Prospettive assistenziali, n. 146, aprile-giugno 2004

 

 

LA PILATESCA RISPOSTA DELLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA ALLE PREOCCUPANTI EMERGENZE SEGNALATE

 

 

 

Riportiamo la lettera inviata l’8 gennaio 2004 dal presidente dell’Associazione promozione sociale al Presidente della Repubblica e la pilatesca risposta, datata 9 febbraio 2004, del Direttore dell’Ufficio per gli affari giuridici e le relazioni costituzionali della Presidenza della Repubblica.

è assai deludente la constatazione che la Presidenza della Repubblica non abbia assunto alcuna iniziativa concreta in merito ai gravissimi fatti segnalati (1).

 

Lettera dell’Associazione promozione sociale

 

Nel Suo messaggio di fine anno 2003, Lei ha rivolto il Suo pensiero agli anziani affermando che «molti di loro sono soli, chiedono affetto, compagnia, assistenza» e che nei casi in cui «manca l’appoggio di una famiglia» il vuoto viene sempre più spesso colmato «grazie alla generosa azione di volontari di ogni ceto ed età».

Premesso che svolgo la mia attività di volontariato gratuito a tempo pieno ininterrottamente da 40 anni, mi permetto di osservare che mentre la stragrande maggioranza degli anziani è in grado di vivere autonomamente e quindi di condurre un’esistenza accettabile, da anni il vero problema riguarda i soggetti colpiti da malattie invalidanti (demenza senile, cancro, ictus, pluripatologie, ecc.) e da non autosufficienza.

Purtroppo, per queste persone, in violazione alle leggi vigenti e spesso anche del più elementare buon senso, l’iter è quasi sempre il seguente:

1) sono dimessi dagli ospedali, sovente in modo selvaggio, e cioè senza garantire la prosecuzione delle pur indilazionabili cure sanitarie;

2) se i congiunti non sono grado di fornire essi stessi le occorrenti prestazioni curative (molto sovente si tratta del coniuge ultraottantenne o ultranovantenne!), devono ricorrere all’assunzione di una o più persone. Al riguardo, occorre tener conto che le ore settimanali sono 168 e che l’orario di lavoro del personale dipendente non può superare in genere le 40 ore settimanali. Per ciascun assunto la spesa mensile, oneri previdenziali compresi, è di almeno 1.300 euro, somma che per molti nuclei familiari è superiore ai loro redditi;

3) se non sono praticabili le cure domiciliari, gli anziani cronici non autosufficienti, i malati di Alzheimer ed i pazienti colpiti da altre forme di demenza senile sono inseriti, per circa 18-24 mesi, nelle apposite liste di attesa per l’accesso alle Rsa, Residenze sanitarie assistenziali, denominazione scelta per i nuovi cronicari;

4) durante questo periodo, l’interessato e/o i suoi congiunti sono costretti a versare alle Rsa, quasi sempre strutture private che operano per ricavare profitti, sia la quota alberghiera che quella sanitaria, in totale da 2.000 a 3.000 euro al mese;

5) trascorso il periodo di attesa (18-24 mesi), la retta di ricovero è di 1.200-1.800 euro al mese;

6) violando apertamente le leggi vigenti (art. 25 della legge 328/2000 e decreti legislativi 109/1998 e 130/2000), quasi tutti i Comuni e le Asl, qualora i soggetti interessati non abbiano le risorse per il pagamento dell’intera quota alberghiera, impongono ai loro parenti, quasi sempre mediante ricatto (o firmate o il vostro congiunto non verrà ricoverato), di sottoscrivere l’impegno a versare la quota non coperta dai redditi del malato;

7) si è arrivati al punto che il Comune di Torino impone all’anziano malato cronico non autosufficiente di versare l’intero ammontare dei suoi redditi per la copertura della retta alberghiera, anche nel caso in cui il coniuge (quasi sempre la moglie) resti totalmente privo di mezzi economici. In questo caso, il coniuge dovrebbe recarsi presso i competenti uffici comunali di assistenza per chiedere un sussidio come persona indigente.

Mentre è ovvio che i volontari non sono mai stati e non saranno mai in grado di svolgere le funzioni mediche, infermieristiche e riabilitative che la legge ha affidato alle Asl, disastrose sono le conseguenze della messa a carico delle famiglie del compito di curare e assistere i congiunti malati cronici non autosufficienti.

Infatti, come risulta dal documento “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, predisposto nell’ottobre 2000 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ufficio del Ministro per la Solidarietà sociale, «nel corso del 1999, due milioni di famiglie italiane sono scese sotto la soglia della povertà a fronte del carico di spese sostenute per la “cura” di un componente affetto da una malattia cronica».

L’allarmante e incivile situazione di cui sopra è dovuta sia al fatto che non si riconosce che un anziano colpito da patologia invalidante e da non autosufficienza è un malato a cui deve essere garantita la continuità terapeutica a domicilio quando è possibile o presso ospedali, case di cura convenzionate o altre strutture sanitarie, sia alla imposizione ai suoi congiunti di oneri economici non consentiti dalle leggi vigenti.

