Prospettive assistenziali, n. 145, gennaio-marzo 2004

 

 

Interrogativi

 

PERCHÉ NON VIENE RICHIESTA DALL’USL 7 DI PIEVE DI SOLIGO L’ATTUAZIONE DELLA LEGGE 179/1992 PER LE STRUTTURE ABITATIVE DEI SOGGETTI CON HANDICAP?

 

Nell’articolo “L’esperienza dell’Usl 7 di Pieve di Soligo”, apparso sul n. 3, 2003 di Studi ZancanPolitiche e servizi alle persone, Marisa Durante, Direttore sociale della suddetta Usl, affronta il tema delle soluzioni abitative idonee per i soggetti colpiti da handicap. A questo riguardo segnala che «72 disabili sono attualmente ospiti di grandi strutture quali l’Istituto Gris di Mogliano (Treviso), l’Opera della Provvidenza di Sant’Antonio di Sarmeola di Rubano (Padova), l’Istituto Palazzolo di Rosà (Vicenza)». Inoltre, fatto a nostro avviso assai grave «presso le strutture residenziali per anziani distribuite capillarmente nel nostro territorio sono oggi ospitati ben 71 persone non autosufficienti di età inferiore ai 65 anni». Di conseguenza, l’Autrice precisa che sono «necessari nell’azienda Usl 7 ben 100 posti presso le comunità alloggio per sostenere i nuclei familiari fragili che a breve richiederanno un intervento di tipo assistenziale; prevedere un progressivo rientro nel nostro territorio di chi oggi è ospite di grandi strutture, offrendo soluzioni più adeguate quali le comunità alloggio; consentire a chi è ospite delle case di riposo per anziani non autosufficienti di poter scegliere una soluzione più appropriata». Per quanto riguarda le concrete possibilità operative, la Durante sostiene che «attualmente non esistono molti riferimenti normativi dai quali attingere per acquisire finanziamenti per la costruzione delle case».

Premesso che la peggiore iniziativa sarebbe la creazione di caseggiati destinati ai soggetti colpiti da handicap, sarebbe molto interessante conoscere se e come è stato applicato dalla Regione Veneto l’art. 4 della legge 17 febbraio 1992 n. 179 “Norme per l’edilizia residenziale pubblica” che stabilisce quanto segue: «Le Regioni, nell’ambito delle disponibilità loro attribuite, possono riservare una quota non superiore al 15% dei fondi di edilizia agevolata e sovvenzionata per la realizzazione di interventi da destinare alla soluzione di problemi abitativi di particolari categorie sociali individuate, di volta in volta, dalle Regioni stesse».

Dunque, contrariamente a quanto ha sostenuto il Direttore sociale dell’Usl 7 di Pieve di Soligo, da più di dieci anni c’è una legge che consentiva e consente di predisporre adeguate strutture abitative (alloggi singoli, appartamenti per convivenze guidate, comunità alloggio) per i soggetti con handicap, senza isolarli dal contesto sociale e senza attribuire al settore assistenziale gli oneri economici per la loro creazione.

Quali concrete azioni sono state perseguite dalla Regione Veneto e dall’Usl 7 di Pieve di Soligo per l’attuazione della norma sopra citata?

Non è una ignominia umana e sociale allontanare i più deboli dal loro territorio di appartenenza e rendere difficoltosi i loro rapporti con i propri familiari? Non è indegno di un paese civile ricoverare i soggetti con handicap insieme agli anziani cronici non autosufficienti?

 

 

È LECITO CHIEDERE AI CITTADINI AIUTI ECONOMICI PER PRESTAZIONI A CARICO DEL SERVIZIO SANITARIO?

 

In occasione del Natale 2003, l’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone ha diffuso un depliant in cui è stato inserito quanto segue: «Abbiamo bisogno di Lei per offrire a tutti i nostri ospiti ciò di cui hanno bisogno. Oggi si unisca a noi: partecipi alla missione dell’Istituto Sacra Famiglia. Abbiamo bisogno di questo:

– una bottiglia di “Nutrison” indispensabile per nutrire gli ospiti disfasici costa 0,66 euro. Per  ogni ospite occorrono 21 bottiglie alla settimana per un costo totale di 13,86 euro;

– il fabbisogno dell’addensante di liquidi, necessario per l’assunzione di acqua da parte delle persone disfasiche è di 14 scatole alla settimana per un costo di 42, 98 euro;

– il fabbisogno di farmaci gastroprotettori per ogni persona è di una scatola al giorno per un costo di 28,25 euro;

– un trattamento di ginnastica respiratoria per disabili gravi costa 33,60 euro;

– il costo medio di assistenza giornaliera per la cura di ogni ospite e di 113 euro».

Poiché l’Istituto Sacra Famiglia, come risulta precisato nello stesso depliant «opera come centro di assistenza e di riabilitazione accreditato in tre Regioni italiane (Lombardia, Liguria e Piemonte)», il costo delle prestazioni e dei prodotti sopra indicati non viene già interamente corrisposto dal Servizio sanitario?

 

 

COME MAI FRA I COMMERCIANTI NON CI SONO ANZIANI COLPITI DA MALATTIE INVALIDANTI E DA NON AUTOSUFFICIENZA?

