Prospettive assistenziali, n. 146, aprile-giugno
2004
SECONDA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI
STATO: LE SPESE DI OSPITALITà DEGLI EX
DEGENTI DI OSPEDALI PSICHIATRICI DEVONO ESSERE
CORRISPOSTE DALLA SANITÀ E NON DAI COMUNI
Con la sentenza n. 152 del 2004,
la Sezione quinta del Consiglio di Stato ha respinto la richiesta avanzata
dall’Azienda sanitaria di Siena rivolta ad ottenere dal Comune di Canepina il pagamento relativo «ad attività socio-assistenziale prestata nel corso del 1997,
unitamente a quella sanitaria, nei confronti di quattro ex degenti
dell’ospedale psichiatrico San Niccolò di Siena dopo la chiusura (il 31
dicembre 1996) di quella struttura manicomiale».
L’istanza
dell’Asl di Siena era stata recepita dal Tribunale
amministrativo regionale per la Toscana, seconda sezione, che aveva condannato
il Comune di Canapina «al pagamento in
favore della predetta Azienda di lire 41.998.490 per spese di ospedalità».
Il Consiglio di Stato,
accogliendo l’appello del Comune di Canepina, ha
osservato che «le delicate problematiche
connesse alla controversia in esame riguardano la definizione e qualificazione
dell’infermità in relazione alla rilevanza o meno che
rispetto ad essa assumono le cure sanitarie rispetto al più semplice contenuto
concetto di assistenza, nel senso che la prevalenza delle prime rende logico,
necessario e per così dire conseguente il diretto coinvolgimento del Servizio
sanitario nazionale e delle sue strutture (anche sotto il profilo delle
corresponsioni dei relativi oneri economici), mentre la rilevanza delle seconde
fa riportare sui Comuni il relativo costo economico».
Pertanto, il Collegio ha ritenuto
che «sia il contesto
normativo primario che quello concernente la successiva esplicitazione
ministeriale, attribuiscono rilievi sanitari agli interventi con carattere di
“cura” delle patologie in atto ma non dispongono (al
contrario di quanto ritenuto dal primo giudice),che devono intendersi tali solo
i trattamenti che lasciano prevedere la guarigione o la riabilitazione del
malato; e in proposito appare del tutto assorbente – come già osservato dalla
Sezione nel richiamo precedente – proprio il contenuto del decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 2001, nella parte in cui considera di
prevalente carattere sanitario tutti i trattamenti (e quindi anche quelli farmacologici) finalizzati al contenimento di esiti
degenerativi o invalidanti di patologie
conferite o acquisite. In tale contesto deve
convenirsi che le varie forme di assistenza di cui necessitano i soggetti
affetti da infermità mentale quali quelli oggetto del presente contenzioso, non
possono farsi rientrare tra le prestazioni “sociali a rilevanza sanitaria” che
il predetto decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2001
definisce in stato di bisogno con problemi di disabilità o emarginazione
condizionanti lo stato di salute, trattandosi a tutti gli effetti di vere e
proprie cure la cui costante somministrazione da un lato necessaria per contenere i disturbi
dell’infermità in atto e dall’altro può rivelarsi pericolosa per i pazienti,
per cui deve essere costantemente controllata da specifico personale sanitario
adatto a valutarne la posologia e la modalità di applicazione».
Pertanto, conclude
il Collegio «l’appello deve essere
accolto e per l’effetto va annullata la sentenza impugnata e riconosciuto
l’obbligo dell’appellata Azienda sanitaria a corrispondere le somme dovute per
il pagamento delle rette di degenza in contestazione».
Segnaliamo, inoltre, che preliminarmente la Sezione
quinta del Consiglio di Stato aveva rilevato che
doveva «essere disatteso il difetto di giurisdizione
prospettato dall’appellante Comune in quanto la controversia in esame,
attinente alla quantificazione e attribuibilità di
“spese di spedalità, di soccorso e di assistenza” è sempre stata riconosciuta
di esclusiva competenza giurisdizionale del Giudice amministrativo (cfr. l’articolo 29, n. 7, del
testo unico 26 giugno 1924 richiamato dall’articolo 7 della legge n.
1034/1971); peraltro anche indipendentemente da tale richiamo si deve
considerare come attualmente la giurisdizione esclusiva del Giudice
amministrativo vada pacificamente riconosciuta ai sensi della disposizione di
cui all’articolo 3, lett. e), del decreto legislativo n. 80/1998, come
modificato dalla legge n. 205/2000 che, come è noto, stabilisce la
giurisdizione esclusiva di tale Giudice per tutte le controversie riguardanti
le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese
nell’espletamento di pubblici servizi, “ivi comprese quelle rese nell’ambito
del Servizio sanitario nazionale”...; ne consegue che la controversia in esame,
certamente afferente all’espletamento di un servizio pubblico rientri anche
sotto tale riferimento nell’esclusiva giurisdizione del Giudice
amministrativo».
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