Prospettive assistenziali, n. 143, luglio-settembre 2003

 

 

LA STRAGE ESTIVA DI ANZIANI MALATI: UN’ALTRA NEFASTA CONSEGUENZA DELL’INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA

 

 

Nonostante la morte, in gran parte evitabile, di centinaia di vecchi malati (1), le Autorità preposte ai servizi sanitari (Ministro, Assessori regionali e comunali, Sindaci, Direttori generali delle Asl, ecc.) continuano quasi tutte a non voler prendere atto della realtà delle cose e persistono nell’avanzare proposte già verificate come fallimentari.

 

L’assurda attribuzione di competenza ai Comuni in materia di soggetti malati

 

In base al più elementare buon senso, le cure a tutte le persone malate, giovani o anziane, colpite da patologie guaribili o non guaribili, autosufficienti o non autosufficienti, devono essere fornite dal Servizio sanitario. Si tratta, infatti, del settore che è competente in materia, dispone di un fondo specifico e del personale con la necessaria preparazione professionale e possiede tutti gli strumenti occorrenti per intervenire.

I Comuni non hanno, né devono avere alcuno degli elementi di cui sopra, indispensabili per un esercizio accettabile delle funzioni di prevenzione, diagnosi e cura. D’altra parte, è improponibile la creazione di due organizzazioni sanitarie sovrapposte (Servizio sanitario nazionale per i malati acuti, Comuni per quelli cronici): i costi sarebbero estremamente rilevanti e, soprattutto, sorgerebbero enormi e spesso irrisolvibili conflitti di competenza.

Inoltre, è evidente che gli operatori dei servizi assistenziali non sono in grado di capire se una persona russa o è in coma, se la vita del cittadino che ha di fronte è in pericolo, quali sono gli interventi di emergenza e di routine da predisporre, i medicinali da somministrare, ecc. (2).

D’altra parte, è arcinoto che quando vi sono problemi di salute, i cittadini si rivolgono sempre al Servizio sanitario e mai agli operatori dell’assistenza.

Quindi, non ci pare accettabile che i Sindaci e gli Assessori comunali continuino a richiedere finanziamenti per attività che non sono in grado di assicurare correttamente: la semplice custodia non può certo sostituire le necessarie cure sanitarie, che debbono essere erogate a livello domiciliare, ambulatoriale e residenziale.

Ad esempio, tutti coloro che hanno verificato il funzionamento del servizio di ospedalizzazione a domicilio, gestito dal 1985 dall’Ospedale Molinette di Torino, hanno accertato che si tratta di una organizzazione costituita da un’équipe di medici, infermieri e riabilitatori indispensabile per curare in modo adeguato le persone malate. Gli assistenti tutelari e le badanti possono certamente fornire la loro collaborazione, ma non sono in grado, se si rispettano le esigenze dei malati, di svolgere le funzioni del personale sanitario.

Analoghe considerazioni valgono per i servizi di assistenza domiciliare integrata, qualora siano incentrati nel lavoro di gruppo dei medici di base.

A questo proposito, ricordiamo che le condizioni di vita degli anziani cronici non autosufficienti curati nelle Rsa del Piemonte gestite dalle Asl (3) sono nettamente migliori rispetto ai soggetti, aventi le stesse condizioni di età e di salute, ricoverati nelle strutture pubbliche e private del settore socio-assistenziale.

È un’altra dimostrazione della non corrispondenza al vero dell’affermazione secondo cui le valenze umanizzanti e socializzanti sarebbero conseguibili nelle attività sanitarie solamente mediante l’apporto del settore assistenziale (4). La gestione di Rsa da parte delle Asl piemontesi (5) dimostra, invece, che il settore sanitario è in grado di garantire direttamente ai vecchi malati adeguate condizioni di vita.

