Prospettive assistenziali, n. 145, gennaio-marzo
2004
Libri
ANDREA CANEVARO, DARIO IANES, Diversabilità. Storie e dialoghi nell’anno europeo delle
persone disabili, Erickson, Gardolo
(Tn), 2003, pagg. 218, euro 5,00
A seguito della decisione assunta
dal Consiglio dell’Unione europea di indire il 2003 come “Anno europeo dei
disabili”, gli Autori propongono una riflessione generale sulle questioni
riguardanti i soggetti colpiti da handicap, raccogliendo le valutazioni di ben
38 esperti.
Claudio Imprudente, direttore
della rivista “HP-Accaparlante” propone, in alternativa alle denominazioni “Handicappati” e “Disabili”,
la locuzione “Diversabili”.
Se è vero che numerosi sono i
soggetti colpiti da menomazioni anche gravi che esprimono abilità anche
ragguardevoli, tuttavia non si dovrebbe trascurare che le definizioni, per
essere socialmente valide, occorre che rispettino soprattutto le condizioni dei
soggetti più deboli e, quindi, di coloro che non presentano
capacità spendibili nel mercato del lavoro.
Al riguardo, Maria
Grazia Breda e Vincenzo Bozza osservano
che la definizione “diversamente abili” non va bene «perché esclude tutte le persone con handicap intellettivo in situazione
di gravità», di cui una parte non piccola presenta limiti notevoli, che non possono in alcun modo rientrare in un
concetto di “diversamente abile”.
È altresì necessario osservare
che la definizione “diversamente abile” esclude a priori anche quella fascia di
persone che, pur avendo una minorazione, mantiene intatta una “piena capacità
lavorativa” ed è abile tanto quanto un
suo collega normodotato.
Tanto per fare un esempio
“celebre” si può citare il presidente americano Roosevelt,
che effettivamente non ha avuto nessun impedimento a svolgere il proprio ruolo
al meglio.
Tuttavia, senza andare a
scomodare personaggi illustri, tutti noi siamo a conoscenza di persone
perfettamente in grado di essere “abili”, nonostante
la minorazione. Inoltre moltissimi lo diventano se vengono
assicurati loro i necessari ausili, accessi privi di barriere architettoniche,
modifiche ambientali per eliminare gli ostacoli dovuti alla minorazione.
CARLO HANAU -
DANIELA MARIANI CERATI (a cura di), Il
nostro autismo quotidiano - Storie di genitori e figli, Erickson,
Gardalo (Tn), 2003, pag. 215, euro 12,50
Com’è noto, l’autismo è parte di
una categoria di malattie gravemente invalidanti che si chiamano “disturbi
generalizzati dello sviluppo”, che comprendono anche le sindromi di Rett e di Asperger.
La sindrome di Rett, che colpisce le bambine, è molto rara, mentre quella
di Asperger, che concerne i maschi, è più frequente.
I bambini Asperger non si
distinguono dagli altri finché non diventano più grandi, mentre quelli con
autismo e altri disturbi generalizzati dello sviluppo si possono riconoscere
già prima dei due anni di età: non sanno giocare,
compiono gesti ripetitivi e senza senso, non comunicano con gli altri, si
tengono in disparte e non vogliono stare insieme ad altre persone.
Alcuni bambini diventano autistici a seguito di encefaliti,
ma nella quasi totalità dei casi lo sono dalla nascita.
L’autismo è una sindrome (un
insieme di sintomi) che può essere provocata non da una ma da molte diverse
malattie organiche, quasi tutte genetiche, come dimostra l’epidemiologia.
Soltanto alcune di queste
malattie e cause di nocività sono note: da pochi anni sono iniziate le ricerche
scientifiche per stabilire i meccanismi che provocano i danni al sistema
nervoso centrale di cui soffrono gli autistici.
L’autismo colpisce 4-5 bambini su
10mila nati e rappresenta sicuramente una delle sindromi più complesse e più
difficilmente gestibili dell’età evolutiva.
Nel volume sono presentate dai genitori alcune vere storie di bambini autistici: estrema difficoltà ad ottenere una diagnosi
certa, girovagare da ospedale a ospedale e da specialista a specialista per
avere le necessarie indicazioni di trattamento, le rare improvvise speranze di
aver finalmente imboccato la strada giusta, le frustranti delusioni, la
mancanza di riferimenti validi.
