Prospettive assistenziali, n. 144, ottobre-dicembre
2003
Notiziario dell’Unione per la
lotta contro l’emarginazione sociale
GRAVI OMISSIONI E NOTIZIE FUORVIANTI IN UN DOCUMENTO
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI SULLE PERSONE NON AUTOSUFFICIENTI
In data 7 ottobre 2003, il Csa - Comitato per la difesa dei diritti degli
assistiti ha inviato al Presidente della Camera dei Deputati e, per conoscenza,
al Presidente ed ai componenti della Commissione Affari sociali della stessa
Camera dei Deputati, la seguente nota avente per oggetto: “Protesta per le
gravi omissioni e le notizie fuorvianti contenute nel documento del Servizio
Studi della Camera dei Deputati in merito ai progetti di legge sul Fondo per le
persone non autosufficienti e nostra richiesta per la predisposizione
urgentissima di una informativa completa e corretta”.
Questo
Coordinamento, che opera ininterrottamente dal 1970, venuto a conoscenza
venerdì scorso del documento della Camera dei Deputati, Servizio Studi,
Progetti di legge “Protezione sociale per soggetti non autosufficienti - AC n.
2166 e abb”, n. 206, terza edizione, XIV legislatura, 11 febbraio 2003,
protesta vivamente per le gravi omissioni contenute e per le notizie fuorvianti
fornite ai Parlamentari, alle organizzazioni sociali ed ai cittadini.
Pertanto, chiediamo al Presidente
della Camera dei Deputati, nonché al Presidente ed ai Componenti della
Commissione Affari sociali, di voler assumere le necessarie urgentissime
iniziative affinché venga presentato dal Servizio Studi della Camera dei
Deputati (o da altro organismo) un documento contenente una informativa
completa e corretta sulle vigenti disposizioni di legge concernenti le
prestazioni sanitarie e socio-assistenziali (o sociali) a cui hanno il diritto
esigibile le persone non autosufficienti.
Una indispensabile premessa
A causa delle
nefaste conseguenze, è estremamente preoccupante che il documento in oggetto
non prenda in alcuna considerazione le cause che, correlate all’età,
determinano la non autosufficienza.
Come è noto, la stragrande
maggioranza delle persone non autosufficienti è costituita da soggetti colpiti
da malattie invalidanti (ictus, cancro, demenza senile, pluripatologie, ecc.);
un altro gruppo è costituito da individui affetti da gravi minorazioni fisiche
e/o intellettive.
Notizie fuorvianti
sui soggetti colpiti da malattie invalidanti
Il documento in
oggetto contiene solamente un generico richiamo ai “Piani sanitari” e riassume
le disposizioni del Piano sanitario nazionale 2002-2004, ma non segnala le
leggi in vigore, nonostante che, com’è risaputo, i Piani non abbiano alcun valore
di legge e non attribuiscono, quindi, diritti di sorta ai cittadini.
Com’è ovvio, il documento in
esame avrebbe dovuto, invece, indicare le prestazioni che i cittadini hanno,
sulla base delle leggi vigenti, il diritto esigibile di pretendere dal Servizio
sanitario nazionale e dai Comuni a cui sono stati affidati compiti di
intervento.
Disposizioni approvate dal Parlamento
Nel documento in
esame non sono nemmeno citate le seguenti disposizioni:
1. mediante la legge
4 agosto 1955, n. 692, il Parlamento aveva stabilito per i pensionati di
invalidità e vecchiaia del settore privato (per quelli del comparto pubblico
aveva provveduto la legge 30 ottobre 1953, n. 84) che «l’assistenza di malattia a favore degli assistiti (…) spetta senza
limiti di durata nei casi di malattie specifiche della vecchiaia, indicate
nell’apposito elenco da compilarsi a cura del Ministero per il lavoro e la
previdenza sociale e da pubblicarsi nella Gazzetta ufficiale».