 

Una importante precisazione

Nella lettera pubblicata su la Repubblica del 30 agosto 2003, Massimo Tabaton del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Genova, in merito alla moria degli anziani, precisa quanto segue: «Si è parlato del fatto come un problema sociale, mentre è prevalentemente un problema medico, che deve essere affrontato sul piano scientifico. La morte delle persone anziane è causata dalle complicanze della loro malattia primaria, che si chiama malattia di Alzheimer. C’è ancora molta confusione in Italia sull’invecchiamento e la demenza. In realtà la malattia di Alzheimer è la caricatura dell’invecchiamento del cervello, che non è mai normale, ma sempre patologico, per cui al di là degli 85 anni il 50% dei soggetti ha un decadimento cognitivo, che corrisponde alla malattia di Alzheimer. Queste persone hanno quindi una malattia misconosciuta perché ritenuta la semplice espressione della vecchiaia. Le complicanze di questo stato sono la perdita dello stimolo della sete, con una disidratazione che ovviamente si acuisce con temperature costantemente elevate, e porta ad infezioni, turbe cardiache e un disordine metabolico globale».

 

I Sindaci chiedono più soldi, ma continuano a calpestare i diritti

C’è da restar allibiti di fronte alle posizioni espresse da molti Sindaci, soprattutto se si tiene conto che, in base alle leggi vigenti, essi sono le massime autorità sanitarie delle città in cui sono stati eletti.

Fabio Sturani, Sindaco di Ancona e Presidente regionale dell’Anci - Associazione nazionale dei Comuni italiani, ha avuto l’ardire di affermare che «i Comuni italiani garantiscono i servizi primari per 365 giorni all’anno» (6), come se non fosse noto che i loro sportelli sono sempre chiusi nei giorni di sabato e domenica, nonché nelle altre giornate festive e che i Comuni non hanno, come abbiamo precisato in precedenza, alcuna competenza giuridica, amministrativa e professionale in materia di prevenzione e di cura delle persone malate.

Poiché in nessun Comune italiano o nelle loro strutture associate, comprese quelle a livello provinciale o interprovinciale, è previsto un servizio per le emergenze assistenziali, ad esempio per l’accoglienza dei bambini trovati nei cassonetti o dei soggetti con handicap intellettivo grave allontanatisi da casa  o da istituti, ancora oggi occorre far riferimento al Pronto soccorso ospedaliero oppure, ai sensi degli artt. 154 e 155 del regio decreto 773/1931, alla Pubblica Sicurezza.

In genere, i Sindaci, invece di intervenire per diminuire le carenze del Servizio sanitario nazionale e difendere i diritti dei loro cittadini, hanno utilizzato l’ondata di sdegno popolare sulla strage degli anziani non per chiedere maggiori stanziamenti per il Fondo sanitario (7), ma per i propri bilanci.

A questo punto sarebbe necessario che i Sindaci e gli Assessori comunali si rendessero onestamente conto  che gli anziani cronici non autosufficienti e le persone colpite da Alzheimer o da altre forme di demenza senile sono dei malati che vanno curati dal Servizio sanitario nazionale, anche se inguaribili.

Anche Sergio Chiamparino, Sindaco di Torino, si è limitato a segnalare che le spese sostenute dal Comune, ammontanti a 45 milioni di euro per assistere 6.500 anziani cronici non autosufficienti su una presenza stimata di 9.000 (per 2.500 c’è quindi il nulla?), senza però far alcun cenno ai diritti di questi malati. Anche la massima autorità sanitaria del capoluogo piemontese non si è finora pronunciata sulla piena competenza del Servizio sanitario nazionale nei riguardi degli anziani torinesi malati cronici non autosufficienti.

Pertanto, anche il Sindaco di Torino, responsabile del settore “Finanza locale” dell’Anci nazionale, ha chiesto solamente che venissero trasferite più risorse ai Comuni per l’assistenza domiciliare degli anziani, mentre nulla ha detto in merito ai 1.500 suoi concittadini dimessi dalla sanità senza assicurare la prosecuzione delle cure che restano anche due anni in lista d’attesa prima di poter accedere alle Rsa, in quanto le Asl sostengono di non disporre dei necessari finanziamenti per coprire la quota sanitaria relativa alle suddette strutture (8). Nel frattempo gli utenti ed i loro congiunti devono sostenere rette da 80 a 100 euro al giorno.

Anche l’Assessore alle politiche sociali del Comune di Torino, Stefano Lepri «è favorevole ad una addizionale Irpef destinata agli anziani» (9), ma si è guardato bene dal sostenere il loro diritto alle cure sanitarie.