Deplorevoli sono le enormi carenze dei servizi pubblici, con le conseguenti
responsabilità ed oneri economici a carico dei genitori.
Per poter fronteggiare la
difficilissima situazione i congiunti delle persone colpite da autismo hanno
costituito l’Angsa, Associazione nazionale genitori
soggetti autistici, la cui sede nazionale è in Via di
Casal Bruciato 13, 00159 Roma, tel. e fax
06.43.587.666.
ERMANNO GORRIERI,
Parti uguali fra disuguali - Povertà,
disuguaglianza e politiche redistributive nell’Italia
di oggi, Il Mulino, Bologna, 2002, pagg. 165, euro
9,50
L’Autore, già Ministro del lavoro
nel VI Governo Fanfani, rileva che «un deficit di conoscenza e il desiderio di
stare al passo con i tempi portano alla rimozione del problema della
disuguaglianza e alimentano tesi universalistiche che si oppongono ad ogni
diversificazione degli interventi in base alle condizioni economiche che
destinatari, in piena consonanza - di fatto - con quel “conservatorismo
compassionevole” che è disposto a riconoscere qualche trattamento preferenziale solo a beneficio dei poveri».
Secondo Gorrieri
si «impongono
invece politiche di redistribuzione di beni che
concorrono a formare la qualità della vita: dall’istruzione, al lavoro, alle
risorse economiche».
Ovviamente «redistribuire significa togliere qualcosa ad
alcuni per dare di più ad altri».
Per quanto riguarda le scelte
politiche dei Governi di centro-sinistra in materia di
redistribuzione, quindi, anche di lotta alle
disuguaglianze, Gorrieri sostiene che esse sono state
condizionate «dal crescente peso politico
dei ceti medi e dall’esigenza di recuperarne il consenso».
D’altra parte, secondo l’Autore «all’elaborazione e al sostegno di politiche
dirette a ridurre le disuguaglianze, scarso contributo finora hanno dato i
cattolici, che hanno investito il loro impegno nel generoso esercizio della
solidarietà più che nella lotta politica per la giustizia sociale».
Mentre numerose sono le proposte
condivisibili avanzate da Gorrieri (ad esempio quelle
concernenti il sostegno alle famiglie legittime e di fatto)
non riteniamo conforme alla realtà delle cose l’affermazione secondo cui «non esistono categorie e gruppi sociali che, complessivamente
considerati, possono ritenersi più o meno svantaggiati di altri».
Basti pensare alle decine e decine di migliaia di persone colpite da handicap e da
malattie invalidanti, totalmente dipendenti dagli altri per poter vivere.
Non riteniamo nemmeno accettabile
il giudizio di Gorrieri sulla legge 328/2000 che, pur
essendo una scatola vuota, viene definita «la magna charta
del welfare locale».
GIOVANNI BATTAFARANO
- GIOVANNI PAOLO FONTANA, I nuovi lavori
dell’handicap - Un percorso attraverso la legge n. 68 per l’inserimento e
l’integrazione lavorativa delle persone disabili, Franco Angeli, Milano,
2001, pag. 121, euro 11,88
Il senatore Battafarano
è stato relatore della legge 68/1999. Giovanni P.
Fontana è un giornalista. Insieme hanno curato questo
agile libro sulla legge 68/1999 corredato da una presentazione degli on. Turco e Salvi.
Il commento è redatto sotto forma
di domande e risposte, il che semplifica la comprensione della materia, soprattutto
per chi non ha dimestichezza con i temi trattati.
Viene innanzitutto analizzata la
vecchia legge sul collocamento obbligatorio al lavoro 482/1968 di cui gli Autori sottolineano il carattere
innovativo all’epoca, perché riconosceva a tutti i soggetti con handicap il
diritto al lavoro, e vengono messi in risalto i limiti emersi. Perché però non
ricordare come fino alla sentenza della Corte Costituzionale n. 50 del 1990 gli
handicappati intellettivi e gli psichiatrici erano esclusi dal
collocamento obbligatorio e relegati in una lista a parte?
