Prospettive assistenziali, n. 144, ottobre-dicembre
2003
IL PROGETTO NEONATI DEL COMUNE DI TORINO: LA
TESTIMONIANZA DI UNA FAMIGLIA AFFIDATARIA
Come avevamo riferito sul n. 113,
1996 di Prospettive assistenziali, con deliberazione del 30 novembre 1995
il Comune di Torino aveva avviato una sperimentazione per l’affidamento
familiare di bambini piccolissimi (da zero a 18 mesi) al fine di verificare la
validità di una alternativa al ricovero presso comunità alloggio dei suddetti
minori «che non possono crescere
nell’ambito della propria famiglia e che in attesa delle determinazioni
dell’autorità giudiziaria sono attualmente inseriti in strutture residenziali» e
cioè in comunità alloggio in genere aventi una capienza massima di 8 posti.
Al riguardo, veniva precisato
nella deliberazione sopra menzionata, che «il
lavoro d’osservazione e riflessione svolto da un gruppo di educatori e i dati
relativi a tutti i minori di età compresa fra zero e due anni allontanati dal
loro nucleo familiare negli anni 1991-1993, ha messo in evidenza che i danni di
una permanenza prolungata di un neonato in un cosiddetto “ambiente neutro”, sia
esso ospedaliero o in comunità alloggio, sono molto gravi e rischiano di
compromettere in modo irreversibile il suo normale sviluppo psico-fisico».
La soluzione individuata
prevedeva «l’inserimento dei neonati in
famiglie affidatarie particolarmente preparate, motivate e con esperienza
(...); tali famiglie saranno selezionate soprattutto in base alla loro capacità
di elaborare il distacco da questi bambini, affiancandoli nel loro percorso di
rientro nella famiglia di origine o di inserimento presso famiglie adottive».
Dati i positivi risultati
raggiunti dal “Progetto neonati” del Comune di Torino, che auspichiamo
vivamente venga fatto proprio da altri Comuni singoli o associati, abbiamo
chiesto ad una famiglia affidataria di descriverci la loro esperienza.
LA TESTIMONIANZA DI GIOVANNA E DI PIETRO
Siamo una “vecchia” famiglia
affidataria: padre impiegato, madre insegnante, figlio studente universitario e
figlia (ex-affidata) sposata e madre di un bel bambino (siamo perciò anche
nonni-affidatari!).
Prima dell’affido
Quando i servizi sociali ci
chiesero la disponibilità ad accogliere due fratellini in affidamento,
nell’ambito del progetto neonati, avevamo qualche perplessità:
1. pur avendo avuto altri affidamenti
di bambini di varie età, non avevamo mai accolto più di un bambino per volta;
2. gli ultimi due affidamenti di
piccolissimi (uno dall’età di 2 mesi e uno dall’età di 2 anni) si erano
conclusi con l’adozione, e con un taglio definitivo di rapporti, che ci aveva
fatto molto soffrire per il timore che l’averli tolti da un “abbandono” li
facesse poi cadere in un altro più consapevole e doloroso.
Sapevamo però che le associazioni
di famiglie avevano lavorato con il Comune di Torino e con il Tribunale per i
minorenni su questi nodi, elaborando un progetto che valutasse le varie scuole
di pensiero e che supportasse le scelte degli operatori e le famiglie
affidatarie.
I servizi sociali del Comune di
Torino, inoltre, in collaborazione con le associazioni di volontariato, avevano
individuato un “pull” di famiglie con i requisiti (età, esperienza,
motivazioni) per l’affidamento di neonati e lo avevano preparato con una serie
di incontri e con un seminario.