In detto elenco,
emanato con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale del 21
dicembre 1956 sono inserite, ad eccezione solamente delle patologie
psichiatriche, tutte le malattie di natura cronico-degenerativa che causano la
non autosufficienza. Nella legge citata non sono esclusi i malati non autosufficienti.
Il riferimento anche a questi infermi risulta in modo inoppugnabile dalla
discussione parlamentare in merito alla disegno di legge n. 727 “Estensione
dell’assistenza di malattia ai pensionati di invalidità e vecchiaia”, divenuto
poi la sopra citata legge 692/1955.
Da notare che il
Parlamento, mentre sanciva il diritto senza limiti di durata alle cure
sanitarie a favore dei pensionati aumentava i contributi per l’assistenza di
malattia a carico dei lavoratori e dei datori di lavoro. In base a detta norma,
che non è mai stata modificata, i lavoratori del settore privato hanno versato
e versano contributi aggiuntivi come corrispettivo dell’impegno assunto dal
Parlamento di concedere ad essi il diritto alle cure sanitarie gratuite e senza
limiti di durata, comprese quelle di tipo ospedaliero;
2. il diritto alle
cure sanitarie gratuite, comprese quelle ospedaliere, è stato confermato anche
nei riguardi dei malati cronici dalle seguenti disposizioni:
– l’art. 29 della
legge 12 febbraio 1968, n. 132, imponeva alle Regioni di programmare i posti
letto degli ospedali tenendo conto delle esigenze dei malati «acuti, cronici, convalescenti e
lungodegenti»;
– la legge di
riforma sanitaria 23 dicembre 1978, n. 833, obbliga ancora oggi le Asl (art. 2)
a provvedere alla «tutela della salute
degli anziani, anche al fine di prevenire e rimuovere le condizioni che possono
concorrere alla loro emarginazione». Le prestazioni devono essere fornite
agli anziani, come a tutti i cittadini infermi, qualunque siano «le cause, la fenomenologia e la durata» delle
malattie;
3. il diritto alle cure sanitarie
è stato ribadito dall’art. 54 della legge 289/2002 (Finanziaria 2003), che ha
anche introdotto l’obbligo della contribuzione da parte degli anziani non
autosufficienti ricoverati presso le Rsa, residenze
sanitarie assistenziali. Detta contribuzione è accettabile se i Comuni e le Asl
rispettano le vigenti disposizioni di legge di cui si farà riferimento in
seguito.
Le illegali e spesso selvagge dimissioni da ospedali e case di cura private
convenzionate
A seguito degli atti
amministrativi (Dpcm 8 agosto 1985 e 14 febbraio 2001) che, evidentemente non
potrebbero annullare o comunque modificare i diritti sanciti dalle leggi
vigenti varate dal Parlamento, gli anziani cronici non autosufficienti vengono
dimessi – spesso in modo selvaggio e cioè senza garantire la prosecuzione delle
cure sanitarie indilazionabili – dagli ospedali e dalle case di cura private
convenzionate, ponendo ai congiunti (che non hanno alcun obbligo giuridico di svolgere
le funzioni assegnate dalla legge al Servizio sanitario nazionale) la
responsabilità in merito alle occorrenti cure sanitarie ed ai relativi oneri
economici.
Nei casi in cui i familiari
(spesso si tratta del coniuge ultraottantenne!) non siano in grado di
provvedere direttamente (un aiuto domiciliare costa circa 1.300 euro al mese
per 40 ore settimanali, ma le ore settimanali sono 168!), essi sono costretti,
a causa dell’illegale disinteresse del Servizio sanitario nazionale, a
sostenere l’intero importo delle retta di ricovero (quota sanitaria e quota
alberghiera) di 2.400-3.300 euro mensili, fino a quando (in genere dopo 12-24
mesi) termina l’attesa nelle apposite liste predisposte dalle Asl per l’accesso
alle Rsa, residenze sanitarie
assistenziali. A questo punto la retta da corrispondere è solamente (!) quella
alberghiera di 1.200-1.800 euro mensili.