Purtroppo, sulla stessa linea è il Sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, che riveste anche il ruolo di Presidente nazionale dell’Anci (10), di cui ricordiamo la posizione assunta per consentire ai Comuni di proseguire nell’illegittima imposizione di oneri finanziari ai congiunti di soggetti con handicap grave e di ultrasessantacinquenni non autosufficienti (11), nonché le delibere vessatorie approvate a danno dei propri cittadini (12).

 

La strumentale mobilitazione dei politici

Dall’emanazione del decreto Craxi dell’8 agosto 1985, gli anziani cronici non autosufficienti sono esclusi illegalmente dalla piena competenza del servizio sanitario nazionale. A nulla sono serviti gli interventi del Csa nei confronti dei Ministri della sanità che si sono succeduti da allora ad oggi (13).

Quest’estate, forse a causa dei sensi di colpa e, più probabilmente perché si sono accorti della crescita dell’elettorato dei vecchi e dei loro congiunti, c’è stata una gara fra politici, anche se limitata a passare qualche ora (poche) insieme agli anziani.

Ignazio La Russa di An si è presentato al pranzo di Ferragosto organizzato dal Comune di Milano ed ha dichiarato: «Un anziano è una fonte inesauribile di saggezza, serenità e generosità. Un anziano ti accresce sempre con la sua compagnia. Noi abbiamo deciso di dedicare almeno una giornata delle nostre vacanze agli anziani rimasti in città. Fatelo anche voi».

Risponde l’ex Ministro della sanità, Rosy Bindi, affermando che non intende imitare La Russa e, a proposito delle visite delle case di riposo da parte degli esponenti della Margherita, ha dichiarato che «il nostro è un obiettivo strategico e Ferragosto solo un simbolo. Mentre il Governo gli anziani li ha abbandonati» (14).

Com’è ovvio, gli anziani hanno bisogno di ben altro: soprattutto dovrebbe essere posta l’attenzione sulle esigenze e sui diritti dei più deboli, e non solo a Ferragosto.

 

Una ricerca molto interessante

Secondo una ricerca effettuata dall’Associazione nuovo welfare intervistando un campione di 20 mila persone «non è vero che in cima ai desideri degli italiani ci sia il taglio delle tasse». Anzi, «le tasse possono anche aumentare purché allo stesso tempo migliorino e si sviluppino i servizi» (15).

Dal rapporto risulta che «il 64% degli utenti (quasi due su tre) è disposto a fare il sacrificio, mentre solo il 22% pensa che sia meglio pagare di meno per avere meno servizi». Ancora più alta (80%) è la percentuale degli italiani convinti che «il Servizio sanitario debba restare fondamentalmente pubblico e gestito dalle Regioni».

 

L’inchiesta ordinata dal Ministro Sirchia

Pur essendo evidenti le cause della strage estiva di anziani (violazione dei loro diritti alle cure sanitarie, carenze spesso vistose degli interventi domiciliari, inidoneità delle prestazioni comunali di assistenza fornite a soggetti malati, ecc.), il Ministro della salute Sirchia ha ordinato un’indagine all’Istituto superiore di sanità.

Non vorremmo che uno degli scopi dell’inchiesta fosse rivolto ad ottenere sostegni a favore dell’introduzione della tassa proposta sulle persone non autosufficienti, iniziativa in merito alla quale abbiamo manifestato le nostre motivate riserve (16).

Per quanto riguarda l’indagine temiamo che tutto (o quasi) si risolva dando la colpa della moria dei vecchi alla solitudine, che è il ritornello che sempre viene riproposto quando le autorità si esprimono sul problema degli anziani, peraltro senza il supporto di alcuna ricerca scientifica valida.

A questo proposito è allarmante la seguente dichiarazione del Ministro degli interni, Giuseppe Pisanu: «Ho l’impressione che la solitudine ne abbia uccisi più del caldo» (17).
 