Il documento prodotto raccoglie
alcune linee guida per questo particolare tipo di affidamento. I punti più
delicati di questo “regolamento” sono:
a) la tenera età del bambino,
0-18 mesi;
b) una breve durata dell’affido;
c) il forte coinvolgimento
affettivo. La famiglia affidataria deve essere ben consapevole del
coinvolgimento affettivo a cui va incontro; del lutto che dovrà elaborare
quando il bimbo andrà alla sua famiglia (biologica o adottiva che sia), delle
difficoltà di spiegare ad un bambino così piccolo che tu non sei la sua mamma e
il suo papà, ecc.;
d) gli incontri frequenti con il
genitore di origine. Il neonato viene accompagnato in “luogo neutro” da due
educatori che garantiscono un’osservazione professionale sulla qualità della
relazione genitore-bambino;
e) il segreto “professionale”. La
famiglia affidataria è tenuta al segreto riguardo tutte le informazioni che ha
ricevuto dai servizi sociali e raccolto lungo il percorso dell’affido, sulla
storia del bambino e sui suoi genitori naturali. Tale impegno, tra l’altro, è
condizione indispensabile affinché gli affidatari possano accompagnare il
bambino ad una eventuale adozione e, se possibile, mantenere rapporti con bimbo
e genitori adottivi;
f) la conclusione dell’affido.
Vanno garantite le seguenti condizioni:
– un passaggio graduale del
neonato dall’affidamento all’adozione o rientro in famiglia;
– che sia la famiglia affidataria
(col supporto degli educatori che hanno seguito gli incontri in luogo neutro
del bambino coi genitori adottivi e/o biologici) ad accompagnare il neonato nel
suddetto passaggio, sempre salvaguardandone la continuità affettiva.
Era una sfida.
Lo stesso Tribunale
per i minorenni, che già nel 1995 aveva sperimentato un primo progetto per i
“piccolissimi”, era stato molto cauto a dare il proprio consenso a tale
progetto e l’aveva accordato solo a seguito di forti pressioni di associazioni
quali l’Anfaa e Papa Giovanni XXIII.
Una cosa comunque continuava ad
esserci chiara: «ogni bambino ha diritto a crescere in una famiglia», la
sua, quando ciò è possibile; una affidataria, quando quella di origine non è
temporaneamente in grado di provvedere alla sua crescita ed educazione, ma
adottiva nei casi in cui il minore sia privo di assistenza materiale e morale
da parte dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi. Sulla base di questa profonda
convinzione demmo la nostra disponibilità.
L’affido
Sono stati mesi di
fatiche raddoppiate… di preoccupazioni… ma anche di esperienze nuove e
gratificanti, di gioioso e vivace entusiasmo, di conquiste e progressi per
tutti: grandi e piccini, di un piacevolissimo affettuoso feeling tra noi e i bimbi!
Quando il Tribunale
per i minorenni dichiarò per queste due splendide personcine lo stato di
adottabilità, fummo assaliti dagli
antichi timori:
– sarà un passaggio
graduale?
– ce li faranno
conoscere, questa volta, i genitori adottivi?
– come avverrà il “passaggio” delle consegne?
– una volta
adottati, spariranno?
– vivranno un
ennesimo strappo… questa volta da legami positivi, affetti importanti,
situazioni di vita serene…?
Per tacitare questi
fantasmi andammo a rileggere il progetto neonati, al paragrafo «Garantire al bimbo una continuità alla sua
storia affettiva».
Almeno sulla carta
erano ormai superati alcuni stereotipi come:
– la famiglia
adottiva preferisce prendere il bambino da una comunità piuttosto che da
un’altra famiglia vissuta come concorrente;
– il bambino deve
passare un tempo in comunità per potersi affezionare alla famiglia adottiva;
– il bambino deve
lasciare la famiglia affidataria non appena trovata quella adottiva…
Pensavamo di essere
pronti. Pur temendolo, avevamo cercato questo momento sollecitando più volte i
servizi e il Tribunale per i minorenni! E più volte avevamo ricordato ai
bambini che con noi stavano facendo solo una vacanza, una lunga vacanza, che
sarebbe poi finita al momento dell’arrivo della mamma e del papà.
Ma quando ci venne
comunicato che i due fratellini sarebbero andati in adozione separati, ognuno
in una famiglia adottiva diversa… fu
per noi un fulmine a ciel sereno!
Avevamo visto il
rapporto tra i due fratellini crescere e rafforzarsi! Li avevamo visti
bisticciare e giocare appassionatamente, cercarsi e sostenersi con grande
affetto, piangere e ridere insieme!
In accordo con i servizi avevamo
prospettato ad entrambi, comunque fossero andate le cose, una vita comune… E
ora, dopo essere stati allontanati (giustamente) dai genitori biologici, dopo
aver dovuto lasciare la famiglia della “vacanza”, avrebbero dovuto lasciarsi
anche tra loro?