 

Sul n. 1, gennaio 2004 di “50 e più - Il valore dell’esperienza”, rivista della Fenacom, Federazione nazionale dei pensionati del commercio, è pubblicato un dossier sul tema “Volontariato: aiutare gli altri è un impegno che non conosce età” curato da Nadio Delai, sociologo, già direttore generale del Censis e attualmente responsabile di Ermeneia, società di studi e di consulenza strategica per imprese e organizzazioni, nonché direttore delle politiche economiche e sociali presso le Ferrovie dello Stato. Riferendo in merito al volume Essere anziano oggi 2003, segnala che 9 anziani su 10 rappresentano «una componente ancora attiva, non solo in Italia, ma anche a livello europeo» e precisa quanto segue: «Certo, non bisogna dimenticare che il suddetto 90% si divide in due parti: la prima pienamente vitale e la seconda portatrice di qualche acciacco che, tuttavia, fa dire agli intervistati “ho qualche problema, ma nel complesso me la cavo”». Dunque, non ci sarebbe in Italia alcun anziano non autosufficiente.

Perché è stato pubblicata una informazione così fuorviante?

Forse che i commercianti sono immuni dalle patologie invalidanti?

 

 

FINANZIAMENTI EROGATI AI CENTRI DI SERVIZIO PER IL VOLONTARIATO: A QUANTO AMMONTANO LE SPESE DI GESTIONE?

 

Secondo quanto riferito su La rivista del volontariato, gennaio 2004, nel periodo 1991-2002 sono stati erogati ai Centri di servizio per il volontariato le seguenti somme così suddivise per Regioni e Province autonome:

 

Abruzzo                          euro      5.090.215

Basilicata                          »         4.334.787

Calabria                            »         6.931.075

Campania                         »       11.400.994

Emilia Romagna                »       49.007.827

Friuli Venezia Giulia           »         7.341.286

Lazio                                »       16.064.241

Liguria                              »       15.431.496

Lombardia                         »       35.059.828

Marche                             »       13.845.918

Molise                              »         3.499.570

Piemonte                          »       65.795.157

Provincia Bolzano              »         3.016.116

Provincia Trento                 »         1.995.323

Puglia                               »       11.365.481

Sardegna                          »         8.113.750

Sicilia                               »       10.578.400

Toscana                            »       47.541.079

Umbria                              »         9.783.023

Valle d’Aosta                     »         4.212.899

Veneto                              »       52.621.183

 

Agli importi sopra indicati (in totale euro 383.029.648,00) occorre aggiungere gli stanziamenti relativi agli anni 2000, 2001 e 2002 (euro 109.933.262,00). Il totale generale dei finanziamenti assegnati ai centri di servizio per il volontariato è dunque di euro 492.962.910,00.

Una delle questioni, a nostro avviso estremamente importanti, riguarda le somme che detti centri utilizzano per le spese di gestione (stipendi del personale, affitto dei locali, ecc.). Nel n. 127, 1999 di Prospettive assistenziali avevamo chiesto a Gianluca Borghi, Assessore alle politiche sociali, se non riteneva eccessiva la quota destinata al funzionamento dei nove centri istituiti nella Regione Emilia Romagna. Difatti, dalla loro creazione a tutto il 1998 i centri avevano incassato 4 miliardi e 639 milioni di lire; nello stesso periodo gli oneri sostenuti per il personale ammontavano a lire 1 miliardo e 147 milioni (24,7%), mentre per le collaborazioni esterne erano stati erogati 871 milioni (18,8%); per le spese per corsi, convegni e seminari 107 milioni (2,3%) e per la conduzione dei centri l’esborso era stato di 834 milioni (18%). Dunque, le spese complessive dei centri di servizio per il volontariato dell’Emilia Romagna avevano inciso nella misura del 63,8% rispetto alle somme incassate. Finora l’Assessore Borghi non ha risposto (e sono comprensibili i motivi); non vorremmo, tuttavia, che la maggior quantità degli stanziamenti, invece di essere destinata alle associazioni di volontariato, si fermasse all’interno dei centri stessi come autofinanziamento.

 

 

GLI INTERVENTI DELL’OPERA SAN FRANCESCO SONO FINALIZZATI ALLA CONSERVAZIONE DELLO STATO DI BISOGNO DEI SOGGETTI DEBOLI?

 

I volantini informativi che divulga l’Opera San Francesco di Milano, spediti anche ad alcuni nostri associati, hanno lo scopo di richiedere contributi economici ai privati cittadini al fine di fornire pasti caldi, abbigliamento e servizi igienici «a chi è emarginato, a chi non possiede nulla». Inoltre, i denari raccolti servono per assicurare prestazioni sanitarie, avvalendosi dell’aiuto di medici che svolgono la loro attività volontariamente, a coloro che non hanno accesso al Servizio sanitario nazionale.

Tenuto conto che dal depliant non risulta che l’Opera San Francesco si occupi di extracomunitari o di immigrati non regolari, ma di «chi è emarginato», non sono fuorvianti le informazioni contenute nel volantino?

Partendo dall’articolo 32 della Costituzione («La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti») e dall’articolo 38 («Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale»), perché l’Opera San Francesco non si rivolge in primo luogo alle autorità preposte ai servizi sanitari e assistenziali affinché svolgano i compiti affidati loro dalle leggi vigenti? Perché non denuncia le inadempienze?

Si rende conto che se non si interviene per l’eliminazione o almeno la riduzione delle cause dei bisogni, la situazione dei più deboli è destinata a rimanere in futuro sostanzialmente tale e quale? Perché l’Opera San Francesco continua ad insistere sulla beneficenza e sul depliant non c’è una sola parola sui diritti fondamentali delle persone?

 

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