Viene successivamente esaminata la
nuova legge nei suoi aspetti innovativi: collocamento mirato, agevolazioni per
le imprese che assumono, convenzioni con i centri per l’impiego. Viene evidenziato il dibattito, anche aspro, creatosi
intorno all’art. 12 relativo alle convenzioni che, purtroppo, permettono alle
aziende di collocare il lavoratore con handicap presso cooperative in cambio di
commesse.
Nella seconda parte del libro vi
sono alcune testimonianze dei protagonisti. Peccato che su
cinque interviste solo due sono rivolte a lavoratori con handicap, due ragazzi
Down. Le altre ci raccontano: la storia del complesso musicale “I ladri
di carrozzelle”, quella di un’azienda che produce indumenti per disabili in carrozzina
ed infine la testimonianza di un ricercatore che crea ausili elettronici per
particolari disabilità.
Il limite del volume consiste nel
circoscrivere il problema dell’inserimento lavorativo all’handicap lieve, sia
intellettivo che fisico.
Giustamente, viene
affermato che le agevolazioni vanno concesse solo a chi assume un lavoratore
con reali difficoltà e non, ad esempio, un soggetto con handicap motorio avente
piena capacità lavorativa. Mancano però accenni e
testimonianze relative all’inserimento di handicappati intellettivi con
limitate capacità e di fisici gravi.
Il libro riporta il testo della
legge ed alcuni commenti da parte di politici di diversi schieramenti e di
sindacalisti; nessun parere è stato richiesto alle associazioni di tutela dei
soggetti con handicap.
A nostro avviso sarebbe stato
opportuno aggiungere qualche pagina approfondendo alcuni importanti aspetti
come, ad esempio, il modo delle certificazioni di invalidità
ed analizzando le sperimentazioni più significative effettuate prima
dell’entrata in vigore della legge 68/1999.
AA.VV., Figli per sempre - La cura continua del disabile mentale, Carocci Faber, Roma, 2002, pag.
230, euro 18,50
Il libro affronta il tema dei
soggetti con grave handicap intellettivo.
Mentre Andrea Canevaro
esamina con la consueta maestria le questioni concernenti l’integrazione
delle persone con handicap nella società di tutti ed insiste giustamente sulla «necessità di mantenere una domiciliarità, cioè la possibilità che vi sia non un
ricovero, ma un domicilio, una casa, possibilmente la propria casa»,
Antonio Cappelli affronta la questione del “Dopo di noi” in modo inaccettabile.
Infatti, sostiene che non vi sono leggi che
garantiscono il futuro dei soggetti con handicap privi di famiglia e dei mezzi
necessari per vivere, senza tener conto che i Comuni sono obbligati a
provvedere al loro ricovero (a nostro avviso da attuarsi presso comunità
alloggio di 8-10 posti al massimo se non è possibile attuare interventi
alternativi) ai sensi degli ancora vigenti articoli 154 e 155 del regio decreto
773/1931.
A sua volta, Augusto Battaglia,
che ha contribuito in misura rilevante (si veda il suo intervento nella seduta
della Camera dei Deputati del 18 gennaio 2000) ad impedire l’inserimento nella
legge 328/2000 di diritti esigibili, ha l’ardire di sostenere che la stessa
legge 328/2000 «rinforza con i buoni
servizi, i progetti personalizzati, la rete territoriale», mentre - com’è
ovvio - le semplici enunciazioni inserite
nelle leggi 104/1992 e 162/1998 non obbligano i Comuni a fornire prestazioni ai
soggetti con handicap, nemmeno a quelli che, se non vengono assistiti, muoiono.
Augusto Battaglia afferma che «è a partire dagli
operatori che possiamo ambire ad individuare il sentiero giusto per meglio
rispondere ai bisogni sociali e riabilitativi della persona disabile adulta».
Ancora una
volta, questa è la strada della beneficenza, in base alla quale il soggetto in
situazione di bisogno può ricevere prestazioni. La nostra posizione è
totalmente diversa. Se alle persone con handicap, si
riconosce veramente la dignità di cittadini, occorre riconoscere diritti
esigibili per quanto concerne le loro (e nostre) esigenze fondamentali di vita.
Il ruolo degli operatori non sarà
più quello di erogatori di beneficenza, ma di
promotori e realizzatori di diritti.
