Prospettive assistenziali, n. 147, luglio - settembre 2004
Interrogativi
TUTTE LE PERSONE CON HANDICAP DEVONO ESSERE dichiarate INTERDETTE O INABILITATE dall’autorità giudiziaria?
Nell’articolo “Il trust
- Un nuovo strumento giuridico per tutelare le persone disabili” apparso sul
numero di luglio-agosto 2004 di Sempre, la
rivista dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII,
l’avvocato Francesco Frigieri sostiene che «l’esigenza che matura in capo ai familiari
di persone disabili è quella di garantire al loro caro la stessa qualità e
stile di vita quando nessun altro si potrà occupare di loro».
Precisa, inoltre, che «per riuscire a soddisfare queste necessità
bisogna inevitabilmente trovare le persone di fiducia o le strutture che
assisteranno il disabile dopo i familiari e, nel contempo,
individuare il sistema più idoneo che consenta di destinare al disabile stesso
le risorse economiche necessarie per il suo sostentamento» e cita il caso frequente «della famiglia nella quale uno dei figli non sia nelle condizioni di
vivere autonomamente, perché disabile, ma che, per fortuna, potrà contare su
una quota di risparmi, accumulati dai genitori, nel momento in cui verranno
meno».
Ad avviso dell’avvocato Frigieri «il nostro
ordinamento giuridico non offre strumenti idonei allo scopo, perché, com’è
noto, il disabile che erediterà la quota a lui spettante, dovrà essere
necessariamente interdetto o inabilitato, perché non potrà provvedere
direttamente alla gestione del suo patrimonio, ma potrà farlo soltanto a mezzo di un tutore o curatore e con l’intervento del
giudice tutelare».
Preso atto dell’estrema gravità delle
sopra riportate dichiarazioni dell’avvocato Frigeri,
chiediamo a Monsignor Oreste Benzi, Direttore della
rivista Sempre se non ritenga di
pubblicare al più presto le
necessarie precisazioni, in modo da riaffermare la realtà delle cose.
È d’accordo Monsignor Benzi di smentire l’avventata affermazione secondo cui
tutti soggetti
con handicap dovrebbero essere dichiarati interdetti o inabili? Vorrà ricordare
che, in base agli ancora vigenti articoli 154 e 155 del regio decreto 773/1931,
i Comuni sono obbligati ad assistere tutte le persone, comprese quelle con
handicap di qualsiasi gravità, che non sono in grado
di procurarsi il necessario per vivere, e che dette prestazioni devono essere
fornite ai soggetti maggiorenni indipendentemente dalle condizioni economiche
dei loro congiunti?
Confidiamo vivamente nell’intervento di
Monsignor Benzi anche per tranquillizzare le
numerosissime persone che hanno congiunti colpiti da
gravi handicap, in particolare di natura intellettiva, che non dispongono dei
mezzi finanziari indispensabili per garantire ai propri familiari le cure
presso strutture private, le cui rette giornaliere arrivano anche a 100,00
euro!
Certamente coloro che hanno a cuore il
futuro dei loro parenti e conoscenti non devono restare inattivi, considerato
il disinteresse di molti, troppi Comuni.
La legge c’è, anche se, purtroppo, essendo del 1931 garantisce solo il
ricovero e non i servizi alternativi. È, tuttavia, una base importante che non
dovrebbe essere ignorata o sottovalutata.
NON SONO GHETTI LE STRUTTURE DI RICOVERO DEL COMUNE DI BOLOGNA RISERVATE AI SOGGETTI ULTRACINQUANTENNI
CON HANDICAP?
Secondo quanto è
stato riportato da Metropoli, n. 2,
giugno 2004, il Comune di Bologna, preso atto che «diversi utenti disabili ultracinquantenni sono ospiti di case di
riposo», ha rilevato che «si tratta
di una risposta non sempre adeguata, anche perché persone disabili non ancora
anziane si trovano a convivere con persone anziane, portatrici di altre problematiche e di altre esigenze socio-assistenziali».
In realtà, la
stragrande maggioranza dei ricoverati nelle case di riposo è costituita da
ultraottantenni e ultranovantenni colpiti da malattie invalidanti e da non
autosufficienza, di cui una percentuale molto alta è spesso formata da persone
affette dal morbo di Alzheimer e da altre forme di
demenza senile. Ne deriva a nostro avviso che, per i soggetti con handicap, le
case di riposo non sono
soltanto «non sempre
adeguate», come ha osservato il Comune di Bologna, ma assolutamente
inidonee.
Al riguardo si
pone un primo interrogativo: perché detta inidoneità è stata “scoperta” solo
adesso, quando dovrebbe essere evidente da sempre da parte di tutti gli
operatori sociali e gli amministratori?