Dopo una settimana di notti
insonni, decidemmo di esprimere il nostro dissenso e la nostra intenzione a non
collaborare a una simile conclusione. Temevamo che le ragioni del “cuore” non
sarebbero state ascoltate dagli “addetti ai lavori”. Invece le nostre istanze
vennero tenute in considerazione dallo psicologo che seguiva il caso e i due
fratellini sono andati insieme, presso la stessa famiglia adottiva, dopo ripetuti incontri di
avvicinamento graduale.
L’incontro con la famiglia adottiva
Anche noi abbiamo conosciuto i
nuovi genitori. Abbiamo potuto consegnare loro il diario, le notizie
riguardanti la crescita e la salute, i progressi dei due bambini, l’album delle
fotografie, i giochi, i vestiti… tutto.
Siamo in contatto con loro e
sappiamo che stanno bene.
La famiglia adottiva alla vigilia
della partenza ci ha scritto una lettera, ecco alcune righe: «Questa è la nostra ultima notte da soli e
la vostra ultima notte insieme... Abbiamo letto le prime pagine del diario e
siamo rimasti ancora una volta colpiti dall’amore, l’affetto, la generosità, la
pazienza che avete dimostrato nei confronti di
X e Y. Avete preso due creature spaventate e diffidenti e siete riusciti
a trasformarle in due bimbi sani,
sorridenti e solari, preparandoli per una nuova avventura con una famiglia
tutta loro… Sentire dalla vostra voce l’emozione, l’affetto e la gelosia
positiva nei confronti dei bambini, ci hanno anche aiutato a capire molte cose…
questi giorni sono valsi per noi mesi di colloqui, incontri, letture...
Vorremmo tenervi informati sullo sviluppo di X e di Y... strada facendo. Nel
cercare una frase conclusiva a queste poche righe… ci siamo accorti che in
realtà questa lettera non ha una vera e propria conclusione. È piuttosto una
lettera aperta, l’inizio di un nuovo capitolo in una lunga storia ancora tutta
da vivere, con la speranza che questo legame viva e continui nel futuro di
tutti noi. Non ci stancheremo mai di farvi i complimenti, ma soprattutto di
ringraziarvi per aver dimostrato la forza dell’amore che viene dato senza
chiedere nulla in cambio».
Nel chiedere alla famiglia
adottiva l’autorizzazione a divulgare le loro sopra citate frasi sopra
riportate, tra le altre cose ci hanno risposto in questo modo: «…pensiamo che i genitori adottivi che
credono di poter troncare i legami con la famiglia affidataria, o peggio, di
non volerne parlare con i bambini, sbaglino facendo soffrire i bambini e loro
stessi. La famiglia affidataria ha un’importanza enorme per i bambini; va
ricordata, celebrata e ringraziata. Aiuterà i bambini a elaborare il distacco,
mantenendone sempre vivo il ricordo».
Riflessioni dopo l’affido
Sono passati sei mesi dal giorno
in cui i due fratellini sono partiti
contenti da casa nostra, verso “la mamma e il papà nuovi” (“I migliori
che ci possano essere”).
Dalle notizie che riceviamo dai
genitori adottivi e dall’aver rivisto i bambini in un’occasione di una
bellissima giornata di festa, crediamo veramente che questo possa essere la
strada giusta per aiutare i bambini e non cancellare pezzi della loro vita, ma
(citando le parole del papà adottivo) «inserire
l’immagine della famiglia affidataria nel loro album dei ricordi, lasciando a
loro i modi e i tempi per organizzare e consultare questo archivio».
La conclusione di questo affido,
pur lasciandoci sofferenti per il distacco dai due magnifici e teneri
fratellini, ci ha caricato e nuovamente motivati nel nostro impegno di famiglia
affidataria. Quanti affidamenti avremmo voluto che fossero finiti bene come
questo!
L’unica conclusione che troviamo
a questa esperienza è dire che quando si lavora insieme senza prevaricazioni
(servizi, famiglia affidataria e Tribunale per i minorenni) e per il bene dei
bambini, i risultati si vedono.
Giovanna e Pietro
www.fondazionepromozionesociale.it