Le nostre proposte

Oltre alla necessità di ottenere, come d’altra parte prevedono le leggi vigenti, la piena competenza del Servizio sanitario nazionale nei confronti di tutte le persone malate (18), riteniamo prioritarie le seguenti iniziative:

1. approvazione da parte del Parlamento o, in via subordinata, da parte delle Regioni di una legge (19) che sancisca il diritto del cittadino malato alle cure sanitarie domiciliari nei casi in cui siano contemporaneamente soddisfatte le seguenti condizioni:

- non vi siano controindicazioni cliniche o di altra natura;

- il malato sia consenziente e gli vengano fornite dal Servizio sanitario le necessarie cure mediche, infermieristiche e, se del caso, riabilitative;

- i congiunti o altri soggetti siano disponibili ad assicurare l’occorrente sostegno domiciliare e siano riconosciuti idonei dall’ente erogatore delle prestazioni sanitarie domiciliari;

- siano previsti gli interventi di emergenza sia nel caso in cui i congiunti ed i soggetti di cui sopra non siano più in grado di prestare gli interventi di loro competenza, sia per l’insorgere di esigenze del paziente che ne impongano il ricovero presso idonee strutture sanitarie;

- i costi a carico delle Asl non siano superiori a quelli di loro spettanza nel caso di degenza presso ospedali o case di cura private convenzionate;

2. l’approvazione di una normativa analoga alla precedente, per quanto riguarda le prestazioni domiciliari di competenza dei Comuni rivolte a persone non malate colpite da handicap o in gravi difficoltà;

3. il riconoscimento del volontariato intrafamiliare da parte delle Asl per quanto riguarda i cittadini malati e dai Comuni nei confronti dei soggetti di cui al precedente punto 2 (20).

 

 

 

(1) Alcuni titoli de La Stampa: «Sirchia: anziani abbandonati nell’afa», «Chiamate continue ai centralini dell’emergenza», 14.8.03; «Il Ministro della salute: “Sottovalutare l’emergenza è stato un tragico errore”», «Sirchia: non possiamo più abbandonarli, dobbiamo assisterli», 18.8.03; «Più vecchi, più inutili», «Il caldo uccide ancora, da Milano a Roma», «Indagine del Comune di Genova: “Vogliamo capire il perché di tanti morti”», 19.8.03. Da la Repubblica: «Caldo, morti centinaia anziani», «Caldo, l’epidemia nascosta», «I deboli dimenticati», 18.8.03; «Caldo, ecco le cifre della strage -  Milano la mortalità è cresciuta del 20%, a Torino del 45. A Roma 20% di sepolture in più», «Lo Stato taglia un miliardo. L’assistenza diventa un sogno. Dramma nel Sud: nei ricoveri 2 posti ogni mille over 65», 19 8.03.

(2) Certamente spetta ai Comuni singoli e associati fornire le prestazioni assistenziali ai soggetti (minori, adulti anziani, con o senza handicap ma non malati) in difficoltà socio-economiche. La collaborazione fra i servizi sanitari e quelli assistenziali dovrebbe, a nostro avviso, riguardare solo le persone che necessitano dei due servizi, allo stesso modo di quanto avviene (o dovrebbe succedere) per le prestazioni che devono essere erogate alla stessa persona o allo stesso nucleo familiare, ad esempio, dall’assistenza e dalla casa qualora le esigenze coinvolgano i suddetti due settori, oppure dalla scuola e dai lavori pubblici nei casi in cui occorra assicurare l’eliminazione delle barriere architettoniche. La collaborazione dovrebbe essere fondata sul riconoscimento ai cittadini dei diritti loro attribuiti dalle leggi vigenti per quanto riguarda i settori interessati. L’integrazione socio-sanitaria, così come viene attuata nei confronti degli anziani cronici non autosufficienti, è la causa – come ripetiamo da anni –  delle loro dimissioni selvagge da ospedali e case di cura, l’inserimento in liste d’attesa per l’accesso a servizi pur indispensabili e urgenti, nonché l’attribuzione di oneri spesso insopportabili alle famiglie dei malati.

(3) La gestione da parte delle Asl di Rsa è uno dei successi di cui il Csa è molto orgoglioso.

(4) Quasi sempre il settore assistenziale limita le proprie funzioni all’accertamento dell’importo della quota alberghiera a carico dei ricoverati. Molto spesso,  interviene per richiedere ai parenti, anche mediante odiosi ricatti, contributi vietati dalle leggi vigenti. Com’è evidente, si tratta di attività che sviliscono i compiti del settore assistenziale e del relativo personale. L’imposizione di un ticket sanitario a carico dei redditi dei malati ultradiciottenni ricoverati presso ospedali  e case di cura per un periodo superiore ai trenta giorni, garantirebbe maggiori introiti al Servizio sanitario nazionale. Ovviamente l’importo del ticket da versare dovrebbe essere calcolato tenendo conto degli oneri economici che gravano sul ricoverato (mantenimento dei figli e del coniuge, mutui, ecc.).