Mentre è accettabile che l’anziano malato cronico non autosufficiente contribuisca alle spese di degenza con i suoi redditi, tenendo però in prioritaria considerazione i suoi obblighi anche economici sia coniugali che familiari, è deprecabile che i parenti siano costretti a sottoscrivere obblighi non previsti da alcuna legge e, in alcuni casi, espressamente vietati.

Al riguardo, mi permetto di far presente alla S.V. che, ai sensi del decreto legislativo 109/1998, come risulta modificato dal decreto legislativo 130/2000:

A) nessun contributo economico può essere preteso dagli enti pubblici dai parenti non conviventi. Infatti, la normativa sopra citata prevede quanto segue:

a) art. 2, comma 1, «La valutazione della situazione economica del richiedente è determinata in riferimento alle informazioni relative al nucleo familiare di appartenenza»;

b) art. 2, comma 2, «Ai fini del presente decreto, ciascun soggetto può appartenere ad un solo nucleo familiare. Fanno parte del nucleo familiare i soggetti componenti la famiglia anagrafica»;

c) art. 2, comma 6, «Le disposizioni del presente decreto non modificano la disciplina relativa ai soggetti tenuti alla prestazione degli alimenti ai sensi dell’art. 433 del codice civile e non possono essere interpretate nel senso dell’attribuzione agli enti erogatori della facoltà di cui all’art. 438, primo comma del codice civile nei confronti dei componenti il nucleo familiare del richiedente la prestazione agevolata»;

B) ai sensi del comma 2 ter dell’art. 3 nessun contributo economico può essere richiesto dagli enti pubblici dai parenti anche conviventi di ultrasessantacinquenni non autosufficienti e di soggetti colpiti da handicap grave.

Orbene, nonostante l’estrema chiarezza delle sopra menzionate disposizioni di legge (in vigore dal 1° gennaio 2001), contributi economici, spesso molto gravosi, sono imposti da Comuni e da Asl. Ad esempio, secondo quanto ha precisato Graziano Giorgi, Coordinatore della Regione Emilia Romagna per le politiche sociali e familiari, nell’articolo “Il Piano di sviluppo sociale come strumento strategico di programmazione locale” in Studi Zancan - Politiche e servizi alle persone, n. 3, 2003 «Oggi le famiglie pagano per un ricovero in casa protetta o residenza sanitaria assistita cifre nell’ordine di 3.500.000 di vecchie lire».

Per quanto concerne il sopra ricordato comma 2 ter dell’art. 3 del decreto legislativo 109/1998, come risulta modificato dal decreto legislativo 130/2000, numerosi Comuni avanzano il pretesto della mancata emanazione del decreto amministrativo ivi previsto, nonostante che:

– detto decreto, avente natura amministrativa, non possa modificare in nulla e per nulla le vigenti disposizioni di legge;

– l’emanazione di detto decreto sia inutile in quanto le relative norme dirette a «favorire la permanenza dell’assistito presso il nucleo familiare di appartenenza» siano state inserite nella legge 328/2000;

– la mancata emanazione di un decreto amministrativo non possa sospendere, fra l’altro sine die, l’applicazione di una legge approvata dal Parlamento e promulgata dalla S.V.

Per ottenere il rispetto delle citate norme sulle contribuzioni economiche il Csa, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, al quale aderisce anche l’Associazione promozione sociale, ha promosso una petizione (il cui testo era stato inviato in allegato, n.d.r.). Sono state trasmesse (finora inutilmente) le prime 7.941 firme al Ministro Maroni.

Inoltre, il Csa si è rivolto ai Difensori civici. Mentre quelli delle Regioni Basilicata, Campania e Piemonte hanno sostenuto l’azione del Csa (senza peraltro ottenere alcun risultato dai Comuni che non intendono rispettare le leggi vigenti), gli altri Difensori civici si sono limitati a segnalare al Csa le risposte – tutte negative – ottenute dagli uffici regionali e comunali preposti all’assistenza.

Si è arrivati al punto che il Difensore civico del Comune di Ferrara ha scritto che in due conferenze dei Difensori civici della Regione Emilia Romagna è stata sostenuta l’opportunità della mancata applicazione delle leggi vigenti poiché sarebbe a loro avviso «ingiusto che la collettività paghi per i ricoveri, ospitalità o assistenza nei casi in cui l’ospite delle strutture pubbliche appartenga a famiglie facoltative». Di conseguenza, tutti i parenti, anche quelli con mezzi limitati, continuano a dover versare contributi anche se le leggi dicono il contrario.