In alternativa alla situazione sopra descritta, il Comune di
Bologna contempla «la costituzione di
appositi nuclei (con caratteristiche diversificate rispetto all’organizzazione
delle case di riposo) per rispondere alle esigenze di disabili per i quali
emergono necessità riabilitative, assistenziali e sanitarie diverse rispetto a
quelle di persone adulte».
Viene, quindi,
ritenuto che «in questo modo, sulla base di un progetto individualizzato predisposto
dall’assistente sociale, gli utenti sopra i 50 anni potrebbero trovare accoglienza
presso strutture appositamente organizzate per rispondere a queste esigenze».
A questo punto si
pongono altri interrogativi:
1. le persone con
handicap non hanno innanzitutto il diritto di vivere
il più possibile in normali contesti abitativi e non in strutture emarginanti?
2. le soluzioni
più idonee non sono l’alloggio di residenza o un appartamento in cui convivono
2-3 soggetti oppure la piccola comunità familiare di 8-10 posti al massimo?
4. se le persone
con handicap necessitano di prestazioni riabilitative,
non sarebbe preferibile che, in tutta la misura del possibile, esse venissero
erogate a livello ambulatoriale?
5. sono note al
Comune di Bologna le positive esperienze degli
interventi riabilitativi erogati a domicilio?
6. per quali motivi di natura tecnico-professionale il
Comune di Bologna assegna all’assistente sociale il compito di predisporre i
progetti individualizzati per i soggetti con handicap? Non è un compito delle èquipes pluriprofessionali?
PERCHÉ IN ITALIA I FARMACI SONO I PIÙ COSTOSI
DELL’EUROPA?
1. Alcune inchieste svolte quest’anno hanno rilevato che in Italia i farmaci di fascia
C, cioè quelli totalmente a carico dei cittadini (più
comunemente chiamati farmaci da banco, che non necessitano di prescrizione
medica) e alcuni di fascia A (cioè
quelli prescritti dai medici e pagati dallo Stato), sono tra i più cari
d’Europa.
Le ricerche si sono svolte analizzando
i prezzi di alcuni farmaci scelti a caso dalle liste
del Ministero della salute e prendendo in esame il prezzo di una “unità posologica” e non dell’intera confezione, che varia anche a
seconda del numero dei medicinali contenuti e dal loro dosaggio.
A seguito di questi risultati, il
Ministro della salute, Sirchia, nel mese di aprile
È accettabile la difesa degli
industriali secondo cui gli aumenti riguardano solo una piccola parte dei
prodotti? Si tratta forse di quelli più usati dai quali si traggono maggiori
utili?
2. Nel mese di maggio 2004 è scattata
un’inchiesta a livello nazionale della Guardia di Finanza, che ha portato oltre
4.000 medici, più di 130 aziende socio-sanitarie e una importante
multinazionale farmaceutica nel mirino di indagini atte a svelare truffe o
aumenti ingiustificati dei farmaci.
L’osservatorio
farmaci e salute del movimento consumatori fa sapere che «la spesa sanitaria direttamente a carico dei consumatori si va facendo
sempre più pesante per le tasche degli anziani e pensionati e delle famiglie
con bambini piccoli, le categorie che più spesso ricorrono ai farmaci (…), un
anziano spende mediamente 60/80 euro al mese (per
tutto l’anno) per l’acquisto di farmaci di fascia C e una famiglia con bambini
al di sotto dei sei anni 100/120 euro (nei soli mesi invernali). Gli aumenti
esagerati degli ultimi anni, incidono davvero pesantemente sulle loro tasche»
(
Ma il costo di un farmaco da cosa dipende? È anche la
conseguenza di un giro d’affari messo a punto dalle aziende farmaceutiche con
medici accondiscendenti?
È vero che se un certo prodotto veniva prescritto, erano garantiti regali e vacanze,
addirittura variabili a seconda degli importi delle ricette e della
specializzazione e grado di “autorità” del medico (medico di famiglia,
oncologo, primario, ecc…)?
Per i farmaci di fascia A, visto che
chi è tenuto a pagarli è lo Stato, ne consegue che più farmaci vengono prescritti e meno risorse avrà
Ma anche per quanto riguarda i farmaci
di fascia C ci sono stati notevoli aumenti (totalmente
a carico dell’utente).
Per poter ovviare a ciò e limitare
almeno in parte le spese sanitarie sostenute dagli utenti e dallo Stato, non
sarebbe urgente un’informazione corretta sul fatto che esistono farmaci
“generici”, cioè quelli che contengono lo stesso
principio attivo del farmaco “di marca”, e che sono notevolmente più economici?
Non sono gli operatori del Servizio sanitario ed in primis i medici che
compilano le ricette che dovrebbero dare queste
informazioni?
Il diritto alle cure sanitarie, che è
esigibile da parte di tutti senza alcuna limitazione, deve essere gestito da
premi e gratificazioni offerti dalle case farmaceutiche affinché vengano usati solo determinati farmaci, che magari
impoveriscono le tasche degli utenti e tolgono risorse preziose allo Stato?
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