(5) La gestione delle attività di tipo alberghiero è quasi sempre appaltata dalle Asl a imprese private. In alcuni casi sono affidate a ditte esterne anche la messa a disposizione del personale infermieristico. Al riguardo, si vedano i regolamenti delle rsa gestite dalle Asl 2 e 4 di Torino, pubblicati su Prospettive assistenziali, n. 139, 2002 e 142, 2003.

(6) Cfr. La Stampa del 18 agosto 2003.

(7) Ancora una volta il Ministro Sirchia ha riconosciuto che «il Governo e le Regioni dovranno investire di più nella sanità e dare maggiori garanzie circa l’equità delle prestazioni a tutti i cittadini», (cfr. La Stampa del 14 agosto 2003). È sperabile che anche questa affermazione, già più volte avanzata, non resti una dichiarazione semplicemente verbale, anche per il fatto che il Ministro il giorno dopo  (cfr. La Stampa del 21 agosto 2003) ha proposto per l’ennesima volta l’istituzione di una tassa specifica per l’assistenza (non la cura) degli anziani non autosufficienti.

(8) Cfr. La Stampa del 14 agosto 2003.

(9) Cfr. La Stampa del 21 agosto 2003.

(10) Cfr. la Repubblica del 19 agosto 2003.

(11) Il Presidente nazionale dell’Anci nella nota del 24 maggio 2002 ha affermato che «non sembrano ravvisarsi elementi di illegittimità» nella richiesta avanzata dal Comune di Valenza ai genitori per contribuire al pagamento di una parte della retta di ricovero del figlio colpito da grave handicap intellettivo. Nella sopraccitata nota, Leonardo Domenici, allo scopo di non prendere posizione contro i Comuni che violano le normative vigenti, sollecita un intervento del legislatore, non tenendo conto che le disposizioni da applicare sono chiarissime e non suscettibili di interpretazioni di comodo. Cfr. Francesco santanera, “Continua l’imposizione illegittima di contributi economici ai congiunti dei soggetti con handicap grave e degli  ultrasessantacinquenni non autosufficienti”, Prospettive assistenziali, n. 141, 2003.

(12) Cfr. “Un’altra delibera illegittima e persecutoria del Comune di Firenze”, Ibidem, n. 137, 2002 e “Contributi economici imposti agli assistiti e ai loro congiunti: una delibera illecita e vessatoria del Comune di Firenze”, Ibidem, n. 124, 1998.

(13) Continua, invece, con risultati positivi la consulenza fornita dal Csa - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti per evitare le dimissioni da ospedali e case di cura private convenzionate di anziani cronici non autosufficienti.

(14) Cfr. La Stampa del 14 agosto 2003.

(15) ) Cfr. la Repubblica del 25 giugno 2003.

(16) Cfr. l’editoriale del n. 139, 2002 di Prospettive assistenziali “Le inaccettabili iniziative concernenti gli adulti non autosufficienti colpiti da patologie invalidanti e le disastrose  conseguenze dell’integrazione socio-sanitaria: occorre ripartire dalle esigenze e dai diritti”.

(17) Cfr. la Repubblica del 19 agosto 2003.

(18) A nostro avviso, molto utile può essere la collaborazione del settore assistenziale a condizione che non venga leso il diritto alle cure sanitarie (v. la nota 2).

(19) Cfr “Bozza di proposta di legge sulle cure sanitarie domiciliari”, Prospettive assistenziali, n.140, 2000 e “Cure sanitarie domiciliari: una proposta di legge presentata alla Regione Piemonte”, Ibidem, n. 142, 2003.

(20) Cfr. “Proposta di delibera sul volontariato intra-familiare”, Prospettive assistenziali, n. 123, 1998; “Seconda proposta di delibera sul volontariato intra-familiare rivolto ai congiunti colpiti da malattie invalidanti e da non autosufficienza”, Ibidem, n. 124, 1998; “Approvata la prima delibera sul volontariato intra-familiare”, Ibidem, n. 133, 2001.

  

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