Le conseguenze sono state e sono
drammatiche. Come risulta dal documento “Legge quadro per la realizzazione del
sistema integrato di interventi e servizi sociali” predisposto nell’ottobre
2000 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio del Ministro per la
solidarietà sociale «nel corso del 1999,
2 milioni di famiglie italiane sono scese sotto la soglia della povertà a
fronte del carico di spesa sostenuta per la “cura” di un componente affetto da
una malattia cronica».
Sentenza della Corte Suprema di Cassazione
Nel documento in oggetto, il
Servizio Studi della Camera dei Deputati non segnala l’importantissima sentenza
della Prima Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione n. 10150/1996 in
cui viene confermato che:
– le leggi vigenti riconoscono ai
cittadini il diritto soggettivo (e pertanto esigibile) alle prestazioni
sanitarie, comprese le attività assistenziali a rilievo sanitario;
– le cure sanitarie devono essere
fornite sia ai malati acuti, sia a quelli cronici non autosufficienti;
– essendo un atto amministrativo
il citato Dpcm 8 agosto 1985 non ha alcun valore normativo.
Importante disposizione di legge riguardante il settore socio-assistenziale
non segnalata
Nonostante l’indubbia connessione
con le proposte di legge sulle persone non autosufficienti, il documento del
Servizio Studi non ha segnalato che in base agli articoli 154 e 155 del regio
decreto 773/1931 (Testo unico delle leggi di Pubblica Sicurezza), i Comuni sono
ancora attualmente obbligati a provvedere mediante ricovero non solo ai minori
ed agli anziani con gravi difficoltà socio-economiche, ma anche coloro che sono
colpiti da handicap e non sono in grado di provvedere autonomamente alle loro
esigenze. Al riguardo si unisce l’articolo del Prof. Massimo Dogliotti, docente
di diritto all’Università di Genova e nel frattempo nominato Consigliere della
Corte Suprema di Cassazione «I minori, i soggetti con handicap, gli anziani in
difficoltà… “pericolosi per l’ordine pubblico” hanno ancora il diritto ad
essere assistiti dai Comuni».
Pur non avendo finora il
Parlamento voluto riconoscere, ad esempio, in occasione del varo della legge
328/2000 di riforma dell’assistenza il diritto esigibile delle persone in
difficoltà alle prestazioni alternative al ricovero, i citati articoli 154 e
155 del regio decreto 773/1931 sono un riferimento della massima importanza per
le persone con handicap non autosufficienti che non possono più essere
assistite direttamente dai loro congiunti.
Contributi
illegittimamente richiesti dai Comuni e dalle Asl
Il Servizio Studi non ha nemmeno
riportato nel documento in oggetto le norme di legge, purtroppo quasi ovunque
disapplicate, che non consentono ai Comuni e alle Asl di pretendere contributi
economici dai parenti di assistiti maggiorenni, nonostante che questa
gravissima violazione delle norme vigenti sia una delle principali attuali
cause di povertà.
Al riguardo si ricorda che l’art.
25 della sopra citata legge 328/2000 stabilisce che «ai fini dell’accesso ai servizi disciplinati dalla presente legge, la
verifica della condizione economica del richiedente è effettuata secondo le
disposizioni previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 109, come modificato
dal decreto legislativo 3 maggio 2000 n. 130».