ARRIGO PEDON
(a cura di), L’operatore dei servizi
sociali. Manuale di metodologie operative, Armando Editore, Roma, 2002,
pagg. 720, euro 24,00
Il volume, destinato soprattutto
alla preparazione professionale dell’operatore dei servizi sociali, presenta
una visione molto particolare del settore.
Ad esempio, si sostiene che «l’umanità ha cercato, già dall’antichità, di
esprimere la sua solidarietà verso i più deboli per la tendenza istintiva
dell’uomo di chiedere e accordare aiuti alle persone con cui ha rapporti
vicendevoli». A nostro avviso, il Monte Taigeto e
la Rupe Tarpea, da cui venivano
gettati a morte i bambini rifiutati, dimostrano il contrario. Anche nel volume di Bronislaw Geremek La pietà e la
forza. Storia della miseria e della carità in Europa, sono descritte le
efferate violenze a cui erano sottoposti i più deboli.
Non riteniamo nemmeno conforme
alle realtà dei fatti l’affermazione secondo cui la legge sulle Ipab del 1890 «costituisce
per il nostro Paese un avvenimento molto importante perché regolerà le
politiche sociali per oltre un secolo».
Infatti, la legge suddetta ha
sempre e solo disciplinato le istituzioni pubbliche di assistenza
e beneficenza, mentre gli orientamenti in materia di assistenza sono stati
stabiliti da altre norme, in primo luogo il regio decreto 6535/1889 (secondo
alcuni ancora in vigore oggi) che obbligava i Comuni a fornire assistenza alle
«persone dell’uno e dell’altro sesso, le
quali per infermità cronica o per insanabili difetti fisici o intellettuali,
non possono procacciarsi il modo di sussistenza».
Altre disposizioni hanno
confermato le competenze comunali in materia, ad esempio i regi decreti
773/1931 (i cui articoli 154 e 155 sono tuttora applicabili) e 383/1934, testo
unico delle leggi comunali e provinciali. Sorprendente è, altresì, l’affermazione contenuta a pagina 55, secondo cui durante il
periodo fascista «si passa dalla
beneficenza all’assistenza».
A sua volta la legge quadro
sull’handicap n. 104/1992 è giudicata positivamente, quando ormai è assodato
che si tratta di una scatola vuota.
Non condividiamo nemmeno la
valutazione favorevole data alla legge 328/2000 sui servizi sociali che,
secondo l’autore, «spinge ad uscire da
vecchie logiche di tipo assistenziale e sollecita
politiche sociali, che pur riconoscendo il bisogno e la crisi in cui possono
venire a trovarsi alcune persone nel corso della vita, pure devono rivolgersi a
tutti i cittadini che hanno diritto ad avere servizi sociali per una migliore
qualità della vita e per cercare di affrontare problemi e difficoltà che questa
società pone».
Noi continuiamo a ritenere che la
legge 328/2000 sia molto negativa non solo perché non prevede nessun nuovo
diritto nemmeno a coloro che hanno l’esigenza di
essere supportati per poter vivere, ma anche per la sottrazione della
destinazione esclusiva ai più deboli dei beni delle Ipab
(110-140 mila miliardi delle ex lire) e dei relativi redditi.
Inoltre, a causa della mancanza
di diritti esigibili, non riteniamo nemmeno che sia corretta l’affermazione
secondo cui la filosofia della sopra citata legge «è quella di far sì che l’intervento arrivi prima per cercare di
prevenire situazioni di difficoltà evitabili e non soltanto dopo il verificarsi
della situazione problematica».
In assenza di obblighi
precisi da parte degli enti preposti all’erogazione dei servizi, non si può
neppure parlare di assistenza: la discrezionalità è sinonimo di beneficenza.
Affinché i rapporti fra gli
operatori, a qualsiasi settore di attività
appartengano, ed i cittadini poggino su una base solida, occorre, a nostro
avviso, che i cittadini stessi, in particolare a quelli in difficoltà, siano
riconosciuti dal legislatore diritti veri.
Altrimenti, si continua nella attuale squilibrata situazione fra chi detiene poteri
e chi non possiede alcun strumento concreto per ottenere prestazioni, anche
indispensabili e non dilazionabili.
www.fondazionepromozionesociale.it