A questo proposito, segnalo alla Sua attenzione che per le prestazioni, ancorché di natura assistenziale, erogate dallo Stato ai soggetti in difficoltà, mai si fa riferimento ai parenti tenuti agli alimenti e cioè agli ascendenti, discendenti, fratelli e sorelle, generi e nuore, suoceri e suocere come in­vece viene illegittimamente fatto dagli assessorati all’assistenza per pretendere contribuzioni economiche non ammesse dalla vigente nor­mativa.

Alcuni esempi di cui condivido le attuali modalità di contribuzione:

– i Comuni assumono sempre a proprio carico tutte le spese relative ai soggiorni di vacanza degli anziani non versate dal soggetto interessato, indipendentemente dalle condizioni economiche dei parenti tenuti agli alimenti;

– i Comuni non hanno mai richiesto contributi economici ai nonni dei bambini che frequentano asili nido, scuole materne o utilizzano altri servizi educativi nei casi in cui i genitori non siano in grado di corrispondere la tariffa massima richiesta, anche se l’art. 148 del codice civile stabilisce che quando i genitori non hanno le risorse occorrenti per provvedere all’obbligo di mantenere, educare e istruire i figli «gli altri ascendenti legittimi o naturali, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli».

Inoltre, non sono (giustamente a mio avviso) vincolati alle condizioni economiche dei parenti tenuti agli alimenti i contributi erogati da Regioni e Comuni per il sostegno dei nuclei familiari in difficoltà per il pagamento dell’affitto delle loro abitazioni, i sussidi di disoccupazione, gli emolumenti ai lavoratori in cassa integrazione, l’assegnazione gratuita o a prezzi di favore dei terreni comunali da utilizzare per la costruzione di alloggi dell’edilizia agevolata, l’ammissione al patrocinio a carico dello Stato (già gratuito patrocinio), l’assegnazione di alloggi popolari da parte delle Aziende territoriali per la casa (ex Iacp) anche nei casi in cui genitori, i figli o altri congiunti siano proprietari anche di centinaia di appartamenti, l’integrazione al minimo delle pensioni di vecchiaia salvo il riferimento al coniuge.

Rammento inoltre che, allo scopo di ridurre gli oneri a carico degli utenti compresi quelli molto abbienti dei servizi non assistenziali, per le quote a carico non viene mai fatto riferimento al costo della prestazione, come avviene per le contribuzioni addebitate agli assistiti e ai loro congiunti, ma a tariffe speciali, definite discrezionalmente dalle istituzioni interessate.

Ad esempio, di fronte ad un costo mensile dell’asilo nido di oltre 1.000 euro, la tariffa massima attribuita anche ai genitori estremamente ricchi non supera in genere i 350 euro.

Infine, è molto eloquente il fatto che l’art. 32 della Costituzione garantisca «cure gratuite agli indigenti» senza porre alcun limite in relazione alle condizioni economiche dei parenti, compresi quelli tenuti agli alimenti. Di conseguenza, anche le esenzioni dai ticket sanitari sono previste indipendentemente dalla presenza, nell’ambito dei congiunti, di persone abbienti.

Premesso quanto sopra esposto, preso atto del fallimento quasi totale delle iniziative finora assunte per il rispetto delle disposizioni vigenti, confido nel Suo intervento affinché venga rispettato il diritto alle cure sanitarie degli anziani cronici non autosufficienti e siano applicate le leggi che non consentono agli enti pubblici di pretendere contributi economici:

a) dai parenti non conviventi degli assistiti di qualsiasi età;

b) dai parenti, compresi quelli conviventi, degli ultrasessantacinquenni non autosufficienti e dei soggetti con handicap in situazione di gravità.

 

La risposta della Presidenza della Repubblica

 

Rispondo alla lettera con la quale Ella, in qualità di presidente dell’Associazione promozione sociale, rivolge un appello al Capo dello Stato, affinché sia riconosciuto agli anziani non autosufficienti e ai soggetti colpiti da malattie invalidanti il diritto alle cure sanitarie gratuite e siano applicate le leggi in vigore sulla materia, con particolare riguardo alla disciplina sulla contribuzione economica del nucleo familiare del richiedente la prestazione sociale agevolata.

È meritevole di apprezzamento l’impegno verso i problemi della collettività in cui opera, e posso dare assicurazione che il Presidente Ciampi guarda con particolare attenzione al volontariato e alla sua ammirevole azione di sostegno di tutte le situazioni difficili.

Con riferimento alla Sua istanza, Le assicurazione che questo ufficio non ha mancato di richiamare su quanto esposto l’attenzione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per un’approfondita valutazione.

 

 

 

 

(1) Ricordiamo che le precedenti istanze rivolte personalmente al Presidente della Repubblica sono cadute nel vuoto. Cfr. “Il Presidente della Repubblica non vuole ricevere una delegazione del Csa”, Prospettive assistenziali, n. 129, 2000 e “Presentata al Presidente della Repubblica la drammatica situazione della fascia più debole della popolazione”, Ibidem, n. 131, 2000.

 

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