anni. Compete, infatti,
all’autorità giudiziaria (art. 441 del codice civile) stabilire se gli alimenti
devono essere corrisposti e la loro entità.
Per quanto riguarda le minori entrate dei Comuni, il problema può essere
risolto sia mediante una accurata lotta contro l’evasione, nonché un diverso
utilizzo delle risorse, sia con una attenta valutazione degli sprechi e delle
spese meno importanti, sia con l’aumento di qualche centesimo delle aliquote
dell’Ici, imposta comunale sugli immobili.
A questo proposito, è molto significativa l’esperienza del Comune di Rivoli
(To) di 52 mila abitanti che ha accertato tributi annuali evasi per 8 miliardi
di lire mediante una oculata rilevazione dei dati relativi alla Tarsu (Tassa
raccolta rifiuti), Tosap (Tassa occupazione suolo pubblico), Iciap (Imposta
comunale sulle arti e professioni), Ici (Imposta comunale sugli immobili), e
tramite le conseguenti azioni (5).
(1) Il Comune di Torino, che da moltissimi anni non richiede alcun
contributo economico ai congiunti dei soggetti maggiorenni con handicap sia per
la frequenza di centri diurni (comprese le spese relative a mensa e trasporti)
sia per l’accoglienza presso comunità alloggio e istituti, dal dicembre 2000
non pretende più alcuna somma dai parenti degli anziani cronici non
autosufficienti. Tuttavia, continua ad imporre illegittimamente una
partecipazione finanziaria ai familiari, compresi quelli non conviventi, degli
assistiti in età adulta o anziana. Finora non ha intrapreso azioni legali nei
confronti dei congiunti che si sono rifiutati di versare gli importi richiesti.
Ricordiamo, inoltre, che la procedura coattiva di pagamento, avviata dal Comune
di Torino mediante la notifica di una cartella esattoriale alla figlia di una
anziana malata cronica non autosufficiente ricoverata presso una struttura
dello stesso Comune, era stata respinta dalla prima Sezione civile del
Tribunale di Torino con la sentenza n. 3241, depositata in Cancelleria il 15
giugno 1998. Cfr. Prospettive
assistenziali, n. 123, 1998.
(2) Cfr. Massimo Dogliotti, “I minori, i soggetti con handicap, gli anziani
in difficoltà… ‘pericolosi per l’ordine pubblico’ hanno ancora diritto ad
essere assistiti dai Comuni”, Ibidem, n.
135, 2001. Il regio decreto 773/1931, prevedendo solamente il ricovero, è
certamente superato, ma può ancora essere utilizzato nei casi in cui i Comuni
rifiutino di intervenire. L’obbligo dei Comuni di assistere le persone prive di
mezzi era già sancito dal regio decreto 6535/1889 (secondo alcuni ancora in
vigore) che considerava “inabili a
qualsiasi lavoro proficuo le persone dell’uno e dell’altro sesso, le quali, per
infermità cronica o per insanabili difetti fisici o intellettuali, non possono
procacciarsi il modo di sussistenza”.
(3) Si veda, in particolare, il 6° comma dell’art. 2 del testo unificato
dei decreti legislativi 109/1998 e 130/2000.
(4) Si veda, in questo numero, anche il notiziario dell’Utim.
(5) Cfr. Anna Paschero, “L’esperienza del Comune di Rivoli: scovare gli
evasori e ridurre le tasse”, Prospettive
assistenziali, n. 116, 1996.
www.fondazionepromozionesociale.it