Prospettive assistenziali, n. 146, aprile-giugno
2004
PRIMA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI
STATO: LE RETTE DI RICOVERO DI UN SOGGETTO AFFETTO DA INSUFFICIENZA MENTALE DI
GRADO ELEVATO CON DISTURBO AUTISTICO SONO A CARICO DEL
SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
Con sentenza n. 479/2004 del 4
novembre 2003, depositata in Segreteria il 10 febbraio 2004, la quinta Sezione
del Consiglio di Stato ha dichiarato «l’Unità
sanitaria locale n. 5 di Jesi obbligata al pagamento
delle rette di degenza relative al ricovero presso
l’Istituto ricorrente (Istituto ospedaliero di Sospiro, n.d.r.)
del Sig. M. R., affetto da insufficienza
mentale di grado elevato con disturbo autistico,
disabile psichico intellettualmente e mentalmente».
Nel ricorso presentato dall’Asl 5 di Jesi, veniva
sostenuto che le prestazioni erogate al Sig. M. R. hanno «natura assistenziale e, quindi, devono
gravare interamente sull’amministrazione comunale».
In linea subordinata l’appellante
riteneva che «le spese di degenza presso
l’Istituto, se qualificate di natura sanitaria, dovrebbero gravare
esclusivamente sulla
Asl di attuale residenza dell’assistito e non su
quella in cui il soggetto risiedeva al momento del ricovero».
Il Consiglio di Stato ha respinto
l’appello precisando che «in punto di
diritto, tutte le spese di carattere sanitario anticipate dagli istituti di
ricovero, cura e assistenza devono gravare sulle amministrazioni sanitarie e
non sui comuni, quando siano dirette in via esclusiva o prevalente alla
riabilitazione e rieducazione degli handicappati, nonché
alla cura ed al recupero fisico-psichico dei malati di mente, purché le
suddette prestazioni siano integrate con quelle dei servizi psichiatrici
territoriali».
Inoltre, ha precisato che «in punto di fatto, le prestazioni in
oggetto, per le loro caratteristiche oggettive, devono considerarsi di natura
sanitaria» in quanto «a norma
dell’art. 30 della legge 27 dicembre 1983 n. 730, sono poste a carico del
servizio sanitario nazionale gli oneri delle attività di rilievo sanitario
connesse con quelle socio assistenziali,
e che il successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 agosto
1985, all’art. 1, ha definito attività di rilievo sanitario quelle “che richiedono
personale e tipologie di intervento propri dei servizi socio-assistenziali,
purché siano diretti immediatamente e in via prevalente alla tutela della
salute del cittadino e si estrinsechino in interventi a sostegno dell’attività
sanitaria di (...) cura e/o riabilitazione fisica e psichica del medesimo”».
Il Consiglio di Stato ha,
altresì, rilevato che «in termini non
sostanzialmente diversi si esprime il decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 14 febbraio 2001, allorché, all’art. 3, propone una classificazione
che pone a carico del servizio sanitario nazionale le prestazioni sanitarie a
rilevanza sociale, definendole come “prestazioni assistenziali
che, erogate contestualmente ad adeguati interventi sociali, sono finalizzate
alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e
contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o
acquisite”» e che «la ricordata
normativa ministeriale, sia nella formulazione del 1985 che in quella del 2001,
attribuisce rilievo sanitario agli interventi con carattere di “cura” delle
patologie in atto, ma non dispone che debbano definirsi tali solo i trattamenti
che lascino prevedere la guarigione o la riabilitazione del paziente. A tale
riguardo pare dirimente proprio il decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri del 2001, nella parte che considera di carattere sanitario i
trattamenti volti al contenimento di esiti
degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite».
Dopo aver preso atto che il sig.
R. «risulta
affetto, sin dalla nascita, da “insufficienza mentale grave con disturbo autistico”», il Consiglio di Stato osserva che «la documentazione medica prodotta
dall’Istituto compie ripetuti riferimenti agli interventi sanitari e farmacologici a scopo parzialmente riabilitativo e
conservativo anche per limitare eventuali comportamenti autoloesionistici
dell’interessato» e che «al riguardo,
assume particolare rilevanza la relazione della Dottoressa Galizzi,
medico psichiatra, la quale, in data 13 maggio 1991, afferma: “Attualmente il
disturbo autistico appare l’elemento più rilevante
del quadro psicopatologico; tuttavia esso è anche inscindibilmente legato al
deficit intellettivo di base di cui ha probabilmente influenzato l’evoluzione.
Il paziente è in trattamento con Tioridazina e Diasepam”».
Nella sentenza viene
riferito che «anche la successiva
relazione sanitaria del 1996 evidenzia che il Sig. R. è
sottoposto a una articolata terapia psichiatrica, consistente in un
“trattamento educativo di gruppo”, diretto “al recupero possibile delle minime
autonomie in precedenza acquisite ed al rallentamento dell’evoluzione autistica”» e che «in
tale contesto, il Sig. R. usufruisce anche di una
“assistenza suppletiva ambientale richiesta dalla carenza intellettiva di base”
per il soddisfacimento dei bisogni quotidiani. Ma si
tratta di un’attività certamente non esclusiva e destinata ad integrarsi con
altre prestazioni più propriamente sanitarie».
Pertanto, conclude
il Consiglio di Stato «si tratta di
elementi univoci nel senso che le prestazioni erogate dall’Istituto non possono
ridursi alla pura e semplice sostituzione dell’assistenza familiare. Al
contrario, dette prestazioni vanno inquadrate a pieno titolo tra gli interventi
sanitari, o, quanto meno, tra le attività di rilievo
sanitario connesse con quelle socio assistenziali, di competenza delle Aziende Ussl». Per quanto concerne l’onere delle spese
sanitarie, nella sentenza è stabilito che «l’Asl tenuta al pagamento è quella in cui l’assistito aveva
residenza al momento del ricovero».
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