Orbene, il testo unificato dei
due suddetti decreti legislativi stabilisce:
a) al secondo comma dell’art. 2
che le «disposizioni del presente decreto
non modificano la disciplina relativa ai soggetti tenuti alla prestazione
degli alimenti ai sensi dell’art. 433 del codice civile e non possono essere
interpretate nel senso dell’attribuzione agli enti erogatori della facoltà di
cui all’art. 438, primo comma, del codice civile nei confronti dei componenti
il nucleo familiare del richiedente la prestazione sociale agevolata»;
b) inoltre, il comma 2 ter
dell’art. 3 del testo unificato in oggetto stabilisce che per le contribuzioni
economiche relative alle prestazioni sociali fornite ai soggetti con handicap grave
e agli ultrasessantacinquenni non autosufficienti, gli enti gestori devono far
riferimento esclusivamente alla loro situazione economica personale. Pertanto,
nessun versamento economico potrebbe essere richiesto ai loro congiunti.
Situazione attuale
sulla base della normativa vigente
Sulla base della normativa
vigente questo Comitato ha ottenuto:
1. il
rispetto del diritto alle cure sanitarie (comprese quelle fornite presso
ospedali, case di cura private convenzionate e Rsa) degli anziani cronici non
autosufficienti. Nel caso di ricovero presso Rsa il soggetto è tenuto a
contribuire sul piano economico solamente in base alla sua personale situazione
economica senza alcun onere a carico dei congiunti. Al riguardo si allega
l’articolo (allegato 3) “Respinto il tentativo dell’Asl 5 del Piemonte di non
garantire la prosecuzione delle cure sanitarie ad una anziana malata cronica
non autosufficiente”;
2. l’attuazione
da parte del Consorzio intercomunale Cisa del diritto al ricovero di una
persona non autosufficiente perché colpita da grave handicap intellettivo. Anche
in questo caso il ricoverato contribuisce esclusivamente sulla base della
propria situazione economica personale senza alcun onere economico da parte dei
suoi familiari. In merito si veda l’articolo “Come abbiamo procurato un
ricovero d’emergenza a un nostro congiunto colpito da handicap intellettivo”. Ne
deriva che, applicando le leggi vigenti, non insorgono problemi particolari per
gli aventi diritto alle cure sanitarie se malati oppure alle prestazioni
socio-assistenziali se colpiti da handicap e in gravi difficoltà
socio-economiche.
Restano aperte varie questioni
(priorità delle cure domiciliari, prevenzione della non autosufficienza,
abolizione delle liste di attesa, ecc.). Si tratta però di problemi, purtroppo,
non presi in considerazione dal testo unificato della proposta di legge n.
2166 e abbinate, elaborato dal Comitato ristretto in data 23 settembre 2003.
Richiesta urgentissima
Ciò premesso, questo
Coordinamento, preso atto delle informazioni omesse e distorte contenute nel
citato documento redatto dal Servizio Studi della Camera dei Deputati che inducono
i Parlamentari, le organizzazioni sociali ed i cittadini a ritenere che il
Servizio sanitario nazionale ed i Comuni non abbiano attualmente alcun obbligo
giuridico di fornire le necessarie prestazioni alle persone non autosufficienti
e che le famiglie dei suddetti soggetti sono tenute a provvedervi, chiede alla
S.V. di voler disporre affinché ai Parlamentari, alle organizzazioni sociali ed
ai cittadini il Servizio Studi della Camera dei Deputati (o altro organismo)
fornisca con la massima urgenza una informativa completa e corretta delle
vigenti disposizioni in materia, di modo che il Parlamento possa decidere sulla
base di una conoscenza oggettiva della situazione.
L’Ulces parte civile nel
processo alle case di cura private di torino
È iniziato a Torino il processo
contro i proprietari e 12 fra direttori sanitari, primari e medici di cinque
case di cura private convenzionate con la Regione Piemonte.
Secondo l’accusa, circa 700
anziani cronici non autosufficienti sarebbero stati dirottati da una casa di
cura all’altra per consentire ai proprietari di incassare la retta piena di
degenza, evitando il decurtamento del 40% che scattava al 61° giorno di
ricovero.
Il danno subito dalla Regione
Piemonte ammonterebbe a 4 miliardi delle ex lire.
Al processo è stata ammessa la
partecipazione dell’Ulces come parte civile.
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